COMPLICANZE DEL SECONDAMENTO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Durante il secondamento possono insorgere svariate complicanze che devono essere prontamente riconosciute e trattate.
In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Cosa si intende per secondamento
Il secondamento è quella parte del parto in cui avviene l’espulsione della placenta attraverso il canale da parto, a seguito dell’espulsione del feto. La placenta, che durante il corso della gravidanza ha nutrito il feto e ne ha consentito lo sviluppo, dopo la nascita perde la sua funzione.
Mentre nel corso della gestazione consente lo scambio tra la circolazione materna quella fetale, dopo la nascita e l’inizio della respirazione spontanea da parte del bambino l’afflusso placentare si interrompe e la contrazione dell’utero dopo il parto permette il distacco della placenta.
Se il secondamento non avviene nei tempi previsti o se rimane del materiale della placenta all’interno dell’utero, la donna può andare incontro a complicanze severe. Di seguito segnaliamo alcune tra le più diffuse complicanze del secondamento.
Quali sono le modalità per procedere con il secondamento
Il secondamento, definito anche “terzo stadio del travaglio” può essere svolto in due modi differenti: con management attivo o con management fisiologico.
Il management attivo viene in genere consigliato per ridurre il rischio di emorragia del post-partum e diminuire i tempi necessari al secondamento. Il management attivo si effettua tramite la somministrazione di un uterotonico, in genere ossitocina per via intramuscolare subito dopo il parto, il clampaggio e il taglio del cordone entro 5 minuti dalla nascita del bambino e l’accompagnamento della fuoriuscita della placenta tramite una moderata trazione del funicolo ombelicale.
Al contrario, il management fisiologico non comprende nessuna di queste fasi, ma viene clampato il cordone ombelicale dopo che il funicolo ha smesso di pulsare, l’espulsione della placenta avviene solo tramite le spinte della donna e non vengono somministrati uterotonici. Se vengono intrapresi solo uno o due dei punti previsti per il management attivo, la condotta prende il nome di management misto.
Generalmente le linee guida raccomandano il management attivo, in quanto riduce maggiormente le complicanze materne del post-partum, ma deve essere la donna a scegliere il tipo di assistenza che desidera, dopo essere stata informata a proposito dei vantaggi e svantaggi implicati nelle differenti condotte.
Fasi del secondamento
Il secondamento avviene in quattro fasi:
- fase latente: subito dopo la nascita l’utero si contrae, ma non la zona retroplacentare; la placenta risulta ancora ben adesa alla parete uterina e permette ancora un parziale scambio tra la circolazione materna e quella fetale;
- fase di contrazione: la contrazione dell’utero coinvolge anche la zona retroplacentare;
- fase di distacco: la placenta si separa dalla parete uterina;
- fase di espulsione: la placenta viene espulsa all’esterno.
Le linee guida raccomandano dei tempi per quanto riguarda la diagnosi di ritardo del terzo stadio del travaglio, oltre i quali, se il secondamento non è ancora avvenuto, è necessario intervenire per aiutare l’espulsione della placenta; i tempi previsti per diagnosticare un ritardo del terzo stadio sono 30 minuti in caso di management attivo e 60 minuti in caso di management fisiologico.
Durante il periodo del secondamento è importante che la donna venga monitorata per assicurarsi che non si verifichino complicazioni; in particolare, deve essere valutata la perdita ematica dopo il parto, che normalmente deve essere inferiore a 500 ml in caso di parto spontaneo.
La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica, e quindi dell’Ospedale, della Clinica o della Casa di cura, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dal mancato riconoscimento precoce della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
Emorragia del post-partum
L’emorragia del post-partum è una grave condizione clinica in cui la perdita ematica dopo la nascita supera i 500 ml in caso di parto spontaneo e 1000 ml in caso di taglio cesareo. La causa all’origine dell’emorragia deve essere identificata rapidamente al fine di arrestare la perdita ematica e ridurre le complicanze a carico della donna.
Nella maggior parte dei casi l’emorragia del post-partum è dovuta all’atonia uterina, ovvero all’incapacità dell’utero di contrarsi dopo la nascita, ma può anche essere dovuta alla ritenzione di materiale placentare, alla presenza di traumi del canale da parto oppure a disturbi della coagulazione della donna. Se l’emorragia non viene riconosciuta e trattata adeguatamente in breve tempo può implicare severe complicanze, tra cui il decesso della donna nei casi più gravi.
In caso di gravi complicanze o morte della madre, pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (marito, partner, convivente, genitori, figlio/figlia, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito negativo del trattamento medico o al decesso e se c’erano effettive possibilità di guarigione. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato o ad uno studio legale specializzati in responsabilità medica, bisogna capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità della struttura ospedaliera o del ginecologo o dell’ostetrica.
Distocia del secondamento
La distocia del secondamento si verifica in assenza dell’espulsione placentare a seguito dei tempi previsti (30 minuti in presenza di management attivo o 60 minuti in presenza di management fisiologico). Questo può verificarsi a causa di un mancato distacco della placenta dalla parete uterina, a causa di un distacco solo parziale o a causa della ritenzione della placenta distaccata all’interno dell’utero.
Tutte queste condizioni possono essere dovute a:
- atonia uterina: quanto l’utero non si contrae come dovrebbe e non aiuta il distacco della placenta. Spesso è causato da un eccesivo sforza della muscolatura uterina in travaglio, come in presenza di un travaglio prolungato, o da una sovradistensione della parete dell’utero, come può avvenire in caso di gravidanza gemellare, polidramnios o macrosomia fetale;
- anomalie della conformazione placentare: una placenta strutturata in maniera differente rispetto alla norma (come in caso di placenta diffusa o placenta bilobata) può presentare difficoltà al distacco e all’espulsione, rimanendo bloccata in utero;
- anomalie di inserzione della placenta: in caso di placenta accreta, increta o percreta, ovvero quanto i villi placentare penetrano più profondamente nel normale nella parete uterina, il distacco spontaneo può essere impossibilitato; tuttavia, queste condizioni dovrebbero essere diagnosticate prima del parto, poiché sono spesso causa di gravi complicanze se non vengono trattate adeguatamente. Inoltre, se la placenta aderisce alla parete dell’utero nel punto in cui si trova lo sbocco delle tube, si possono avere difficoltà nel distacco;
- contrazione del segmento uterino inferiore e del collo dell’utero: in alcuni casi, il distacco della placenta avviene correttamente ma la sua espulsione può essere ostacolata da uno spasmo del collo dell’utero, che ne impedisce il passaggio. Questa condizione è spesso causata da uno scorretto utilizzo di farmaci tocolitici nel post-partum.
La distocia del secondamento, e in particolare il mancato distacco della placenta, sono complicanze non rare ma che se trattate adeguatamente non implicano un grave rischio per la donna; tuttavia, se la situazione non viene valutata adeguatamente e non si interviene in maniera corretta, l’incidenza di complicanze è elevata. In particolare, in caso di ritardo del secondamento il rischio principale è rappresentato dell’emorragia del post-partum, mentre in caso di mancato distacco di placenta vi è un aumentato rischio di infezione, oltre a quello dell’emorragia.
Ritenzione di materiale placentare
La ritenzione di materiale placentare si verifica quando una parte della placenta o delle membrane amniocoriali rimane all’interno dell’utero dopo il secondamento. Questa condizione se persiste può determinare un’emorragia del post-partum oppure complicanze di tipo infettivo.
Per evitare questa la ritenzione del materiale placentare, il professionista sanitario presente alla nascita deve esaminare la placenta e le membrane amniocoriali dopo il secondamento, per assicurarsi che non ne sia rimasta una porzione all’interno dell’utero. In caso di un dubbio diagnostico, l’esecuzione di un’ecografia può risolvere il quesito.
La ritenzione di materiale placentare viene trattata con la revisione della cavità uterina, ovvero una pulizia dell’interno dell’utero effettuata per via vaginale durante una procedura chirurgica, previa esecuzione di anestesia.
Anche in questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Placenta accreta
La placenta accreta è una condizione clinica in cui l’adesione della placenta alla parete dell’utero è anomala e i villi placentari si inseriscono troppo profondamente. In caso di placenta previa il ricorso alla chirurgia è necessario.
La placenta accreta rappresenta in genere un grosso fattore di rischio, di cui la principale complicanza possibile è l’emorragia del post-partum. Se la placenta accreta non viene riconosciuta prima del parto, il rischio di complicanze è estremamente elevato.
Secondamento manuale
Il secondamento manuale è la procedura che si esegue per trattare i casi in cui il secondamento non avviene in maniera spontanea, a causa di un’anomalia della placenta o dell’utero stesso.
Questa procedura deve essere preceduta dall’anestesia, regionale o generale e deve essere eseguita in sala operatoria, al fine di garantire la sterilità del procedimento. La placenta viene distaccata manualmente dall’utero e tutto il materiale placentare viene estratto; l’esecuzione di una revisione della cavità uterina può essere indicata in caso di sospetta persistenza di materiale placentare in utero.
L’esecuzione di un’ecografia può facilitare la riuscita della procedura
Inversione uterina
L’inversione uterina è una grave complicanza del secondamento in cui il fondo uterino si distacca dalla sua sede e si ripiega all’interno dell’utero, come un guanto rovesciato.
Questa condizione determina un forte dolore addominale e un sanguinamento importante, che non accenna a fermarsi. Le cause dell’inversione uterina sono da riscontrarsi il più delle volte in un’eccessiva trazione del funicolo ombelicale, che si può verificare se il funicolo è troppo corto e viene tirato dal bambino durante la nascita oppure da una trazione esercitata con troppa forza dagli operatori sanitari durante le manovre del secondamento.
Questa complicanza può avere differenti gradi a seconda della porzione di utero coinvolta nell’inversione ed è necessario il riposizionamento dell’organo per ridurre le complicanze materne.
Qualora vi siano i presupposti, la donna, il marito (partner o convivente) il padre, la madre i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potrebbe dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un caso di malasanità a causa di una diagnosi sbagliata, errata, tardiva oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al ginecologo e più in generale ai medici coinvolti.