MORTALITÀ MATERNA ED ERRORI MEDICI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Minimizzare le complicanze di salute materna in seguito alla gravidanza, parto e puerperio è una priorità per la salute pubblica del paese ed è di cruciale importanza nella pratica ostetrica.
La morte materna rappresenta l’esito di un’inappropriata gestione della gravidanza e di complicanze della stessa.
Le morti materne possono essere prevedibili e prevenute dopo aver identificato le cause così da evitarle e dopo aver identificato i fattori di rischio in modo da monitorare più assiduamente la gravida.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la morte materna come “la morte di una donna durante la gravidanza o entro 42 giorni dal suo termine per qualsiasi causa correlata o aggravata dalla gravidanza o dal suo trattamento ma non da cause accidentali o fortuite”.
Benché le morti materne, con il passare degli anni, sono diventate un evento sempre meno frequente grazie al progresso della medicina, deve essere sorvegliata la salute perinatale. La salute della madre e del nascituro può essere sorvegliata attraverso una revisione sistematica delle situazioni che hanno determinato un deterioramento del quadro clinico e che avrebbero potuto portare o che hanno causato il decesso.
Dal risultato delle revisioni sistematiche vengono prodotte le linee guida, basate sull’evidenza scientifiche aggiornate. Le linee guida non sono altro che delle raccomandazioni di comportamento clinico che servono per aiutare i professionisti sanitari, i medici e i pazienti a decidere sulle modalità più opportune di assistenza in specifiche situazioni cliniche.
I protocolli sono invece degli schemi predefiniti, concordati anche tra i professionisti di una struttura ospedaliera, che descrivono il comportamento da assumere e le pratiche da mettere in atto in determinate situazioni in modo da prevenire esiti avversi mentre le procedure sono un insieme di azioni ordinate che sono finalizzate ad un obiettivo.
Il miglioramento delle performance per la riduzione degli eventi avversi
Sia le linee guida, che le procedure e i protocolli servono a controllare e migliorare la qualità dell’assistenza clinica, a valutare le pratiche assistenziali e a ridurre gli spazi di discrezionalità del medico.
Al fine di fornire e di mantenere prestazioni assistenziali di qualità elevata può essere messo in atto un audit clinico attraverso il quale è possibile rilevare le differenze riscontrate nella pratica assistenziale rispetto a degli standard di riferimento.
L’audit clinico è un processo sistematico che dopo aver identificato un problema che può essere la causa scatenante di situazioni critiche, si analizzano le cause che hanno portato il verificarsi della situazione stessa in modo tale da definire degli obiettivi che ne possano permettere il miglioramento e degli interventi correttivi.
In questo modo si cerca di migliorare la qualità dell’assistenza e di ridurre l’incidenza di esiti avversi attraverso una revisione di ciò che è accaduto allo scopo di esaminare la propria attività e confrontare i risultati ottenuti con standard di riferimento.
L’audit e il feedback che ne consegue contribuiscono a portare importanti cambiamenti nella pratica professionale considerando che è uno strumento per il miglioramento delle performance, il monitoraggio e la riduzione degli esiti avversi.
I metodi di analisi utilizzati per la pratica clinica sono di tipo quantitativo come il monitoraggio e di tipo qualitativo come la revisione dei dati clinici.
L’audit prevede un ciclo di cinque step diversi che sono:
- stabilire degli standard per una buona pratica clinica;
- valutare la pratica corrente;
- riportare i dati ed elaborare un modello di riferimento;
- mettere in atto i cambiamenti per il miglioramento;
- rivalutare la pratica clinica ed implementare il cambiamento.
Al fine di ridurre i rischi e gli errori che potrebbero creare eventi indesiderati durante un percorso assistenziale vengono utilizzati degli schemi, delle immagini o degli algoritmi operativi che facilitano la memorizzazione e che possono essere posizionati negli ambienti di lavoro.
La gestione del rischio e della prevenzione degli eventi avversi si fonda sul fatto che gli errori rappresentano delle opportunità di apprendimento. Solo dopo aver evidenziato l’errore è possibile migliorarsi.
Per garantire la sicurezza del paziente devono essere messe in atto delle azioni il cui obiettivo è quello di migliorare le prestazioni sanitarie.
Il rischio deve prima essere identificato attraverso il riconoscimento di situazioni, comportamenti o procedure che hanno comportato un danno. Gli eventi avversi, al fine di ridurre l’incidenza dei rischi che possono essere fatali per il paziente, devono essere segnalati spontaneamente attraverso delle schede di segnalazione (incident reporting) in modo da rilevare le criticità del sistema. Dopo aver identificato il rischio devono essere studiate le cause che l’hanno provocato e suggerire delle azioni che riducano la probabilità che si realizzano ulteriori eventi indesiderati. Il rischio può essere controllato mettendo in atto delle procedure e strategie preventive, definendo protocolli basati sulle linee guida aggiornate e validate.
In ambito ostetrico deve essere un’abitudine razionale quella di abituarsi a catalogare la probabilità che si possano manifestare delle possibili patologie a carico della donna e del nascituro sia durante la gravidanza che al momento del travaglio, del parto e dopo il parto.
La probabilità che si verifichi un evento avverso dipende dai fattori di rischio e dalle variabili di cui è bene tener conto sin dal momento del ricovero; tuttavia la probabilità che si verifichi una patologia non è distribuita in maniera uguale in tutte le pazienti e in tutti i travagli di parto.
La fase in cui è più probabile che possa verificarsi un evento avverso che possa mettere in pericolo la salute della gravida e del nascituro è il travaglio di parto.
Ai fini di prevenire la mortalità materna devono in particolare essere sorvegliati i seguenti quadri clinici: emorragia post partum, sepsi materna, attacco eclamptico, tromboembolismo e le complicanze conseguenti all’analgesia.
Per morte materna si intende la morte di una donna durante la gravidanza o entro 42 giorni dal termine per qualsiasi causa che sia correlata alla gravidanza ma non da cause accidentali.
La morte materna conseguente alla gravidanza, al travaglio e al parto rappresenta un evento sentinella che ha l’obbligo di essere segnalata da parte dei professionisti al ministero della salute.
L’evento sentinella è un evento avverso molto grave che può comportare la morte o un danno grave al paziente e che è potenzialmente evitabile. Il verificarsi di un solo evento sentinella deve far attivare l’organizzazione sanitaria per mettere in atto delle misure correttive. Gli eventi sentinella possono essere delle situazioni che possono essere causa di un danno successivo, il danno stesso come la morte della paziente e la sottostima di un quadro clinico.
Nel momento in cui si verifica un evento avverso si deve agire in maniera tempestiva per effettuare tutte le misure necessarie a placare il danno.
Le situazioni soglia per le quali ci si deve allarmare sono: il ritorno in sala operatoria dopo aver già effettuato un intervento, la rottura d’utero, il ricovero presso l’unità di terapia intensiva, l’eclampsia, il tromboembolismo venoso, il parto podalico non pianificato, l’embolia polmonare, la distocia di spalla, l’applicazione della ventosa e del forcipe senza successo, l’emorragia del post partum complicata con una perdita ematica maggiore di 1500 ml, il ricovero dopo la dimissione, le complicanze anestesiologiche, l’isterectomia e la laparotomia.
Per la prevenzione del danno, l’analisi degli errori rappresenta un elemento efficace.
Infine, è importare documentare tutto il decorso clinico della paziente in modo da poter utilizzare a posteriori la documentazione rilevando i campanelli di allarme che possono essere indice di un possibile evento avverso per il paziente. Si deve avere contezza degli errori dai quali si deve imparare per evitare che in futuro si ripeta la medesima situazione, si deve quantificare la gravità della situazione in modo tale da realizzare tutti i cambiamenti necessari.
L’obiettivo è quello di migliorare la qualità e la sicurezza delle cure ciò può essere reso possibile tramite la formazione del personale, lo sviluppo di nuove competenze, organizzazione, la buona comunicazione tra colleghi, la presa in carico della paziente e un’adeguata gestione della gravidanza, travaglio e parto.
I possibili errori medici
I possibili errori medici sono i seguenti:
- mancata individuazione dei fattori di rischio;
- sottostima del quadro clinico;
- trattamento intempestivo;
- trattamento errato;
- diagnosi errata;
- mancata esecuzione delle manovre di rianimazione cardiopolmonare;
- errata somministrazione dei farmaci;
- errato dosaggio dei farmaci;
- mancata ventilazione;
- mancata verifica dell’integrità degli annessi (placenta e membrane amniocoriali) dopo il secondamento;
- mancata esecuzione dell’ecografia per verificare la localizzazione della placenta;
- mancata rilevazione dei parametri vitali;
- manovre ostetriche improprie;
- mancata esecuzione della profilassi antibiotica al fine di prevenire l’insorgenza delle infezioni;
- mancata esecuzione della profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare in presenza di fattori di rischio;
- mancato monitoraggio della paziente dopo l’esecuzione dell’analgesia o anestesia;
- mancata esecuzione della trasfusione di sangue;
- trasfusione con sangue del donatore non compatibile con quello del ricevente;
- mancato monitoraggio materno;
- inappropriata gestione del travaglio di parto;
- sottostima della perdita ematica;
- mancato riconoscimento di quadri clinici patologici che necessitano di un trattamento tempestivo;
- mancata esecuzione di test strumentali al fine di confermare o meno la diagnosi;
- errori nel caso di attacco eclamptico. L’attacco eclamptico comporta lo sviluppo di crisi convulsive tonico cloniche che sono espressione del danno a carico del sistema nervoso centrale. Questo quadro clinico può evolvere in coma e si ha un elevato rischio di mortalità materna per emorragia cerebrale fino ad arresto cardiaco;
- scorretto uso del solfato di magnesio (farmaco che permette di controllare le crisi convulsive);
- ventilazione inappropriata;
- sottostima dell’intossicazione da solfato di magnesio che può portare all’arresto cardiaco;
- scorretto dosaggio dei farmaci antipertensivi;
- mancata esecuzione dei test di funzionalità epatica, renale, coagulativi;
- scorretto dosaggio o diluizione del solfato di magnesio.
I possibili errori medici nel caso di emorragia post partum
L’emorragia post partum è una perdita eccessiva dai genitali esterni in conseguenza a delle complicanze di emergenze ostetriche come placenta previa, distacco di placenta, rottura d’utero.
I possibili errori medici in caso emorragia post partum sono i seguenti:
- sottostima della perdita ematica;
- utilizzo improprio di farmaci utero tonici che permettono all’utero di contrarsi per trattare l’atonia uterina e ridurre la perdita ematica;
- ritardo del trasferimento in sala operatoria;
- mancata esecuzione dei test di coagulazione e prova crociata;
- sottostima del consumo dei fattori della coagulazione in seguito alla quale si può verificare una coagulazione intravascolare disseminata;
- ritardo nell’effettuazione della trasfusione;
- mancata identificazione della fonte del sanguinamento.
Errori nel caso di coagulazione intravascolare disseminata (CID). La CID è una patologia da consumo caratterizzata dalla presenza disseminata di trombi e dal consumo dei fattori della coagulazione.
Si presenta come una condizione emorragica con sanguinamento a livello della cute e delle mucose e con episodi trombotici. Nei casi più gravi si manifesta shock ipovolemico e insufficienza multiorgano che possono portare al decesso:
- sottostima della perdita ematica;
- sottostima della riduzione dei fattori della coagulazione;
- mancata somministrazione di antitrombina III e di plasma fresco congelato per il ripristino dei fattori della coagulazione;
- mancata esecuzione della trasfusione di sangue;
- mancata ricerca della fonte del sanguinamento.
I possibili errori medici nel caso di sepsi
La sepsi avviene quando vi è una concomitante presenza di un’infezione e danno d’organo tipico della SIRS (Sindrome della Risposta Infiammatoria Sistemica) ovvero una condizione patologica che coinvolge tutto l’organismo.
Quando si è alla presenza di un danno a carico di uno o più organi e vi è anche la presenza confermata o sospetta di un’infezione si tratta di una sepsi.
La sepsi è la terza causa di morte materna dopo l’amoreggia del post partum che si classifica al primo posto e i disordini ipertensivi.
I possibili errori medici in caso di sepsi sono:
- mancato monitoraggio dei parametri vitali;
- mancata ricerca di segni e di sintomi di danno d’organo nelle pazienti con un’infezione accertata o presunta;
- mancata somministrazione della terapia antibiotica;
- mancata esecuzione della profilassi antibiotica in caso di taglio cesareo, di rimozione manuale della placenta, di lacerazioni che oltre alla cute vaginale e ai muscoli perineali coinvolgono anche lo sfintere e la mucosa anale;
- mancata ricerca ed eradicazione del focolaio di infezione entro 6 – 12 ora dalla diagnosi;
- mancata esecuzione dell’antibiogramma al fine di stabilire la terapia più adatta per un determinato processo infettivo;
- mancata somministrazione di fluidi endovena se si è alla presenza di ipotensione;
- mancata esecuzione della profilassi antibiotica in seguito alla rottura delle membrane amniocoriali e/o all’insorgenza del travaglio di parto nel caso di tamponi vaginali e rettali positivi per la ricerca dello streptococco beta emolitico.