INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA: L’ABORTO CHIRURGICO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
L’aborto chirurgico
Questa tecnica è raccomandata dalle 9 fino a 14-15 settimane di gravidanza e consiste nell’aspirazione del feto dall’utero con una cannula collegata ad un aspiratore e dal raschiamento della cavità uterina per eliminare qualsiasi materiale del concepimento rimasto.
Nel caso dell’aborto chirurgico aumentano le possibili complicanze, perché oltre ai i rischi di un intervento chirurgico ginecologico, le complicanze nella pratica dell’interruzione di gravidanza sono maggiori al crescere dell’età gestazionale.
Quindi possiamo trovare:
- infezioni;
- lacerazioni cervicali;
- emorragie;
- perforazioni d’utero;
- nello specifico in questo intervento si aggiunge anche la possibilità di uno svuotamento incompleto dell’utero con conseguente bisogno di un nuovo intervento.
L’aborto farmacologico
L’ aborto farmacologico (o medico) è l’interruzione volontaria della gravidanza per mezzo di un farmaco. I farmaci utilizzati sono Mifepristone®, Prostaglandine® e Methotrexate®, da soli o somministrati insieme.
La pratica consiste nell’assunzione in 48 ore di questi farmaci ed è la via maggiormente consigliata per gli aborti entro le 7, massimo 9 settimane di età gestazionale.
Non si deve confondere l’aborto medico con la contraccezione di emergenza (o pillola del giorno dopo), quest’ultima può essere assunta entro 72 ore del rapporto. La pillola del giorno dopo ha lo scopo di prevenire la gravidanza, ma non può interromperla se è già iniziata, in tal caso si interviene con l’aborto farmacologico.
L’aborto provocato con mezzi medici è meno invasivo di quello con chirurgico, ma non è privo di effetti collaterali.
Si possono verificare:
- dolori addominali;
- nausea;
- vomito e diarrea;
- cefalea, febbre o brividi.
Eventuali conseguenze dell’aborto farmacologico
Di solito queste reazioni si risolvono spontaneamente oppure possono essere attenuate utilizzando preventivamente farmaci antiemetici.
In rari casi si possono verificare:
- casi d’infezione sistemica (sepsi): in cui è necessaria una terapia antibiotica;
- ritenzione di materiale all’interno dell’utero (cioè quando l’aborto non è completo): in questo caso è necessario eseguire un raschiamento della cavità uterina.
Errori e conseguenze
In entrambe le pratiche di interruzione di gravidanza gli errori da parte dei professionisti sanitari possono essere:
- la scelta errata della tipologia di metodiche da usare a causa di un’età gestazionale errata per un’anamnesi non corretta;
- l’errata somministrazione dei farmaci abortivi;
- errori pre e post-operatori;
- scarsa cura del paziente e atteggiamenti giudicanti da parte del personale.