COME EVITARE L’ASCESSO MAMMARIO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO PER MALASANITÀ
Nel periodo del puerperio, in particolare nei primi gironi dopo il parto è fondamentale che l’ostetrica assista le donne nell’avvio dell’allattamento al seno.
Quando la posizione del neonato e l’attacco sono sbagliati ne risente pesantemente l’efficacia della suzione e lo svuotamento del seno; se a questo si somma una montata lattea non controllata adeguatamente, le donne possono andare incontro a ingorghi o mastiti o nei casi più gravi ad ascessi mammari.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del ginecologo o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze.
Cos’è l’ascesso mammario e quali sono le cause che lo provocano
L’ascesso mammario è una formazione di pus che si deposita sotto pelle in una delle due mammelle, molto raramente in entrambe.
Solitamente è visibilmente sintomatico e presenta: arrossamento, gonfiore e dolore.
La causa principale è la mastite non trattata adeguatamente, ovvero l’infezione delle ghiandole mammarie, in quanto la formazione di pus è conseguenza di una importante invasione batterica.
A sua volta, nella stragrande maggioranza dei casi, la mastite è causata da ingorgo, cioè un’infiammazione della ghiandola dovuta all’accumulo di latte non drenato nel seno che, in presenza di ragadi (cioè piccoli tagli sul capezzolo), viene colonizzato da batteri, i quali si espandono velocemente nei tessuti circostanti.
Con la mastite, il seno appare duro, dolente, arrossato ed edematoso e la fuoriuscita di latte risulta difficoltosa e dolorosa per la neomamma.
Inoltre, a differenza dell’ingorgo, la donna presenta malessere generale con febbre (T°>38°) e brividi, come per qualsiasi tipo di infezione batterica.
Quando la mastite non viene trattata può peggiorare e diventare, appunto, un ascesso mammario; il quale deve essere diagnosticato da un senologo, sulla base dei sintomi, di un esame visivo e di un’ecografia mammaria.
In caso di ascesso mammario bisogna verificare tutte le metodiche scelte dal ginecologo o dall’ostetrica. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da uno specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’equipe o dell’Ospedale (siano anche una Casa di cura o una Clinica). Essenziale, in questa fase, risulterà la disamina della documentazione medica tra cui gli esami, la cartella clinica e il consenso informato.
Per quanto riguarda il trattamento, lo specialista valuterà se iniziare una terapia conservativa (antibiotici specifici e antidolorifici) o se è necessaria una terapia più invasiva, la quale solitamente prevede il drenaggio (aspirazione) dell’ascesso con un ago, il cui posizionamento è guidato dall’ecografia. Nei casi più gravi, per drenare l’ascesso, è necessario procedere a un’incisione in anestesia locale.
Non esiste un automatismo tra errore e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Come si può evitare l’insorgenza di un ascesso mammario
Il primo intervento di prevenzione è proprio quello di educare le donne al buon attacco al seno, alla giusta posizione del neonato durante la poppata e ai segni di una suzione efficace: un buon inizio dell’allattamento è predittivo di minori patologie da accumulo di latte e di maggior durata dell’allattamento stesso.
Inoltre, già nei primi giorni dopo il parto l’ostetrica deve mostrare alla donna le tecniche di spremitura del latte e degli impacchi e massaggi per facilitare quest’ultime, in modo che non si trovi impreparata davanti a un eventuale montata lattea ingente o alle prime avvisaglie di ingorgo mammario.
Come detto, l’ascesso deriva da una mastite non curata, a sua volta causata da ingorgo.
È chiaro quindi come il sanitario debba agire sull’ingorgo stesso, in particolare deve:
- spiegare alla donna la necessità di svuotare il seno il più possibile, quindi aumentare il numero delle poppate (almeno 10/12 nelle 24 ore) ed eventualmente, se il seno risultasse ancora pieno, utilizzare le tecniche di spremitura manuale e/o il tiralatte, raccogliendo il latte e conservandolo in freezer;
- consigliare prima della poppata impacchi caldi e massaggi circolari dall’esterno del seno verso il capezzolo, in modo da “sospingere” il latte verso la via d’uscita, insistendo particolarmente nelle zone più dure del seno stesso;
- variare la posizione del bambino durante le poppate, in modo da svuotare le diverse regioni del seno;
- consigliare un abbigliamento comodo, non stringente e non aderente, in modo da non “schiacciare” il seno.
La mastite differisce dall’ingorgo per la presenza di uno stato di malessere generale con febbre alta e brividi, che nell’ingorgo non si presentano.
Il trattamento al seno è identico nelle due patologie; in aggiunta, con la mastite, l’ostetrica deve indirizzare la donna dal medico di base o dal ginecologo in modo che gli prescriva un antibiotico quando la temperatura rimane maggiore di 38° per più di 24 ore.