TRATTAMENTO IPOTERMICO E PARALISI CEREBRALE INFANTILE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Per ipotermia si intende una condizione in cui la temperatura corporea scende sotto i 33.5 gradi, temperatura al di sotto della quale l’individuo non è più in grado di svolgere la vita attiva.
L’ipotermia terapeutica è un trattamento che prevedere l’induzione dell’ipotermia ovvero l’abbassamento della temperatura corporea interna a scopo terapeutico.
Il fine dell’ipotermia terapeutica indotta è quello di limitare il danno cerebrale del paziente ed è utilizzata per trattare i neonati che alla nascita presentano encefalopatia ipossico ischemica la quale è causa di paralisi cerebrale infantile.
La paralisi cerebrale infantile è una malattia neuromotoria persistente dovuta a un danno irreversibile del sistema nervoso centrale che non tende a guarire né a peggiorare e non va incontro a fenomeni degenerativi ed è dovuta da una perdita più o meno estesa del tessuto cerebrale che si verifica in seguito a una lesione del sistema nervoso centrale.
La lesione può avvenire sia durante la gravidanza ovvero in epoca prenatale, sia al momento del parto (epoca perinatale) sia dopo la nascita del bambino (epoca postnatale) e in particolare entro i 3 anni di età. Entro i 3 anni di vita del bambino vengono completate le fasi di sviluppo del sistema nervoso, quindi entro quest’arco di tempo il bambino è più vulnerabile nel riportare danni più o meno gravi a carico del sistema nervoso.
I bambini nati prima del termine di gravidanza, inoltre, presentano un’immaturità del fisiologico sistema di regolazione perciò sono maggiormente suscettibili ad eventi che comportano un’alterazione del flusso di sangue ossigenato verso l’encefalo e che di conseguenza determina la morte delle cellule cerebrali.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del ginecologo o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze.
Effetto dell’ipotermia sul neonato
Si parla di encefalopatia ipossico ischemica quando vi è una sofferenza cerebrale del neonato a causa di una limitazione dell’apporto di ossigeno e di sangue in epoca perinatale.
I neonati con encefalopatia ipossico ischemica che sono stati trattati con il trattamento ipotermico hanno mostrato un miglioramento dell’esito neurologico.
È risultato che l’ipotermia ha un effetto protettivo sul tessuto cerebrale in quanto il raffreddamento riduce l’attività delle cellule cerebrali che, a causa della mancanza di ossigeno, sono destinate alla morte. Con l’ipotermia, quindi, le cellule consumano di meno, non vanno in contro a morte e i danni a livello cerebrale sono ridotti.
Più precocemente è attuato questo trattamento maggiore è la probabilità di successo. In particolare, risultati favorevoli sono ottenuti quando il trattamento ipotermico viene realizzato entro sei ore dalla nascita.
Grazie alla terapia del freddo è possibile prevenire e limitare i danni provocati dall’asfissia i quali possono compromettere il corretto sviluppo del sistema nervoso tanto da procurare disturbi sia motori che intellettivi. Tuttavia, il trattamento ipotermico non elimina completamente la possibilità di danno neurologico, ma la riduce.
Le indicazioni all’ipotermia terapeutica sono:
- neonato a termine o vicino al termine con età gestazionale uguale o maggiore a 36 settimane;
- peso corporeo del neonato uguale o maggiore a 1800 grammi;
- neonato che presenta un quadro clinico di encefalopatia ipossico ischemica di grado moderato o di grado severo e che presenta almeno due dei sintomi dell’encefalopatia ipossico ischemica come ad esempio riduzione dei riflessi e dell’attività spontanea, convulsioni, letargia, flaccidità, riduzione del tono muscolare, coma, problemi respiratori, riduzione della frequenza cardiaca e acidosi metabolica.
L’ipotermia terapeutica è controindicata se il neonato presenta anomalie congenite e se sono passate più di sei ore dalla nascita.
Come si induce l’ipotermia
Il metodo più semplice e utilizzato come prima scelta per indurre l’ipotermia è il raffreddamento della superficie corporea. Lo scopo del trattamento ipotermico è quello di mantenere una temperatura corporea al di sotto ai 33.5 gradi per circa tre giorni.
Al fine di provvedere al raffreddamento della superficie corporea il neonato è posto su un lettino refrigerante costituito da un materassino ad acqua collegato ad un apparecchio che ne permette il raffreddamento o vengono posizionati sulla testa del neonato caschetti refrigeranti.
L’induzione dell’ipotermia, inoltre, può avvenire anche con delle metodiche invasive tramite le quali si realizza un raffreddamento interno. I metodi invasivi prevedono la rapida infusione di liquidi a basse temperature somministrati direttamente nel sangue (endovena).
Questo metodo invasivo è il più efficace in quanto permette di ottenere uno stato ipotermico in tempi più brevi rispetto al raffreddamento della superficie corporea.
Il trattamento ipotermico prevede tre fasi:
- l’induzione dell’ipotermia attraverso il raffreddamento della superficie corporea;
- il mantenimento della temperatura corporea al di sotto dei 33.5 gradi;
- il riscaldamento lento e progressivo per evitare le crisi convulsive. Il riscaldamento prevede il raggiungimento di una temperatura ideale (37 gradi).
Il trattamento ipotermico deve essere eseguito presso l’unità di terapia intensiva neonatale (UTIN) e la temperatura del neonato deve essere monitorata in maniera continua ed affidabile durante il trattamento. Deve essere anche monitorata in maniera intensiva la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la glicemia e gli elettroliti per individuare delle complicanze a carico degli organi.
Come insorge la paralisi cerebrale infantile e quali limitazioni comporta
La paralisi cerebrale infantile deriva da un danno, più o meno grave, a carico del sistema nervoso centrale.
L’evento lesivo può verificasi durante la gravidanza, in travaglio di parto e dopo il parto, in particolare entro i primi tre anni di vita del bambino quando il sistema nervoso centrale, non essendo ancora completamente sviluppato, è più vulnerabile.
Le manifestazioni cliniche della paralisi cerebrale infantile variano in relazione alla tipologia del disturbo e in base a dove è localizzato il disturbo stesso.
Se il deficit motorio interessa tutti e quattro gli arti si parla di tetraplegia, se il disturbo motorio è a carico soltanto del lato destro o del lato sinistro del corpo si parla di emiplegia, mentre se il deficit è prevalentemente a carico degli arti inferiori si parla di diplegia.
Se il disturbo motorio si presenta a carico di un solo arto si parla di monoplegia.
In base all’entità del disturbo motorio possiamo distinguere: forme spastiche, forme atassiche e forme discinetiche.
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano disturbi motori di diversa entità in base alla gravità del danno che il sistema nervoso ha subìto.
Ai disturbi motori tipici della paralisi cerebrale infantile possono anche sommarsi altri disturbi quali deficit cognitivi, disturbi del linguaggio, problemi visivi e uditivi, deficit dell’attenzione e dell’apprendimento, problemi nell’alimentazione.
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano molte limitazioni che non gli permettono di condurre una vita normale. I disturbi neuromotori e i deficit cognitivi che accompagnano la paralisi cerebrale infantile ostacolano in maniera rilevante l’inserimento del bambino nell’ambito sociale e rendono difficoltosa la sua relazionale con i coetanei proprio perché i bambini con paralisi cerebrale infantile hanno una concezione sbagliata di sé stessi, si sentono diversi dagli altri proprio perché non sono capaci di compiere dei semplici movimenti quotidiani né tanto meno di esprimersi con i movimenti.
La paralisi cerebrale infantile è una malattia neuromotoria persistente e non degenerativa che comporta una limitazione dell’attività fisica e anche di quella cognitiva.
I sintomi e le manifestazioni cliniche della paralisi cerebrale infantile, nonostante essa sia una malattia non progressiva tendono e modificarsi man mano che avviene la crescita dell’individuo e si rendono manifesti soprattutto durante l’età evolutiva quando il bambino non raggiunge importanti tappe del suo sviluppo motorio come ad esempio gattonare, stare seduto senza il bisogno di un supporto e camminare.
L’incidenza di paralisi cerebrale infantile è molto bassa ed è di circa 1 ogni 5000 bambini.
L’evento che ha provocato il danno a carico del sistema nervoso centrale può avere avuto luogo durante la gravidanza a causa di malformazioni a carico del feto, a causa di infezioni materne che vengono trasmesse al feto e che sono responsabili di lesioni neurologiche soprattutto se il bersaglio dell’agente patogeno responsabile dell’infezione è il tessuto nervoso, cause metaboliche come il diabete gestazionale, assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti da parte della gravida e cause vascolari dovute a patologie a carico della placenta, organo di scambio materno fetale.
Il danno a carico del sistema nervoso del feto può verificarsi anche al momento del travaglio e del parto a causa di traumi dovuti dal passaggio del feto, soprattutto se macrosomico (peso stimato maggiore di 4500 grammi), lungo il canale del parto e in particolare in seguito ad un evento ipossico (responsabile della riduzione dell’apporto di ossigeno a livello cerebrale) o ischemico (riduzione del flusso sanguigno al cervello).
Gli eventi responsabili di paralisi cerebrale infantile che hanno luogo dopo il parto e in particolare entro i tre anni di vita del bambino, periodo entro il quale si completa lo sviluppo del sistema nervoso centrale e perciò quest’ultimo è più vulnerabile, possono essere cause traumatiche ed infettive.
I deficit muscolari e motori rappresentano prevalentemente ma non esclusivamente i sintomi di questa malattia neuromotoria; essa, infatti, può essere anche caratterizzata da deficit cognitivi che sommandosi a quelli motori sono responsabili della riduzione della qualità di vita del bambino che ne è affetto.
Qualora vi siano i presupposti, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potrebbero dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un caso di malasanità a causa di una diagnosi sbagliata, errata, tardiva oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al ginecologo e più in generale ai medici coinvolti.
Comportamento medico ed errori nella gestione dell’ipotermia
Il trattamento ipotermico consente di ridurre la mortalità e i danni neurologici conseguenti all’encefalopatia ipossico ischemica, perciò è importante che il medico riconosca questo quadro clinico e metta precocemente in atto l’ipotermia terapeutica.
Il trattamento ipotermico è sicuro e gli eventi avversi che questa procedura può determinare sono rari e facilmente risolvibili.
L’ipotermia terapeutica può causare una riduzione del numero delle piastrine e della frequenza cardiaca (bradicardia) per questo motivo il neonato deve essere costantemente monitorato durante questa procedura.
È necessario, inoltre, che durante il trattamento il neonato posto sul lettino refrigerante sia cambiato frequentemente di posizione al fine di evitare i possibili danni cutanei legati al freddo.
Gli errori medici sono da ricercarsi dalla mancanza della diagnosi di asfissia perinatale (riduzione dell’apporto di ossigeno) e della sua prevenzione durante la gravidanza in particolare in seguito a delle emergenze ostetriche che causano una riduzione dell’apporto di ossigeno al feto e conseguente encefalopatia ipossico ischemica come ad esempio la rottura d’utero, il prolasso di funicolo e il distacco di placenta o una gestione inappropriata del travaglio di parto e una mancanza del monitoraggio del benessere fetale.
Fra gli errori che possono essere commessi vi sono:
- esecuzione del trattamento ipotermico dopo le 6 ore dalla nascita
- mancato rispetto dei protocolli e delle linee guida;
- omissione di un attento e continuo monitoraggio del neonato in unità di terapia intensiva neonatale;
- mancato riconoscimento dei segni di sofferenza fetale;
- mancata applicazione dell’ipotermia indotta quando indicata;
- trattamento intempestivo;
- diagnosi errata;
- trattamento errato e non idoneo alla situazione clinica;
- mancata esecuzione del taglio cesareo quando il feto presenta dei segni di compromissione neurologica;
- mancata identificazione dei fattori di rischio per paralisi cerebrale infantile;
- mancato monitoraggio della madre e del bambino durante la gravidanza e il travaglio di parto;
- gestione inappropriata del travaglio di parto e del parto;
- mancato monitoraggio del benessere del neonato durante l’induzione dell’ipotermia.
Conseguenze della paralisi cerebrale infantile per il nascituro
Possibili conseguenze della paralisi celebrale infantile, che acuiscono se non tempestivamente trattate sono:
- deficit cognitivi;
- disturbi dell’apprendimento;
- problemi del linguaggio;
- dolori muscolati;
- difficoltà nella deambulazione e nell’esecuzione dei movimenti;
- epilessia;
- spasticità muscolare;
- difficoltà nell’alimentazione;
- ritardo nello sviluppo;
- difficoltà nelle relazioni con i coetanei;
- camminata difficoltosa e andatura a forbice;
- problemi della postura;
- paralisi degli arti superiori o inferiori o di entrambi;
- disturbi mentali.