INFEZIONI NOSOCOMIALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Le infezioni ospedaliere/nosocomiali possono essere contratte in sala operatoria prima, durante o dopo un intervento chirurgico quando non vengono seguiti i protocolli per la prevenzione e il controllo delle infezioni che prevedono nello specifico il rispetto dell’asepsi e della sterilità durante l’intervento stesso da parte di tutti i professionisti sanitari presenti in sala operatoria. Le infezioni nosocomiali contratte in sala operatoria rientrano nei casi malasanità perché sono generalmente il risultato di una carenza strutturale o di un errore del personale medico per i quali sono responsabili l’ospedale, il pronto soccorso o la clinica privata che hanno in cura la vittima dato che nella maggior parte dei casi sono il frutto di un mancato rispetto di dei protocolli di sterilità e di protezione atti a garantire l’asepsi della sala operatoria. Il paziente, o i suoi familiari, quindi possono rivolgersi ad un avvocato specializzato per chiedere il risarcimento dei danni patiti.
Le infezioni ospedaliere peggiorano le condizioni di salute del paziente soprattutto se queste non vengono diagnosticate e trattate per tempo. L’infezione può infatti evolvere ed essere responsabile dell’insorgenza di altre complicanze come la sepsi, patologia sistemica che aumenta notevolmente il rischio di mortalità a causa del danno ad uno o a più organi del quale è responsabile.
Le cause delle infezioni ospedaliere contratte in sala operatoria possono essere degli errori commissivi od omissivi del personale sanitario; in questi casi il paziente può richiedere il risarcimento del danno.
Cosa sono le infezioni ospedaliere/in sala operatoria
Le infezioni ospedaliere sono quelle infezioni che vengono contratte in ospedale, in questo caso in particolare in sala operatoria.
Affinché si possa parlare di infezione ospedaliera il paziente al momento del ricovero non deve presentare alcuna infezione, nemmeno in periodo di incubazione. Le manifestazioni cliniche di un’infezione ospedaliera possono comparire anche entro 48 ore dopo la dimissione.
Le infezioni postoperatorie sono le infezioni del sito chirurgico e si sviluppano dopo circa un mese dall’intervento o dall’impianto di una protesi o di un dispositivo permanente.
Le infezioni postoperatorie possono essere di natura esogena quindi provocate dalla contaminazione del campo operatorio, strumenti chirurgici, dispositivi di protezione individuale o dall’operatore sanitario stesso o possono essere di natura endogena se i microrganismi patogeni responsabili dell’infezione sono presenti sulla cute e/o sulle mucose del paziente.
Le infezioni ospedaliere in sala operatoria possono essere trasmesse per contatto diretto e per contatto indiretto.
La trasmissione per contatto diretto avviene in sala operatoria di solito tra operatore sanitario e paziente e viceversa mentre la trasmissione delle infezioni per contatto indiretto avviene attraverso gli oggetti o i presidi medici contaminati. Quando un paziente contrae l’infezione ospedaliera/nosocomiale, che è di solito provocata da germi e batteri che si trovano nella struttura questa può essere responsabile dei danni provocati per non aver adottato tutte le accortezze previste dalle procedure standard per garantire le condizioni igieniche dei locali e la sterilizzazione della strumentazione chirurgica/medica usata durante gli interventi o la visita, parimenti la struttura può essere chiamata a rispondere delle conseguenze negative per il paziente in caso di scorretta terapia profilattica o ritardata terapia antibiotica.
Sono maggiormente a rischio di contrarre un’infezione ospedaliera i pazienti ricoverati in una struttura ospedaliera o in altre strutture assistenziali, soprattutto quei pazienti la cui degenza si prolunga nel tempo; il rischio è più alto per i pazienti ricoverati in particolari reparti come quello di terapia intensiva.
Fattori di rischio per infezione ospedaliera e in sala operatoria
Sono più a rischio di contrarre un’infezione ospedaliera:
- i neonati, soprattutto quelli nati prima del termine di gravidanza;
- gli anziani;
- i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica;
- i pazienti che hanno subito interventi chirurgici complicati e prolungati;
- i pazienti con basse difese immunitarie;
- i pazienti che presentano patologie cardiache, respiratorie, epatiche, diabete ecc;
- i pazienti che sono stati sottoposti ad un trapianto di organo.
Per questo motivo la prima fase di prevenzione per le infezioni nosocomiali in sala operatoria consiste nel seguire le regole base dell’igiene e della sterilizzazione sia da parte del personale sanitario che della strumentazione presente in sala operatoria e del paziente stesso. Ovviamente una diagnosi corretta e tempestiva circa la possibilità di aver contratto l’infezione è importantissima per il paziente al fine di tentare di rendere meno invasivi gli interventi di cura. Un eventuale errore del medico, del personale o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi dell’infezione, infatti, potrebbe portare anche a gravi complicanze (perdite di chance di sopravvivenza o di vivere una vita migliore o morte) ed essere causa di danni il cui risarcimento può essere chiesto alla struttura ospedaliera con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
Le infezioni post operatorie possono essere sostenute da diversi microrganismi patogeni quali lo stafilococco aureo, lo streptococco, la klebsiella pneumoniae, escherichia coli, stafilococco epidermidis, enterobatteri.
Vi sono alcuni microrganismi che nel tempo hanno acquisito una resistenza nei confronti di determinati antibiotici (antibiotico resistenza) ciò significa che questi antibiotici non risultano essere efficaci per il trattamento delle infezioni provocate da questi microrganismi i quali invece sopravvivono e continuano a moltiplicarsi.
L’antibiotico resistenza può essere naturale ovvero quando il batterio è resistenza all’antibiotico per natura o può essere acquisita. In questo ultimo caso il batterio modifica il proprio patrimonio genetico che lo porta a resistere ad uno o più antibiotici. La capacità di un batterio di resistere agli antibiotici può essere anche trasferita ad altri batteri. Quando la cura antibiotica somministrata non fa effetto sul paziente il medico/lo specialista/il personale ospedaliero deve essere veloce nel prescrivere un’emocoltura con antibiogramma così da comprendere se il ceppo batteriologico sia o meno resistente all’antibiotico che si sta somministrando e, in questo caso, modificare la prescrizione farmacologica immediatamente. In caso contrario potrebbe essere commesso un errore medico e potrebbe sorgere il diritto al risarcimento dei danni patiti dal paziente o dai suoi familiari.
Quando il batterio presente una resistenza nei confronti di più antibiotici si parla di multiresistenza.
Le infezioni sostenute da microrganismi resistenti sono quelle più pericolose poiché più difficili da trattare e sono ad alto rischio di mortalità. Il rischio di mortalità aumenta notevolmente se l’infezione è provocata da microrganismi multiresistenti.
Il batterio più pericoloso con il più alto tasso di mortalità è la klebsiella pneumoniae carbapenemasi produttrice (kpc) poiché in più della metà dei casi è resistente ormai a quasi tutti gli antibiotici.
Le infezioni provocate dalla klebsiella pneumoniae carbapenemasi produttrice possono essere di diversa natura e possono interessare le vie urinarie, i polmoni, il sangue e l’intestino.
Al fine di evitare il fenomeno dell’antibiotico resistenza gli antibiotici non devono essere utilizzati in modo inappropriato ma devono essere somministrati quando raccomandato dalle evidenze scientifiche.
Oltre che per il trattamento delle infezioni, gli antibiotici possono essere utilizzati anche come profilassi per la prevenzione dell’insorgenza delle infezioni stesse. La profilassi antibiotica viene somministrata quando il paziente deve essere sottoposto a procedure che aumentano notevolmente il rischio di contrarre un’infezione come, ad esempio, gli interventi chirurgici complicati e prolungati.
Come vengono contratte le infezioni ospedaliere in sala operatoria
Le infezioni ospedaliere vengono contratte in sala operatoria durante l’intervento chirurgico.
I fattori di rischio delle infezioni sono:
- l’età: sono maggiormente a rischio i pazienti anziani o i neonati soprattutto quelli nati prima del termine di gravidanza;
- basse difese immunitarie del paziente;
- presenza di patologie preesistenti: diabete, problemi cardiaci o respiratori, disfunzione epatica ecc;
- interventi chirurgici complicati e prolungati;
- trapianto di organo o di cellule staminali;
- ventilazione meccanica;
- ricovero in terapia intensiva;
- ricovero prolungato.
Il rischio di contrarre un’infezione aumenta anche quando non vengono rispettati dal personale sanitario i protocolli per la prevenzione e il controllo delle infezioni ospedaliere, le norme igieniche durante l’assistenza al paziente, l’asepsi e la sterilità durante le procedure invasive.
I protocolli per la prevenzione delle infezioni ospedaliere prevedono:
- il lavaggio delle mani prima e dopo aver prestato assistenza ai pazienti;
- il lavaggio chirurgico delle mani prima di un intervento chirurgico;
- l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale;
- l’utilizzo di strumenti chirurgici, cateteri vascolari, cateteri vescicali e protesi sterili. Devono essere sterili tutti i presidi medici che devono essere utilizzati in modo invasivo
- la disinfezione della cute prima dell’incisione per l’intervento chirurgico o prima del posizionamento di un catetere venoso;
- la disinfezione dell’orifizio uretrale prima dell’inserimento del catetere venoso;
- la sanificazione degli ambienti;
- l’isolamento dei pazienti infetti;
- la disinfezione dei presidi medici e dei macchinari per la ventilazione dopo il loro utilizzo;
- la somministrazione della profilassi antibiotica quando raccomandata dalle linee guida basate sulle evidenze scientifiche aggiornate;
- la somministrazione di farmaci o di liquidi per via endovenosa sterili;
- rispetto dell’asepsi nella gestione dei cateteri vascolari e vescicali.
Il rischio di contrarre un’infezione in sala operatoria, inoltre, aumenta se l’intervento viene eseguito in emergenza poiché questo deve essere eseguito il prima possibile per cui può essere giustificato, ad esempio, l’omissione del lavaggio delle mani. In condizioni di emergenza può anche aumentare il rischio di contaminazione del campo operatorio e per prevenire le infezioni è fondamentale la somministrazione precoce di antibiotici ad ampio spettro come profilassi.
Al fine di prevenire le infezioni in sala operatoria i professionisti sanitari devono rispettare delle indicazioni prima, durante e dopo l’intervento.
L’ospedale, sia pubblico che privato, nel quale il paziente è stato curato o al quale si è rivolto per effettuare l’operazione a seguito della quale ha contratto l’infezione, può essere chiamato a rispondere dei danni patiti per un caso di malasanità e, quindi, del risarcimento. L’ospedale, infatti, è responsabile dell’operato dei suoi dipendenti e collaboratori (medici, paramedici, infermieri, assistenti ecc.) ma anche del corretto svolgimento dell’integrale prestazione sanitaria e per il rispetto delle procedure previste dalla letteratura medica.
Cosa devono fare i sanitari prima dell’intervento per evitare infezioni in sala operatoria
Prima di iniziare un intervento chirurgico, l’infermiere strumentista provvede alla preparazione del campo operatorio sterile. Il campo operatorio è uno spazio che circoscrive il sito chirurgico al fine di evitare le infezioni intra-operatorie e post-operatorie.
L’infermiere strumentista che si occupa della preparazione del campo operatorio deve prima procedere alla vestizione ovvero deve indossare calzari, cuffietta, mascherina, deve eseguire il lavaggio chirurgico delle mani e infine deve indossare il camice e i guanti sterili.
Una volta pronto, l’infermiere strumentista, copre con un telo sterile un tavolo operatorio sul quale sistema gli strumenti, gli aghi, le garze e i presidi che verranno utilizzati per l’intervento chirurgico.
È fondamentale accertarsi della sterilità degli strumenti; è possibile confermare la corretta sterilità degli strumenti grazie a degli indicatori per il controllo della sterilizzazione che sono posizionati all’esterno del pacco che contiene gli strumenti: se questi indicatori virano di colore allora la sterilizzazione è avvenuta correttamente.
Una volta pronto il campo operatorio si passa alla preparazione della cute sulla quale verrà eseguita l’incisione. La cute deve essere adeguatamente disinfettata con tampone imbevuto di antisettico per rimuovere i batteri commensali e transitori. La disinfezione si deve eseguire partendo dal sito di incisione e allontanandosi verso la zona esterna senza ripassare le parti che sono già state disinfettate. Alla fine, il tampone con il quale è stata eseguita la disinfezione deve essere eliminato dal campo operatorio.
Dopo aver praticato la disinfezione della cute vengono posizionati sul paziente dei teli sterili in modo da delimitare il sito di incisione.
Se si ha il sospetto che queste procedure non siano state rispettate potrebbe essersi verificato un caso di errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di malasanità: in questi casi il consiglio è quello di chiedere l’assistenza di un avvocato o uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica, con l’ausilio di un team di medici legali e specialisti in grado di valutare l’operato dei sanitari ed individuare i profili di errore.
Non deve essere dimenticata la somministrazione della profilassi antibiotica ove prevista dalle raccomandazioni basate sulle evidenze scientifiche. Generalmente la profilassi è indicata per gli interventi chirurgici per i quali il rischio di contrarre un’infezione è aumentato.
Cosa devono fare i sanitari durante l’intervento per evitare infezioni in sala operatoria
Durante l’esecuzione dell’intervento chirurgici gli operatori devono fare attenzione a mantenere la sterilità del campo evitandone la contaminazione.
Per evitare la contaminazione del campo sterile gli operatori devono toccare solo ciò che è sterile e non devono allontanarsi dal campo operatorio.
Cosa devono fare i sanitari dopo l’intervento per evitare infezioni in sala operatoria
Al termine dell’intervento deve essere garantita una corretta medicazione della ferita chirurgica, la quale deve essere mantenuta pulita e asciutta per evitare che i microrganismi penetrino attraverso quest’ultima negli strati più profondi della cute provocando un’infezione.
La diagnosi ed il trattamento delle infezioni contratte in sala operatoria
Per fare diagnosi di un’infezione ospedaliera questa può manifestarsi entro 48 ore dalla dimissione. Le infezioni del sito chirurgico possono insorgere anche entro un mese dall’intervento.
Le infezioni del sito chirurgico si classificano in superficiali e profonde; quest’ultime interessano gli organi, i quali ne possono risultare gravemente danneggiati tanto da non svolgere più correttamente la loro funzione.
In presenza di un’infezione del sito chirurgico la ferita può esserci la fuoriuscita di materiale purulento dal sito di incisione, la ferita può presentarsi arrossata, dolente, gonfia e il paziente può manifestare dolore, senso di calore ed elevata sensibilità.
Altri sintomi generalizzati di infezione sono la febbre, malessere generale, l’aumento della frequenza cardiaca (tachicardia).
L’infezione può essere confermata con degli esami di laboratorio attraverso l’esecuzione di un prelievo di sangue venoso. L’aumento degli indici di flogosi (globuli bianchi, PCR, pro calcitonina) indicano la presenza di un’infezione in atto.
Per individuare il microrganismo patogeno che ha provocato l’infezione e quindi avviare una terapia appropriata, vengono eseguite le colture. Le colture si eseguono attraverso il prelievo per mezzo di un tampone del materiale che fuoriesce dalla ferita.
Le colture permettono, grazie a delle tecniche di laboratorio, di isolare i microrganismi patogeni che sono responsabili dell’infezione. Dopodiché, il microrganismo patogeno isolato viene fatto reagire con diversi antibiotici in modo da individuare a quali risulta essere sensibile e nei confronti dei quali mostra avere resistenza. Questo esame è noto come antibiogramma. Per il trattamento dell’infezione viene selezionato l’antibiotico al quale il microrganismo patogeno è sensibile mentre gli antibiotici ai quali risulta essere resistente non sono efficaci per il trattamento dell’infezione.
Quando viene diagnosticata un’infezione il trattamento deve essere tempestivo per cui, nell’attesa dell’esito dell’antibiogramma, il medico deve prescrivere degli antibiotici ad ampio spettro che poi verranno sostituiti con quelli indicati dall’antibiogramma che sono quindi più efficaci per il trattamento dell’infezione poiché permettono di debellare quel determinato microrganismo patogeno che ha causato l’infezione.
In caso di infezioni in sala operatoria o infezioni nosocomiali bisogna verificare tutto quanto fatto, o non fatto, dal chirurgo, dal medico, dall’anestesista, dal personale infermieristico ecc. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità per infezione in sala opearatoria. Un medico legale, anche coadiuvato da un medico specialista e da un avvocato malasanità, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nel mantenimento del campo sterile nella sala operatoria o nell’errata contaminazione del sito operatorio o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’équipe dei medici o dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Il medico legale, per scrivere la perizia medico legale (ossia un parere medico con una relazione medico legale) valuterà la documentazione medica e clinica, tra cui le analisi e gli esami, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato.
Infezioni in sala operatoria ed errori medici
Gli errori medici che possono determinare l’insorgenza di infezioni in sala operatoria prevedono per lo più il mancato rispetto dell’asepsi e della sterilità, condizioni che aumentano il rischio di contaminazione del campo operatorio e quindi di infezione.
Di seguito alcuni errori che possono portare all’insorgenza di un’infezione operatoria:
- errata preparazione del campo sterile;
- mancato lavaggio delle mani prima dell’intervento;
- mancata esecuzione della profilassi antibiotica quando raccomandato;
- utilizzo di strumenti chirurgici che non sono stati correttamente sterilizzati;
- errata vestizione;
- incapacità del personale di muoversi in sala operatoria;
- presenza nel campo operatorio di materiale non sterile;
- errata disinfezione della cute prima dell’incisione;
- scorretta gestione e medicazione della ferita chirurgica;
- inosservanza dei protocolli per la prevenzione e il controllo delle infezioni ospedaliere.
Gli errori che invece possono causare delle complicanze delle infezioni operatorie sono:
- diagnosi tardiva di infezione operatoria;
- trattamento intempestivo;
- mancata esecuzione degli esami di laboratorio per confermare la presenza di un’infezione;
- somministrazione dell’antibiotico non efficace per il trattamento dell’infezione.
La diagnosi e il trattamento tempestivo delle infezioni sono fondamentali per ridurre il rischio di mortalità del paziente: più è tardivo il trattamento più aumenta il rischio di mortalità e morbilità anche se non esiste un automatismo tra infezione, errore medico e risarcimento del danno per infezione in sala operatoria, dato che bisogna capire quali effettivi danni ha subito il paziente. Potrebbero infatti essere presenti più danni: ad esempio danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. È comunque fondamentale che l’avvocato malasanità faccia un esame insieme al medico legale il quale farà anche una perizia medico legale. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance di guarigione o sopravvivenza, a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Risarcimento dei danni in caso di infezioni in sala operatoria
In caso di contagio da infezioni in sala operatoria potrebbero insorgere per i pazienti anche gravi complicanze e relativi danni quali:
- Il danno non patrimoniale all’interno del quale troviamo il danno biologico per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato che è stato infettato per cause nosocomiali (che si calcola nella perizia medico legale attraverso la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea) ma anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini);
- il danno patrimoniale, ossia danni economici da lucro cessante (ossia il c.d. mancato guadagno) o danno emergente (ossia la spesa economica effettuata direttamente) ma, anche, le spese future. Per il riconoscimento di questa voce di danno sarà opportuno conservare scontrini, fatture, dichiarazioni dei redditi ecc. così da poter effettuare analitiche analisi economiche;
- il danno da perdita parentale nel caso in cui l’azione per il risarcimento da infezione nosocomiale è proposta da un parente (madre, padre, marito, moglie, convivente, partner, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. In questo caso può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita.
Il danno potrà anche subire una personalizzazione in relazione, per esempio, all’età, al lavoro del soggetto o all’attività sportiva praticata o i suoi hobbies ma anche in base alle sofferenze morali ed ai cambiamenti occorsi alla sua vita di tutti i giorni.
In caso di morte del paziente per infezione nosocomiale, come detto, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari ma anche i danni subiti dal danneggiato prima di morire per infezione nosocomiale dopo l’errore medico o per la carenza presente in struttura ospedaliera (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura). I primi vengono chiamati danni iure proprio (il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è di 5 anni dal decesso) perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis (possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale, come nella maggior parte dei casi di infezioni nosocomiali).