ERRATA GESTIONE OSTETRICA E MORTALITÀ MATERNA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La mortalità materna ovvero la morte di una donna durante la gravidanza o entro 42 giorni dal suo termine per qualsiasi causa correlata o aggravata dalla gravidanza o dal suo trattamento ma non da cause accidentali o fortuite; è così che viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Le principali cause di mortalità matern
Le cause più frequenti di mortalità materna sono:
- emorragia antepartum;
- emorragia post partum;
- coagulazione intravascolare disseminata (CID);
- placenta accreta;
- sepsi;
- patologia tromboembolica;
L’emorragia antepartum
L’emorragia antepartum può essere conseguente al distacco di placenta e alla placenta previa. Il distacco di placenta si verifica quando la placenta si stacca dalla sua sede di inserzione, ovvero la parete uterina, precocemente, prima dell’espulsione del feto. Il distacco della placenta provoca un sanguinamento che non sempre è correlato con l’entità del distacco poiché se si stacca la parte centrale della placenta il sanguinamento non sarà visibile all’esterno. Maggiore è la superficie del letto placentare che si stacca dalla sua sede di inserzione maggiore e l’entità della perdita ematica e di shock ipovolemico. Analogamente si verifica un sanguinamento in caso di placenta previa.
La placenta previa
La placenta previa è l’inserzione bassa della placenta in corrispondenza di un punto dell’utero chiamato segmento uterino inferiore. Il segmento uterino inferiore, a termine di gravidanza, con l’inizio dell’attività contrattile uterina, comincia a distendersi e di conseguenza, la placenta che si trova inserita in questo punto, essendo anelastica, non va in contro alle modifiche del segmento uterino inferiore per cui si stacca provocando un sanguinamento, che anche in questo caso, è più o meno intenso in base all’estensione del distacco. Nel caso di placenta previa il sanguinamento che fuoriesce dai genitali esterni è direttamente correlato all’entità del distacco.
Quindi, quando si presenta un sanguinamento durante la gravidanza deve essere fatta una diagnosi differenziale tra distacco di placenta e placenta previa in modo da prendere le dovute misure per la gestione del caso clinico. Fare una diagnosi differenziale significa che il medico e l’ostetrica devono essere in grado di distinguere questi due casi in base alla sintomatologia che presentano: il sanguinamento da placenta previa è di colore rosso vivo e non si accompagna a dolore, mentre il sanguinamento da distacco di placenta è di colore rosso scuro e tale sanguinamento si accompagna a contrazioni uterine.
Queste due condizioni possono essere distinte anche con l’esame ecografico grazie al quale è possibile evidenziare il distacco della placenta dalle pareti uterine e l’inserzione bassa della placenta.
Il distacco di placenta
Il distacco di placenta si può verificare in seguito ad un trauma, se la gravida è ipertesa, in presenza di malformazioni uterine, se la gravida è una fumatrice, se è ipertesa e in presenza di polidramnios (aumentato quantitativo di liquido amniotico), mentre il sanguinamento da placenta previa può essere prevedibile a termine di gravidanza. È possibile diagnosticare l’inserzione della placenta sin dal primo trimestre di gravidanza in particolare a partire dalla 25esima settimana gestazionale perché prima di quest’epoca la placenta può risalire a mano a mano che l’espansione uterina procede e poi deve essere effettuata una rivalutazione durante il terzo trimestre intorno alla 32esima settimana.
Il management sia del distacco di placenta che di placenta previa dipende dall’epoca gestazionale, dall’entità della perdita ematica e dal benessere materno/fetale.
Se l’entità della perdita ematica conseguente al distacco di placenta o della placenta previa è grave, la gravida andrà in shock ipovolemico per l’eccessiva perdita di liquidi che può essere trattato con la trasfusione di sangue. Se queste condizioni non vengono riconosciute e trattate in tempo possono essere causa di morte materna.
L’emorragia post partum
L’emorragia del post partum è una perdita di sangue maggiore a 500 ml in seguito a parto spontaneo e maggiore a 1000 ml in seguito a taglio cesareo. L’emorragia del post partum viene classificata in primaria se si verifica nelle prime 24 ore in seguito al parto e tardiva se si verifica fra le 24 ore e le 12 settimane dopo il parto.
La perdita di sangue può essere quantificata attraverso l’utilizzo di sacche trasparenti graduate e ciò è importante per fare una stima della severità dell’emorragia. In base alla quantità della perdita ematica possono essere distinti diversi gradi di shock ipovolemico.
Se la perdita è compresa fra 500 e 1000 ml lo shock è compensato per cui non si hanno delle gravi alterazioni dello stato di salute della paziente. Se la perdita ematica è compresa fra 1000 e 1500 ml lo shock è lieve e cominciano a comparire dei segni di scompenso come pressione bassa e tachicardia.
Se la perdita ematica è maggiore di 1500 ml ma minore di 2000 ml lo shock è moderato e si ha un aggravamento dei sintomi e una pressione arteriosa che tende sempre più a ridursi.
Infine, si parla di shock severo quando la perdita ematica è maggiore di 2000 ml, si ha un’alterazione dello stato di coscienza e tale quadro clinico può preannunciare il collasso cardiovascolare e il decesso della paziente.
Il trattamento dell’emorragia del post partum consiste nel ricercare e trattare le cause responsabili e di stabilizzare le condizioni emodinamiche della paziente ovvero risolvere lo shock ipovolemico. Lo shock può essere trattato attraverso la somministrazione di liquidi endovena in modo da ripristinare il volume di sangue e attraverso la trasfusione di sacche di sangue.
Al fine di risolvere l’emorragia del post partum è quindi importante individuarne le cause che possono essere riconducili a:
- atonia uterina: mancata contrazione dell’utero in seguito all’espulsione del feto, contrazione che permette di contenere la perdita ematica poiché tale contrazione determina un’emostasi meccanica. In caso di mancata contrazione dell’utero devono essere somministrati farmaci uterotonici che ne favoriscono la contrazione, se l’emorragia non si arresta si passa al posizionamento del bakri ballom, una specie di catetere che viene inserito in cavità uterina e che permette di tamponare la perdita di sangue. L’ultimo step, se l’emorragia persiste nonostante le misure conservative, consiste nella rimozione dell’utero (isterectomia)
- tessuto: permanenza di materiale placentare e di membrane amniocoriali all’interno della cavità uterina in seguito all’espulsione della placenta, condizione che impedisce all’utero di contrarsi e che determina un sanguinamento secondo lo stesso principio dell’atonia uterina. In questo caso il sanguinamento può essere arrestato con un raschiamento e la rimozione del materiale residuo uterino.
- trauma: presenza di lacerazioni del canale del parto non correttamente suturate o che non sono state rilevate e quindi trattate. Tale sanguinamento può essere arrestato con la sutura ed una corretta emostasi di queste lacerazioni.
- trombina: emorragia conseguenti a disturbi della coagulazione del sangue.
La coagulazione intravascolare disseminata (CID)
La coagulazione intravascolare disseminata è caratterizzata dalla presenza di trombi e dal conseguente consumo dei fattori della coagulazione (i quali sono responsabili della formazione dei trombi). Questa condizione patologica si verifica in seguito a delle complicanze ostetriche e si manifesta come una condizione emorragica con sanguinamento proveniente dalla cute e dalle mucose. Nai casi più gravi si manifesta con grave shock ipovolemico e insufficienza multiorgano. La coagulazione intravascolare disseminata può essere conseguenza di una grave emorragia antepartum o di emorragia del post partum.
Nella fase acuta, la coagulazione intravascolare disseminata si presenta, per l’appunto, con dei trombi disseminati. Quando l’emorragia persiste, nonostante vengano messe in atto tutte le misure per arrestarla, i fattori della coagulazione, responsabili del tamponamento del sanguinamento grazie alla formazione dei trombi, si consumano. Con il consumo dei fattori della coagulazione, il sangue non sarà più capace di coagulare per ridurre l’entità della perdita ematica condizione che porta al decesso della paziente.
La CID deve essere trattata con la somministrazione di plasma fresco congelato per ripristinare i fattori della coagulazione, piastrine se necessario e antitrombina III.
La placenta accreta
Anomala adesione della placenta alla parete uterina la quale invade tutto lo spesso dell’utero. La complicanza della placenta accreta è la sua mancata espulsione dopo l’espulsione del feto, situazione che determina un’emorragia del post partum, un rischio di isterectomia e nei casi più gravi la morte materna.
Al fine di evitare le complicanze della placenta accreta deve essere indagata la localizzazione della placenta in occasione dell’ecografia del II trimestre; invece per le donne che hanno avuto un pregresso taglio cesareo deve essere indagata la localizzazione della placenta nel I trimestre di gravidanza per escludere una localizzazione in corrispondenza della cicatrice. In questo caso la placenta invade tutto lo spessore dell’utero e gli organi vicini. È importante che venga diagnosticata la presenza di un’eventuale localizzazione della placenta su una pregressa cicatrice uterina poiché in questi casi è raccomandata l’interruzione della gravidanza perché la sua evoluzione mette gravemente a rischio la vita della paziente.
La sepsi
La sepsi è infezione che avviene nel lasso di tempo fra la rottura delle membrane amniocoriali, il parto e il 42esimo dopo il parto. La sepsi si manifesta quando si ha la concomitante presenza di infezione e della sindrome della risposta infiammatoria sistemica la quale coinvolge tutto l’organismo. In caso di infezione certa o sospettata in gravidanza si può fare diagnosi di sepsi quando vi è la presenza di danno d’organo.
La complicanza della sepsi è lo shock settico che avviene quando oltre all’infezione vi è una persistenza di ipotensione nonostante la somministrazione di liquidi. Al fine di evitare l’insorgenza della sepsi deve essere somministrata la profilassi antibiotica nel caso di: tampone vaginale e rettale per la ricerca dello streptoccoco beta emolitico se si ha una rottura precoce delle membrane amniocoriali o in travaglio di parto, se la rottura delle membrane si prolunga oltre 12/24 ore, nel caso di taglio cesareo programmato o urgente, rimozione manuale della placenta e lacerazioni di III e IV grado che interessano lo sfintere e la mucosa anale. Entro la prima ora dalla diagnosi di sepsi devono essere somministrati antibiotici ad ampio spettro e liquidi endovena se vi è ipotensione.
La patologia tromboembolica
La gravidanza determina uno stato tromboembolico per l’aumento dei fattori della coagulazione al fine di prevenire l’eccessiva perdita di sangue al momento del parto. Si avrà, quindi, durante la gravidanza e maggiormente dopo il parto un rischio aumentato di formazione di trombi i quali tendenzialmente si localizzano in corrispondenza dei vasi sanguigni degli arti inferiori ma può succedere che, se non vengono adottate le dovute misure preventive e terapeutiche, i trombi migrino in corrispondenza di vasi importanti come ad esempio a livello dell’arteria polmonare così da determinare un’embolia polmonare la quale può essere causa di decesso della gravida/puerpera. Al fine di evitare la formazione di trombi deve essere effettuata la profilassi tromboembolica nel caso in cui il rischio sia aumentato o moderato. La profilassi deve essere interrotta in previsione del parto o 12/24 ore prima di un intervento chirurgico programmato e deve essere ripresa circa 12 ore dopo.
L’ipertensione
L’ipertensione gestazionale avviene quando la pressione arteriosa è maggiore di 140/90 mmHg dopo la 20esima settimana gestazione e di ipertensione essenziale quando la pressione supera questi valori sin prima dall’inizio della gravidanza. Durante la gravidanza l’ipertensione può essere complicata dalla preeclampsia. La preeclampsia è una sindrome sistemica di origine placentare, caratterizzata oltre dall’ipertensione anche da altri disturbi come cefalea, disturbi gastrointestinali, disturbi visivi, anomalie della coagulazione del sangue e insufficienza renale. La terapia ha come obiettivo quello di garantire un buon controllo pressorio con l’utilizzo di farmaci antipertensivi, mantenere l’equilibrio idrico e somministrare solfato di magnesio per prevenire l’insorgenza di crisi convulsive le quali sono espressione del danno del sistema nervoso centrale e che possono essere responsabili di morte materna per emorragia cerebrale.
Nella maggioranza dei casi la morte materna può essere evitata con una corretta diagnosi e con un’adeguata assistenza prenatale. La morte materna può anche essere conseguente ad un’errata gestione ostetrica della gravidanza, del travaglio, del parto e del post partum. La morte materna può essere anche il risultato di negligenza e imperizia dell’ostetrica e del ginecologo, di trattamenti scorretti e intempestivi e di una diagnosi errata.
Di seguito alcuni errori della gestione ostetrica che possono essere responsabili di mortalità materna:
- somministrazione di farmaci errati;
- mancata prevenzione della sepsi con profilassi antibiotica in presenza di tampone vaginale e rettale positivo per la ricerca dello streptococco beta emaolico in seguito alla rottura delle membrane o all’insorgenza del travaglio di parto, in presenza di tampone negativo in seguito a rottura delle membrane precoce e prolungata, durante l’esecuzione di un taglio cesareo, in seguito della rimozione manuale della placenta e di lacerazioni che interessano lo sfintere e la mucosa anale;
- omissione nel trattamento della sepsi entro la prima ora dalla diagnosi con antibiotici a largo spettro;
- trattamento intempestivo;
- mancata diagnosi di coagulazione intravascolare disseminata e di conseguenza mancato trattamento con somministrazione di plasma per il ripristino dei fattori della coagulazione;
- mancata individuazione e trattamento delle cause di emorragia post partum;
- sottostima della perdita ematica;
- omissione della stabilizzazione delle condizioni emodinamiche in presenza di emorragia e di shock ipovolemico con somministrazione di liquidi endovena e trasfusione di sangue;
- trattamento intempestivo in presenza di grave distacco di placenta;
- mancata esecuzione della profilassi tromboembolica in presenza di fattori di rischio per patologia tromboembolica;
- omissione della sospensione della profilassi tromboembolica in previsione di un intervento o del travaglio di parto e mancata ripresa dopo circa 12 ore dal parto;
- individuazione errata della localizzazione della placenta in occasione dell’ecografia del ii semestre per esclusione di un impianto basso della placenta;
- omissione dell’individuazione della localizzazione della placenta nel i trimestre di gravidanza in tutte le gravide che hanno avuto un pregresso taglio cesareo per escludere un impianto della gravidanza sulla cicatrice uterina;
- non saper distinguere il sanguinamento da placenta previa da quello di distacco di placenta: sottovalutare la sintomatologia e mancata esecuzione dell’ecografia per capire se si tratta di distacco di placenta o placenta previa;
- mancata trattamento dell’ipertensione e scorretto management della preeclampsia.