OMISSIONE DELLA PROPOSTA DI CRIOCONSERVAZIONE DEL SEME E DELL’OVOCITA IN PAZIENTI CANDIDATI A CHEMIOTERAPIA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La crioconservazione del seme o del tessuto testicolare o degli ovociti è una metodologia che permette di conservare i gameti maschili e femminili per un tempo indefinito e rappresenta un formidabile strumento per i pazienti che si sottopongono a trattamenti medici o chirurgici potenzialmente in grado di indurre sterilità.
Questo aspetto può risultare determinante soprattutto dal punto di vista psicologico perché un paziente in età giovane potrebbe provare un forte scoramento all’idea che, a seguito della malattia, sarebbe impossibile avere dei figli. È noto che la forza emotiva, spesso, aiuta i malati oncologici nella loro battaglia quindi dare ai pazienti la speranza di poter diventare genitori anche dopo il tumore conferisce, di solito, molta forza al percorso curativo.
Se il medico non propone questo trattamento, quindi, incorre in un comportamento imperito e non diligente che potrebbe provocare un danno irreversibile per il malato o la malata con il conseguente diritto al risarcimento. Qualora vi siano i presupposti, il/la paziente o gli eventuali eredi (marito, moglie figli, genitori ecc.) in caso di morte, potrebbero dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un errore o di un caso di malasanità. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al ginecologo e più in generale ai medici coinvolti anche per il grave danno da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza (se il paziente muore) o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore.
Crioconservazione
Crioconservazione
Crioconservazione del seme nel paziente con tumore al testicolo
La Banca del Seme rappresenta, inoltre, un valido supporto per tutte quelle patologie urogenitali che necessitano di interventi chirurgici che alterano la funzione eiaculatoria, nonché per i pazienti affetti da azoospermia secretoria o escretoria per i quali è possibile crioconservare il tessuto testicolare, modificando quindi radicalmente la prognosi di questi soggetti in passato etichettati come sterili.
I principali tumori che vengono riscontrati nei pazienti che depositano gli spermatozoi presso le banche del seme sono i tumori testicolari (seminoma, carcinoma embrionale, coriocarcinoma, teratoma e tumori misti composti da più di uno dei precedenti istotipi).
In caso di cancro al testicolo il principale intervento chirurgico è l’orchiectomia ossia l’asportazione del testicolo, dell’epididimo e del funicolo spermatico con i relativi vasi sanguini. Viene praticata dal chirurgo attraverso una incisione della cute a livello dell’inguine e – attraverso tale accesso – dallo scroto viene estratto il testicolo interessato. L’intervento di orchiectomia è importante sia per confermare la diagnosi che per asportare il tumore.
Il testicolo può essere sostituito da una protesi artificiale della medesima forma e dimensione che viene riposizionato nello scroto. Tale impianto artificiale può essere inserito durante l’intervento di asportazione o, eventualmente, anche in seguito con una seconda operazione chirurgica.
In caso di patologie neoplastiche testicolari il “periodo finestra” utile per una corretta crioconservazione è quello fra l’intervento chirurgico di orchiectomia (rimozione del testicolo) e l’inizio della chemio o radioterapia.
Nella maggioranza dei casi l’altro testicolo continua a mantenere la propria funzionalità, tuttavia, la crioconservazione può essere proposta ugualmente laddove a seguito dell’intervento il paziente debba sottoporsi a cure tossiche ed invasive come la radioterapia o la chemioterapia così come nel caso in cui il tumore colpisce entrambi i testicoli che, quindi, dovranno essere asportati.
Come detto curare l’aspetto psicologico e accendere la speranza ad un paziente. La corretta crioconservazione del seme rappresenta la possibilità per chi è affetto da tumore al testicolo di poter avere figli. Una chance da non sottovalutare considerando il momento difficile affrontato dal malato, per questo un’omissione della proposta rappresenta un gravissimo errore da parte del medico o dello stesso ospedale che vieta la possibilità di realizzare un desiderio.
Uno studio legale può intervenire e verificare l’omissione avvenuta per richiedere un risarcimento danni considerando gli aspetti fisici e psicologici che incidono notevolmente in una situazione così complessa e difficile. Sebbene la natura di questi danni sia difficile determinare, un avvocato esperto in casi di malasanità, con l’aiuto di un medico legale, può quantificare sia la menomazione fisica subita che, soprattutto, gli aspetti morali ed esistenziali del danno e le sofferenze che il comportamento superficiale del medico ha potuto causare.
Crioconservazione dell’ovocita nel paziente con tumore all’ovaio
Le ovaie sono due organi delle dimensioni di circa tre centimetri di diametro (ma con variazioni rispetto all’età) situati una a destra e una a sinistra all’utero, cui sono connessi dalle tube.
Le funzioni delle ovaie sono due:
- produrre ormoni sessuali femminili;
- produrre ovociti, ossia cellule riproduttive femminili.
Ogni mese, quando la donna è fertile e non in stato di gravidanza, le ovaie producono un ovocita che si muove verso l’utero per essere fecondato. Il cancro all’ovaio è dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule dell’organo, il più delle volte le cellule epiteliali (ovvero non quelle che producono gli ovuli che, invece, degenerano in masse tumorali più raramente).
Nel momento in cui una donna viene colpita da tumore all’ovaio o ad entrambe le ovaie la sua capacità di produrre ovociti si può ridurre, fino addirittura a interrompere nel caso di asportazione totale delle ovaie.
La responsabilità del ginecologo o dell’oncologo, e quindi dell’Ospedale o della Clinica, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza del tumore, quindi, ma anche dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci.
Per avere una sicurezza maggiore di asportazione della massa è generalmente consigliato procedere con la chemioterapia con un cocktail di farmaci da individuare a seconda delle condizioni della paziente. Sono allo studio anche diversi farmaci biologici per la terapia del cancro dell’ovaio in fase avanzata: tra queste gli inibitori di PARP che agiscono sui sistemi di riparazione del DNA e gli immunoterapici.
Ovviamente essere sottoposta a terapie ulteriori è un fattore di rischio per la fertilità della paziente a causa del livello di tossicità dei farmaci, senza considerare che la maggior parte delle donne con carcinoma ovarico avanzato sviluppa una recidiva di malattia: per questo è necessario il follow up ed eventualmente una seconda citoriduzione.
Se il medico non esegue il trattamento nel modo corretto, se vi è un errore nell’intervento chirurgico, una terapia sbagliata o una diagnosi errata la danneggiata o un suo familiare (madre, padre, marito, figlio, figlia, fratello, sorella) in caso di esito infausto e morte per tumore all’ovaio, potrà chiedere il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità nei confronti del dottore, del chirurgo o del medico specialista ma, anche, della struttura ospedaliera in cui è stata curata.
Terapia ed effetti derivanti
Gli effetti “tossici” di una eventuale chemioterapia sono rilevanti sulle cellule dell’epitelio germinale dei tubuli seminiferi perché queste cellule si riproducono in modo molto veloce, causando spesso una prolungata azoospermia od un’infertilità permanente.
Nello stesso modo la tossicità influisce sulla capacità delle ovaie di produrre ovociti perché inibisce la secrezione ormonale.
I progressi nella terapia antineoplastica e le sempre più sofisticate tecniche di fecondazione assistita hanno aperto nuove possibilità riproduttive per il maschio o la donna infertili e, quindi, la crioconservazione del seme o degli ovociti si impone anche nei casi di cellue gravemente alterate che non avrebbero avuto nessuna possibilità di fecondare o essere fecondate.
È, pertanto, imperativo informare il paziente oncologico di questa possibilità in caso di terapie che possono ledere in modo irreversibile la capacità fecondante ed è altrettanto imperativo eseguire la crioconservazione prima dell’inizio di qualsiasi terapia.
Il paziente, o i loro familiari, potrebbero – in certi caso – ottenere il risarcimento del danno anche qualora il medico non abbia spiegato, o non abbia sufficientemente spiegato, il tipo di terapia a cui sarà sottoposto o il tipo di intervento chirurgico, oppure le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato).
Esiste, infatti, da un lato il dovere del medico di informare e, dall’altro lato, il diritto del paziente a conoscere non solo le informazioni sulla propria salute e malattia ma anche il diritto di poter scegliere consapevolmente. Il medico, pertanto, non si deve limitare a far firmare un foglio c.d. modulo di consenso informato, ma dovrà spiegare, in modo chiaro, completo e comprensibile – anche in rapporto all’età del paziente, al grado di scolarizzazione e alle possibili difficoltà di comprensione (si immagini, ad esempio, un cittadino straniero che ha una conoscenza basica della lingua italiana) – tutti i vari aspetti medici.
Pur se non è sempre previsto l’obbligo della forma scritta, ove disponibile, è pertanto importante che il medico legale che affianca l’avvocato verifichi il documento. Ottenere la documentazione (modulo di consenso informato, cartella clinica, esami, refertazione ecc.) dal medico o dall’Ospedale è anch’esso un diritto tutelato dall’ordinamento giuridico.
Potrebbe dunque essere riconosciuta la colpa medica o la responsabilità dell’Ospedale, qualora il chirurgo proceda alla rimozione del testicolo affetto da tumore o delle ovaie con masse tumorali o l’oncologo all’inizio delle terapie senza aver prima proposto la crioconservazione, o qualora un dipendente dell’ospedale abbia proceduto con negligenza, imperizia o imprudenza (ad esempio se l’infermiere non ha inserito adeguatamente le provette nella sede di conservazione).
Risarcimento dei danni in caso di mancata proposta della crioconservazione delle cellule sessuali
In conclusione, la crioconservazione del seme o degli ovociti rappresenta uno dei più importanti presidi che abbiamo oggi a disposizione per garantire una possibile futura fertilità a pazienti che in passato sarebbero stati condannati alla sterilità. Questo assume un significato particolare nel caso dei pazienti affetti da patologie neoplastiche i quali si trovano ovviamente in un momento di grandissimo sconforto fisico e psicologico: poter garantire un futuro fertile a tali pazienti può rappresentare uno spiraglio di serenità e di incoraggiamento per affrontare le difficoltà del momento.
La possibilità di poter garantire al paziente con tumore del testicolo o alla donna con tumore alle ovaie una possibile chance di aver figli, dopo il complesso iter chirurgico ed oncologico, rappresenta non solo una indicazione primaria dal punto di vista medico-chirurgico ma soprattutto psicologico.
In caso contrario, se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità, quindi, è consigliabile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Il danno non patrimoniale potrà considerare anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini) o estetici (ad esempio perché sono rimasti postumi che deturpano l’aspetto esteriore della vittima) che hanno colpito maggiormente il malato: esaminare le questioni più soggettive e personali capitate al danneggiato a seguito dell’evento si chiama personalizzazione del danno.
Un errore medico, infatti, può provocare diverse conseguenze in base alla persona che lo subisce, per questi motivi sarà importante considerare l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
Per i danni patrimoniali, invece, potrà essere chiesto, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute durante la cura: a tal fine potranno essere utili scontrini della farmacia, ricevute dei costi di alloggio, fatture per visite mediche o per acquisto attrezzature (danno emergente); oppure le spese future che dovranno essere effettuare a causa dell’errore nella terapia (fornendo la prova dei costi sostenuti). Tali costi potrebbero anche aumentare tenuto conto che spesso il paziente ha necessità di un accompagnatore, ad esempio la moglie, il marito, il partner convivente, un figlio o un membro della famiglia che – spesso – anch’esso dovrà sostenere delle spese personali. Altre volte, invece, l’accompagnatore è una persona esterna che dovrà essere quindi pagata per il servizio di trasporto, per l’assistenza e l’aiuto prestato.
Ulteriore voce di danno patrimoniale è configurata dai mancati guadagni subiti dal paziente a causa del peggioramento della salute o del protrarsi delle cure che, ad esempio, avrebbero potuto causare una diminuzione di fatturato di un libero professionista o la perdita di un lavoro (lucro cessante).
Nel caso in cui l’esito della cura dovesse essere infausto e, quindi, il paziente dovesse morire, anche gli eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, fratello, sorella ecc.) potrebbero agire per chiedere il risarcimento del danno patito dal familiare mentre ancora era in vita (ad esempio per la sofferenza subita, c.d. danni iure hereditatis), del danno per la perdita parentale (variabile in base al grado di parentela, c.d. danni iure proprio) ma anche dei danni patiti direttamente per il dolore provato per la morte di una persona cara o per i peggioramento subito al proprio stile di vita (ad esempio perdite economiche o modifiche drastiche delle proprie abitudini, c.d. danni iure proprio).