MANCATA GESTIONE DELL’ANEMIA NEL PAZIENTE ONCOLOGICO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’anemia è una condizione in cui il numero di globuli rossi non è sufficiente a trasportare abbastanza ossigeno per il fabbisogno di alcuni tessuti e organi del corpo. In caso di anemia vi è dunque una riduzione del numero di globuli rossi o della quantità di emoglobina ossia della proteina in essi contenuta che trasporta l’ossigeno. L’anemia è un disturbo molto frequente nei pazienti oncologici (dal 30 al 90% dei pazienti secondo diversi studi) e si manifesta con astenia, tachicardia, cardiopalmo, svenimenti, dispnea da sforzo e si associa al peggioramento della qualità̀ di vita ed alla riduzione della sopravvivenza.
Risulta essenziale una diagnosi esatta e veloce, in caso contrario potrebbero esserci anche gravi complicanze e danni per il paziente a causa di una terapia tardiva o inefficace o di un ritardo nel trattamento (come, ad esempio, la perdita di chance di guarigione, la morte, l’accelerazione del decesso, o la perdita di chance di conservare una vita migliore). che potrebbero comportare il diritto a chiedere il risarcimento dei danni patiti con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
Anemia nei malati di tumore
Le neoplasie possono indurre anemia attraverso diversi meccanismi, come ad esempio l’invasione del midollo osseo da parte delle cellule tumorali o per colpa di perdite di sangue dovute ad emorragie. I pazienti oncologici, inoltre, spesso soffrono di malnutrizione e vanno incontro a carenze nutrizionali che a loro volta causano anemia. Anche la chemioterapia induce anemia agendo a discapito dell’emopoiesi con una frequenza variabile a seconda dei farmaci utilizzati; inoltre, è stato evidenziato che l’incidenza di anemia aumenta con il numero di cicli di trattamento.
Se il paziente inizia a soffrire di anemia bisogna verificare tutto quanto fatto, o non fatto, dal dall’oncologo o dall’équipe medica e infermieristica. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da un medico specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’équipe dei medici o dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Essenziale, in questa fase, risulterà anche l’esame della documentazione medica tra cui le analisi e gli esami, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato.
Globuli rossi
Globuli rossi
Si parla di “anemia” se il quantitativo dell’emoglobina si riduce sotto i 14 g/dl nell’uomo e 12 g/dl nella donna.
L’anemia è quindi un’alterazione della morfologia degli eritrociti, ossia dei globuli rossi, e degli indici eritrocitari.
Anche se non si dispone di una stima precisa dell’entità del fenomeno, studi clinici e indagini osservazionali documentano che l’anemia è relativamente comune tra i pazienti con tumori solidi ed ematologici sia come espressione diretta della malattia (anemia infiammatoria), sia come conseguenza dei trattamenti, o per malattie coesistenti correlate o meno al cancro.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore del medico, dell’oncologo o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni per il paziente.
Il trattamento proposto per la cura del cancro deve essere deciso in base:
- ai benefici offerti dai diversi approcci e le percentuali di successo;
- ai rischi che la cura può comportare (complicanze, effetti collaterali);
- alla gestibilità della cura: per esempio, alcuni pazienti possono preferire una terapia che preveda un unico ricovero, altri scegliere invece di essere seguiti con maggiore assiduità;
- allo scopo del trattamento (eliminare la malattia del paziente, allungargli la vita, alleviare le sue sofferenze ecc.).
Nel caso in cui la terapia somministrata ad un malato provochi una forte anemia, ad esempio, sarebbe opportuno modificarla per evitare di incorrere in rischi per la salute del soggetto o peggioramenti nella condizione clinica. Il mancato trattamento o riconoscimento di simili effetti collaterali costituiscono errori medici dell’oncologo, del medico o dell’infermiere: simili omissioni, infatti, impediscono la diagnosi efficace della complicanza e possono far sorgere aggravamenti o ritardi nella cura e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
La frequenza e la gravità dell’anemia nel paziente oncologico
La frequenza e la gravità dell’anemia variano a seconda della sede e dell’estensione della neoplasia: dipendono inoltre dal tipo di chemioterapia e/o radioterapia, dalle modalità e tempi di somministrazione e dall’intensità del trattamento.
Altri motivi frequenti sono rappresentati da perdite di sangue microscopiche da parte dei tessuti malati (come accade nei tumori del sistema gastroenterico: tumore allo stomaco, tumore al fegato, tumore alla cistifellea e dotto biliare/vie biliari, tumore all’intestino, tumore al dotto pancreatico e tumore al pancreas, tumore al colon), oppure da carenze nutrizionali: la persona ha una sensazione di malessere generalizzato che la porta a mangiare meno e comunque a non avere una dieta equilibrata.
La stanchezza che deriva dall’anemia rende il paziente in uno stato psichico fisico complesso, poiché lo stesso non riesce a far fronte nemmeno agli impegni quotidiani più banali.
Quando si presentano fattori di rischio, il medico, l’oncologo e, più in generale, il personale dell’ospedale devono essere più attenti nel monitorare il paziente e nella prescrizione di esami di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della complicanza o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, valutando se questi potessero essere o meno evitati.
Terapie per il trattamento dell’anemia
Le terapie più comuni per correggere l’anemia sono:
- le trasfusioni di sangue che rappresentano a tutt’oggi l’approccio più comune per la correzione dell’anemia grave (Hb minore di 7-8 g\dL) nei pazienti con cancro. Questa opzione terapeutica ha il grande vantaggio di una rapida correzione dell’anemia, ma conta una serie di svantaggi quali il rischio di infezioni virali, reazioni allergiche, immunosoppressione, accumulo di ferro, scarsa efficacia in pazienti con anticorpi, necessità di ospedalizzazione senza contare la possibilità di rifiuto da parte di alcuni pazienti;
Trasfusione
Trasfuzione
- l’eritropoietina (EPO) (indicata quando i valori di Hb sono < di 10 g\dL ed il paziente è in trattamento chemioterapico) rappresenta un’attraente alternativa alla trasfusione di sangue nella gestione dell'anemia associata al trattamento del paziente neoplastico. L'eritropoietina è un ormone endogeno, prodotto principalmente dal rene e in piccolissima parte dal fegato, che partecipa alla regolarizzazione dell’eritropoiesi (formazione di globuli rossi).
Esistono forme di eritropoietina ricombinante che forniscono uno stimolo al midollo osseo permettendo discreti aumenti dell’emoglobina, senza il ricorso a trasfusioni. Il trattamento con EPO ha il vantaggio di essere un trattamento quasi “fisiologico”, ben accettato dai pazienti, che può essere somministrato a domicilio (terapia sottocute) e presenta modesti effetti indesiderati;
- terapia con ferro (per bocca o per via endovenosa).
Il paziente, o i suoi familiari, potrebbero – in certi casi – ottenere il risarcimento del danno anche qualora il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato al malato, il tipo di terapia a cui sarà sottoposto o il tipo di trattamento, oppure i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato).
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità, quindi, potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Errori medici nella gestione dell’anemia nel malato oncologico
Bassi livelli di emoglobina sembrano essere responsabili di una morbilità significativa e forse di mortalità, ossia di decesso del paziente. Se i valori di HB sono troppo bassi, il paziente non è generalmente candidabile ad un trattamento di chemioterapia e/o radioterapia, riducendo di gran lunga ogni possibilità terapeutica e peggiorando nella maggior parte dei casi la qualità di vita.
L’anemia rappresenta il motivo più comune per ritardare o ridurre la dose del trattamento chemioterapico. Dato che la riduzione della dose di chemioterapici può causare fino ad un 10% di differenza nella sopravvivenza rispetto a pazienti trattati con dosi ottimali, si può ipotizzare che la prevenzione dell’anemia possa migliorare la prognosi da tumore consentendo un trattamento chemioterapico a dosi piene. Ritardare o ridurre la dose del trattamento chemioterapico, però, può creare notevoli danni e peggiorare la qualità della vita. Un eventuale errore medico o di diagnosi deve essere rilevato quanto prima per permettere al paziente un eventuale risarcimento danni per errore. Un avvocato può essere la soluzione ideale per valutare con oggettività l’iter intrapreso e valutare se ci sono gli estremi per un’azione legale.
Qualora vi siano i presupposti il malato o, in caso di decesso, la moglie, il marito, la madre, il padre, i figli, il fratello o la sorella – o gli eventuali – potrebbero chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un caso di malasanità a causa di una diagnosi sbagliata, errata, tardiva oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace. Lo studio legale o l’avvocato, specializzati malasanità, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, all’oncologo e più in generale ai medici coinvolti.
Risarcimento dei danni per errore medico
Quando si verifica una diagnosi sbagliata o errore medico nella gestione della cura o nel ritardato o mancato riconoscimento di un effetto collaterale dannoso come l’anemia, la valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Il danno non patrimoniale potrà considerare anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini) o estetici (ad esempio perché sono rimasti postumi che deturpano l’aspetto esteriore della vittima) che hanno colpito maggiormente il malato: esaminare le questioni più soggettive e personali capitate al danneggiato a seguito dell’evento si chiama personalizzazione del danno.
Un errore medico, infatti, può provocare diverse conseguenze in base alla persona che lo subisce, per questi motivi sarà importante considerare l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
Per i danni patrimoniali, invece, potrà essere chiesto, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute durante la cura: a tal fine potranno essere utili scontrini della farmacia, ricevute dei costi di alloggio, fatture per visite mediche o per acquisto attrezzature (danno emergente); oppure le spese future che dovranno essere effettuare a causa dell’errore nella terapia (fornendo la prova dei costi sostenuti); o, ancora, il risarcimento per i mancati guadagni subiti dal paziente a causa del peggioramento della salute o del protrarsi delle cure (lucro cessante).
Nel caso in cui l’esito della cura dovesse essere infausto e, quindi, il paziente dovesse morire, anche gli eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, fratello, sorella ecc.) potrebbero agire per chiedere il risarcimento del danno patito dal familiare mentre ancora era in vita (ad esempio per la sofferenza subita, c.d. danni iure hereditatis), del danno per la perdita parentale (variabile in base al grado di parentela, c.d. danni iure proprio) ma anche dei danni patiti direttamente per il dolore provato per la morte di una persona cara o per i peggioramento subito al proprio stile di vita (ad esempio perdite economiche o modifiche drastiche delle proprie abitudini, c.d. danni iure proprio).