CHEMIOTERAPIA ERRORE DOSAGGIO DEL CISPLATINO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La chemioterapia è un trattamento farmacologico che consiste nella somministrazione di medicinali citotossici o antiblastici che uccidono le cellule tumorali. Può essere un solo un solo farmaco o più farmaci a seconda di differenti fattori quali il tipo e lo stadio del tumore, le condizioni biologiche del tessuto neoplastico o condizioni cliniche del paziente come età, sesso, pretrattamento, condizioni generali.
Quando il medico specialista (o l’oncologo) non valuta in modo esatto il tipo di tumore, sbaglia la diagnosi ad esempio dello stadio del cancro oppure somministra una cura errata (inefficace o ritardata) è possibile chiedere il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità. Anche la scelta sbagliata dei medicinali con i quali comporre il cocktail della chemioterapia può essere fonte di errore medico e provocare gravi conseguenze nel paziente, fino anche alla morte.
In questa fase molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, dell’oncologo o del personale dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia o della cura – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Perché proporre il trattamento chemioterapico al paziente?
Proporre al paziente una cura che prevede la somministrazione di cicli di chemioterapia può avere obiettivi differenti:
- eliminare il tumore: nel caso di cancro molto sensibile al trattamento farmacologico;
- riduzione della massa del tumore così da poter effettuare un intervento meno invasivo o per poi poter procedere con la radioterapia e irradiare una zona più ristretta del corpo. In questo caso è possibile comprendere che se il chirurgo o l’oncologo o il radiologo sbagliano ad individuare il tumore o effettuano una diagnosi sbagliata c’è il rischio di procedere con una cura inefficace o tardiva che potrebbe provocare gravi danni al paziente;
- prevenzione contro le recidive perché eliminare le cellule che possono essersi staccate dal tumore principale permette di evitare la formazione di metastasi anche prima di indagarle con la risonanza magnetica o la PET;
- ritardare la progressione della malattia e, quindi, prolungare la sopravvivenza del malato. In questo caso sarà opportuno informare debitamente il paziente circa i pro e i contro del trattamento, la tipologia di cura, le possibili conseguenze in modo da renderlo consapevole della scelta di procedere con la chemioterapia anche – eventualmente – se non ci sono possibilità effettive di sopravvivenza. Il medico, pertanto, non si deve limitare a far firmare un foglio c.d. modulo di consenso informato, ma dovrà spiegare, in modo chiaro, completo e comprensibile – anche in rapporto all’età del paziente, al grado di scolarizzazione e alle possibili difficoltà di comprensione (si immagini, ad esempio, un cittadino straniero che ha una conoscenza basica della lingua italiana) – tutti i vari aspetti medici. In mancanza il paziente potrebbe ottenere il risarcimento del danno con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità;
- alleviare i sintomi provocati dalla massa tumorale quando questa non si può asportare chirurgicamente, in modo da limitare gli effetti legati a un’eventuale ostruzione di canali (per esempio un bronco o l’intestino) e compressione degli organi vicini (per esempio all’interno della scatola cranica);
- preparare l’organismo a un trapianto di midollo osseo o di cellule staminali usando dosi molto alte di farmaci.
In caso di gravi complicanze o morte del paziente pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (marito, moglie, partner, convivente, genitori, figlio/figlia, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito negativo del trattamento medico o al decesso, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato o ad uno studio legale specializzato in risarcimento danni da responsabilità medica, insieme al medico legale, si potrebbe capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa.
Utilizzo del cisplatino in chemioterapia
Il cisplatino è un farmaco utilizzato in chemioterapia o in monoterapia nel trattamento dei tumori.
Il cisplatino è un agente chemioterapico antineoplastico in grado di interferire con tutte le fasi del ciclo cellulare legandosi al DNA. Esso può essere utilizzato da solo, o in associazione ad altri antitumorali, per il trattamento di varie tipologie di tumore, fra cui cancro ovarico, tumore del polmone, tumore della vescica, tumore del testicolo, tumore del distretto testa collo.
La somministrazione avviene, di solito, per infusione endovenosa nell’arco di 4-6 ore (richiede un’abbondante pre-idratazione e post idratazione) utilizzando una vena del braccio, ma per raggiungere una vena più profonda potrebbe essere inserito un tubicino o un piccolo serbatoio sotto la pelle a livello del braccio, della clavicola o del collo. In tal caso, l’accesso venoso centrale, resterà disponibile permanentemente per tutta la durata del trattamento, e sarà utilizzato sia per la somministrazione che per il prelievo di campioni ematici ossia di sangue. La durata della chemioterapia è variabile, ma generalmente dura da 3 a 6 mesi, con la somministrazione di 3-4 a 6-8 cicli di trattamento.
La chemioterapia, anche con cisplatino, avviene a cicli. Un ciclo di trattamento si compone dai giorni in cui viene somministrato il farmaco e il periodo di riposo che segue, fino alla ripresa del successivo ciclo. L’intervallo tra i due cicli permette al corpo di riprendersi dagli effetti collaterali. Tra un ciclo e l’altro il paziente effettua gli esami del sangue per valutare la tossicità sui globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine. La chemioterapia va eseguita in più cicli perché non tutte le cellule tumorali si replicano nello stesso momento e ci sono sempre delle cellule in fase quiescente ossia “a riposo” che non vengono colpite durante il primo trattamento.
La mancata prescrizione degli esami del sangue o il mancato trattamento degli effetti collaterali costituiscono errori medici dell’oncologo o del medico o del personale dell’Ospedale o della Clinica privata: simili omissioni, infatti, impediscono la diagnosi efficace delle condizioni del paziente e possono far sorgere complicanze gravi per il malato e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
Chemioterapia
Chemioterapia
Gli effetti collaterali dovuti alla somministrazione di cisplatino possono variare secondo la dose somministrata e a seconda che il farmaco sia impiegato in monoterapia o in chemioterapia di associazione, senza dimenticare una eventuale variabilità di risposta anche fra un individuo e l’altro.
Non procedere con la corretta idratazione del paziente prima e dopo l’infusione può essere un errore medico dell’oncologo o dell’infermiere: simili omissioni, infatti, impediscono l’efficacia della cura perché debilitano le condizioni del malato e, quindi, sono potenziale fonte di danno che potrà essere risarcito.
Effetti collaterali e tossicità del cisplatino
Le più comuni tossicità derivanti dall’utilizzo di cisplatino in chemioterapia sono:
- nefrotossicità: il cisplatino è estremamente nefrotossico (tossico per il rene), soprattutto in quei pazienti affetti da disfunzioni renali preesistenti (ad es. paziente diabetici od ipertesi). La nefrotossicità del cisplatino è un effetto collaterale dose-limitante: significa che questo tipo di tossicità riduce la dose di farmaco che può essere somministrata al paziente.
L’uso quotidiano ripetuto di cisplatino (come avviene ad esempio nei pazienti affetti dal tumore del testicolo) può provocare insufficienza renale con necrosi tubulare renale, che si manifesta sotto forma di uremia o anuria (assenza o quasi di urine nelle 24 h). L’insufficienza renale può evolvere e diventare irreversibile;
- neurotossicità: è dose-dipendente, cioè aumenta con l’aumentare della dose di farmaco assunta e può manifestarsi con perdita della sensibilità di arti o altre zone del corpo (più frequente nei pazienti diabetici), riduzione dei riflessi, sensazione di “arti addormentati” o di ricevere “scosse elettriche”;
- mielosoppressione: questa soppressione si traduce in ridotta sintesi delle cellule del sangue, con riduzione dei globuli bianchi, emoglobina e piastrine;
- patologie cardiache come aritmie cardiache. In particolare, questi effetti sono stati osservati quando il cisplatino è utilizzato in associazione ad altri farmaci citotossici. Può manifestarsi ipertensione e, in alcuni casi, può verificarsi infarto del miocardio anche alcuni anni dopo la fine della terapia;
- ridotta capacità uditiva;
- crampi muscolari;
- broncospasmo (respiro affannoso) ed ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa), brachicardia (battito cardiaco lento), tachicardia (battito cardiaco accelerato) o e altre aritmie (battito cardiaco irregolare), anche se queste tipologie di effetti collaterali sono meno frequenti.
L’oncologo, il medico e, più in generale, il sanitario che si approccia alla cura chemioterapica del paziente deve conoscere tutta la sua storia clinica per evitare di incorrere in una cura sbagliata o nociva.
Il malato con un’insufficienza renale pregressa, per esempio, non deve essere trattato con dosi elevate di cisplatino, altrimenti può sviluppare problemi al rene anche irreversibili. La prescrizione di farmaci controindicati costituisce una negligenza dell’oncologo che può determinare una colpa medica. Quando la viene accertata la responsabilità del medico, la paziente può chiedere il risarcimento dei danni subiti con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
Errori medici commessi nella somministrazione
Con la chemioterapia viene somministrato al paziente un cocktail di diversi farmaci che hanno il compito di distruggere le cellule tumorali.
Un errore nella dose del cisplatino potrebbe costituire un insuccesso della terapia, o tradursi in un aumento dei tempi per la cura, che provoca, o che potenzialmente può provocare, un danno al paziente.
La maggior parte degli effetti indesiderati sono dose-dipendente: quindi un errato dosaggio potrebbe influire negativamente sulla qualità della vita e nei casi più gravi sulla incolumità del paziente, potendo portare al semplice disturbo passeggero al (potenziale) decesso, ossia alla morte del paziente.
Una cura errata, dunque, può causare al paziente delle conseguenze e danni gravi alla salute. Anche in caso di malasanità, non vi è tuttavia un automatismo tra colpa del medico (imprudenza, negligenza e imperizia) o errore dell’Ospedale e l’evento (morte, aggravamento o insorgenza della malattia) né tra l’evento e il diritto al risarcimento del danno.
Bisogna, infatti, individuare quali effettivi danni ha subito il paziente. Potrebbero essere presenti più danni: ad esempio danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. È comunque fondamentale che l’avvocato faccia un esame ad ampio spettro insieme al medico legale. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance di guarigione o sopravvivenza, a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Richiesta di risarcimento danni per responsabilità medica
Pertanto, quando ci si rivolge ad un avvocato specializzato in risarcimento danni da malasanità o responsabilità medica, è necessario che il medico legale che collabora con lo studio legale, prima verifichi l’esistenza di una correlazione (nesso causale) e, solo successivamente – in caso affermativo – l’avvocato procederà con la domanda di risarcimento danni all’Ospedale, all’Assicurazione ed eventualmente all’oncologo o ai medici responsabili.
Il medico legale, pertanto, verificherà la cartella clinica, gli esami, le analisi e i referti, nonché la corretta applicazione delle linee guida, i protocolli e le procedure, vagliando inoltre il consenso informato per accertare la presenza di una diagnosi sbagliata, errata o tardiva, nonché, in ambito terapeutico, di una cura errata, non tempestiva o inutile.
Il paziente, o in caso di morte, il coniuge (marito o moglie), il convivente more uxorio, ma anche un familiare (figlio/figlia, fratello/sorella, nonni, nipote, fratello/sorella), potrebbe essere di tipo patrimoniale e non patrimoniale. La tipologia di danni è molto ampia, a titolo esemplificativo tra i danni patrimoniali (ossia economici) vi è:
- il danno emergente (spese sostenute prima e dopo la malattia, ad esempio per medicinali, esami, visite mediche);
- il lucro cessante (diminuzione di fatturato, perdita di guadagno ecc.).
Tra i danni non patrimoniali può essere riconosciuto:
- il danno biologico lesione (la fisica o psichica subita dal paziente a causa dell’errore medico);
- il danno morale (sofferenze patite);
- il danno esistenziale (modifiche alle condizioni di vita);
- la perdita di chance di guarigione o sopravvivenza.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere rimane dell’avvocato e del medico legale. Essenziale, in questa fase, risulterà l’esame della documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato e la prova delle spese. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia.
Nel caso in cui l’esito della cura dovesse essere negativo e, quindi, il paziente dovesse morire, anche gli eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, fratello, sorella ecc.) potrebbero agire per chiedere il risarcimento del danno patito dal familiare mentre ancora era in vita (ad esempio per la sofferenza subita, c.d. danni iure hereditatis), del danno per la perdita parentale (variabile in base al grado di parentela, c.d. danni iure proprio) ma anche dei danni patiti direttamente per il dolore provato per la morte di una persona cara o per i peggioramento subito al proprio stile di vita (ad esempio perdite economiche o modifiche drastiche delle proprie abitudini, c.d. danni iure proprio).