GRAVI ALTERAZIONI FUNZIONALI DERIVANTI DA ERRORI NEL TRATTAMENTO DEL CANCRO DELL’OVAIO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Le ovaie sono due organi delle dimensioni di circa tre centimetri (ma con variazioni rispetto all’età perché con la menopausa tendono ad atrofizzarsi e, quindi, rimpicciolirsi) situati una a destra e una a sinistra all’utero, a cui sono connessi dalle tube.
Le loro funzioni sono due: produrre ormoni sessuali femminili e ovociti, cellule riproduttive femminili. Ogni mese, quando la donna è fertile e non incinta, le ovaie producono un ovocita che si muove verso l’utero per essere fecondato da uno spermatozoo.
Fecondazione
Fecondazione
L’importanza che riveste quest’organo nella vita riproduttiva femminile permette di comprendere la rilevanza di una diagnosi tempestiva ed efficace al fine di intervenire al più presto in presenza di un tumore. In caso di cura sbagliata, di interventi di chirurgia mal riusciti, di mancata o ritardata diagnosi, la paziente potrebbe avere diritto al risarcimento dei danni a seguito di un caso di malasanità grazie all’ausilio di un avvocato esperto in responsabilità medica (danno biologico per tumore alle ovaia, da morte per decesso, danno morale, esistenziale ecc.).
Il risarcimento dei danni può essere chiesto sia contro il medico che ha commesso l’errore che contro l’ospedale, pubblico o privato, dove sono state effettuate le cure anche nel caso in cui la paziente ha subito un esito negativo trovando la morte a causa del tumore all’ovaio (decesso per concro alle ovaie): in queste circostanze, infatti, possono agire i familiari o gli eredi (marito, partner, madre, padre, figlio, figlia ecc.).
Il tumore all’ovaio
Il cancro all’ovaio è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule dell’organo, il più delle volte parte dalle cellule epiteliali (ovvero non da quelle che producono gli ovuli).
Il tumore all’ovaio è generalmente di tre tipi:
- epiteliale che nasce dalle cellule epiteliali che rivestono la superficie delle ovaie e sono più del 90 per cento delle neoplasie ovariche maligne;
- i tumori germinali originano dalle cellule germinali (quelle che danno origine agli ovuli); essi rappresentano il 5 per cento circa delle neoplasie ovariche maligne, sono pressoché esclusivi dell’età giovanile (infanzia e adolescenza) e sono differenziabili dagli altri tumori maligni dell’ovaio perché producono marcatori tumorali riscontrabili nel sangue (come l’alfaproteina o la gonadotropina corionica) diversi da quelli prodotti dai tumori di origine epiteliale;
- i tumori stromali originano dallo stroma gonadico (tessuto di sostegno dell’ovaio) e costituiscono un gruppo facilmente diagnosticabile, dato che alla sintomatologia comune a tutti i tumori ovarici si uniscono effetti ormonali (ovvero legati a una eccessiva produzione di ormoni sia femminili sia maschili, perché parte delle cellule è in grado di produrre testosterone). La maggior parte di questi tumori sono caratterizzati da una bassa malignità.
Purtroppo, il tumore dell’ovaio non sempre dà segni di sé fino a quando non ha raggiunto dimensioni notevoli e questo influenza pesantemente l’esito delle cure.
Risulta, quindi, essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore del ginecologo o del medico o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni per la paziente, finanche al suo decesso.
Il cancro ovarico si diffonde: per estensione diretta, per esfoliazione delle cellule nella cavità peritoneale (disseminazione peritoneale), per disseminazione linfatica alla pelvi e intorno all’aorta, per via ematogena al fegato o ai polmoni (meno frequente).
Cancro all’ovaio
Cancro all’ovaio
La cura per tale tipo di neoplasia, infatti, risulta invasiva e può condurre ad un peggioramento della qualità della vita della paziente. È quindi opportuno informare accuratamente la donna riguardo le conseguenze derivate dai trattamenti (chirurgico e\o chemioterapico), cercando di gestire al meglio il decorso post-operatorio e limitando al minimo gli eventuali effetti collaterali derivati dalla chemioterapia.
La paziente, o i suoi familiari, potrebbero – in certi casi – ottenere il risarcimento del danno anche qualora il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato alla malata, il tipo di terapia a cui sarà sottoposta o il tipo di intervento chirurgico, oppure le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti negativi, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato).
Trattamenti per il cancro all’ovaio
La chirurgia è il trattamento di prima scelta per il tumore dell’ovaio ed è fondamentale sia nei casi apparentemente iniziali, per definire la reale diffusione del tumore, sia nei casi avanzati, per eliminare tutte le masse tumorali visibili. La valutazione comprende in genere l’ecografia, la TAC o la risonanza magnetica e la misurazione dei marker tumorali (ad esempio il CA 125).
Se la malattia è in fase molto iniziale, l’intervento chirurgico può essere risolutivo.
Quando il tumore è limitato a entrambe le ovaie, l’intervento mira ad asportare la massa tumorale e a eseguire delle biopsie random per stabilire la reale estensione della malattia.
In considerazione del rischio di recidiva (ripresentarsi della malattia) che varia a seconda di diversi parametri (il più importante l’estensione tumorale), circa il 25-30% delle pazienti riceve un trattamento chemioterapico adiuvante (che segue cioè la chirurgia, ma senza la presenza macroscopica di malattia). In questa fase, risulterà importante l’esame della documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario la paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia.
La donna malata può avvalersi della chemioterapia anche nel caso di recidive.
Le donne che hanno subito l’asportazione delle ovaie che sono ancora in età fertile subiscono una menopausa precoce con gli effetti che questa comporta (vampate di calore, secchezza della cute, secchezza della vagina, insonnia, irritabilità, tachicardia, dolore durante il rapporto, calo del desiderio e osteoporosi). Dopo questo intervento un senso di perdita accompagna soprattutto le donne che potrebbero ancora avere bambini e che, in conseguenza di un intervento necessario per la salute, rischiano di non potere più avere figli. Tutte le pazienti, a prescindere dall’età, potrebbero sentirsi colpite nella loro identità femminile. Per questo motivo consigliare la crioconservazione degli ovociti potrebbe essere uno strumento per aiutare il morale della paziente ad affrontare le cure con la speranza che la propria vita futura, anche di madre, non sarà compromessa.
Possibili errori medici nella gestione del tumore all’ovaio
In caso di errore medico, di colpa e responsabilità dell’Ospedale o di malasanità, dovuta a diagnosi sbagliata o tardiva, ad esame o analisi non effettuata o effettuata male o in ritardo, ad operazione o intervento chirurgico sbagliato, a cura errata o a terapia in ritardo, a medicinali non dati o farmaci somministrati tardivamente, la paziente o, in caso di morte, il marito, la madre, il padre, i figli, il fratello o la sorella o gli eventuali eredi, potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità e da responsabilità medica, che esaminerà insieme alla paziente, alla famiglia e al medico legale, l’eventuale fattibilità di una richiesta di risarcimento danni.
Il medico potrebbe incorrere in errore se
- non valutasse sospetto l’aumento del volume delle ovaie;
- non si accorgesse della presenza di una massa annessiale;
- non valutasse dolore addominale privo di ulteriori motivazioni;
- non considerasse una perdita di peso anomala;
- asportasse le ovaie senza effettuare debiti controlli;
- asportasse l’ovaio sbagliato;
- non proponesse la crioconservazione degli ovociti;
- non proponesse la chemioterapia in caso di stadio avanzato di tumore;
- non programmasse adeguati follow-up.
Già durante l’accertamento o la diagnosi potrebbero essere commessi degli errori da parte del medico, del chirurgo, del laboratorio d’analisi, dal centro di oncologia o di radioterapia dell’Ospedale.
L’accertamento del cancro all’ovaio, infatti, essere sbagliato o tardivo, e quindi la cura non tempestiva. Ciò potrebbe portare ad un peggioramento dello stato di salute della donna, con eventuale diffusione del tumore anche in altre zone del corpo. La paziente potrebbe pertanto essere costretta a doversi sottoporre a lunghe e dolorose cure che, invece, avrebbe (forse) potuto evitare.
I danni per un aggravamento della malattia non sono solo circoscritti al doversi, ad esempio, sottoporre ad una operazione chirurgica o a un trattamento di radio o chemioterapia, ma sono dovuti anche alle conseguenze successive. Si pensi, per esempio:
- alla necessità di una più lunga degenza ospedaliera;
- ai dolori post-operatori;
- all’essere maggiormente esposti alle infezioni nosocomiali;
- subire gli effetti collaterali di un trattamento oncologico quali: senso di stanchezza, nausea, inappetenza, vomito, caduta dei capelli ecc.;
- alla necessità di sottoporsi con maggiore frequenza ad esami e visite di follow up (accertamenti e controlli successivi);
- alla difficoltà a concepire
Non sempre poi il reparto di oncologia dell’Ospedale è vicino alla residenza della paziente, la quale quindi dovrà sostenere costi per gli spostamenti, a volte spese per il pernottamento, oltre a dover usufruire di permessi di lavoro o, per certe categorie, l’assenza dal lavoro potrebbe comportare una perdita di fatturato/guadagno ecc.
Tali costi potrebbero anche aumentare tenuto conto che spesso la malata ha necessità di un accompagnatore, ad esempio il marito, il partner convivente, un figlio o un membro della famiglia che – spesso – anch’esso dovrà sostenere delle spese personali. Altre volte, invece, l’accompagnatore è una persona esterna che dovrà essere quindi pagata per il servizio di trasporto, per l’assistenza e l’aiuto prestato.
Proprio per queste numerose complicazioni, è possibile trovarsi davanti ad un caso di malasanità nato da un errore del ginecologo o prettamente medico. Un avvocato può occuparsi del caso per individuare la responsabilità delle azioni del medico o del ginecologo e verificare eventuali lesioni o danni rilevanti per la paziente.
Non esiste un automatismo tra errore medico e risarcimento del danno. Bisogna individuare quali effettivi danni ha subito il paziente. Potrebbero infatti essere presenti più danni: ad esempio danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. È comunque fondamentale che l’avvocato faccia un esame ad ampio spettro insieme al medico legale. Esistono molte circostanze da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance di guarigione o sopravvivenza, a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
È importante sapere che molte voci di danno potranno essere chieste sia dalla paziente che dai familiari (moglie/marito/madre/padre/figlio/figlia/sorella/fratello ecc.) ed anche in caso di morte della persona malata.
L’azione, infatti, può essere proposta anche da un parente (madre, padre, marito, moglie, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. Ad esempio potrebbe essere chiesto il ristoro per il danno da perdita parentale (importo determinabile in base a grado di parentela), potrebbe essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza della malata prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere la persona cara stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita, ma, potrebbe anche essere chiesta la liquidazione del danno fisico e morale patito dal familiare prima di morire, durante la sfortunata agonia.
I danni che ciascun parente subisce in prima persona vengono definiti danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare che ha visto morire il proprio caro. I danni patiti dalla defunta, invece, possono essere definiti “indiretti” e vengono chiamati danni iure hereditatis. La modalità di prova e liquidazione delle due tipologie di danno è molto simile ma è determinante sapere che il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è sempre di 5 anni dal decesso, mentre quelli “ereditati” possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale.