DANNI CONSEGUENTI ALL’APPLICAZIONE DELLA VENTOSA OSTETRICA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La ventosa ostetrica è uno strumento che è utilizzato nella parte finale del travaglio di parto per accompagnare il feto nell’ultimo tratto del canale del parto.
La ventosa è posta in un punto specifico sulla testa del feto e, dopo aver creato il vuoto, aderisce perfettamente alle parti molli del cranio cosi che possa essere esercitata una trazione per consentire la progressione e l’espulsione del feto.
Quali sono le complicanze possibili nell’utilizzo della ventosa ostetrica
L’applicazione della ventosa però può causare delle complicanze materne e neonatali.
Le complicanze materne possono essere dei traumi a carico dei genitali esterni, del tratto vaginale e del collo dell’utero.
In seguito all’espletamento del parto devono essere ispezionati i genitali, il tatto vaginale e il collo dell’utero al fine di escludere un loro trauma e di trattare eventuali lacerazioni presenti.
Se queste lacerazioni non sono correttamente trattate possono determinare delle complicanze come il trombo genitopuerperale.
Le complicanze a carico del feto sono l’edema (gonfiore) del cranio che scompare entro poche ore dalla nascita, alopecia sull’area di adesione della ventosa, lesioni del cranio, cefaloematoma e nei casi più gravi l’emorragia intracranica.
L’edema e le lesioni del cranio si presentano nel punto in cui è stata applicata la ventosa e possono essere facilmente riconosciute, mentre è più difficile diagnosticare un’emorragia intracranica, la quale è molto rara.
L’emorragia intracranica deve subito essere diagnostica e trattata poiché può essere causa di seri danni cerebrali.
Quali controlli devono essere effettuati sul neonato a seguito di utilizzo di ventosa ostetrica
Un nato in seguito ad un parto operativo vaginale con l’applicazione della ventosa ostetrica deve essere strettamente monitorato, sia durante il parto attraverso l’auscultazione del suo battito cardiaco in continuo, sia dopo il parto, per escludere la presenza di un’emorragia intracranica.
Per diagnosticare nel neonato la presenza di un’emorragia intracranica devono essere eseguiti gli esami del sangue (emocromo), delle ecografie cerebrali, deve essere misurata periodicamente la circonferenza del cranio e devono essere riconosciuti dei segni che si manifestano in seguito a questo quadro clinico come le convulsioni, l’apnea, l’alterazione della coscienza, irritabilità e dei problemi respiratori.
Gli esami del sangue, alla presenza di un’emorragia cerebrale, rilevano delle alterazioni dei fattori responsabili della coagulazione del sangue e una riduzione del numero dei globuli rossi.
L’ecografia rappresenta la tecnica più utile per la diagnosi dell’emorragia intracranica, anche se, in alcuni casi, può non essere in grado di rilevare una perdita di sangue in specifiche aree del cervello per cui, se si sospetta un’emorragia cerebrale, deve essere eseguita, oltre all’ecografia, una risonanza magnetica (RM) o una tomografia assiale computerizzata (TAC).
La TAC e la risonanza magnetica sono le metodiche ideali per evidenziare la presenza di un’emorragia cerebrale grazie alle quali si possono ottenere delle immagini del cranio del neonato e della sua struttura interna e quindi anche l’eventuale presenza di un’emorragia.
La Tomografia assiale computerizzata (TAC) permette di ottenere queste immagini grazie ai raggi X, mentre le immagini sono ottenute dalla risonanza magnetica mediante delle onde magnetiche.
L’emorragia intracranica è difficile da diagnosticare considerando che i sintomi e i segni si manifestano tardivamente; per questo motivo, è opportuno eseguire gli esami del sangue, l’ecografia, la risonanza magnetica, la TAC e tutti i possibili accertamenti quando vi è il sospetto di un’emorragia intracranica e quando il parto è stato espletato attraverso l’applicazione della ventosa ostetrica, fattore di rischio per questa complicanza.
Se l’emorragia intracranica non è trattata in tempi opportuni, più passa il tempo, più i danni cerebrali per il neonato saranno gravi.