DANNI CEREBRALI NEI NEONATI CON ENCEFALOPATIA IPOSSICO-ISCHEMICA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’encefalopatia ipossico-ischemica, viene definita come una patologia che causa danni permanenti a livello cerebrale nel neonato. Può essere una conseguenza dell’asfissia perinatale (prima della nascita) o neonatale, ovvero un deficit nella quantità di ossigeno che giunge al feto.
Il danno cerebrale è principalmente dovuto ad un evento ipossico, che significa la riduzione parziale o totale di ossigeno nei vasi sanguigni, e ad un evento ischemico, ovvero il flusso di sangue che arriva alle cellule cerebrali si blocca o è ridotto.
A causa della mancanza di ossigeno, le cellule cerebrali sono destinate alla morte per cui il tessuto cerebrale si degenera; tale situazione determina l’insorgenza dei deficit cognitivi e motori.
I neuroni, le cellule del cervello, sono molto sensibili alla carenza di ossigeno dunque vanno incontro in poco tempo alla morte, definita necrosi. La morte delle cellule cerebrali causa dei disturbi di vario tipo per il bambino e per la famiglia che deve assistere il neonato.
Tra le varie complicanze si riconoscono:
- i deficit dello sviluppo e dell’apprendimento;
- il ritardo mentale, la paralisi cerebrale;
- le convulsioni;
- la leucomalacia periventricolare;
- l’idrocefalia, sino a casi gravi in cui il bambino potrebbe anche morire.
La leucomalacia periventricolare (LPV) avviene in seguito a una riduzione del flusso sanguigno e alla mancanza di ossigeno a livello dei ventricoli cerebrali, con conseguente distruzione della sostanza bianca e morte del tessuto cerebrale.
Le cause del danno cerebrale possono essere diverse, il bambino può aver subito un danno asfittico prima della nascita, oppure delle infezioni cerebrali (meningite) che vengono contagiate al feto dalla mamma, l’ictus fetale, le emorragie cerebrali che derivano da traumi durante il parto.
La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica, e quindi dell’Ospedale o della Clinica, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
La gravità del danno cerebrale dipende da vari fattori, per primo la durata dell’insulto ipossico-ischemico (per quanto tempo il feto è rimasto senza ossigeno), la prontezza dei medici e delle ostetriche nel risolvere la sofferenza fetale quando questa si presenta e la maturità del feto (il feto a termine gravidanza riesce a sopportare maggiormente la carenza di ossigeno, rispetto ad un feto prematuro i cui organi non sono sviluppati perfettamente).
Il medico deve diagnosticare immediatamente dopo la nascita il danno cerebrale, questo è importante per non fare errori nel ritardare la terapia. Attualmente il danno cerebrale non può essere risolto completamente, ma si può evitare che aumenti il numero di cellule cerebrali che muoiono.
La terapia di eccellenza per il trattamento dei bambini con encefalopatia è la terapia ipotermica, le basse temperature impediscono la morte cellulare cercando di preservare il cervello dal danno a cui andrebbe incontro a temperatura corporea. Il bambino deve essere curato dai medici entro 6 ore dalla nascita, perché si è valutato che dopo le 6 ore dal parto, il numero di cellule che muoiono aumenta esponenzialmente.
Tuttavia, non tutti i neonati che hanno subito un danno cerebrale possono eseguire la terapia ipotermica. È necessario verificare da parte del medico la presenza di criteri di inclusione per poter eseguire la predetta terapia.
Prognosi dell’encefalopatia ipossico-ischemica
La prognosi di una malattia in medicina indica l’esito a lungo termine che la malattia avrà sulla vita del paziente e come si evolverà la malattia.
Nel caso dell’encefalopatia ipossico-ischemica, il danno cerebrale che si è verificato non può essere annullato. Le cellule cerebrali una volta che subiscono la necrosi (morte) non possono essere rigenerate e sono perse per sempre. Però la procedura importante che il team ospedaliero può attuare è preservare la morte delle cellule cerebrali che sono rimaste in vita e che non sono state danneggiate.
Quando alla famiglia si dà la notizia dell’encefalopatia del loro bambino, loro avranno bisogno di spiegazioni per capire cosa dovranno affrontare in futuro e quali saranno gli esiti a breve e lungo termine per la vita del bambino. È un dovere dei professionisti comunicare tutti i rischi a cui il bambino può andare incontro e spiegare cosa si intende per encefalopatia, quali sono state le possibili cause di encefalopatia e quali possono essere le terapie.
Alcuni bambini dopo un insulto da deficit di ossigeno potrebbero anche non presentare dei segni e dei sintomi, ma i medici devono monitorare il bambino e attuare tutti i trattamenti per evitare le complicanze. Potrebbe anche capitare che i segni e sintomi si verifichino subito dopo la nascita e in questo caso i medici devono sottoporre il bambino a terapia immediata.
Un’altra evenienza è che le complicanze si presentino dopo qualche anno dal parto, e che il bambino abbia delle difficoltà dell’apprendimento e dello sviluppo in età scolare e l’encefalopatia passi inosservata durante il parto.
I genitori devono anche essere a conoscenza di tutti i trattamenti ai quali si può sottoporre il loro bambino, l’equipe sanitaria ha il dovere di comunicare le varie alternative. Oltre al trattamento ipotermico, si utilizzano i farmaci per evitare o curare le crisi convulsive, che possono essere una complicanza dell’encefalopatia.
Riconoscimento da parte del medico l’encefalopatia ipossico-ischemica
I sintomi dell’encefalopatia possono presentarsi subito dopo il parto oppure dopo qualche mese o anno dalla nascita del bambino. I professionisti sanitari devono avere il sospetto di encefalopatia se il bambino prima del parto dimostra marcati segni di sofferenza fetale nel tracciato cardiotocografico. È dunque essenziale una corretta valutazione del tracciato cardiotocografico per ridurre i danni ipossico ischemici neonatali.
Di seguito vengono elencati i segni del bambino con encefalopatia e che aiutano i sanitari a porre diagnosi di danno cerebrale:
- il bambino non piange subito dopo la nascita o dopo le stimolazioni da parte dell’ostetrica;
- il bambino piange dopo la nascita, ma il pianto è flebile;
- il punteggio di Apgar dopo 5 minuti dalla nascita è inferiore a 7;
- il bambino ha un tono muscolare molto ridotto, non ha il controllo dei muscoli;
- il bambino potrebbe avere un tono muscolare molto eccessivo ed avere rigidità nei movimenti;
- episodi convulsivi;
- il bambino potrebbe essere troppo agitato e iperattivo;
- il neonato potrebbe essere sonnolento e non muoversi abbastanza (qualora non fosse iperattivo);
- i riflessi sono anomali, se viene stimolato dall’ostetrica non reagisce come un bambino sano;
- potrebbe avere dei problemi nella respirazione;
- la respirazione potrebbe cessare;
- la temperatura corporea è alterata;
- il neonato non riesce ad alimentarsi dal seno materno;
- difficoltà nella suzione e nel deglutire il latte materno;
- i livelli di glicemia potrebbero essere o troppo elevati o troppo bassi;
- deficit dell’apparato gastrointestinale;
- danni al fegato;
- potrebbe avere segni di infezione cerebrale e avere rigidità del collo;
- la pressione sanguigna sotto i livelli normali;
- gli atti respiratori potrebbero bloccarsi e poi riprendere dopo qualche secondo (apnea);
- potrebbe essere in uno stato comatoso.
È molto importante il tempestivo riconoscimento e trattamento dell’asfissia neonatale in quanto quest’ultima può sfociare nell’encefalopatia ipossico-ischemica, che è una delle principali cause di paralisi cerebrale infantile. Inoltre, l’asfissia può causare anche indebolimento dell’attività motoria, del cuore e convulsioni.
Cause
Le cause alla base dell’encefalopatia ipossico-ischemica possono essere varie, sono tanti i fattori che possono mettere il bambino a rischio di una patologia che colpisce i neuroni.
I due meccanismi principali che possono causare l’encefalopatia sono: l’ipossia e l’ischemia. L’ipossia (ipossia perinatale) è la riduzione o totale assenza di ossigeno nella circolazione sanguigna del feto. L’ischemia invece è il ridotto flusso di sangue all’interno dei vasi sanguigni, dunque il sangue ha difficoltà a raggiungere i distretti corporei che maggiormente hanno bisogno di ossigeno (come il sistema nervoso centrale)
Infezioni materne
In una donna in gravidanza, si devono diagnosticare prontamente le infezioni perché potrebbero essere trasmesse al feto e causare danni permanenti.
Le infezioni possono essere contagiate dalla mamma attraverso: la placenta (la corionamnionite è l’infezione delle membrane amniocoriali che racchiudono il feto e il liquido amniotico), il canale del parto o dopo la nascita.
Durante la gravidanza la donna deve sottoporsi ai test di screening per la diagnosi delle infezioni più comuni in ostetricia.
Lo screening ha come scopo quello di valutare la presenza degli anticorpi contro alcune delle patologie racchiuse nell’acronimo ToRCH.
- la “T” sta per Toxoplasma gondii, parassita che viene trasmesso dai gatti per lo più;
- la “o” indica “others” ovvero altre infezioni che comprendono la sifilide, il virus della varicella, l’HIV, il parvovirus B19, il virus dell’epatite B;
- il coxsackievirus. La “R” è di Rosolia;
- la “C” per Citomegalovirus;
- “H” di Herpes Simplex.
Tutte queste infezioni se vengono contratte dalla donna sono potenzialmente pericolose per il feto perché può essere contagiato. In modo particolare l’infezione può giungere al cervello fetale e causare meningite o meningoencefalite (ovvero infezione delle meningi che ricoprono il cervello). Inoltre, a termine della gravidanza viene fatto un esame chiamato “tampone vaginale-rettale” che preleva le secrezioni dalla vagina e dal retto (ultima parte dell’intestino) e viene analizzato per valutare la presenza o meno dello Streptococco di gruppo B.
Lo Streptococco di gruppo B colonizza normalmente il tratto vaginale e rettale della donna, ma se questo è presente durante il passaggio del feto nel canale del parto può causare gravi danni fetali a livello cerebrale (come la meningite).
Le infezioni che vengono trasmesse al bambino, possono causare la sepsi, ovvero l’infezione si estende a tutti gli organi del bambino attraverso il sangue e tutto l’organismo viene colpito dall’agente infettivo.
La sepsi comporta nel bambino la riduzione del flusso di sangue, che non riesce più a giungere normalmente a tutti i tessuti del corpo, tra cui il cervello che è il primo a soffrire del mancato apporto di sangue ossigenato.
Ridotto o assente apporto di ossigeno al sistema nervoso centrale del bambino o asfissia neonatale
Possono essere diverse le complicanze materne o fetali che causano una riduzione dell’apporto di sangue ossigenato agli organi, in particolar modo al cervello.
Il sangue ossigenato giunge al feto tramite la placenta, qualsiasi complicanza placentare rende dunque impossibile il flusso di sangue al feto. Inoltre, la quantità di sangue della mamma e il benessere materno sono strettamente correlati a quello del bambino, se la mamma subisce un’emorragia o una patologia che riduce il flusso di sangue al feto, questo ne risente.
Tutte le complicanze relative all’utero, alla placenta, al cordone ombelicale, al liquido amniotico possono ridurre il flusso di sangue e dunque di ossigeno che giunge al feto.
In caso di errore medico, di colpa e responsabilità dell’Ospedale o di malasanità, dovuta a diagnosi sbagliata o tardiva, ad esame o analisi non effettuata o effettuata male o in ritardo, ad operazione o intervento chirurgico sbagliato, a cura errata o a terapia in ritardo, a medicinali non dati o farmaci somministrati tardivamente, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella – in caso di decesso del bambino – potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità e da responsabilità medica, che esaminerà insieme alla paziente, alla famiglia e al medico legale, l’eventuale fattibilità di una richiesta di risarcimento danni.
Le complicanze che possono essere alla base di questo meccanismo sono:
- rottura d’utero;
- distacco di placenta normoinserita;
- rottura prematura delle membrane amniocoriali;
- ipertensione materna;
- ipotensione materna;
- emorragia materna;
- gestosi materna;
- insufficienza placentare;
- prolasso del funicolo ombelicale;
- periodo dilatante prolungato;
- periodo espulsivo prolungato;
- distocia di spalla;
- giri di cordone attorno al collo del neonato;
- nodi di cordone;
- lunghezza ridotta di funicolo;
- ipercinesia uterina per eccessiva somministrazione di ossitocina;
- utilizzo errato, da parte dell’anestesista, dei farmaci per l’epidurale;
- errore da parte del medico o dell’ostetrica nel riconoscere la sofferenza fetale ed agire in tempo;
- ritardo da parte dell’equipe nell’esecuzione del taglio casareo;
- ictus fetale;
- insufficiente quantità di liquido amniotico.
Le complicanze elencate precedentemente devono essere monitorate dal medico e dall’ostetrica e devono essere diagnosticare il prima possibile.
Il metodo migliore per i professionisti per accorgersi di una situazione fetale poco rassicurante è attraverso il tracciato cardiotocografico che monitora la frequenza cardiaca fetale.
Ogni anomalia nel battito cardiaco fetale deve essere riconosciuta dall’ostetrica che deve sapere quali sono i parametri normali del battito cardiaco fetale.
In questo modo, i professionisti devono far in modo di evitare che la sofferenza fetale prosegua per troppo tempo e comporti dei danni per il feto.
L’ostetrica quando riconosce una situazione fetale non rassicurante deve subito comunicarlo al medico così che assieme possano risolvere immediatamente la situazione. Sono necessari pochi minuti in assenza di ossigeno per causare dei danni cerebrali al feto.
Il medico e l’ostetrica devono decidere se sottoporre la donna al taglio cesareo immediato, così da far nascere il bambino immediatamente e poterlo rianimare dopo la nascita. Prima di eseguire il taglio cesareo tuttavia i professionisti devono tentare di rianimare il feto mentre si trova nell’utero materno, attraverso la somministrazione di fluidi per via endovenosa alla mamma, interrompendo la somministrazione di farmaci come l’ossitocina se questi sono stati somministrati, cercando di stimolare la testa del feto con la visita ostetrica.
Qualora il problema della sofferenza fetale fosse causato da una patologia materna, il medico deve risolvere il problema attraverso l’utilizzo dei farmaci adeguati.
Ad esempio, nelle donne con preeclampsia, il team ospedaliero deve somministrare i farmaci alla donna per ridurre i livelli elevati della pressione sanguigna.
Nel caso in cui ci sia ridotta quantità di liquido amniotico (definito oligoidramnios) o nel caso di insufficienza placentare i medici devono decidere se portare avanti la gravidanza o far nascere il bambino che sta soffrendo per la mancanza di adeguate quantità di ossigeno nel sangue.
Per evitare le complicanze, la donna durante la gravidanza deve essere sottoposta a vari test per poter diagnosticare prontamente i problemi materni o fetali. La donna deve essere monitorata attraverso l’ecografia ostetrica, i tamponi vaginali per riconoscere le eventuali infezioni in atto, le analisi del sangue, il controllo della pressione sanguigna, il controllo della glicemia, il peso corporeo e a termine della gravidanza il tracciato cardiotocografico ogni settimana sino al parto.
Qualora si presentassero delle gravi complicanze materne o fetali i professionisti sanitari devono prendere una decisione per far nascere il bambino seppure non sia giunto al termine della gravidanza.
Spesso, il parto è l’unico metodo per risolvere la situazione fetale e materna, perché molte complicanze come la preeclampsia sono strettamente correlate con la gravidanza e l’unico modo per risolverla è il parto.
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Inoltre, il medico quando la mamma ha delle patologie che richiedono un attento monitoraggio, da parte dell’equipe ospedaliera, deve optare per il ricovero ospedaliero della donna. La donna in ospedale può essere monitorata e anche il benessere fetale può essere controllato al meglio. Inoltre, se la donna è già ricoverata qualora la situazione si complicasse da richiedere un taglio cesareo immediato, la donna essendo già ricoverata può entrare in sala operatoria immediatamente.
Emorragia cerebrale
L’emorragia cerebrale può essere causata da traumi che avvengono durante il parto come per gli errore nell’utilizzo della ventosa ostetrica e del forcipe.
L’emorragia cerebrale può essere di vario tipo:
- emorragia intracranica: l’emorragia (ovvero la perdita di sangue) avviene all’interno del cervello. Può essere subdurale, intraventricolare e subaracnoidea:
- emorragia subdurale: perdita di sangue che si localizza tra una membrana e l’altra del cranio. L’emorragia subdurale può comportare le convulsioni e l’ittero neonatale.
- emorragia intraventricolare: consiste nell’emorragia dentro i ventricoli cerebrali. I ventricoli cerebrali sono delle porzioni del cervello nelle quali è contenuto il liquido cerebrale e spinale. L’emorragia intraventricolare è più comune nei bambini prematuri.
- emorragia subaracnoidea: la perdita emorragica di sangue si verifica tra le due membrane del cervello chiamate l’aracnoide e la pia madre.
- emorragia extracranica: il sanguinamento avviene all’esterno del cranio;
- emorragia subgaleale: è causata perlopiù dall’utilizzo del forcipe. L’emorragia subgaleale si verifica tra le cute del feto e il sottocute;
- cefaloematoma: è più probabile si verifichi se viene utilizzato il forcipe. È una zona ben precisa del cervello in cui si forma una racconta di sangue a causa del trauma da parto.
Fattori di rischio
I fattori di rischio che possono causare l’emorragia cerebrale sono:
- parto prolungato: la testa fetale permane per troppo tempo nella stessa posizione e il rallentamento del parto potrebbe essere causato da complicanze che riducono l’apporto di ossigeno;
- macrosomia fetale: la testa fetale ha difficoltà nel confrontarsi con la pelvi;
- sproporzione feto-pelvica: il feto è più grande rispetto al bacino materno;
- encefalopatia ipossico-ischemica;
- errore nell’utilizzo della ventosa o del forcipe;
- posizione podalica del feto: il parto spontaneo del bambino in posizione podalica in molte cliniche ostetriche non viene effettuato perché è correlato a tanti rischi, infatti la maggior parte delle gravidanze con feto podalico hanno come esito il taglio cesareo. qualora l’equipe medica non fosse in grado di gestire adeguatamente il parto podalico, la salute del bambino viene messa a rischio;
- presentazione fetale anomala.
Il parto vaginale operativo può causare dei traumi cerebrali nel neonato se gli strumenti vengono utilizzati erroneamente dal medico. In modo particolare il forcipe è ormai entrato in disuso a causa dei traumi frequenti a cui i bambini andavano incontro, è uno strumento molto invasivo.
L’invasività del forcipe è dovuta allo strumento che viene posizionato nella testa fetale e potrebbe causare lacerazioni anche ai tessuti materni.
Inoltre, il forcipe ha una forma molto ingombrante e viene posizionato dal medico alla cieca, questo potrebbe lesionare la mucosa del canale del parto e anche la cute del bambino.
La ventosa ostetrica (vacuum extractor) è una coppetta che il medico applica nella testa del bambino, quando la testa si trova abbastanza vicina alla fuoriuscita del canale vaginale.
La ventosa viene applicata creando il sottovuoto nella cute del bambino, il medico deve fare attenzione ad applicare bene la ventosa e a tirare in corrispondenza delle contrazioni e delle spinte materne.
La ventosa se viene applicata male dal medico potrebbe lacerare i tessuti materni, ma potrebbe anche causare dei coaguli di sangue nella cute fetale a causa del sottovuoto che si crea. Il medico che applica la ventosa deve essere molto esperto per capire quando può applicare il vacuum, se lo utilizza quando la testa non è ancora incanalata nel canale del parto può causare dei traumi al bambino nell’impatto con le ossa del bacino.
Entrambe le tecniche, ventosa e forcipe, hanno dei rischi per il feto che può subire degli ematomi o delle emorragie. Qualora si presentassero delle emorragie cerebrali alla nascita è compito dei professionisti sanitari riconoscerle e trattarle adeguatamente. Per risolvere l’ematoma si potrebbe ritenere necessario da parte dei sanitari somministrare dei farmaci che risolvano la situazione.
Il bambino ricoverato in TIN (terapia intensiva neonatale) potrebbe avere bisogno di supporto nella respirazione, l’equipe della terapia intensiva deve porre l’attenzione ai bisogni del bambino, evitando di fare degli errori in una situazione così delicata per la sua salute. Inoltre le condizioni cerebrali devono essere monitorate attraverso l’elettroencefalogramma, l’ecografia e tutte le tecniche a disposizione dei medici.