MANCATA GESTIONE DELLA NEUTROPENIA FEBBRILE NEL PAZIENTE ONCOLOGICO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La neutropenia febbrile (NF) è una complicanza frequente dei trattamenti chemioterapici. La neutropenia febbrile si classifica come conta dei neutrofili inferiori a 500/mm3 associata a rialzo termico, con temperatura corporea superiore a 38,5°C per una durata superiore ad un’ora. Questo effetto collaterale è il primo segnale del possibile raggiungimento nell’organismo del paziente di un livello di tossicità tale da rendere necessaria una revisione della dose chemioterapica somministrata.
Il mancato riconoscimento di questo stato infiammatorio, la mancata diagnosi o l’omessa diagnosi si verifica quando il medico o l’oncologo non individua la neutropenia, quindi quando non capisce la patologia del paziente, nonostante la presenza di sintomi specifici. Talvolta, invece, il terapeuta può tardare a fare la diagnosi e ciò potrebbe essere rischioso per il malato perché una cura non corretta o somministrata tardi potrebbe comportare un peggioramento della sua salute con il conseguente grave danno da perdita di chance di guarigione, di accelerazione del decesso, di perdita di chance di conservare una vita migliore e, nei casi peggiori, per la sopravvenuta morte. In questi casi è possibile agire per chiedere il risarcimento dei danni con l’aiuto di un avvocato esperto in malasanità.
La pratica può essere iniziata sia dal paziente che, in caso di decesso, dai suoi familiari o eredi (madre, padre, moglie, marito, figlio, figlia, fratello, sorella).
Valutazione della neutropenia febbrile in oncologia
La valutazione della neutropenia febbrile imporrebbe al medico/all’oncologo di seguire gli stessi passaggi necessari a valutare qualsiasi paziente (anamnesi, esame obiettivo, accertamenti diagnostici), tenendo presente che nel paziente oncologico potrebbero sussistere alcune peculiarità:
- la neutropenia può spesso comportare la scarsa rappresentazione o addirittura l’assenza di qualsiasi segno/sintomo (il deterioramento clinico, l’ipotensione ed in alcuni casi l’ipotermia,); pertanto la febbre può essere l’unica spia di un’infezione. È quindi indispensabile in questi pazienti eseguire un esame clinico sistematico dei vari organi ed apparati, indipendentemente dai sintomi/segni eventualmente presenti;
- la neutropenia va sempre valutata, in quanto il rischio di sviluppare complicazioni gravi condiziona la prognosi e di conseguenza la continuazione della terapia.
La neutropenia febbrile (NF) è una complicanza frequente dei trattamenti chemioterapici. La neutropenia febbrile si classifica come conta dei neutrofili inferiori a 500/mm3 associata a rialzo termico, con temperatura corporea superiore a 38,5°C per una durata superiore ad un’ora. Questo effetto collaterale è il primo segnale del possibile raggiungimento nell’organismo del paziente di un livello di tossicità tale da rendere necessaria una revisione della dose chemioterapica somministrata.
Il mancato riconoscimento di questo stato infiammatorio, la mancata diagnosi o l’omessa diagnosi si verifica quando il medico o l’oncologo non individua la neutropenia, quindi quando non capisce la patologia del paziente, nonostante la presenza di sintomi specifici. Talvolta, invece, il terapeuta può tardare a fare la diagnosi e ciò potrebbe essere rischioso per il malato perché una cura non corretta o somministrata tardi potrebbe comportare un peggioramento della sua salute con il conseguente grave danno da perdita di chance di guarigione, di accelerazione del decesso, di perdita di chance di conservare una vita migliore e, nei casi peggiori, per la sopravvenuta morte. In questi casi è possibile agire per chiedere il risarcimento dei danni con l’aiuto di un avvocato esperto in malasanità.
La pratica può essere iniziata sia dal paziente che, in caso di decesso, dai suoi familiari o eredi (madre, padre, moglie, marito, figlio, figlia, fratello, sorella).
Valutazione della neutropenia febbrile in oncologia
La valutazione della neutropenia febbrile imporrebbe al medico/all’oncologo di seguire gli stessi passaggi necessari a valutare qualsiasi paziente (anamnesi, esame obiettivo, accertamenti diagnostici), tenendo presente che nel paziente oncologico potrebbero sussistere alcune peculiarità:
- la neutropenia può spesso comportare la scarsa rappresentazione o addirittura l’assenza di qualsiasi segno/sintomo (il deterioramento clinico, l’ipotensione ed in alcuni casi l’ipotermia,); pertanto la febbre può essere l’unica spia di un’infezione. È quindi indispensabile in questi pazienti eseguire un esame clinico sistematico dei vari organi ed apparati, indipendentemente dai sintomi/segni eventualmente presenti;
- la neutropenia va sempre valutata, in quanto il rischio di sviluppare complicazioni gravi condiziona la prognosi e di conseguenza la continuazione della terapia.
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La neutropenia febbrile nel paziente oncologico deve sempre tenere conto di eventuali strategie preventive. Eventuali complicazioni possono portare ad infezioni fatali o a gravissimi danni che minano la vita del paziente. La neutropenia, inoltre, può determinare la dilazione dei trattamenti o la riduzione delle dosi dei farmaci chemioterapici somministrati, con conseguente diminuzione dell’efficacia terapeutica.
Quando si presentano fattori di rischio o sintomi riconducibili alla neutropenia l’oncologo e, più in generale, il personale dell’ospedale devono essere più attenti nella profilassi preventiva e nella prescrizione di esami di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, valutando se questi potessero essere o meno evitati con l’intervento di un avvocato specializzato in responsabilità medica.
È quindi necessario valutare con attenzione un paziente con neutropenia febbrile per non incappare in errori di diagnosi, errori medici o veri e propri casi di malasanità. Uno studio legale, grazie all’assistenza di professionisti esperti in malasanità, può aiutare a comprendere meglio la situazione e verificare la presenza di errori rilevanti con le dovute responsabilità da attribuire. Solo così è possibile eventualmente pensare ad un risarcimento danni.
Accertamenti diagnostici in caso di neutropenia febbrile
Gli accertamenti diagnostici per valutare la neutropenia febbrile comprendono:
- anamnesi accurata con particolare riferimento a tipo di neoplasia, stadio, chemio/radioterapia utilizzata (alcuni chemioterapici inducono con maggiore probabilità neutropenia), età (i pazienti con più di 65 anni presentano un rischio maggiore), comorbidità;
- esame obiettivo sistematico di addome, organi ipocondriaci, torace, cuore, esame neurologico, cute, sede di inserzione CVC o di cateteri venosi periferici, tasca del port-a cat (accesso mediante il quale vengono somministrate terapie), mucosa orale, arcate dentarie, faringe, seni paranasali, zona perianale, mucosa genitale e anale;
- radiografia del torace (quando si sospetta un processo infettivo polmonare).
Radiografia torace
Radiografia torace
Dopo la valutazione clinico-strumentale e la definizione della classe di rischio va iniziata prima possibile una terapia antibiotica empirica, che ha lo scopo di coprire i patogeni più frequentemente in causa che, in presenza di neutropenia, possono causare in tempi rapidi gravi complicanze e morte.
Più controverso l’uso di fattori di crescita per stimolare la produzione di neutrofili da parte del midollo osseo.
Durante questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, dell’oncologo o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità ed esaminare la documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato per comprendere se sia possibile procedere con la richiesta risarcitoria.
Il paziente, o i loro familiari, potrebbero – in certi caso – ottenere il risarcimento del danno anche qualora la neutropenia sia stata provocata da una cura o da un trattamento per il quale il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato).
Esiste, infatti, da un lato il dovere del medico di informare e, dall’altro lato, il diritto del paziente a conoscere non solo le informazioni sulla propria salute e malattia ma anche il diritto di poter scegliere consapevolmente la cura da seguire. Il medico, pertanto, non si deve limitare a far firmare un foglio c.d. modulo di consenso informato, ma dovrà spiegare, in modo chiaro, completo e comprensibile – anche in rapporto all’età del paziente, al grado di scolarizzazione e alle possibili difficoltà di comprensione (si immagini, ad esempio, un cittadino straniero che ha una conoscenza basica della lingua italiana) – tutti i vari aspetti medici.
Pur se non è sempre previsto l’obbligo della forma scritta, ove disponibile, è pertanto importante che il medico legale che affianca l’avvocato verifichi il documento. Ottenere la documentazione (modulo di consenso informato, cartella clinica, esami, refertazione ecc.) dal medico o dall’Ospedale è anch’esso un diritto tutelato dall’ordinamento giuridico.
Errori medici nel trattamento della neutropenia febbrile
La gestione complessiva della neutropenia febbrile nel paziente oncologico consiste nel valutare l’eventuale utilità delle strategie preventive, come profilassi con fattori di crescita (CSF), e nell’adottare misure diagnostico-terapeutiche tempestive quando un paziente sviluppa una febbre durante la neutropenia.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore dell’oncologo o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni per il malato, fino addirittura a provocare la morte. In questo caso anche i familiari del paziente (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, sorella, fratello ecc.) potrebbero azionare un procedimento di risarcimento dei danni nei confronti del medico o dell’oncologo o dell’ospedale (pubblico o privato) con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
La neutropenia e le complicanze ad essa correlate rappresentano la principale tossicità dose-limitante della chemioterapia. Il grado e soprattutto la durata della neutropenia possono favorire l’insorgenza di infezioni potenzialmente fatali, per il cui trattamento si impone l’ospedalizzazione e l’utilizzo di terapia antibiotica ad ampio spettro.
La neutropenia, inoltre, può determinare:
- la dilazione dei trattamenti (dose intensity);
- la riduzione delle dosi dei farmaci chemioterapici somministrati (dose density), con conseguente diminuzione dell’efficacia terapeutica ed aumento dei costi di gestione del paziente.
Se il medico curante o l’oncologo non procedono nel limitare le conseguenze negative della neutropenia e si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Possibili danni in caso di neutropenia febbrile
Come detto se il medico non esegue il trattamento nel modo corretto o non interviene continuando una terapia sbagliata o procede in una diagnosi errata il danneggiato potrà chiedere il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità nei confronti del dottore, del chirurgo o del medico specialista ma, anche, della struttura ospedaliera in cui è stato curato.
È bene precisare che il semplice verificarsi della neutropenia non genera un automatismo nel risarcimento del danno se il medico ha agito in modo diligente e adeguato, oltre che secondo tutte le prassi della scienza medica.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Il danno non patrimoniale potrà considerare anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini) che hanno colpito maggiormente il malato: esaminare le questioni più soggettive e personali capitate al danneggiato a seguito dell’evento si chiama personalizzazione del danno.
Un errore medico, infatti, può provocare diverse conseguenze in base alla persona che lo subisce, per questi motivi sarà importante considerare l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
Per i danni patrimoniali, invece, potrà essere chiesto, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute durante la cura: a tal fine potranno essere utili scontrini della farmacia, ricevute dei costi di alloggio, fatture per visite mediche o per acquisto attrezzature (danno emergente); oppure le spese future che dovranno essere effettuare a causa dell’errore nella terapia (fornendo la prova dei costi sostenuti); o, ancora, il risarcimento per i mancati guadagni subiti dal paziente a causa del peggioramento della salute o del protrarsi delle cure (lucro cessante).
Tali costi potrebbero anche aumentare tenuto conto che spesso il paziente ha necessità di un accompagnatore, ad esempio la moglie, il marito, il partner convivente, un figlio o un membro della famiglia che – spesso – anch’esso dovrà sostenere delle spese personali. Altre volte, invece, l’accompagnatore è una persona esterna che dovrà essere quindi pagata per il servizio di trasporto, per l’assistenza e l’aiuto prestato.
Nel caso in cui la neutropenia dovesse aggravarsi in maniera irreparabile e, quindi, il paziente dovesse morire, anche gli eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, fratello, sorella ecc.) potrebbero agire per chiedere il risarcimento del danno patito dal familiare mentre ancora era in vita (ad esempio per la sofferenza subita, c.d. danni iure hereditatis), del danno per la perdita parentale (variabile in base al grado di parentela, c.d. danni iure proprio) ma anche dei danni patiti direttamente per il dolore provato per la morte di una persona cara o per i peggioramento subito al proprio stile di vita (ad esempio perdite economiche o modifiche drastiche delle proprie abitudini, c.d. danni iure proprio).