LA DIAGNOSI DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La paralisi cerebrale infantile è un disturbo di tipo neurologico che deriva da un danno, più o meno grave, a carico del sistema nervoso centrale e ha principalmente ripercussioni sul sistema muscolare e scheletrico tanto che il bambino che ne è affetto non riesce a condurre una vita normale proprio perché le sue capacità motorie sono limitate.
Nella maggior parte dei casi, la paralisi cerebrale infantile interessa gli arti inferiori e meno frequentemente interessa gli arti superiori e il tronco; possono anche essere presenti dei disturbi cognitivi.
Cause della paralisi celebrale infantile
Le cause della paralisi cerebrale infantile sono dovute a un danno a carico del tessuto nervoso che può verificarsi in diverse circostanze: durante la gravidanza, al momento del parto e dopo la nascita in particolare fino ai 3 anni di età del bambino periodo entro il quale si completa lo sviluppo del sistema nervoso centrale.
Un errore del ginecologo, dell’ostetrica, del pediatra o degli altri medici per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare, nei casi più gravi, anche al decesso del bambino o comunque a gravi complicanze. In questi casi anche i familiari del paziente vittima di malasanità potrebbero avere diritto al risarcimento, in particolare i genitori, i nonni, i fratelli o le sorelle o gli eredi.
Durante la gravidanza le cause della paralisi cerebrale infantile possono essere le infezioni materne che vengo trasmesse al feto quando l’agente responsabile dell’infezione riesce ad attraversare la barriera placentare infettando cosi al feto.
Le infezioni materne responsabili di paralisi cerebrale infantile sono il citomegalovirus (CMV), l’herpes simplex (virus epitelio neurotropo), arbovirus, coxsackievirus, echovirus, la sifilide (LUE) ed enterovirus; questi virus, infatti, hanno un particolare tropismo per il tessuto nervoso che è il loro bersaglio, per cui queste infezioni causano principalmente dei danni a carico del sistema nervoso del feto.
Al momento del parto il feto può contrarre l’infezioni quando, attraversando il canale del parto, viene direttamente in contatto con le mucose materne infette.
L’infezione del tessuto cerebrale può essere responsabile di encefalite e meningite (infezione delle meningi ovvero delle membrane che rivestono il sistema nervoso).
Gli agenti responsabili di queste infezioni possono distruggere direttamente le cellule del sistema nervoso provocando un danno neurologico irreversibile.
Anche altre patologie materne possono essere causa di paralisi cerebrale infantile, ad ogni modo la loro presenza non prevede necessariamente che il feto possa subire dei danni cerebrali. Queste patologie materne che possono contribuire all’insorgenza della paralisi cerebrale infantile sono il diabete, disturbi della coagulazione, problemi respiratori, problemi cardiaci, ipertensione, anemia ecc..
Durante il travaglio e il parto, per effetto delle contrazioni uterine soprattutto se queste sono intense e prolungate, il feto presenta un rischio maggiore di andare incontro a sofferenza.
Con le contrazioni uterine, infatti, le fibrocellule muscolari dell’utero si irrigidiscono determinando un’occlusione dei vasi uterini e placentari responsabili del trasporto di sangue ossigenato al distretto fetale e di conseguenza, il feto sarà poco ossigenato per un periodo di tempo inferiore a un minuto, tempo durante il quale avviene la contrazione.
Durante il travaglio di parto attivo le contrazioni si ripetono con una frequenza di una contrazione ogni 3-4 minuti e se queste sono prolungate ovvero durano più di un minuto e sono intervallate da brevi pause (ipercinesia uterina) il feto va incontro a sofferenza.
Durante il parto, inoltre, possono verificarsi altri evenienze responsabili di sofferenza fetale come il distacco di placenta, la rottura d’utero, il prolasso di funicolo, la presenza di nodi veri del cordone ombelicale che ostacolano il flusso di ossigeno diretto verso il feto, la presenza i giri di cordone ombelicale intorno al collo e alle parti fetali, la distocia di spalla (fallimento del meccanismo di espulsione delle spalle fetali), le presentazioni anomale (come la presentazione podalica), l’anemia fetale.
Dopo la nascita, in particolare per i nati prima del termine di gravidanza (prima della 37esima settimana gestazionale), il tessuto nervoso non ha ancora completato il suo sviluppo per cui il neonato, fino ai 3 anni di età, è più suscettibile a riportare dei danni cerebrali.
La paralisi cerebrale infantile può anche essere causata a partire da altre lesioni cerebrali come l’encefalopatia ipossico ischemica, l’emorragia intracranica e la leucomalacia periventricolare.
Per encefalopatia ipossico ischemica si intende la presenza di deficit neurologici che insorgono come conseguenza di un evento ipossico o ischemico. L’encefalopatia ipossico ischemica, ad esempio, può insorgere al momento del parto quando si verifica una riduzione dell’apporto di ossigeno dal compartimento materno a quello fetale. I deficit neurologici conseguenti al danno cerebrale che l’encefalopatia ipossico ischemica determina, se questi sono gravi, possono portare alla paralisi cerebrale infantile.
Si parla di leucomalacia periventricolare quando è presente un danno a livello della sostanza bianca in corrispondenza dei ventricoli cerebrali. La sostanza bianca è responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi quindi se vi è un danno a carico di questa regione il cervello non può trasmettere, ad esempio, ai muscoli degli arti inferiori il comando di compiere un movimento e da ciò deriva la paralisi cerebrale.
Nel caso di emorragia intraventricolare è presenta un sanguinamento all’interno del cranio che può derivare da un trauma o dalla rottura di un vaso sanguigno, ma anche i disturbi della coagulazione possono contribuire all’insorgenza di questo quadro clinico.
La presenza di sanguinamento all’interno del cranio aumenta la pressione intracranica interferendo con la funzione cerebrale.
Sintomi della paralisi celebrale infantile
I sintomi della paralisi cerebrale infantile sono vari da persone a persona e dipendono dall’estensione del danno cerebrale. Il bambino con paralisi cerebrale infantile può presentare un’alterata coordinazione dei movimenti, incapacità di mantenere la postura, flaccidità muscolare e anche disturbi cognitivi come problemi del linguaggio e della comunicazione.
Non esiste ancora un trattamento per la paralisi cerebrale infantile ma esistono dei trattamenti riabilitativi che permettono al bambino di poter condurre una vita normale. Al fine di poter mettere in atto dei trattamenti riabilitativi è necessario diagnosticare la paralisi cerebrale infantile.
Diagnosi della paralisi celebrale infantile
Diagnosticare la paralisi cerebrale infantile non è semplice in quanto la sintomatologia non compare subito ed è diversa da soggetto a soggetto. Tuttavia, è possibile riconoscere dei segni tipici come la paralisi degli arti inferiori e, più raramente, anche degli arti superiori, mancanza del coordinamento dei movimenti, incapacità di mantenere la postura eretta, problemi visivi e uditivi, problemi del linguaggio e problemi nella comunicazione, incapacità nel compiere azioni quotidiane e ritardo mentale.
Le ripercussioni delle lesioni a carico del sistema nervoso sul sistema muscolare e scheletrico si rilevano con il passare del tempo, soprattutto durante l’età evolutiva quando si nota che il bambino non è in grado di compiere attività quotidiane, né a mantenere una postura eretta o comminare.
Come detto, nonostante non esiste ancora un trattamento per la paralisi cerebrale infantile, è possibile intervenire con dei trattamenti riabilitativi e anche chirurgici al fine di migliorare la qualità di vita del bambino che presenta questo disturbo neuromotorio. Sulla base di ciò, più precocemente viene diagnosticata la paralisi cerebrale più tempestivamente possono essere attuati questi interventi al fine di consentire al bambino di condurre una vita quasi normale e riducendo la sintomatologia.
Il processo diagnostico prevedere la ricerca di informazioni sulla storia clinica del bambino e sull’andamento della gravidanza e del parto (anamnesi), l’esecuzione di esami strumentali e l’esame obiettivo che permette di rilevare la presenza di segni e sintomi tipici di una determinata patologia.
In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Diagnosi di paralisi cerebrale infantile alla nascita
Un bambino può presentare dei segni di paralisi cerebrale infantile sin dalla nascita se a provocarla è stato un evento avverso che si è verificato durante la gravidanza o al momento del travaglio e del parto.
In gravidanza il feto può contrarre delle infezioni quali ad esempio il citomegalovirus e l’herpes simplex che gli vengono trasmesse dalla madre. Queste infezioni hanno ripercussioni a carico del sistema nervoso.
Quando durante il travaglio e il parto insorgono delle complicanze il feto va in sofferenza poiché viene ridotto l’apporto di ossigeno verso il distretto fetale. Se la riduzione dello stato di ossigenazione fetale è prolungata anche gli organi nobili del feto quali il cuore e il cervello risentono di questa carenza.
Quando la riduzione dell’ossigenazione a livello cerebrale è importante il cervello viene danneggiato tanto che le sue funzioni vengono alterate
Al momento del parto può essere sospettata la paralisi cerebrale infantile se il feto è ipotonico e presenta quindi flaccidità muscolare, se il suo colorito non è roseo ma è evidente una colorazione bluastra delle estremità del corpo (cianosi), se i riflessi sono alterati o non sono presenti e se non riesce a respirare spontaneamente.
Ai bambini compromessi viene quindi assegnato un basso punteggio di APGAR: sistema a punteggio che permette di determinare lo stato di salute del neonato subito dopo la nascita attraverso la rilevazione di cinque parametri.
I paramenti che vengono presi in considerazione per la determinazione dell’indice di APGAR sono: frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, riflessi, colorito cutaneo e tono muscolare. Ad ognuno di questi parametri viene assegnato un punteggio da 0 (condizione altamente sfavorevole) a 2 (condizione favorevole) e dalla loro somma si ottiene il punteggio di APGAR il cui valore massimo è uguale a 10 (stato di benessere del neonato). Un indice di APGAR inferiore a 7 indica che le condizioni del neonato sono compromesse e che necessita quindi di accertamenti, mentre il neonato necessita di rianimazione se l’indice di APGAR assegnato è inferiore a 4.
I neonati ai quali viene assegnato un basso indice di APGAR devono essere monitorati con attenzione e devono essere eseguiti degli accertamenti per escludere una compromissione cerebrale.
Anche i neonati con basso peso alla nascita (peso inferiori di 1500 grammi) e i nati prematuramente (prima della 37esima settimana di gestazione) devono essere monitorati attentamente considerando il loro rischio aumentato, rispetto ai nati a termine, di riportare danni cerebrali.
I nati prima del termine di gravidanza e i bambini nati con un basso peso alla nascita, infatti, non hanno ancora completato lo sviluppo strutturale e funzionale del tessuto nervoso e sono quindi più vulnerabili nel riportare lesioni e danni a carico dell’encefalo.
I neonati che presentano condizioni di salute compromesse alla nascita devono essere ricoverati presso l’unità di terapia intensiva neonatale (UTIN).
Le Unità di Terapia intensiva neonatale si trovano soltanto presso le strutture ospedaliere di secondo livello le quali hanno un bacino d’utenza di almeno 5000 nati all’anno e almeno 50 di questi presentano un basso peso alla nascita cioè inferiore a 1500 grammi.
Le strutture ospedaliere di secondo livello possono assistere tutti i tipi di gravidanza anche quelle ad alto rischio materno e fetale proprio perché è possibile ricoverare i neonati che presentano condizioni critiche alla nascita presso l’unità di terapia intensiva.
Se il parto avviene presso una struttura di primo livello, la quale si propone di assistere soltanto le gravidanze a termine (dopo la 34esima settimana quando il feto ha completato lo sviluppo dei polmoni) e a basso rischio ostetrico, il bambino le cui condizioni di salute al momento della nascita sono critiche può essere trasferito in un struttura di secondo livello attrezzata di terapia intensiva neonatale e dove il neonato può ricevere le cure di un livello superiore che la struttura di primo livello non gli può offrire.
Il trasferimento del neonato da un punto nascita di primo livello (centro SPOKE) a un punto nascita di secondo livello (centro HUB) è possibile grazie a un servizio noto come STAN (Servizio Trasporto Emergenza Neonatale).
La diagnosi di paralisi cerebrale infantile non è facile perciò sono necessarie le opinioni di più professionisti in modo che quest’ultimi si possano confrontare per giungere a una diagnosi dopo aver anche eseguito vari tipi di esami e accertamenti. Per poter fare una diagnosi, inoltre, è utile conoscere la storia clinica del bambino e avere informazioni sulla gravidanza, l’andamento del travaglio e il parto.
La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica e dei medici, e quindi dell’Ospedale, della Clinica o della Casa di cura, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dal mancato riconoscimento precoce della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
Esame obiettivo: l’operatore si serve dei sensi allo scopo di rilevare la presenza di sintomi e segni di una patologia. L’esame obiettivo consiste in un’osservazione attenta dei riflessi del neonato. Un riflesso che si deve andare a ricercare nel caso di sospetto di paralisi cerebrale infantile è il riflesso di Moro il quale è presente in tutti i neonati fisiologici fino ai 6 mesi dalla nascita poiché rappresenta l’integrità del sistema nervoso centrale.
Il riflesso di Moro è caratterizzato dall’apertura delle braccia e allungamento delle gambe del neonato quando quest’ultimo viene spostato bruscamente o sente un suono forte, successivamente le braccia si chiudono come in un abbraccio come se il neonato cercasse di aggrapparsi a qualcosa.
L’assenza del riflesso di Moro durante i primi giorni dalla nascita è un campanello di allarme poiché può presupporre la presenza di un disturbo motorio e del sistema nervoso centrale.
Il riflesso di Moro in condizioni di normalità scompare dopo i 6 mesi di vita e la sua persistenza dopo tale periodo è un campanello di allarme poiché implica la presenza di gravi deficit neurologici.
Un altro riflesso da prendere in considerazione è il riflesso di incurvamento del tronco noto anche come riflesso di Galant importante per rilevare la presenza di paralisi cerebrale infantile. Il riflesso di incurvamento del tronco si manifesta, per l’appunto, con un incurvamento del tronco quando quest’ultimo viene stimolato a livello della regione lombare.
Il neonato viene posto a pancia in giù e l’operatore stimola con un dito, con un movimento dall’alto verso il basso che parte dalle spalle e arriva al bacino, la schiena lateralmente alla colonna vertebrale. Il neonato risponde con una rotazione del bacino in corrispondenza della lateralità che viene stimolata cercando di allontanarsi da uno stimolo considerato pericoloso.
Anche il riflesso di Galant, come il riflesso di Moro, compare alla nascita e tende a scomparire intorno ai 5 mesi di vita.
Infine, anche il riflesso di prensione palmare viene preso in considerazione per rilevare la presenza di una paralisi cerebrale infantile. Tutti i neonati chiudono la mano in un pugno quando viene stimolato il palmo della mano come se cercassero di afferrare un oggetto. L’assenza di questo riflesso può essere indice di deficit neurologici.
Tra le possibili cause di paralisi cerebrale infantile che si verificano subito dopo la nascita vi sono tutti i processi infiammatori che coinvolgono le strutture del sistema nervoso centrale come la meningite (infiammazione delle meningi cioè delle membrane che rivestono il sistema nervoso)e le encefaliti (infiammazione dell’encefalo) ed anche le lesioni traumatiche che ostacolano lo sviluppo del sistema nervoso centrale; lo sviluppo del sistema nervoso centrale, infatti, viene completato intorno al terzo anno di età del bambino quindi prima di quest’epoca queste cause possono ostacolare il suo normale sviluppo.
Si può avere il sospetto di paralisi cerebrale infantile quando il bambino ha subito una lesione durante il travaglio di parto, dopo il parto o prima del travaglio di parto e presenta dei segni di sofferenza cerebrale come difficoltà respiratorie (dispnea), colorazione bluastra della cute e delle mucose (cianosi), mancanza di riflessi, basso punteggio di APGAR alla nascita, presenza di convulsioni, tono muscolare anormale e flaccidità muscolare, assenza dei riflessi tipici in un neonato fisiologico (riflesso di Moro, riflesso di prensione palmare e riflesso di Galant), difficoltà nell’alimentazione e disturbi metabolici.
In presenza di questi segni è necessario effettuare ulteriori accertamenti per confermare o escludere la diagnosi di paralisi cerebrale infantile e stabilire la gravità delle lesioni a carico del sistema nervoso centrale.
Se dall’esame clinico obiettivo, dopo aver osservato attentamente il neonato, sono stati rilevati dei segni di compromissione delle funzioni cerebrali, devono essere eseguiti ulteriori esami. La definitiva diagnosi di paralisi cerebrale infantile, però, può essere fatta quando l’encefalo ha raggiunto il suo sviluppo cioè intorno ai 4 -5 anni di età.
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Esami strumentali per verificare la presenza di paralisi celebrale infantile
Rachicentesi (o puntura lombare): esame diagnostico che consiste nel prelievo del liquido cefalorachidiano.
Il liquido cefalorachidiano, chiamato anche semplicemente liquor, si trova nel sistema nervoso centrale (encefalo) e periferico (midollo spinale); è un fluido trasparente la cui funzione è quella di proteggere il sistema nervoso da traumi, di trasportare nutrienti verso il sistema nervoso e di regolare la pressione all’interno dal cranio.
Il liquido cefalorachidiano si forma a partire dal plasma il quale subisce un processo di filtrazione quindi la composizione del liquor è diversa da quella del plasma. Il liquor cefalorachidiano è composto da calcio, magnesio, glucosio, proteine, albumina, immunoglobuline, calcio, cloruro, potassio e sodio.
Le infezioni e le infiammazioni a carico delle meningi (meningite) o dell’encefalo (encefalite) possono essere responsabili del passaggio di globuli rossi, proteine, globuli bianchi e altre sostanze anche nocive nel liquido cefalorachidiano, dopo aver distrutto la barriera ematoencefalica (barriera che ha la funzione di proteggere il sistema nervoso, separa l’encefalo dal sangue e regola gli scambi di sostanza fra il liquido cefalorachidiano e il sangue).
L’analisi del liquido cefalorachidiano ci dà informazioni sul sistema nervoso cosi da comprendere se questo è integro o compromesso e poter diagnosticare un’eventuale condizione patologica come la presenza di un’emorragia cerebrale, infezioni ma anche tumori.
Del liquido cefalorachidiano vanno analizzati l’aspetto, la quantità di cellule presenti (conta cellulare) e quindi il numero di globuli rossi e globuli bianchi, i livelli di proteine e di glucosio, la presenza di anticorpi e di agenti patogeni. La presenza di agenti patogeni indica che è in atto un’infezione e che quindi il sistema nervoso è compromesso perciò il paziente può riportare danni cerebrali.
La rachicentesi viene eseguita nel caso in cui si ha il sospetto di un danno a carico del sistema nervoso centrale. Quest’esame diagnostico viene effettuato attraverso un prelievo del liquido cefalorachidiano inserendo un ago in corrispondenza della quarta e quinta vertebra lombare o tra la quinta vertebra lombare e la prima vertebra sacrale; in corrispondenza di questo punto non è presente il midollo spinale per cui non vi è rischio che il paziente che viene sottoposto a questa procedura riporti dei danni cerebrali come la paralisi. La rachicentesi, preferibilmente, va eseguita a digiuno.
La puntura lombare viene eseguita in ambiente sterile utilizzando un anestetico per evitare che la procedura, la cui durata è di circa 15 minuti, sia dolorosa. Prima di iniziare la procedura deve essere richiesto il consenso informato ai genitori i quali devono firmare un apposito modulo che spiega le finalità della rachicentesi, come viene eseguita e i potenziali rischi.
Una volta prelevato, il liquor viene posto in apposite provette e viene inviato in laboratorio per essere analizzato in modo da poter rilevare la presenza di un eventuale microrganismo responsabile, ad esempio, della meningite (meningococco) o di un’alterazione del numero degli elementi che compongono il liquido cefalorachidiano.
Il liquido cefalorachidiano è nella norma quando non presenta microrganismi patogeni o cellule anomale, quando non vi è alterazione della sua qualità e del numero degli elementi che lo costituiscono.
Il liquido cefalorachidiano è alterato quando vi è un’alterazione dei parametri che fisiologicamente lo costituiscono:
- la diminuzione del glucosio nel liquido cefalorachidiano può indicare la presenza di ipoglicemia, di emorragia e di meningite;
- se nel liquido cefalorachidiano è presente un numero maggiore di globuli bianchi (leucocitosi) può essere in corso un’infezione come la meningite o la meningoencefalite e un’infiammazione contemporanea di più nervi (polineurite). In particolare, un aumento dei neutrofili può nascondere un ascesso cerebrale, encefalite, emorragia intracranica, meningite batterica e meningite virale e convulsioni;
- la riduzione della concentrazione dei lattati nel liquido cefalorachidiano sta a indicare la presenza di un trauma o una lesione a livello cerebrale, meningite batterica, ipotensione ed emorragia intracranica;
- un aumento degli anticorpi nel liquor è indice di infezioni e infiammazioni a carico dell’encefalo o del midollo spinale.
Elettroencefalogramma (EEG): esame diagnostico che permette di rilevare l’attività cerebrale e viene richiesto nel caso in cui si ha il sospetto di compromissione cerebrale.
L’elettroencefalogramma non comporta dei rischi, né presenta controindicazioni per cui può essere effettuato anche ai neonati e ai bambini di qualsiasi età.
Viene registrata l’attività elettrica cerebrale attraverso una serie di onde che vengono riportate su uno schermo dopo aver rilevato l’attività cerebrale con degli elettrodi. Il grafico che si ottiene sarà poi interpretato dal neurologo.
Il meccanismo dell’elettroencefalogramma è simile a quello dell’elettrocardiogramma. Gli elettrodi sono piccoli e di metallo e vengono posizionati sulla testa del neonato, attraverso l’ausilio di un gel come quello che viene utilizzato per eseguire l’ecografia, in punti specifici che corrispondono alle diverse aree del cervello.
Il bambino deve stare sdraiato con gli occhi chiusi e durante l’esecuzione dell’esame viene sottoposto a degli stimoli luminosi, dovrà aprire e chiudere gli occhi in maniera intermittente ecc; gli impulsi cerebrali prodotti in seguito a questi stimoli vengono rilevati dagli elettrodi, registrati da un apposito strumento chiamato elettroencefalografo e tradotti in un grafico che, in assenza di condizioni patologiche, avrà un andamento ondulatorio.
L’elettroencefalogramma nei bambini e in particolare nei neonati può risultare falsato considerando che non riescono a rimanere immobili durante l’esecuzione dell’esame, per questo motivo è utile somministrare sedativi cosi che l’esito dell’esame sia attendibile.
La durata dell’esame è di circa 20 minuti ma può essere prolungato di 60 minuti se si vuole rilevare l’attività cerebrale del paziente anche durante il sonno; l’elettroencefalogramma può durare anche tutto il giorno cosi da avere informazioni sull’attività cerebrale sia durante lo stato di veglia che durante il sonno.
L’elettroencefalogramma consente quindi di fare una diagnosi iniziale la quale verrà confermata da altri esami strumentali come la tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RM).
Tomografia assiale computerizzata (TAC): tecnica diagnostica che permette di fornire immagini precise dei vari distretti corporei e di visualizzare in maniera diretta i parenchimi.
La tomografia assiale computerizzata sfrutta le proprietà delle radiazioni ionizzanti (raggi X) per produrre le immagini degli organi e dei parenchimi; le radiazioni ionizzanti attraversano i vari strati della pelle fino ai muscoli e alle ossa dove, parzialmente, vengono bloccate cosi da riprodurre un’immagine utile per la diagnosi di patologie.
Alte dosi di radiazioni ionizzanti possono però provocare degli effetti collaterali, per questo motivo la TAC deve essere eseguita soltanto quando necessaria ovvero quando dai risultati di altri esami diagnostici è emerso il sospetto di una patologia che deve essere confermata o esclusa per cominciare eventualmente una cura; sulla base di ciò, non eseguire la tomografia assiale computerizzata, quando indicato, è più pericoloso rispetto al sottoporsi alle radiazioni ionizzanti in quanto senza questa tecnica non si riuscirebbe ad avere la certezza diagnostica circa un processo patologico in atto.
I bambini sono più sensibili alle radiazioni rispetto agli adulti poiché deve ancora avvenire il loro completo sviluppo pertanto deve essere posta particolare attenzione alle dosi di radiazioni ionizzanti somministrate.
La TAC può essere eseguita con o senza mezzi di contrasto. I mezzi di contrasto sono delle sostanze che vengono somministrate al paziente che si deve sottoporre alla TAC per assorbire i raggi x e migliorare l’immagine diagnostica come nel caso del cervello. Per i bambini ai quali viene somministrato un mezzo di contrasto è necessaria una breve degenza anche dalla durata di 24 ore, l’esecuzione di esami del sangue ed è indicato il digiuno.
La TAC viene utilizzata per avere la certezza diagnostica circa la presenza di un danno cerebrale in quanto fornisce un’immagine dettagliata dell’encefalo e riesce ad individuare anche la presenza di eventuali emorragie intracraniche.
Il paziente viene posto su un lettino; nel caso dei bambini, soprattutto se la loro età è minore di 3 -4 anni, e dei neonati possono essere somministrati dei sedativi per calmarmi e mantenerli fermi perché le immagini non saranno dettagliate se il paziente si muove durante l’esame.
È possibile che sia un genitore stesso ad incoraggiare il bambino a rimanere fermo durante l’esecuzione dell’esame il quale ha la durata, senza la somministrazione del mezzo di contrasto, di circa 5 -10 minuti.
Risonanza magnetica (RM): esame diagnostico che permette di ottenere delle immagini dettagliate di sezioni del corpo.
La risonanza magnetica utilizza le onde elettromagnetiche a radiofrequenza le quali non causano effetti collaterali all’organismo ma non possono sottoporsi all’esame coloro ai quali sono stati applicati apparecchi metallici come le protesi.
Mentre le immagini ottenute con la TAC dipendono dalla densità dei tessuti, quelle ottenute con la risonanza magnetica dipendo dalla presenza di idrogeno nei tessuti e quindi dalle proprietà chimico fisiche di quei tessuti; è possibile, quindi, distinguere le immagini dei vari distretti corporei in base alla composizione chimica dei loro tessuti.
La risonanza magnetica, a differenza della TAC che sfrutta le radiazioni ionizzanti, non comporta degli effetti collaterali per cui è indicata rispetto alla TAC quando non è necessaria un’alta risoluzione spaziale.
La risonanza magnetica, in particolare, viene utilizzata per lo studio della vascolarizzazione dei tessuti e per la diagnosi di patologie neurologiche in quanto permette di differenziare la sostanza grigia dalla sostanza bianca del cervello grazie all’aumentata risoluzione di contrasto.
Come per la TAC il paziente deve sdraiarsi su un lettino e rimanere fermo per un tempo di circa 20 – 45 minuti durante l’esecuzione dell’esame; il paziente può indossare degli auricolari a causa dei rumori prodotti dall’emissione delle onde radio.
Diagnosi di paralisi cerebrale infantile durante i primi anni di vita del bambino: come si riconosce
La diagnosi definitiva della paralisi cerebrale infantile può essere fatta quando il bambino ha completato lo sviluppo cerebrale ovvero intorno ai 4- 5 anni di età.
Nel bambino con paralisi cerebrale infantile è evidente un ritardo nel raggiungere un normale sviluppo neurologico e motorio e i genitori se ne accorgono quando il bambino non ha ancora raggiunto delle fasi dello sviluppo come, ad esempio, mantenere la posizione eretta, stare seduto, gattonare o camminare e non riesce a svolgere delle attività quotidiane.
L’osservazione da parte dei genitori, infatti, è la prima fase del processo diagnostico per la paralisi cerebrale infantile.
Il bambino può presentare movimenti e posture anomale: le gambe possono avere un atteggiamento a forbice in quanto le gambe si toccano durante il movimento.
Inoltre, si può avere un incremento del tono dei muscoli (ipertono) o, al contrario, debolezza muscolare. I muscoli non vengono stimolati dal sistema nervoso centrale in maniera corretta per cui possono contrarsi in maniera spastica o essere paralizzati.
La paralisi cerebrale infantile può essere anche accompagnata, oltre a disturbi di tipo motorio, anche a disturbi visivi, uditivi e sensitivi che non permettono al bambino di condurre una vita normale. Il bambino con questo disturbo neuromotorio non riesce ad instaurare un buon rapporto né con sé stesso né con gli altri e non è in grado di esprimersi attraverso il suo corpo.
La paralisi cerebrale infantile comporta anche disturbi cognitivi per cui il bambino può non essere in grado di esprimersi con il linguaggio, di comunicare o di ascoltare.
Si possono anche presentare disturbi gastrointestinali che si manifestano con ostruzione intestinale ed episodi ricorrenti di vomito che, se ingerito, è responsabile dell’insorgenza di varie complicanze come la polmonite.
La seconda fase del processo diagnostico è l’osservazione clinica, ovvero l’osservazione del bambino con sospetta paralisi cerebrale infantile da parte di uno specialista. I professionisti coinvolti nel processo diagnostico della paralisi cerebrale infantile sono: il pediatra, il neurologo, il genista, il chirurgo ortopedico, il neonatologo, l’otorinolaringoiatra e l’oftalmologo.
Lo specialista tiene conto delle osservazioni dei genitori cosi da avere un riferimento per poter eseguire esami strumentali e approfondimenti diagnostici.
Il pediatra deve eseguire un esame obiettivo e osservare i riflessi del bambino, alcuni dei quali, se persistono dopo i 3 -5 mesi dalla nascita come il riflesso di Moro, il riflesso di Galant e il riflesso di prensione palmare, sono indice di compromissione cerebrale.
La terza fase consiste nell’analizzare se lo sviluppo delle attività motorie avviene in maniera normale osservando gli atteggiamenti del bambino periodicamente e in particolare viene posta l’attenzione sulla postura e sull’equilibrio del bambino, sul tono muscolare, sui riflessi, sul coordinamento, sulla capacità di controllare i movimenti e di esprimersi. Viene anche testata la capacità del bambino di compiere movimenti precisi come tenere in mano una penna e scrivere e la capacità di eseguire movimenti grossolani.
La quarta fase comprende l’analisi della storia clinica dei genitori in modo da ricercare se la compromissione del sistema nervoso del bambino è dovuta a fattori genetici. È importante porre anche attenzione alla storia prenatale del bambino quindi capire se durante la gravidanza e al momento del travaglio e del parto si sono verificate delle complicanze che sono state responsabili o hanno contribuito all’insorgenza di danni cerebrali.
La quinta fase del processo diagnostico consiste nella diagnosi differenziale della paralisi cerebrale infantile con altre patologie che possono provocare una simile sintomatologia.
La diagnosi differenziale si propone infatti di escludere tra patologie quelle i cui sintomi e segni non sono riconducibili a quelli che sono stati rilevati dagli esami.
Come detto, la paralisi cerebrale infantile è dovuta a un danno cerebrale permanente che non progredisce quindi nel tempo e non tende né a peggiorare né a regredire; perciò, deve essere distinta da tutte quelle patologie che sono causa di disturbi neurologici e che, a differenza della paralisi cerebrale infantile, hanno un decorso progressivo e tendono a peggiorare con il passare del tempo.
Tra le patologie che coinvolgono il sistema motorio con un andamento progressivo e che quindi devono essere escluse dal processo diagnostico vi sono la malattia di Tay Sachs, leucodistrofia metacromatica e malattie metaboliche le quali provocano gravi sintomi neurologici.
La sesta fase consiste nell’esecuzione, nel caso di in cui vi sia il dubbio della presenza di danni cerebrali, di esami strumentali diagnostici quali la Tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RM). Sia la TAC che la risonanza magnetica permettono di ottenere delle immagini dettagliate del tessuto cerebrale e di confermare l’eventuale diagnosi di paralisi cerebrale infantile.
La settima fase prevede di dare la conferma di diagnosi di paralisi cerebrale infantile la quale deve essere confermata nell’ottava fase del processo diagnostico attraverso il confronto con i pareri di altri esperti al fine di escludere la possibilità che siano stati commessi degli errori durante l’iter diagnostico.
L’ultima fase del processo diagnostico della paralisi cerebrale infantile consiste nell’andare a ricercare la causa responsabile dell’insorgenza di questo disturbo neuromotorio con lo scopo di avere una maggiore contezza sulla condizione del bambino cosi da individuare il trattamento più appropriato per la sua condizione e migliorare la sua qualità di vita.
Tra le cause della paralisi cerebrale infantile possono essere annoverate, come visto in precedenza, l’encefalopatia ipossico ischemica, la leucomalacia periventricolare e l’emorragia intracranica.
È importante andare a ricercare la causa che ha determinato la paralisi cerebrale infantile anche allo scopo di evitare che si ripresenti una situazione simile in una gravidanza successiva.
In caso di sospetta paralisi celebrale infantile bisogna verificare tutte le metodiche scelte dal ginecologo o dall’ostetrica. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da uno specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’equipe o dell’Ospedale (siano anche una Casa di cura o una Clinica). Essenziale, in questa fase, risulterà la disamina della documentazione medica tra cui gli esami, la cartella clinica
Possibili errori medici nel processo diagnostico della paralisi celebrale infantile
Nella disamina di una possibile paralisi celebrale infantile gli errori medici più frequenti sono:
- non riuscire a ricondurre la sintomatologia alla patologia che ne è responsabile;
- non riuscire a ricondurre i segni e sintomi tipici di una patologia ad un’altra patologia;
- non riuscire a formulare una diagnosi differenziale;
- non riuscire a svolgere i dovuti controlli;
- non riuscire ad eseguire gli esami strumentali per confermare una diagnosi dubbia.
Conseguenze per il nascituro nel caso di errori nel processo diagnostico della paralisi celebrale infantile
In caso di paralisi celebrale infantile erroneamente diagnosticata le possibili conseguenze per il bambino sono:
- deficit cognitivi;
- disturbi dell’apprendimento;
- problemi del linguaggio;
- dolori muscolati;
- difficoltà nella deambulazione e nell’esecuzione dei movimenti;
- epilessia;
- spasticità muscolare;
- difficoltà nell’alimentazione;
- ritardo nello sviluppo;
- difficoltà nelle relazioni con i coetanei;
- camminata difficoltosa e andatura a forbice;
- problemi della postura;
- paralisi degli arti superiori o inferiori o di entrambi;
- disturbi mentali.