LA PANCREATITE ACUTA: DIAGNOSI E RISCHI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO PER MALASANITÀ
Il pancreas si trova dietro allo stomaco e produce insulina (con la sua parte endocrina) e i succhi pancreatici (con la sua parte esocrina) che concorrono alla digestione.
I succhi pancreatici vengono immessi nell’intestino attraverso un dotto che esce assieme al coledoco, che porta la bile dal fegato.
La pancreatite acuta è un processo infiammatorio del pancreas con coinvolgimento variabile di altri tessuti o organi.
Questa patologia presenta un ampio spettro di lesioni del pancreas che variano da una lieve infiammazione (edema) del tessuto pancreatico, fino ad una severa pancreatite emorragica con gangrena e necrosi.
La presentazione clinica è diversa in base alla gravità della pancreatite, variando da episodi di lieve dolenzia addominale (tipico è il dolore “a barra” dei quadranti centro-addominali) fino ad un severo quadro patologico caratterizzato da gravi alterazioni metaboliche che possono portare al decesso.
Le due cause più frequenti nel mondo occidentale sono l’alcol e le malattie delle vie biliari (come i calcoli della colecisti o della via biliare principale).
La diagnosi si ottiene mediante l’esame obiettivo, gli esami ematici (amilasi e lipasi) e le indagini radiologiche (la metodica di scelta per lo studio della pancreatite è rappresentato dalla Tac (Tomografia assiale computerizzata), ma risultano utili anche l’ecografia addominale e la risonanza magnetica).
Il decorso clinico in circa il 90% dei pazienti è caratterizzato da un quadro moderato che si autolimita e si risolve con la sola terapia medica.
Nel 10% circa dei pazienti si sviluppa invece una forma severa che richiede una lunga ospedalizzazione e che può essere gravata da specifiche complicanze con un’elevata mortalità.
I pazienti con la forma severa richiedono una terapia intensiva di supporto, monitoraggio della respirazione e della circolazione e frequenti indagini di laboratorio e radiografiche.
La terapia è principalmente medica, con supporto idrico e nutrizionale, terapia antidolorifica e profilassi antibiotica.
La terapia chirurgica è limitata ai casi più gravi, ovvero alle pancreatiti acute necrotico-emorragiche infette, in cui si asporta manualmente tutto il tessuto necrotico e si posizionano dei drenaggi intraddominali. La malattia a questo stadio è gravata da un’importante mortalità.
La chirurgia gioca invece un ruolo fondamentale nelle pancreatiti causate dalla calcolosi della colecisti o della via biliare principale, perché elimina la causa e le possibili recidive.
La tempestività nella diagnosi della pancreatite acuta risulta basilare: è dunque importante che il medico proceda con un’indagine approfondita e con esami specifici. Un errore medico per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare, nei casi più gravi, anche al decesso del paziente, e la morte costituisce la lesione maggiore del bene giuridico della vita.
Durante la fase diagnostica, un errore da malasanità per colpa del medico potrebbe, ad esempio, verificarsi per:
- un macchinario dell’Ospedale che non funziona correttamente, e non segnala i dati, o segnala valori anomali;
- un esame eseguito esattamente, tuttavia non letto o refertato correttamente;
- scambio di cartelle cliniche, analisi, provette ecc;
- imperizia, negligenza o imprudenza dall’Ospedale o dal laboratorio d’analisi;
- mancato approfondimento attraverso ulteriori analisi integrative o un consulto con altro specialista.
Anche durante la terapia medica o chirurgica, si possano purtroppo verificare eventuali casi di errore medico o da malasanità.
Qualora vi sia il fondato sospetto di essere stati vittima di un errore medico, o di un errore dell’Ospedale, della Casa di cura o della Clinica poterebbe essere opportuno rivolgersi ad uno studio legale o a un avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da colpa medica. L’avvocato e il medico legale, con eventualmente il supporto di un medico specialista, valuteranno la documentazione medica (consenso informato, analisi ed esami, cartella clinica). Verrà inoltre valutato quanto eseguito (o non eseguito) per gli esami, il trattamento terapeutico, la fase post trattamento o post operatoria, e di follow up.
L’avvocato valuterà, inoltre, i presupposti per poter proporre una domanda di risarcimento danni anche nei confronti dell’Assicurazione.
Quella del risarcimento danni è una valutazione che richiede particolare attenzione, non essendoci infatti alcun automatismo tra errore e risarcimento. Più precisamente: anche se venisse commesso un errore medico o dell’Ospedale [attraverso un comportamento commissivo (aver fatto) od omissivo (non aver fatto)], ciò non significa che – automaticamente – si ha diritto a un risarcimento dei danni.
Infatti, giuridicamente deve essere presente un duplice nesso di causalità:
- un nesso di causalità (ossia una relazione) tra il comportamento (almeno) colposo del medico e l’evento (morte, insorgere di una nuova malattia, peggioramento della malattia)
nonché
- un nesso di causalità (ossia una relazione) tra evento e danno risarcibile.
Ai fini della quantificazione e liquidazione del danno, lo studio legale valuterà se, nel caso concreto, siano presenti danni risarcibili, tra i quali: danno patrimoniale e non patrimoniale, danno temporaneo da inabilità temporanea, danno permanente c.d. danno biologico fisico e psichico da invalidità biologica permanente, danno da perdita della capacità lavorativa, danno da perdita di chance di guarigione o di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita, nonché – in caso di morte – la perdita di chance di sopravvivenza e quindi la possibilità di vivere più a lungo di quanto, poi, effettivamente vissuto. Il decesso del paziente potrebbe poi avvenire dopo una lunga e dolorosa sofferenza sia fisica e sia psicologica.
Il risarcimento del danno spetta generalmente al paziente, tuttavia vi sono casi in cui anche i familiari ne potrebbero avere diritto, come i parenti (genitori madre e padre, figlio/figlia e fratello/sorella), o il coniuge (marito o moglie), il partner di unione civile o il partner convivente more uxorio.