LA TROMBOFLEBITE TRA LE COMPLICANZE DI INFEZIONE OSPEDALIERA/NOSOCOMIALE DA CATETERE VASCOLARE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La tromboflebite è l’infiammazione di una vena che può essere conseguenza di un processo infettivo (infezione ospedaliera/nosocomiale) acquisito in ambiente ospedaliero e assistenziale correlato al catetere vascolare. Se la tromboflebite non viene prevenuta o trattata per tempo può essere causa di esiti avversi quali il decesso del paziente conseguente ad una complicanza della tromboflebite stessa che è l’embolia polmonare.
Per questo motivo nel caso di errore medico o colpa medica o responsabilità dell’ospedale/clinica privata per sbagliato o tardivo trattamento della tromboflebite il paziente o i suoi familiari/parenti/eredi (moglie, marito, convivente, partner, madre, padre, figlio/a, sorella, fratello ecc.), potrebbero avere diritto al risarcimento dei danni grazie all’assistenza di un avvocato in malasanità e a un medico legale.
Cos’è la tromboflebite
Per flebite si intende l’infiammazione di una vena; nel caso di tromboflebite oltre che l’infiammazione della vena è presente, in corrispondenza di quest’ultima, un trombo che la occlude e la irrita.
I trombi sono delle formazioni solide di sangue che si formano all’interno di un vaso sanguigno in seguito al processo di coagulazione, il quale ha l’obiettivo di fermare un sanguinamento. Il trombo è composto da piastrine, globuli rossi, globuli bianchi e fibrina.
La tromboflebite interessa prevalentemente le vene degli arti inferiori e può essere superficiale (tromboflebite superficiale) se la vena interessata si trova in superficie mentre se in profondità si parla di una trombosi profonda venosa (o tromboflebite profonda). La trombosi venosa profonda è più pericolosa rispetto a quella che interessa le vene superficiali poiché può essere letale per il paziente.
Quali sono le complicanze della tromboflebite
La tromboflebite superficiale può essere causa di ascessi e di sepsi.
L’ascesso è la raccolta di un essudato purulento mentre la sepsi è la complicanza di un’infezione che consiste in una risposta infiammatoria dell’organismo che provoca un danno multiorgano. La sepsi aumenta il rischio di morbilità e di mortalità del paziente.
Se la vena superficiale è comunicante con una profonda la tromboflebite superficiale può dare origine ad una tromboflebite profonda. La tromboflebite profonda può essere letale in assenza di adeguate cure in quanto può degenerare in un’embolia polmonare.
Il trombo all’interno della vena profonda può sfaldarsi e dare origine ad un embolo (coagulo di sangue mobile) che migra verso altre sedi di più vitale importanza quale il cuore e le arterie polmonari. Quando l’embolo arriva alle arterie polmonari si parla di embolia polmonare.
L’embolia polmonare si presenta con mancanza di respiro, tosse, aumento della frequenza respiratoria, aumento della frequenza cardiaca e perdita di coscienza.
La presenza dell’embolo a livello delle arterie polmonari compromette l’ossigenazione del sangue che avviene nei polmoni e di conseguenza tutti gli organi e i tessuti dell’organismo tra i quali quelli di vitale importanza saranno poco ossigenati tanto da non riuscire a funzionare correttamente. Per tale motivo l’embolia polmonare rappresenta un’emergenza che se non trattata tempestivamente esita nel decesso del paziente.
Se la tromboflebite deriva da un’infezione contratta in ospedale/Casa di cura/pronto soccorso/RSA/clinica privata può essere sintomo di una bassa qualità assistenziale perché se non vengono seguite le buone pratiche cliniche e rispettate le norme igieniche il rischio di contrarre un’infezione in ospedale aumenta. Se, ad esempio non vengono seguite le procedure per mantenere un ambiente asettico o per la disinfezione degli strumenti necessari all’inserimento del catetere vascolare o se l’infezione non viene diagnosticata tempestivamente o se il medico/lo specialista/l’infermiere sbaglia nella lettura degli esami del sangue e non scopre la presenza dell’infezione, il danneggiato potrebbe valutare, se vi siano i presupposti, il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato specializzato in malasanità. In caso di tromboflebite da infezione nosocomiale la richiesta di risarcimento dei danni potrebbe essere fatta direttamente nei confronti della struttura ospedaliera.
Tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
La tromboflebite deriva da un danno delle pareti venose che si può presentare in seguito ad un processo infettivo, periodi di inattività, riposo forzato a letto in seguito ad un intervento o a causa di altre patologie. Sono anche a rischio i pazienti che soffrono di problemi della coagulazione del sangue e che hanno vene varicose.
Le vene varicose o anche note come varici sono delle dilatazioni delle vene superficiali e si trovano generalmente a livello degli arti inferiori; queste vene sono visibili e presentano un andamento tortuoso. Le vene varicose colpiscono generalmente le donne e sono molto comuni dopo i 50 anni. La loro comparsa è favorita dalla gravidanza, da fattori ormonali, dalla predisposizione genetica, da un eccesso di peso, dal fumo di sigaretta ed è anche conseguenza di uno stile di vita sedentario e da una scorretta alimentazione.
La tromboflebite può essere contratta in ambiente ospedaliero e assistenziale in seguito al posizionamento di cateteri venosi centrali o periferici e di aghi in quanto possono determinare un danno alla parete della vena in conseguenza a processi infettivi.
L’attenzione all’asepsi da parte dei professionisti sanitario durante il posizionamento e la gestione dei cateteri vascolari è fondamentale per evitare l’instaurarsi di un processo infettivo del catetere vascolare stesso che può essere una delle cause di tromboflebite.
Il mancato lavaggio delle mani, la contaminazione dei cateteri vascolari, la mancata disinfezione della cute prima del posizionamento del catetere, la somministrazione di soluzioni e farmaci non sterili aumentano il rischio di infezione del catetere vascolare e di conseguenza del vaso sanguigno in cui è posizionato.
Risulta essenziale che la diagnosi dell’infezione e della relativa tromboflebite, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore del medico o del personale dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi, per non cura dei sintomi o dei segni, per mancata prescrizione di esami di approfondimento diagnostico, potrebbe portare anche a gravi complicanze e perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore.
La prevenzione della tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
Nel caso in cui il paziente presenti dei fattori di rischio per trombosi è indicato indossare le calze elastiche, nei casi più gravi il medico deve prescrivere dei farmaci che evitano la coagulazione del sangue, solitamente viene utilizzata l’eparina a basso peso molecolare.
Le calze elastiche aiutano la circolazione sanguigna in quanto determina una compressione graduata che favorisce il ritorno venoso. Le calze elastiche sono infatti più strette a livello delle caviglie e ciò determina una maggiore compressione che va progressivamente diventano più lieve al polpaccio e ancora di più a livello delle cosce.
Bisogna prevenire anche le cause della tromboflebite ovvero l’insorgenza di processi infettivi dei vasi sanguigni correlati al posizionamento dei cateteri vascolari. La prevenzione delle infezioni ospedaliere correlate ai cateteri vascolari consiste nell’applicazione dei protocolli e delle linee guida da parte dei professionisti sanitari che si occupano del posizionamento e della gestione dei cateteri vascolari:
- lavaggio delle mani;
- utilizzo di cateteri venosi sterili;
- evitare la contaminazione dei cateteri venosi;
- somministrare per via endovenosa farmaci e soluzioni sterili;
- disinfezione della cute prima del posizionamento del catetere vascolare;
- rimuovere il catetere venoso quando non più utile o se mal posizionato;
- sostituzione del catetere vascolare quando raccomandato: ogni 72/96 ore se in teflon e dai 7 ai 15 giorni se in poliuretano.
Se il medico/lo specialista/l’infermiere non rispetta i protocolli commette una negligenza che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico o del personale sanitario il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti con l’assistenza di un avvocato esperto in casi di responsabilità sanitarie e malasanità e di un medico legale che rediga un’apposita perizia (relazione medico legale).
I sintomi della tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
La tromboflebite a seguito di infezione ospedaliera/nosocomiale si manifesta generalmente con:
- gonfiore o edema;
- dolore;
- rossore della cute;
- calore in corrispondenza del sito corporeo dove si trova la vena interessata;
- febbricola e indolenzimento della vena coinvolta;
- in altri casi la tromboflebite può essere asintomatica.
In caso di tromboflebite a seguito di infezione ospedaliera/nosocomiale bisogna verificare tutto quanto fatto, o non fatto, dal medico, dallo specialista o del personale infermieristico in particolare in presenza di sintoni o segni: in questi casi, infatti, è necessario che i sanitari prescrivano ulteriori indagini strumentali ed esami per procedere ad una diagnosi esatta e poter intervenire con una cura idonea e tempestiva.
Verificare questi passaggi è fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità tromboflebite a seguito di infezione ospedaliera/nosocomiale. Un medico legale, anche coadiuvato da un medico specialista e da un avvocato malasanità, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’équipe dei medici o dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata: verrà valutata la documentazione medica e clinica, tra cui le analisi e gli esami, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato.
La diagnosi della tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
La diagnosi della tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale dipende principalmente dal riconoscimento della sintomatologia e dalla raccolta della storia clinica del paziente.
Nel caso di sospetto di tromboflebite si può ricorre all’esecuzione di esami strumentali:
- l’ecodoppler: è un’ecografia che indaga il flusso sanguigno all’interno delle vene;
- venografia: radiografia delle vene;
- TAC;
- risonanza magnetica.
Per riconoscere la presenza di un processo infettivo a carico di un vaso sanguigno si eseguono le emocolture. Le emocolture consistono in un prelievo di sangue venoso che viene raccolto in modo sterile in due provette con terreno di coltura (uno per microrganismi anaerobi e uno per microrganismi aerobi). Grazie all’emocoltura è possibile individuare eventuali microrganismi patogeni la cui presenza permette di fare diagnosi di infezione.
La mancata prescrizione degli esami strumentali o dell’antibiogramma o il mancato trattamento preventivo potrebbero costituire errori medici del medico/dello specialista/del personale ospedaliero: simili omissioni, infatti, potrebbero impedire la diagnosi efficace dell’infezione e potrebbero far sorgere complicanze gravi come la tromboflebite, e un aggravamento e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato specializzato in malasanità.
Il trattamento della tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
Il trattamento della tromboflebite varia in base alla localizzazione della vena, alla sintomatologica, allo stato di salute del paziente, alle sue condizioni cliniche di base e se la vena coinvolta si trova in superficie o in profondità.
Nel caso di tromboflebite superficiale il trattamento consiste nella compressione della zona interessata attraverso il posizionamento di calze elastiche a compressione graduata.
Le calze elastiche riducono il rischio di trombosi venosa profonda e favoriscono la circolazione del sangue; in questo modo si avrà una riduzione della sintomatologia.
Può rendersi necessaria anche la prescrizione di antinfiammatori per ridurre il dolore e l’infiammazione.
Se la tromboflebite è causata da un’infezione devono essere somministrati antibiotici; è anche fondamentale la rimozione del catetere venoso se presente e se è quest’ultimo la causa dell’infezione.
La scelta degli antibiotici si basa sull’antibiogramma che viene eseguito sulle emocolture: dopo aver isolato il microrganismo responsabile dell’infezione è possibile comprendere la sua resistenza e la sua sensibilità a determinati antibiotici.
Il trattamento della tromboflebite venosa profonda consiste nell’eliminazione del coagulo presente all’interno del vaso sanguigno al fine di ripristinare il normale circolo sanguigno e di prevenire l’embolia polmonare.
In presenza di tromboflebite venosa profonda il medico deve prescrivere la somministrazione di anticoagulanti che sono in grado di fluidificare il sangue e prevenire la formazione di trombi.
Il trattamento della trombosi venosa profonda prevede l’utilizzo di farmaci trombolitici distruggono i trombi presenti nei vasi sanguigni.
In alcuni casi, in particolare quando la sola terapia farmacologica è inefficace, si rende necessario ricorrere a delle pratiche chirurgiche quali la trombectomia che consiste nella rimozione del trombo o il filtro cavale che consiste nell’inserimento nella vena cava di un filtro che trattiene gli emboli per evitare che giungano al cuore o alle arterie polmonari.
In questi casi, il paziente, o i suoi familiari (madre, padre, figlio, figlia, moglie, marito, partner, convivente, fratello, sorella, nonno, nonna ecc.) potrebbero ottenere il risarcimento del danno anche qualora il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato al paziente affetto da tromboflebite, il tipo di terapia a cui sarà sottoposto o il tipo di intervento chirurgico, oppure le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato sul trattamento della tromboflebite)
La tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale ed errori medici
La tromboflebite può essere una complicanza dell’infezione ospedaliera correlata al catetere vascolare. Se non trattata adeguatamente, la tromboflebite può esitare nell’embolia polmonare che rappresenta un’emergenza medica e se non riconosciuta tempestivamente e se non trattata nel minor tempo possibile causa il decesso del paziente.
Al fine di evitare questi esiti avversi per il paziente, il professionista sanitario deve diagnosticare e trattare adeguatamente la tromboflebite e ancor prima deve prevenire le infezioni ospedaliere correlate al catetere vascolare che possono essere causa della tromboflebite stessa in quanto causano un danno alle pareti dei vasi sanguigni.
Quando si verificano complicanze derivanti da errori o sbagli del medico o del personale ospedaliero oppure per errato o tardivo trattamento dell’infezione ospedaliera provocata dal catetere vascolare che porta alla tromboflebite, potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Gli errori medici che mettono il paziente a rischio di contrarre un’infezione ospedaliere correlata al catetere vascolare possono essere:
- inosservanza di linee guida e protocolli;
- impropria applicazione delle misure igieniche;
- contaminazione dei cateteri vascolari
- inadeguata disinfezione della cute prima del posizionamento del catetere vascolare
- mancata attenzione all’asepsi e alla sterilità;
- somministrazione di soluzioni e farmaci per via endovenosa non sterili;
- mancata sostituzione del catetere vascolare quando raccomandato: ogni 72/96 ore se in teflon e dai 7 ai 15 giorni se in poliuretano;
- mancata rimozione del catetere vascolare in caso di sospetto di infezione.
Gli errori medici che aumentano il rischio di decesso del paziente in seguito a complicanze di tromboflebite possono essere:
- mancata prevenzione della tromboflebite attraverso somministrazione di calze elastiche compressive o anticoagulanti quando raccomandato;
- trattamento inadeguato e intempestivo;
- mancata esecuzione di esami strumentali per confermare la diagnosi di tromboflebite;
- errata interpretazione dell’esito degli esami strumentali;
- mancato riconoscimento della sintomatologia di tromboflebite;
- errata esecuzione delle emocolture;
- somministrazione di farmaci errati;
- trattamento intempestivo in presenza di sintomi di embolia polmonare;
- mancato riconoscimento della sintomatologia di embolia polmonare;
- mancato ricorso alla chirurgia per il trattamento della tromboflebite quando indicato;
- errata somministrazione dei farmaci;
- mancata rimozione del catetere venoso in presenza di sospetta infezione di quest’ultimo;
- omissione della somministrazione della terapia;
- trattamento errato.
Risarcimento dei danni in caso di tromboflebite da infezione ospedaliera/nosocomiale
Un errore medico nella gestione di un’infezione da catetere vascolare che provochi conseguenze gravi come la tromboflebite può provocare diverse problematiche alla condizione clinica del paziente in base alla persona che le subisce, per questi motivi sarà importante considerare lo stato di salute generale del malato, l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
In caso di tromboflebite da infezione nosocomiale/ospedaliera da catetere vascolare potrebbero insorgere per i pazienti anche gravi danni quali:
- Il danno non patrimoniale all’interno del quale troviamo il danno biologico per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato che è stato infettato per cause nosocomiali (che si calcola nella perizia medico legale attraverso la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea) ma anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini);
- il danno patrimoniale, ossia danni economici da lucro cessante (ossia il c.d. mancato guadagno) o danno emergente (ossia la spesa economica effettuata direttamente) ma, anche, le spese future. Per il riconoscimento di questa voce di danno sarà opportuno conservare scontrini, fatture, dichiarazioni dei redditi ecc. così da poter effettuare analitiche analisi economiche;
- il danno da perdita parentale nel caso in cui l’azione per il risarcimento da infezione nosocomiale è proposta da un parente (madre, padre, marito, moglie, convivente, partner, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. In questo caso può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita.
In caso di morte del paziente per conseguenze da tromboflebite da infezione nosocomiale, come detto, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari ma anche i danni subiti dal danneggiato prima di morire per la tromboflebite e le sue conseguenze più gravi dopo l’errore medico o per la carenza presente in struttura ospedaliera (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura).
I parenti (marito, moglie, convivente, partner, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del paziente e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale da lui patito prima di morire per causa dell’infezione, la tromboflebite o durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio (il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è di 5 anni dal decesso) perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis (possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale, come nella maggior parte dei casi di infezioni nosocomiali).