INFEZIONE DELLE VERTEBRE E DEI DISCHI INTERVERTEBRATI: SPONDILODISCITE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La spondilodiscite è l’infezione che interessa sia le vertebre (spondilite) che i dischi intervertebrati (discite) che si trovano tra una vertebra e la successiva. Le spondilodisciti possono essere acquisite sia in ambiente ospedaliero che assistenziale in seguito ad una contaminazione o come complicanza di altre infezioni.
In questi casi rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità può essere essenziale per verificare la sussistenza di responsabilità in capo a medico/ortopedico/struttura ospedaliera e, conseguentemente, la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni, ad esempio, per errata diagnosi o ritardato trattamento dell’infezione o cura sbagliata.
Oltre che provocare un deterioramento delle vertebre coinvolte e dei dischi intervertebrati, la spondilodiscite, se grave e non trattata correttamente e per tempo può esitare in un’infezione delle ossa e del midollo osseo (osteomielite) e, quindi, provocare al paziente un grave danno da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore
Come si contrae la spondilodiscite
I pazienti con basse difese immunitarie e che presentano una patologia preesistente come diabete mellito, ipertensione, malattie cardiovascolari, insufficienza renale ed insufficienza epatica sono maggiormente a rischio di contrarre una spondilodiscite.
La spondilodiscite può insorgere anche in seguito ad un intervento chirurgico che ha interessato la colonna vertebrale quando:
- i professionisti sanitari non hanno eseguito il lavaggio delle mani prima dell’esecuzione dell’intervento;
- sono stati utilizzati strumenti chirurgici e presidi non sterili;
- non è stata praticata la disinfezione della cute prima di procedere alla sua incisione;
- non sono stati rispettati i protocolli e le linee guida che prevedono il rispetto dell’asepsi e della sterilità;
- il campo operatorio è stato contaminato.
La spondilodiscite può essere anche una complicanza di un’infezione localizzata in un altro distretto corporeo; in questo caso i microrganismi patogeni, attraverso il sangue, migrano in altre sedi quali anche le vertebre e/o i dischi intervertebrati.
Sono quindi altri fattori di rischio per la spondilodiscite tutte quelle condizioni che mettono il paziente a rischio di contrarre un’infezione ospedaliera e quei comportamenti dei professionisti che ritardano il trattamento di quest’ultime.
Il rischio di contrarre un’infezione ospedaliera e di andare incontro alle sue complicanze aumenta se:
- non vengono rispettare le buone pratiche cliniche, le norme igieniche e i protocolli;
- non vengono sanificati gli ambienti;
- il professionista sanitario non pratica il lavaggio delle mani;
- vengono utilizzati strumenti chirurgici non sterili;
- non vengono utilizzati i dispositivi di protezione individuale quando indicati;
- non viene praticata la disinfezione dei presidi medici;
- si utilizzano presidi medici contaminati;
- il trattamento dell’infezione viene ritardo;
- vengono somministrati liquidi per via endovenosa
È opportuno ricordare che in caso di trasmissione di infezioni nosocomiali che provocano spondilodiscite (cioè durante la degenza ospedaliera o durante lo svolgimento di una visita) potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni all’Ospedale che è responsabile della carenza organizzativa o se il personale medico dovesse commettere degli errori (potrebbe sbagliare, confondersi, essere negligente ecc.). Anche in questo caso sarà opportuno rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità.
I microrganismi patogeni che causano la spondilodiscite
Il microrganismo maggiormente coinvolto nella spondilodiscite è lo stafilococco aureus. Almeno la metà delle spondilodisciti sono infatti sostenute dallo stafilococco aureus.
Altri batteri che possono causa spondilodiscite sono: lo streptococco, lo stafilococco coagulasi negativo, l’escherichia coli, lo pseudomonas e l’enterococco.
La spondilodisicte può essere sostenuta anche da funghi come la candida albicans e anche da parassiti.
È raro che la spondilodiscite sia sosteuta da parassiti, in questo caso i principali sono l’echinococco granulosus e il toxoplasma gondii.
La diagnosi di spondilodiscite
La diagnosi di spondilodiscite è clinica, il paziente che ne è affetto può presentare i seguenti segni e sintomi:
- febbre;
- dolore alla schiena in particolare in corrispondenza della vertebra/disco intervertebrale in cui si presenta l’infezione;
- contrattura dei muscoli tra le vertebre con conseguente rigidità della schiena, difficoltà e dolore nel compiere i movimenti;
- debolezza delle gambe e/o delle braccia;
- perdita di controllo dello sfintere vescicale e anale;
- deformità della colonna vertebrale;
- presenza di ascesso eperidurale: presenza di pus tra la colonna vertebrale e il midollo spinale che a sua volta può causare paralisi e perdita della sensazione di diverse parti del corpo;
- sindrome della cauda equina (le radici nervoso son danneggiate e compresse per cui si avrà un’interruzione delle vie sensoriali e motorie delle gambe e della vescica);
- alterazione della lordosi lombare;
- stanchezza;
- dolore addominale;
- perdita di peso.
Dopo aver evidenziato i segni e i sintomi e aver raccolto l’anamnesi del paziente, per fare diagnosi di spondilodiscite è necessaria, comunque, l’esecuzione di vari esami e di test strumentali:
- dosaggio della PCR (proteina C reattiva) che si può eseguire attraverso un semplice prelievo di sangue venoso. L’aumento della PCR nel sangue indica la presenza di un processo infettivo;
- TAC e risonanza magnetica danno informazioni più attendibili sulla presenza dell’infezione a carico dei dischi intervertebrati e/o delle vertebre attraverso la visualizzazione di immagini. Per fare diagnosi di spondilodiscite è necessaria la sussistenza di un processo infettivo sia a carico delle vertebre che dei dischi intervertebrati. Questi esami strumentali permettono anche di evidenziare l’eventuale presenza di ascessi;
- scintigrafia ossea è il miglior esame diagnostico per evidenziale l’infiammazione e le altre alterazioni a livello dei dischi intervertebrati e delle ossa.
Se questi esami evidenziano la presenza di spondilodiscite, la diagnosi può essere confermata definitivamente con l’esecuzione della biopsia ossea. La biopsia consiste in un prelievo di materiale osseo che viene fatto accuratamente esaminare al fine di evidenziare il microrganismo patogeno che è responsabile dell’infezione.
Nel caso in cui venissero commessi errori nello svolgimento degli approfondimenti diagnostici (perdita o deterioramento della provetta del sangue o della biopsia, malfunzionamento del macchinario per la TAC, la scintigrafia ossea o i raggi X, erronea lettura degli esiti ecc.) si può configurare una responsabilità del medico ma, in modo più evidente, della struttura sanitaria: le carenze strutturali o la mancanza di personale o i problemi di organizzazione della struttura ospedaliera o il mancato funzionamento del macchinari per deterioramento degli stessi o mancata manutenzione possono provocare casi di malasanità con conseguente obbligo di risarcimento dei danni per la vittima e i suoi familiari.
Il trattamento della spondilodiscite
La diagnosi precoce è fondamentale per trattare appropriatamente la spondilodiscite.
Il trattamento della spondilodiscite consiste nella somministrazione di farmaci che hanno l’obiettivo di debellare il microrganismo patogeno responsabile dell’infezione. Generalmente vengono utilizzati antibiotici ad ampio spettro per essere sostituiti con antibiotici più specifici una volta che si è venuti a conoscenza del microrganismo che coinvolto nel processo infettivo.
Si potrebbe anche immobilizzare temporaneamente il segmento della colonna vertebrale coinvolto nel processo infettivo in modo da ridurne lo stress.
Il trattamento con la somministrazione di antibiotici è efficace se avviene tempestivamente. Se dopo circa un mese non si assiste ad un miglioramento delle condizioni cliniche è necessario ricorrere al trattamento chirurgico.
Il trattamento chirurgico consiste nella rimozione di tessuto osseo infetto che risulta deteriorato, nella decompressione dei nervi coinvolti nel processo infettivo e nella fusione delle vertebre infette.
Il mancato trattamento tempestivo della spondilodiscite potrebbe costituire un errore medico: una simile omissione, infatti, potrebbe impedire la diagnosi efficace dell’infezione e potrebbe far sorgere complicanze gravi, e un aggravamento del paziente, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato specializzato in malasanità.
Sarà opportuno procedere con l’esame della documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia. Per la perizia medico legale per spondilodiscite potrebbe essere utile chiedere anche la cartella clinica, e in caso di decesso l’autopsia (relazione perizia medico legale per spondilodiscite).
Le complicanze della spondilodiscite
Se non trattata correttamente e tempestivamente la spondilodiscite danneggia i dischi intervertebrati e le vertebre coinvolte nel processo infettivo. Una complicanza della spondilodiscite è l’osteomielite ovvero l’infezione delle ossa e del midollo spinale.
L’osteomielite a sua volta può provocare deficit neurologici a lungo termine e nei casi più gravi anche il decesso (morte per spondilodiscite e osteomielite).
L’infezione a carico dell’osso può causare anche una maggiore predisposizione a fratture di diversa gravità a causa della necrosi delle ossa dovuta ad una riduzione dell’apporto di sangue conseguente alla costrizione dei vasi sanguigni.
Se il medico non esegue il trattamento nel modo corretto, se vi è un errore nell’intervento chirurgico di riduzione ossea, una terapia sbagliata o una diagnosi errata o ritardata il danneggiato potrebbe chiedere, se vi siano i presupposti, il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato specializzato in malasanità. Bisognerà individuare se la richiesta di risarcimento dei danni debba essere fatta nei confronti della struttura ospedaliera in cui è stato curato e/o del dottore, del chirurgo o del medico specialista.
La spondilodiscite ed errori medici
Se la diagnosi di spondilodiscite è precoce e il trattamento è tempestivo la prognosi è favorevole mentre la probabilità di gravi complicanze è tanto più alta quanto più tardiva è la diagnosi e il trattamento.
La spondilodiscite può essere contratta in seguito ad uno o più dei seguenti errori medici:
- mancato rispetto dell’asepsi;
- utilizzo di strumenti chirurgici non sterili in caso di intervento che interessa la colonna vertebrale;
- contaminazione del campo operatorio durante un intervento chirurgico;
- mancato lavaggio delle mani;
- somministrazione per via endovenosa di soluzioni non sterili;
- mancata prevenzione delle infezioni ospedaliere;
- mancata disinfezione dei presidi medici;
- utilizzo di presidi medici (come cateteri vascolari e cateteri vescicali) non sterili.
Le complicanze delle spondilodiscite si possono verificare in seguito ad uno o più dei seguenti errori medici ed in questo caso si dovrà valutare con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità che, con l’ausilio di un medico legale o di un medico specialista l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della spondilodiscite – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile:
- diagnosi tardiva;
- trattamento intempestivo;
- diagnosi errata;
- errata interpretazione degli esami ematochimici e degli esami strumentali;
- mancata esecuzione degli esami strumentali per confermare la diagnosi di spondilodiscite;
- somministrazione di farmaci sbagliati;
- trattamento errato;
- mancato ricorso alla chirurgia per il trattamento della spondilodiscite quando necessario;
- mancata esecuzione delle biopsie per la ricerca del microrganismo patogeno responsabile del processo infettivo;
- mancato riconoscimento dei segni e dei sintomi di spondilodiscite.
Risarcimento dei danni in caso di spondilodiscite per infezione nosocomiale/ospedaliera
In caso spondilodiscite per infezione nosocomiale potrebbero insorgere per il paziente anche gravi complicanze e relativi danni quali:
- Il danno non patrimoniale all’interno del quale troviamo il danno biologico per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato che è stato infettato per cause nosocomiali (che si calcola nella perizia medico legale attraverso la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea) ma anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini);
- il danno patrimoniale, ossia danni economici da lucro cessante (ossia il c.d. mancato guadagno) o danno emergente (ossia la spesa economica effettuata direttamente) ma, anche, le spese future. Per il riconoscimento di questa voce di danno sarà opportuno conservare scontrini, fatture, dichiarazioni dei redditi ecc. così da poter effettuare analitiche analisi economiche;
- il danno da perdita parentale nel caso in cui l’azione per il risarcimento da infezione nosocomiale è proposta da un parente (madre, padre, marito, moglie, convivente, partner, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. In questo caso può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita.
Il danno potrà anche subire una personalizzazione in relazione, per esempio, all’età, al lavoro del soggetto o all’attività sportiva praticata o i suoi hobbies ma anche in base alle sofferenze morali ed ai cambiamenti occorsi alla sua vita di tutti i giorni.
In caso di morte del paziente per infezione nosocomiale, come detto, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari ma anche i danni subiti dal danneggiato prima di morire per infezione nosocomiale dopo l’errore medico o per la carenza presente in struttura ospedaliera (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura).
I parenti (marito, moglie, convivente, partner, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del paziente e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale da lui patito prima di morire per causa dell’infezione durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio (il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è di 5 anni dal decesso) perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis (possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale, come nella maggior parte dei casi di infezioni nosocomiali).