APPROPRIATEZZA: DIAGNOSI, TRATTAMENTO E CURA APPROPRIATA IN ONCOLOGIA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Il termine appropriatezza indica la misura di quanto una scelta o un intervento diagnostico o terapeutico sia adeguato rispetto alle esigenze del paziente ed al contesto sanitario. Un intervento diagnostico o terapeutico risulta appropriato nel momento in cui risponde il più possibile, relativamente al contesto in cui si colloca, ai criteri di efficacia, sicurezza ed efficienza. In ambito farmacologico, l’appropriatezza prescrittiva dei farmaci si verifica quando essi sono prescritti per patologie per le quali esiste l’indicazione terapeutica all’interno della scheda tecnica.
La prescrizione di una cura sbagliata o il mancato trattamento e/o riconoscimento della malattia o, ancora, la diagnosi errata costituiscono errori medici che possono impedire la guarigione del paziente o possono far sorgere complicanze gravi e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
Perché sono importanti l’appropriatezza della diagnosi e della cura in oncologia
L’appropriatezza della cura e della diagnosi in oncologia sono importanti perché permettono di fornire ai sanitari la corretta visione globale della gestione del paziente per ogni singola patologia e anche perché permette di uniformare gli standard assistenziali che i medici dovrebbero garantire ai pazienti. Per questo motivo le linee guida scientifiche hanno tentato, negli ultimi anni, di fornire standard di appropriatezza per la diagnosi, per la stadiazione, per le modalità̀ terapeutiche e per le modalità̀ di follow-up della gestione delle patologie oncologiche.
Le prove di efficacia e sicurezza stanno alla base di linee guida cliniche e protocolli diagnostico-terapeutici che sono condivisi dal personale sanitario responsabile della scelta. Purtroppo, le prove di efficacia e sicurezza non hanno validità assoluta, ma statistica, ed esiste una significativa variabilità individuale – da paziente a paziente – per quanto riguarda la risposta a diverse terapie, ancorché applicate appropriatamente.
Il concetto di appropriatezza fa riferimento principalmente al momento decisionale dell’atto medico. Infatti, un atto medico potrebbe – in certi casi – essere eseguito più o meno correttamente, prescindendo dalla sua appropriatezza. Il medico, quindi, potrebbe non essere vincolato al caso singolo, ma potrebbe adattare le indicazioni delle linee guida alle reali condizioni del paziente, risultando così salvaguardata l’autonomia professionale.
Le indicazioni di appropriatezza prescrittiva costituiranno certamente un parametro di riferimento per le attività di verifica del comportamento prescrittivo generale del medico, dovendosi tra l’altro verificare l’aderenza complessiva dello specialista alle evidenze scientifiche.
La prescrizione di farmaci controindicati, ad esempio, costituisce una negligenza del dottore lo dell’oncologo che può determinare una colpa medica. Quando la viene accertata la responsabilità del medico, il paziente può chiedere il risarcimento dei danni subiti con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
Terapia inappropriata o sbagliata in oncologia
La terapia inappropriata è una cura non adatta alla patologia del paziente o, comunque, non prevista dalla “linee guida” che sono rese pubbliche dalla comunità scientifica per il trattamento di una determinata malattia.
Per evitare che i pazienti vengano sottoposti a terapie inappropriate, le società scientifiche internazionali e nazionali redigono documenti, chiamati “linee guida”, che danno indicazioni sui protocolli di cura scientificamente più adeguati. Per redigere le linee guida un gruppo di esperti si riunisce ed esamina le prove a favore e contro i diversi tipi di trattamento e stabilisce una sorta di protocollo di comportamento al quale i medici dovrebbero attenersi per curare quella determinata malattia.
Terapia sbagliata
Terapia sbagliata
In tal modo si favorisce la diffusione di terapie con provata efficacia e un buon rapporto tra rischi e benefici, nonché una certa uniformità nel modo con cui i pazienti colpiti da un tumore con caratteristiche comuni dovrebbero essere curati nei diversi centri ospedalieri.
Una decisione terapeutica inappropriata può essere la conseguenza di una diagnosi errata, dovuta a superficialità ma anche a imperizia, imprudenza o negligenza del medico, che potrebbe aver sottovalutato o confuso alcuni sintomi, oppure potrebbe aver omesso di prescrivere esami diagnostici più approfonditi o prescritti con un intervallo di tempo troppo lungo tale da non cogliere iniziali variazioni della condizione di salute del paziente.
Simili omissioni ed errori, infatti, impediscono la diagnosi ed il trattamento efficace della patologia e possono far sorgere complicanze gravi per il malato e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
Una terapia inappropriata potrebbe essere anche causata da un errore diagnostico da parte di un reparto dell’Ospedale, ad esempio, il macchinario non registra correttamente, o non rileva affatto, i dati dell’esame diagnostico, oppure si verifica uno scambio di provette durante il prelievo o la refertazione nel laboratorio di analisi. In questo caso la carenza strutturale dell’Ospedale è fonde di responsabilità e, quindi, permette la richiesta di risarcimento dei danni.
In tutti i campi della medicina la terapia, ovviamente, oltre ad essere tempestiva, deve essere tra le altre appropriata. Ad esempio, in caso di cancro al seno, o più in generale nelle varie forme di tumore alla mammella, di tumore al fegato, pancreas, intestino, colon, esofago, cistifellea o colecisti, tiroide, linfomi (ad esempio linfoma di Hodgkin o non Hodgkin) una cura appropriata consente di ottenere altissime percentuali di guarigione.
Quando non è possibile la guarigione del paziente, il fine primario di un trattamento oncologico, rimane comunque quello di allungare la sopravvivenza e migliorarne la qualità della vita.
In caso di gravi complicanze o morte esiste il diritto a chiedere un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione. La principale domanda che il malato o i parenti (moglie, marito, partner, convivente, genitori, figlio/figlia, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda la causa che ha portato all’esito infausto del trattamento medico o al decesso, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Un avvocato esperto in malasanità, insieme al medico legale, può capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa.
Valutazione dell’appropriatezza del trattamento e della cura in oncologia
Pre valutare l’appropriatezza del trattamento proposto durante una cura oncologica il medico dovrebbe chiarire al paziente:
- i benefici offerti dai diversi approcci e le percentuali di successo;
- i rischi che la cura può comportare (complicanze, effetti collaterali);
- la gestibilità della cura: per esempio, alcuni pazienti possono preferire una terapia che preveda un unico ricovero, altri scegliere invece di essere seguiti con maggiore assiduità;
- lo scopo del trattamento (eliminare la malattia del paziente, allungargli la vita, alleviare le sue sofferenze ecc.).
Esistono, infatti, vari tipi di approcci ad una patologia oncologica: l’oncologo può proporre una cura ossia un trattamento che intende eliminare completamente la malattia e prevenirne il ritorno; oppure un trattamento di controllo ossia una terapia che permette di tenere a bada la malattia non potendo eliminarla del tutto; infine, una terapia palliativa che ha lo scopo di ridurre i sintomi della malattia e il dolore. Non è detto che la terapia palliativa sia limitata alla fase terminale del cancro, anzi: oggi si tende a iniziare la terapia palliativa o del dolore nelle fasi precoci per aiutare il paziente ad affrontare con maggiori forze e serenità eventuali disturbi.
Dopo aver chiarito lo scopo del trattamento proposto, è bene chiedere al medico quanto a lungo durano, in genere, i suoi benefici. La risposta non sempre è possibile e non sempre è precisa, perché può dipendere da caratteristiche individuali del paziente, ma talvolta è possibile ipotizzare un quadro verosimile.
Talvolta è opportuno che l’oncologo parli chiaramente al paziente delle probabilità di riuscita di una terapia e, quindi, della sua efficacia che può spesso essere espressa in forma di percentuale di riuscita (percentuale di pazienti guariti, ma anche di malati che non sentono più il dolore o di pazienti che manifestano un certo effetto collaterale).
Dialogo medico-paziente
Dialogo medico-paziente
A tal proposito si deve sempre ricordare che il paziente, o i suoi familiari, potrebbero – in certi casi – ottenere il risarcimento del danno anche qualora il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato al paziente, il tipo di terapia a cui sarà sottoposto o il tipo di intervento chirurgico, oppure le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato).
Conseguenze della terapia inappropriata in campo oncologico
In campo oncologico, un errato trattamento del paziente, ad esempio, una prescrizione di un chemioterapico fuori dalle indicazioni terapeutiche, potrebbe portare conseguenze molto gravi o addirittura fatali.
A seguito, quindi, di una diagnosi sbagliata, errata, o tardiva, la stessa terapia ad esempio con chemioterapia o radioterapia probabilmente potrebbe essere non tempestiva, rivelandosi, a volte, anche non più così efficace.
Qualora vi siano eventualmente i presupposti, il paziente potrebbe dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stato vittima di un caso di malasanità a causa di una cura sbagliata o errata. In questi casi è potrà rivolgersi ad uno studio legale o ad un avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da responsabilità medica, il quale – insieme al proprio medico legale ed eventualmente al medico specialista – valuteranno se vi siano, o meno, i presupposti per chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al chirurgo e più in generale ai medici coinvolti. La valutazione di quali danni, nel caso concreto, si possano chiedere, viene lasciata all’avvocato (ad esempio, danno patrimoniale ossia i danni economici da lucro cessante o danno emergente, i danni non patrimoniali come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale, il danno esistenziale, il danno da perdita di chance ecc.)
Un errore quindi nella diagnosi o durante le cure mediche potrebbe portare a danni e lesioni gravi e, nei casi di malasanità più rilevanti potrebbe portare anche al decesso del paziente, e la morte costituisce la lesione maggiore del bene vita. In questi casi, più del risarcimento dei danni, ai familiari e parenti coniuge (marito o moglie), convivente more uxorio, figli, fratelli/sorelle, nipoti, nonni interessa comprendere se vi sia stato un ritardo o un errore nella diagnosi, se il trattamento è stato tempestivo e corretto, o se invece vi siano stati ritardi, errori o sbagli, se vi sia stata colpa del medico, del chirurgo o dell’équipe medica, o se vi sia stata responsabilità dell’Ospedale, della Clinica o della Casa di Cura, ed infine se il danno era, o meno, evitabile.
Essenziale, in questa fase, risulterà l’esame della documentazione medica tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza o di poter avere una vita migliore).
Il danno non patrimoniale potrà considerare anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini) o estetici (ad esempio perché sono rimasti postumi che deturpano l’aspetto esteriore della vittima) che hanno colpito maggiormente il malato: esaminare le questioni più soggettive e personali capitate al danneggiato a seguito dell’evento si chiama personalizzazione del danno.
Un errore medico, infatti, può provocare diverse conseguenze in base alla persona che lo subisce, per questi motivi sarà importante considerare l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
Per i danni patrimoniali, invece, potrà essere chiesto, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute durante la cura: a tal fine potranno essere utili scontrini della farmacia, ricevute dei costi di alloggio, fatture per visite mediche o per acquisto attrezzature (danno emergente); oppure le spese future che dovranno essere effettuare a causa dell’errore nella terapia (fornendo la prova dei costi sostenuti); o, ancora, il risarcimento per i mancati guadagni subiti dal paziente a causa del peggioramento della salute o del protrarsi delle cure (lucro cessante).
Nel caso in cui l’esito della cura dovesse essere infausto e, quindi, il paziente dovesse morire, anche gli eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, fratello, sorella ecc.) potrebbero agire per chiedere il risarcimento del danno patito dal familiare mentre ancora era in vita (ad esempio per la sofferenza subita, c.d. danni iure hereditatis), del danno per la perdita parentale (variabile in base al grado di parentela, c.d. danni iure proprio) ma anche dei danni patiti direttamente per il dolore provato per la morte di una persona cara o per i peggioramento subito al proprio stile di vita (ad esempio perdite economiche o modifiche drastiche delle proprie abitudini, c.d. danni iure proprio).