CAUSE DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE SPASTICA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La paralisi cerebrale infantile è una malattia neuromotoria che vede coinvolti i muscoli scheletrici, ovvero quei muscoli deputati al movimento, per cui l’individuo con paralisi cerebrale infantile presenta disturbi motori come anomalie del movimento e della postura dovuti a un’alterazione del sistema nervoso.
I deficit motori possono anche essere accompagnati da disturbi cognitivi, disturbi del linguaggio, disturbi sensoriali e disturbi emotivi.
Sintomatologia della paralisi celebrale infantile
Le manifestazioni cliniche della paralisi cerebrale infantile sono dinamiche e nonostante sia una malattia neuromotoria persistente la sintomatologia varia con il passare del tempo e in base anche alla regione corporea in cui è localizzato il disturbo motorio e alla tipologia di quest’ultimo.
I segni della paralisi cerebrale infantile possono essere riconosciuti sia al momento della nascita che durante la crescita del bambino. Al momento del parto può essere sospettata la paralisi cerebrale infantile se il neonato presenta flaccidità muscolare (ipotonia), assenza di riflessi e sintomi di compromissione neurologica come ad esempio convulsioni.
In questi casi devono essere immediatamente eseguiti gli accertamenti per confermare o escludere la paralisi cerebrale infantile e, nel caso in cui è confermata la presenza di una lesione cerebrale, mettere in atto i possibili trattamenti al fine di evitare che il quadro clinico peggiori.
La responsabilità dei medici, e quindi dell’Ospedale, della Clinica o della Casa di cura, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dal mancato riconoscimento precoce della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
I segni di un’eventuale compromissione cerebrale, in alcuni casi, si manifestano durante la crescita del bambino quando quest’ultimo non raggiunge alcune delle fasi fondamentali del suo sviluppo a causa della presenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale come camminare, gattonare, mantenersi in piedi anche con l’aiuto di un appoggio, stare seduto, salire e scendere le scale, portarsi gli oggetti in bocca.
La paralisi cerebrale infantile è un disturbo persistente che non progredisce durante il corso della vita dell’individuo, anche se i sintomi possono essere attenuati grazie a delle terapie riabilitative o alla chirurgia; ad ogni modo i sintomi e i segni variano con la crescita del bambino.
I segni e i sintomi della paralisi cerebrale infantile sono sia a carico del sistema nervoso che dei muscoli scheletrici.
Cause della paralisi celebrale infantile
L’evento che ha provocato il danno cerebrale può avere avuto luogo durante la gravidanza a causa di malformazioni a carico del feto, a causa di infezioni materne che vengono trasmesse al feto e che sono responsabili di lesioni neurologiche soprattutto se il bersaglio dell’agente patogeno responsabile dell’infezione è il tessuto cerebrale, cause metaboliche come il diabete gestazionale, assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti da parte della gravida e cause vascolari dovute a patologie a carico della placenta, organo di scambio materno fetale.
Il danno cerebrale può verificarsi anche al momento del travaglio e del parto a causa di traumi dovuti dal passaggio del feto, soprattutto se macrosomico (peso stimato maggiore di 4500 grammi), lungo il canale del parto e in particolare in seguito ad un evento ipossico (responsabile della riduzione dell’apporto di ossigeno a livello cerebrale) o ischemico (riduzione del flusso sa
Gli eventi responsabili di paralisi cerebrale infantile che hanno luogo dopo il parto e in particolare entro i tre anni di vita del bambino, periodo entro il quale si completa lo sviluppo del sistema nervoso centrale e perciò quest’ultimo è più vulnerabile, possono essere cause traumatiche ed infettive.
Per impedire il verificarsi della paralisi cerebrale infantile il ginecologo e l’ostetrica devono monitorare il benessere del feto durante la gravidanza, il travaglio di parto e dopo la sua nascita cosi da rilevare i segni per i quali si rende necessario un trattamento tempestivo.
Nel caso le valutazioni non venissero effettuate, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un Avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità e da responsabilità medica, che esaminerà insieme alla paziente ed alla famiglia la fattibilità di una richiesta di risarcimento.
Condizioni cliniche dei bambini con paralisi celebrale infantile
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano molte limitazioni, soprattutto se i disturbi di tipo motorio sono accompagnati da deficit cognitivi, problemi del linguaggio, problemi visiti e uditivi ecc i quali non gli permettono di condurre una vita normale, ostacolano il suo inserimento nell’ambito sociale e gli rendono difficoltosi i rapporti relazionali con i coetanei.
Inoltre, i bambini che presentano i disturbi neuromotori e i deficit cognitivi che accompagnano la paralisi cerebrale infantile si sentono diversi dagli altri tanto da avere una concezione sbagliata su sé stessi poiché non sono in grado di esprimersi con i movimenti né di compiere delle semplici attività quotidiane.
Ai problemi di tipo motorio si sommano altri disturbi che contribuiscono a rendere più difficoltosa la qualità di vita del bambino con paralisi cerebrale infantile.
I problemi provocati generalmente dalla paralisi cerebrale infantile sono:
- convulsioni;
- problemi respiratori;
- problemi dell’alimentazione che si associano a vomito;
- disturbi del sonno;
- disturbi del comportamento;
- difficoltosa consolazione del neonato;
- problemi visivi come cecità;
- problemi uditivi;
- difficoltà di comprensione e difficoltà del linguaggio;
- disturbi dell’attenzione;
- problemi del movimento: il bambino non riesce a gattonare né a stare seduto;
- incapacità di parlare e di emettere suoni;
- incapacità di scrivere e di leggere;
- sordità;
- strabismo;
- difficoltà della deglutizione;
- difficoltà nell’afferrare gli oggetti;
- difficoltà nel mantenere la postura eretta.
Allo scopo di poter sviluppare la personalità dei bambini con paralisi cerebrale infantile, essa deve essere diagnosticata in tempi opportuni e, soprattutto, non devono essere trascurati dal medico quei segni che fanno sospettare della presenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale ma devono essere attuati degli interventi che possano permettere a questi bambini di condurre quantitativamente e qualitativamente, per quanto possibile, una vita normale attraverso trattamenti riabilitativi ed educativi.
La presenza di un danno cerebrale rende difficoltosa, se non impossibile, la trasmissione degli impulsi nervosi dall’encefalo ai muscoli scheletrici al fine di consentirne il movimento.
Andando avanti con l’età, per i bambini affetti da diagnosi prenatale infantile, è noto un ritardo delle normali fasi di sviluppo quando l’organizzazione del movimento volontario svela segni di paralisi; in questi casi in cui si ha un mancato raggiungimento delle fasi dello sviluppo, il bambino non è in grado di compiere semplici movimenti, di stare seduto né tanto meno di mantenere la postura eretta o di coordinare i movimenti.
Questi segni sono riconosciuti dai genitori quando il bambino presenta atteggiamenti e posture anomale.
Tipologie di paralisi celebrale infantile
I segni e i sintomi della paralisi cerebrale infantile variano in base alla forma di quest’ultima, all’entità e alla localizzazione del disturbo motorio.
In base all’entità del disturbo motorio possiamo distinguere:
- forme spastiche: i muscoli scheletrici si presentano contratti (ipertonia muscolare) per cui l’individuo presenta difficoltà nel compiere movimenti volontari;
- forme atassiche: derivano da una lesione a carico del cervelletto e comportano disturbi della coordinazione dei movimenti volontari, flaccidità muscolare (ipotonia muscolare), disturbi dell’equilibrio e tremori;
- forme discinetiche: caratterizzate dalla presenza di movimenti non volontari a causa di un continuo cambiamento del tono dei muscoli scheletrici deputati al movimento. I movimenti dei muscoli scheletrici sono violenti e bruschi (forme distoniche), inoltre possono anche essere presenti dei movimenti involontari che non sono coordinati e difficili da controllare soprattutto se il soggetto colpito tenta di compiere un movimento volontario degli arti (forme coreo atetoniche).
Le forme coreo atetoniche sono facilmente riconoscibili poiché l’individuo affetto da questa forma di paralisi cerebrale infantile presenta a carico degli arti superiori dei movimenti tentacolari;
- forme miste: derivano dall’unione delle manifestazioni cliniche di due o più forme sopra elencate.
Per quanto riguarda la localizzazione del disturbo motorio se questo interessa tutti e quattro gli arti si parla di tetraplegia, se il disturbo motorio è a carico soltanto del lato destro o del lato sinistro del corpo si parla di emiplegia, mentre se il deficit è prevalentemente a carico degli arti inferiori si parla di diplegia.
Più raramente il disturbo motorio si presenta a carico di un solo arto e in questo caso si parla di monoplegia; un altro quadro clinico raro si ha quando il disturbo motorio interessare prevalentemente gli arti superiori e in questo caso si parla di doppia emiplegia.
La forma spastica della paralisi cerebrale infantile
Condizione necessaria affinché si verifichi la paralisi cerebrale infantile è la presenza di un danno a carico di una parte dell’encefalo; nel caso della paralisi cerebrale infantile spastica la lesione o il danno è a carico del sistema piramidale.
Il sistema piramidale comprende un insieme di fibre nervose deputate all’attività motoria volontaria. Queste fibre nervose hanno origine nella corteccia motoria, attraversano il mesencefalo, il ponte, il bulbo fino a giungere al midollo spinale. In corrispondenza del bulbo le fibre nervose che trasportano l’impulso motorio si incrociano e passano nel lato opposto da quello in cui hanno avuto origine ciò significa che il movimento degli arti di una parte del corpo e della metà corrispondente del tronco è controllata dalla parte dell’emisfero contro laterale.
La corteccia motoria è quella parte dell’encefalo che è deputata alla pianificazione, al controllo e all’esecuzione volontaria dei movimenti dei muscoli.
Una lesione o un danno in corrispondenza della corteccia motoria va ad alterare tutto il sistema piramidale e quindi l’attività motoria volontaria.
In particolare, una lesione a carico della parte destra della corteccia motoria provoca un deficit motorio in corrispondenza della parte sinistra del corpo e viceversa.
Nella forma spastica della paralisi cerebrale infantile i muscoli scheletrici sono particolarmente contratti (ipertonia muscolare) per cui il bambino ha difficoltà nel compiere movimenti volontari e si ha pure una riduzione della forza muscolare.
L’ipertono della paralisi cerebrale spastica interessa prevalentemente i muscoli agonisti e antagonisti che sono quei muscoli responsabili dell’esecuzione corretta dei movimenti, del mantenimento dell’equilibrio e permettono di tenere la postura eretta.
I muscoli antagonisti ostacolano i movimenti dei muscoli agonisti. I muscoli agonisti sono quindi quei muscoli responsabili del movimento mentre i muscoli antagonisti lavorano in maniera opposta agli agonisti permettendo al muscolo di rilassarsi dopo l’esecuzione del movimento; infatti, durante l’esecuzione di un movimento i muscoli agonisti si contraggono mentre quelli antagonisti si rilassano.
Ad esempio, durante il movimento di estensione del ginocchio i quadricipiti si contraggono (muscoli agonisti) mentre i bicipiti femorali si rilassano (muscoli antagonisti). È necessario che per la corretta esecuzione dei movimenti i muscoli antagonisti e agonisti lavorino correttamente ma nel caso della forma spastica della paralisi cerebrale infantile ciò non avviene proprio perché si è verificato un evento che ha comportato un danno o una lesione a carico di quelle strutture cerebrali deputate all’attività motoria.
Nelle forme spastiche, inoltre, si hanno dei riflessi osteotendinei particolarmente esagerati.
I riflessi osteotendinei sono presenti in seguito ad uno stimolo e non sono altro che dei movimenti che si manifestano con una contrazione breve, brusca e involontaria dei muscoli. Un esempio di riflesso osteotendino è quello rotuleo: dopo aver stimolato la rotula si verifica un movimento breve e involontario di estensione della gamba e contrazione del quadricipite. Questi riflessi nell’individuo con paralisi cerebrale spastica sono più accentuati rispetto alla norma.
Il soggetto con paralisi cerebrale spastica è quindi incapace di compiere semplici movimenti o di svolgere attività quotidiane. In mancanza al loro utilizzo i muscoli si irrigidiscono e si ha una diminuzione del loro tono (ipotonia muscolare).
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del medico o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze.
Le cause della forma spastica della paralisi cerebrale infantile
La paralisi cerebrale infantile spastica deriva da una lesione a carico dell’encefalo che può avere avuto luogo durante la gravidanza, il parto e nei primi tre anni di vita del bambino.
L’evento che provoca il danno cerebrale si verifica più frequentemente durante il travaglio di parto.
In travaglio di parto le contrazioni uterine sono frequenti, regolari e moderatamente intense cosi da permettere le modificazioni della cervice uterina prima e la progressione del feto lungo il canale del parto dopo.
Durante la contrazione uterina il feto può andare in contro a sofferenza poiché le pareti dell’utero, irrigidendosi con l’attività contrattile, provocano una costrizione dei vasi sanguigni responsabili del trasporto di ossigeno dal compartimento materno a quello fetale; il feto, di conseguenza, si ritroverà ad essere poco ossigenato durante la contrazione.
Tuttavia, il feto possiede dei meccanismi di compenso che gli permettono di gestire bene la riduzione della sua ossigenazione che ha luogo durante la contrazione; esso possiede una maggiore affinità per l’emoglobina (molecola responsabile del trasporto di ossigeno nel sangue) e un maggior numero di globuli rossi rispetto all’individuo adulto.
Se il feto è in salute e le contrazioni uterine sono regolari riesce quindi a tollerare bene questa transitoria riduzione di ossigeno, se invece le contrazioni sono più intense, prolungate e intervallate da brevi pause (ipercinesia uterina) o se hanno luogo delle complicanze durante il travaglio le quali possono anche essere provocate da una gestione impropria del travaglio da parte dell’ostetrica, i meccanismi di compenso non saranno più in grado di compensare la carenza di ossigeno.
Se la riduzione dell’ossigenazione fetale è persistente e il feto non viene tolto il più velocemente possibile dall’ambiente uterino, diventato ormai sfavorevole per la sua sopravvivenza, può riportare delle gravi lesioni cerebrali.
In un primo momento la riduzione dell’ossigenazione interessa il sangue arterioso periferico (ipossiemia), gli organi periferici (ipossia) e soltanto dopo sono coinvolti gli organi nobili quali cuore e cervello (asfissia). In presenza di asfissia deve essere eseguito tempestivamente il taglio cesareo poiché il feto presenta un rischio elevato di riportare lesioni neurologiche e lungo termine, se riesce a sopravvivere.
Per evitare che ciò accada è bene che il ginecologo e l’ostetrica che seguono il travaglio monitorino il benessere del feto in modo da rilevare la presenza di eventuali segni di sofferenza fetale e di agire tempestivamente se necessario; inoltre non devono essere eseguiti interventi ostetrici se non indicato.
I bambini più a rischio di riportare danni cerebrali sono quelli prematuri. Le strutture cerebrali dei bambini prematuri non hanno ancora completato il loro sviluppo per cui risultano essere più vulnerabili.
Il parto operativo vaginale che avviene tramite l’applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica al fine di guidare il feto lungo l’ultimo tratto del canale del parto è controindicato prima del termine di gravidanza proprio perché il posizionamento di questi strumenti sulla testa del feto può causare emorragie intraventricolari e lesioni cerebrali alle quali può fare seguito la paralisi cerebrale infantile.
Anche l’encefalopatia ipossico ischemica, l’emorragia intracranica e la leucomalacia periventricolare sono causa della forma spastica della paralisi cerebrale infantile.
Per leucomalacia periventricolare si intende un rammollimento patologico della sostanza bianca dell’encefalo intorno ai ventricoli. La sostanza bianca è quella parte dell’encefalo responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi per cui la leucomalacia periventricolare aumenta il rischio di problemi neurologici in particolare di tipo motorio a carico degli arti inferiori; meno frequentemente è coinvolta anche la funzione motoria degli arti superiori.
L’encefalopatia ipossico ischemica comprende dei deficit neurologici conseguenti a una riduzione dell’ossigenazione e del flusso sanguigno a livello cerebrale per un periodo prolungato.
Per emorragia intracranica si intende la presenza di un sanguinamento all’interno del cranio e si verifica quando un vaso sanguigno si rompe o vi sono delle perdite. L’emorragia intracranica può essere causata da un trauma cranico ma anche da cause non traumatiche come disturbi della coagulazione.
L’accumulo di sangue all’interno del cranio determina l’aumento della pressione intracranica che determina lo schiacciamento del tessuto cerebrale e ciò è causa di deficit neurologici.
Altre cause della forma spastica della paralisi cerebrale infantile sono:
- malattie ereditarie a carico del sistema nervoso centrale possono aumentare il rischio che il bambino sviluppi la paralisi cerebrale infantile in quanto sussistono delle alterazioni genetiche che sono coinvolte nello sviluppo del sistema nervoso centrale.
Alcuni fattori genetici, inoltre, possono predisporre la gravida ad avere un parto difficoltoso che implica una ridotta ossigenazione fetale la quale può essere responsabile di danni neurologici permanenti a partire dai quali aumenta il rischio che il bambino sia affetto dalla paralisi cerebrale infantile. Altre alterazioni genetiche fanno si che il bambino sia più suscettibile a contrarre delle infezioni;
- patologie della placenta e del processo che porta alla sua formazione: La placenta è l’organo che permette lo scambio di nutrienti e gli scambi gassosi tra madre e feto. Se la placenta è mal equipaggiata non è in grado di soddisfare le crescenti richieste della gravidanza, ne consegue una ridotta crescita del feto il quale non riesce a raggiungere il proprio potenziale di crescita (IUGR), ipertensione gestazionale e preeclampsia (o gestosi) a causa di una vasocostrizione a livello placentare.
L’ipertensione gestazionale, a sua volta, è un fattore di rischio per il distacco di placenta prima dell’espulsione del feto che determina un arresto precoce degli scambi materno e fetali.
Nel caso di restrizione di crescita intrauterina (IUGR) il feto non riceve abbastanza nutrienti e sangue ossigenato per cui aumenta il rischio che riporti danni cerebrali. Per evitare ciò, è importante monitorare la gravidanza e nel momento in cui il benessere del feto è compromesso deve essere immediatamente espletato il parto;
- l’esposizione a raggi X e l’assunzione di sostanze tossiche (alcool, stupefacenti, fumo) sono teratogeni, soprattutto durante il primo trimestre di gravidanza quando sta avvenendo la formazione degli organi del feto.
L’esposizione a raggi X causa danni cerebrali fetali, soprattutto durante il primo trimestre di gravidanza, perciò l’esposizione della gravida ai raggi X è controindicata.
Se la donna assume sostanze stupefacenti durante la gravidanza non deve completamente astenersi da quest’ultime ma l’astensione deve essere graduale perché ciò induce astinenza fetale, considerando che le sostanze stupefacenti attraversano la barriera placentare e giungono anche al feto.
È quindi importante evitare l’astensione perché quest’ultima determina un aumentato consumo di ossigeno da parte del feto il quale si ritroverà ad essere ipossigenato tanto da diventare asfittico (riduzione dell’ossigenazione a livello del cuore e del cervello);
- disturbi dismetabolici come il diabete pregravidico e il diabete gestazionale. La concentrazione del glucosio nel sangue materno è aumentata e, attraversando la placenta, il glucosio giunge al feto.
Allo stesso modo l’insulina (ormone in grado di contrastare l’iperglicemia) non oltrepassa la placenta e il feto si ritroverà a produrre da sé, dalla seconda metà della gravidanza, l’insulina al fine di contrastare gli elevati livelli di glucosio. L’insulina prodotta dal feto determina un aumento del suo tessuto adiposo e il feto sviluppa una macrosomia.
Un feto macrosomico è aumentato di dimensioni e ha un peso maggiore di 4500 grammi. A causa delle sue dimensioni il feto attraversa difficilmente il canale del parto per cui andrà in sofferenza;
- l’incompatibilità del fattore RH è un altro fattore di rischio di paralisi cerebrale infantile. Se la madre è RH negativa produce degli anticorpi che distruggono i globuli rossi del feto RH positivo.
Quando vengono distrutti i globuli rossi aumenta la bilirubina indiretta che, se in eccesso, si accumula a livello de nuclei grigi della base dell’encefalo provocando ittero nucleare.
L’ittero nucleare, anche chiamato kernittero, provoca disturbi neurologici nel neonato quali la paralisi cerebrale infantile;
- presenza di nodi veri e di giri del cordone ombelicale intorno al collo e alle parti fetali. Il cordone ombelicale contiene i vasi attraverso i quali avviene lo scambio di ossigeno tra madre e feto; in particolare la vena ombelicale è responsabile del trasporto di sangue ossigenato al feto.
Alterazioni a carico del cordone ombelicale sono responsabili di ipossia fetale che se prolungata può coinvolgere anche il cervello;
- sindrome del bambino scosso e traumi cranici;
- distacco intempestivo di placenta: il distacco della placenta avviene prima dell’espulsione del feto. La placenta è l’organo di scambio tra madre e feto durante la gravidanza quindi il distacco della placenta dalla parete uterina prima del termine della gravidanza comporta una riduzione dell’apporto di nutrienti e di sangue ossigenato al compartimento fetale.
Il feto, di conseguenza, andrà incontro a sofferenza proprio per la riduzione della sua ossigenazione. I danni a carico del feto insorgono nel momento in cui si è staccata dalla parete uterina almeno la metà del letto placentare. Se il distacco di placenta è di grave entità in quanto si accompagnano al distacco segni di compromissione materna e fetale come emorragia massiva, alterazioni del battito cardiaco fetale, alterazione dei parametri vitali materni, contrattilità uterina fino alla tetania uterina (contrazioni intense e prolungate con assenza di pause fra una contrazione e l’altra) e shock materno, è necessario effettuare un taglio cesareo in emergenza per prevenire esiti avversi sia a carico della madre e del feto;
- rottura d’utero: maggiormente a rischio di rottura d’utero sono quelle gravide che sono state in precedenza sottoposte a un taglio cesareo o a un intervento che ha interessato tutto lo spessore del viscere uterino.
Quando avviene la rottura d’utero si ha la separazione di tutti gli strati della parete uterina per cui il feto può essere espulso in cavità addominale e non può più beneficiare dell’ossigeno e dei nutrienti che gli vengono forniti dalla madre.
L’emorragia copiosa che accompagna la rottura d’utero ostacola il normale flusso di sangue ossigenato al feto interrompendo gli scambi tra madre e feto dunque il feto si troverà ad essere poco ossigenato.
La rottura d’utero è un’emergenza ostetrica che aumenta il rischio di mortalità e morbilità materna e fetale.
Nel caso in cu si verifichi la rottura d’utero deve essere espletato il parto nel minor tempo possibile considerando il fatto che, una volta che avviene la rottura, la gravidanza non può più proseguire perché sia le condizioni della madre che del feto sono compromesse ed è necessario un trattamento tempestivo per stabilizzare le loro condizioni.
Il trattamento prevede l’espletamento del parto e la stabilizzazione emodinamica della madre e se ciò non è possibile è necessaria la rimozione del viscere uterino (isterectomia);
- placenta previa: localizzazione bassa della placenta in corrispondenza di un’area dell’utero nota come segmento uterino inferiore che può coprire totalmente o parzialmente l’orifizio uterino intero (parte che separa la cavità uterina dal canale cervicale).
Il segmento uterino inferiore corrisponde alla parte inferiore dell’utero che a termine di gravidanza, a causa delle contrazioni uterine, comincia ad assottigliarsi. La placenta, essendo anelastica, non riesce a seguire le modifiche del segmento uterino inferiore sul quale si trova inserita per cui si stacca dalla sua sede di inserzione provocando un sanguinamento più o meno grave in maniera direttamente proporzionale all’entità del distacco.
La placenta, staccandosi dalla sua sede di inserzione prima del parto, non è più in grado di svolgere la sua attività e di provvedere quindi agli scambi tra madre e feto, soprattutto se il distacco interessa è di grave entità;
- macrosomia fetale: peso stimato del feto maggiore di 4500 grammi. Le madri diabetiche hanno un rischio maggiore di avere un feto macrosomico. Nel caso di macrosomia fetale vi è un rischio maggiore di parto traumatico considerando che il feto, date le sue dimensioni, con difficoltà riesce a progredire lungo il canale del parto.
Il travaglio di parto può essere prolungato e si possono presentare delle contrazioni uterine più intense e prolungate rispetto alla norma in quanto si presenta un ostacolo alla progressione del feto e le contrazioni si intensificano proprio per riuscire a superare questo ostacolo.
- ipercinesia uterina: presenza di almeno 5 contrazioni in 10 minuti (in condizioni fisiologiche le contrazioni sono 3- 4 in 10 minuti);
Nel caso di ipercinesia uterina le contrazioni sono più prolungate e intervallate da brevi pause rispetto alla norma ciò comporta il rischio di sofferenza fetale dovuta alla riduzione della sua ossigenazione.
Durante la contrazione della muscolatura uterina i vasi placentari e uterini responsabili dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale vengono occlusi dalla pressione esercitata dalle pareti dell’utero sui vasi stessi perciò si ha una riduzione del flusso di sangue ossigenato verso il feto.
In genere il feto tollera bene dei transitori episodi di ipossia (riduzione dell’ossigenazione) in quanto dispone nei meccanismi di compenso ma nel caso d’ipercinesia uterina la riduzione dell’ossigenazione fetale è di entità maggiore e il feto è a rischio di compromissione neurologica a lungo termine;
- ossitocina esogena: (nome commerciale Syntocinon) è un farmaco utero tonico il cui principio di azione è quello di promuovere la contrattilità dell’utero.
L’ossitocina esogena viene somministrata per accelerare il travaglio di parto nel momento in cui si ha una riduzione della sua progressione che può essere dovuta, ad esempio, da ipocinesia uterina (riduzione dell’attività contrattile);
- L’ossitocina, se somministrata in maniera sproporzionata, aumenta l’attività contrattile dell’utero quindi può essere causa di ipercinesia uterina e conseguente sofferenza fetale dovuta a una riduzione della sua ossigenazione;
- travaglio prolungato: durata del primo stadio del travaglio di parto maggiore di 12 ore nelle nullipare (donne che non hanno mai partorito) e maggiore di 10 ore nelle pluripare (donne che hanno già partorito almeno una volta) e durata del periodo espulsivo (secondo stadio del travaglio di parto) maggiore di 3 ore nelle nullipare e maggiore di 2 ore nelle pluripare.
Quando si ha un prolungamento del travaglio di parto il feto è sottoposto a uno stress maggiore dovuto alle contrazioni uterine; inoltre quando il parto si prolunga il medico tende a somministrare ossitocina, si avranno perciò delle contrazioni uterine intense e prolungate (ipercinesia uterina) responsabili di sofferenza fetale;
- problematiche a carico del cordone ombelicale: prolasso del cordone ombelicale, presenza di nodi veri e di giri del cordone intorno alle parti fetali. Il cordone ombelicale contiene i vasi (due arterie ombelicali e una vena ombelicale) responsabili degli scambi di sangue ricco e povero di ossigeno tra madre e feto.
Se vi sono delle problematiche a carico del cordone ombelicale l’apporto di sangue ossigenato al feto sarà ridotto se non del tutto assente.
Per prolasso del cordone ombelicale si intende la presenza del cordone ombelicale tra la testa del feto e la cervice uterina per cui il funicolo si trova compresso da queste due strutture.
La compromissione del cordone ombelicale determina una riduzione dell’ossigenazione fetale;
- liquido amniotico tinto di meconio (materiale intestinale fetale): si dice che il liquido amniotico è tinto di meconio quando quest’ultimo viene emesso dal feto nel liquido amniotico in seguito a sofferenza fetale.
Nel caso di sofferenza fetale, infatti, aumenta la motilità intestinale del feto e si ha un rilassamento dello sfintere anale. La presenza di meconio nel liquido amniotico può provocare una sua aspirazione da parte del feto.
Se viene ispirato meconio il bambino avrà dei problemi respiratori dovuti all’irritazione delle vie aeree e dall’infezione dei polmoni i quali non sono in grado di svolgere correttamente la loro funzione respiratoria; si avrà, di conseguenza, una ridotta ossigenazione fetale/neonatale;
- riduzione del liquido amniotico (oligoidramnios): il quantitativo di liquido amniotico è ridotto quando il suo volume è minore di 500 ml. Se il liquido amniotico si trova in quantità ridotte sarà più facile che il cordone ombelicale venga compresso durante la contrazione; la compressione del cordone ombelicale, il quale contiene la vena ombelicale responsabile del trasporto di sangue ossigenato al feto, determina sofferenza fetale;
- infezioni materne: streptococco beta emolitico, citomegalovirus, herpes simplex, sifilide ecc.: le infezioni che la madre contrae durante la gravidanza vengono trasmesse al feto poiché gli agenti responsabili dell’infezione sono in grado di attraversare la barriera placentare e giungere al feto.
Le infezioni possono essere contratte dal feto anche al momento del parto vaginale quando quest’ultimo viene a diretto contatto con le mucose materne infette. Alcuni di questi virus e batteri sono in grado di distruggere le cellule del tessuto nervoso, penetrare nell’encefalo e produrre una meningite (infiammazione delle membrane che rivestono il sistema nervoso) o un’encefalite (infiammazione dell’encefalo) e danni neurologici irreversibili;
- parto pretermine (prima della 37esima settimana gestazionale): un bambino nato prima del termine di gravidanza presenta un rischio maggiore rispetto ai nati a termine di riportare dei deficit neurologici considerando che non è ancora stato completato lo sviluppo neurologico.
Per prevenire deficit neurologici, se vi è la previsione di un possibile parto prima del termine di gravidanza, deve essere somministra alla madre il solfato di magnesio per la protezione neurologica del feto;
- kern incterus (ittero nucleare): la bilirubina in eccesso, dopo il parto, si accumula a livello dei nuclei grigi della base dell’encefalo provocando danni neurologici gravi. Il neonato con ittero nucleare quasi sempre muore dopo poche ore dalla nascita e nel caso di sopravvivenza riporta gravissime menomazioni quali la paralisi cerebrale infantile. L’ittero nucleare è causato da anemia fetale.
Possibili errori medici nella gestione della paralisi celebrale infantile
I possibili errori medici verificabili nella gestione di un feto o di un bambino con sospetta paralisi celebrale sono:
- mancato riconoscimento dei segni clinici della paralisi cerebrale infantile;
- incapacità nel relazionare i segni e i sintomi alla specifica patologia;
- mancato monitoraggio fetale durante la gravidanza, il travaglio e il parto;
- mancato riconoscimento dei segni di sofferenza fetale;
- mancata esecuzione di accertamenti clinici, in particolar modo quando viene riferito dai genitori che il proprio bambino presenta qualche disturbo che, in questo caso, possa essere collegato alla paralisi cerebrale infantile;
- formulazione di una diagnosi errata;
- trascurare il monitoraggio di un neonato il cui benessere risulta essere alterato al momento della nascita o che ha affrontato un travaglio difficile o la cui ossigenazione era ridotta durante il parto;
- mancata capacità di interpretazione del tracciato cardiotocografico;
- mancata somministrazione di solfato di magnesio quando si prevede un imminente parto pretermine prima della 32esima settimana gestazionale;
- mancata somministrazione di cortisone (betametasone) per favorire la maturità polmonare del feto nei casi in cui si prevede un parto prematuro;
- mancata esecuzione di taglio cesareo in emergenza in presenza di sofferenza fetale la quale non si risolve con le misure conservative;
- taglio cesareo eseguito in ritardo;
- mancata somministrazione di farmaci tocolitici in presenza di minacce di parto prematuro per ridurre l’attività contrattile e ritardare il parto;
- applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica prima della 34esima settimana gestazionale;
- mancata esecuzione di esami strumentali quando indicato per confermare l’eventuale presenza di paralisi cerebrale infantile;
- ritardato o mancato trattamento riabilitativo ed educativo dopo aver confermato la diagnosi;
- mancato riconoscimento dei segni di sofferenza fetale;
- trattamento intempestivo;
- mancato riconoscimento dei fattori di rischio di paralisi cerebrale infantile.
Non esiste un automatismo tra errore e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno biologico, alla salute, a quello di doversi sottoporre a svariati trattamenti medico con i connessi rischi per non parlare dei danni che potranno riflettersi sul nucleo familiare (sia patrimoniali ed economici che morali).
Conseguenze degli errori medici e complicanze per il nascituro
In seguito a degli errori, a delle inosservanze da parte dei professionisti sanitari e ad una diagnosi tardiva il nascituro con paralisi cerebrale infantile andrà in contro a delle complicanze quali:
- disturbi comportamentali;
- disturbi del linguaggio;
- difficoltà e dolore durante i movimenti;
- problemi durante l’alimentazione;
- problemi della vista e dell’udito;
- dolori muscolari;
- flaccidità muscolare;
- paralisi degli arti inferiori o superiori o di entrambi;
- problemi nelle relazioni sociali;
- senso di inferiorità rispetto ai coetanei;
- difficoltà nell’apprendimento;
- disturbi urinari;
- epilessia;
- problemi della postura;
- disturbi mentali;
- contratture muscolari;
- deformazione delle articolazioni e artrosi;
- muscolatura debole;
- malnutrizione;
- ritardo dello sviluppo;
- camminata difficoltosa.
Se non vengono presi dei provvedimenti tempestivi e adeguati nel caso di grave sofferenza fetale il nascituro può anche andare in contro a conseguenza più gravi quali la morte.