FORMA SPASTICA DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La paralisi cerebrale infantile è una malattia neuromotoria persistente dovuta a un danno irreversibile del sistema nervoso centrale che non tende a guarire né a peggiorare e non va incontro a fenomeni degenerativi, tuttavia la sintomatologia può variare durante la vita del bambino.
Un errore del ginecologo, dell’ostetrica, del pediatra o dell’equipe medica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare, nei casi più gravi, anche gravi conseguenze. In questi casi anche i familiari del paziente vittima di malasanità potrebbero avere diritto al risarcimento, in particolare i genitori, i nonni, i fratelli o le sorelle o gli eredi.
Caratteristiche tipiche della paralisi celebrale infantile
Il termine “paralisi cerebrale infantile” è improprio. La parola “paralisi” lascia intendere che questa malattia neuromotoria sia prevalentemente caratterizzata dalla completa incapacità da parte del soggetto di compiere movimenti volontari e quindi dalla perdita irreversibile dell’utilizzo degli arti superiori, degli arti inferiori e/o del tronco.
In realtà questa malattia neuromotoria è più che altro determinata da movimenti parassitari, dall’alterazione del tono muscolare che vanno a disturbare la corretta esecuzione dei movimenti volontari, da una mancata coordinazione degli stessi e dall’incapacità nel mantenimento dell’equilibrio.
La parola “cerebrale” implica che il danno sia esclusivamente a carico del cervello mentre esso può interessare qualsiasi area del sistema nervoso centrale.
Infine, la paralisi cerebrale infantile non si manifesta soltanto durante la prima infanzia (periodo di tempo che va dalla nascita fino ai due anni di vita) ma è un disturbo persistente che non regredisce con il passare del tempo né va incontro a fenomeni degenerativi per cui anche il termine “infantile” risulta essere improprio.
La paralisi cerebrale infantile è dovuta da una perdita più o meno estesa del tessuto cerebrale che si verifica in seguito a una lesione del sistema nervoso centrale.
La lesione può avvenire sia durante la gravidanza ovvero in epoca prenatale, sia al momento del parto (epoca perinatale) sia dopo la nascita del bambino (epoca postnatale) e in particolare entro i 3 anni di età. Entro i 3 anni di vita del bambino vengono completate le fasi di sviluppo del sistema nervoso, quindi entro quest’arco di tempo il bambino è suscettibile a riportare danni più o meno gravi a carico del sistema nervoso.
L’evento che ha provocato il danno a carico del sistema nervoso centrale può avere avuto luogo durante la gravidanza a causa di malformazioni a carico del feto, a causa di infezioni materne che vengono trasmesse al feto e che sono responsabili di lesioni neurologiche soprattutto se il bersaglio dell’agente patogeno responsabile dell’infezione è il tessuto nervoso, cause metaboliche come il diabete gestazionale, assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti da parte della gravida e cause vascolari dovute a patologie a carico della placenta, organo di scambio materno fetale.
Il danno a carico del sistema nervoso del feto può verificarsi anche al momento del travaglio e del parto a causa di traumi dovuti dal passaggio del feto, soprattutto se macrosomico (peso stimato maggiore di 4500 grammi), lungo il canale del parto e in particolare in seguito ad un evento ipossico (responsabile della riduzione dell’apporto di ossigeno a livello cerebrale) o ischemico (riduzione del flusso sanguigno al cervello). Gli eventi responsabili di paralisi cerebrale infantile che hanno luogo dopo il parto e in particolare entro i tre anni di vita del bambino, periodo entro il quale si completa lo sviluppo del sistema nervoso centrale e perciò quest’ultimo è più vulnerabile, possono essere cause traumatiche ed infettive.
Sintomi della paralisi celebrale infantile
Ai problemi di tipo motorio si sommano altri disturbi che contribuiscono a rendere più difficoltosa la qualità di vita del bambino con paralisi cerebrale infantile.
I sintomi della paralisi cerebrale infantile sono:
- convulsioni;
- problemi respiratori;
- problemi dell’alimentazione che si associano a vomito;
- disturbi del sonno;
- disturbi del comportamento;
- difficoltosa consolazione del neonato;
- problemi visivi come cecità;
- problemi uditivi;
- difficoltà di comprensione e difficoltà del linguaggio;
- disturbi dell’attenzione;
- problemi del movimento: il bambino non riesce a gattonare né a stare seduto;
- incapacità di parlare e di emettere suoni;
- incapacità di scrivere e di leggere;
- sordità;
- strabismo;
- difficoltà della deglutizione;
- difficoltà nell’afferrare gli oggetti;
- difficoltà nel mantenere la postura eretta.
Il disturbo motorio può interessare in maniera diversa gli arti inferiori e superiori. In base alla localizzazione del disturbo motorio, se questo interessa tutti e quattro gli arti si parla di tetraplegia, se interessa soltanto il lato destro o il lato sinistro del corpo si parla di emiplegia, mentre se il deficit è prevalentemente localizzato a carico degli arti inferiori si parla di diplegia.
Il disturbo motorio è più raramente localizzato in un solo arto e in questo caso si parla di monoplegia; un altro quadro clinico raro, la doppia emiplegia, si ha quando il disturbo motorio interessare prevalentemente gli arti superiori.
In caso di sospetta paralici celebrale infantile bisogna verificare tutte le metodiche scelte dal ginecologo o dall’ostetrica. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da uno specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’equipe o dell’Ospedale (siano anche una Casa di cura o una Clinica). Essenziale, in questa fase, risulterà la disamina della documentazione medica tra cui gli esami, la cartella clinica
Forme di paralisi celebrale infantile
Le diverse forme della paralisi cerebrale infantile possono essere classificate in base all’entità del disturbo:
- forme spastiche: i muscoli scheletrici si presentano contratti (ipertonia muscolare) per cui il bambino ha difficoltà nel compiere movimenti volontari;
- forme atassiche: derivano da una lesione a carico del cervelletto e comportano disturbi della coordinazione dei movimenti volontari, flaccidità Muscolare (ipotonia muscolare), disturbi dell’equilibrio e tremori;
- forme discinetiche: caratterizzate dalla presenza di movimenti non volontari a causa di un continuo cambiamento del tono dei muscoli scheletrici deputati al movimento. I movimenti dei muscoli scheletrici sono violenti e bruschi (forme distoniche), inoltre possono anche essere presenti dei movimenti involontari che non sono coordinati e difficili da controllare soprattutto se il soggetto colpito tenta di compiere un movimento volontario degli arti (forme coreo atetoniche).
Le forme coreo atetoniche sono facilmente riconoscibili poiché l’individuo affetto da questa forma di paralisi cerebrale infantile presenta a carico degli arti superiori dei movimenti tentacolari;
- forme miste: derivano dall’unione delle manifestazioni cliniche di due o più forme sopra elencate.
Forme spastiche di paralisi celebrale infantile
Le forme spastiche sono le forme più frequenti della paralisi cerebrale infantile.
La paralisi cerebrale infantile spastica deriva da una lesione a carico dell’encefalo che può avere avuto luogo durante la gravidanza, il parto e nei primi tre anni di vita del bambino.
L’evento che provoca il danno cerebrale si verifica più frequentemente durante il travaglio di parto.
In travaglio di parto le contrazioni uterine sono frequenti, regolari e moderatamente intense cosi da permettere le modificazioni della cervice uterina prima e la progressione del feto lungo il canale del parto dopo.
Durante la contrazione uterina il feto può andare in contro a sofferenza poiché le pareti dell’utero, irrigidendosi con l’attività contrattile, provocano una costrizione dei vasi sanguigni responsabili del trasporto di ossigeno dal compartimento materno a quello fetale; il feto, di conseguenza, si ritroverà ad essere poco ossigenato durante la contrazione.
Tuttavia, il feto possiede dei meccanismi di compenso che gli permettono di gestire bene la riduzione della sua ossigenazione che ha luogo durante la contrazione; esso possiede una maggiore affinità per l’emoglobina (molecola responsabile del trasporto di ossigeno nel sangue) e un maggior numero di globuli rossi rispetto all’individuo adulto.
Se il feto è in salute e le contrazioni uterine sono regolari riesce quindi a tollerare bene questa transitoria riduzione di ossigeno, se invece le contrazioni sono più intense, prolungate e intervallate da brevi pause (ipercinesia uterina) o se hanno luogo delle complicanze durante il travaglio le quali possono anche essere provocate da una gestione impropria del travaglio da parte dell’ostetrica, i meccanismi di compenso non saranno più in grado di compensare la carenza di ossigeno.
Se la riduzione dell’ossigenazione fetale è persistente e il feto non viene tolto il più velocemente possibile dall’ambiente uterino, diventato ormai sfavorevole per la sua sopravvivenza, può riportare delle gravi lesioni cerebrali.
In un primo momento la riduzione dell’ossigenazione interessa il sangue arterioso periferico (ipossiemia), gli organi periferici (ipossia) e soltanto dopo sono coinvolti gli organi nobili quali cuore e cervello (asfissia). In presenza di asfissia deve essere eseguito tempestivamente il taglio cesareo poiché il feto presenta un rischio elevato di riportare lesioni neurologiche e lungo termine, se riesce a sopravvivere.
Per evitare che ciò accada è bene che il ginecologo e l’ostetrica che seguono il travaglio monitorino il benessere del feto in modo da rilevare la presenza di eventuali segni di sofferenza fetale e di agire tempestivamente se necessario; inoltre non devono essere eseguiti interventi ostetrici se non indicato.
I più a rischio di riportare danni cerebrali sono quelli prematuri. Le strutture cerebrali dei bambini prematuri non hanno ancora completato il loro sviluppo per cui risultano essere più vulnerabili. Il parto operativo vaginale che avviene tramite l’applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica al fine di guidare il feto lungo l’ultimo tratto del canale del parto è controindicato prima del termine di gravidanza proprio perché il posizionamento di questi strumenti sulla testa del feto può causare emorragie intraventricolari e lesioni cerebrali alle quali può fare seguito la paralisi cerebrale infantile.
Condizione necessaria affinché si verifichi la paralisi cerebrale infantile è la presenza di un danno a carico di una parte dell’encefalo; nel caso della paralisi cerebrale infantile spastica la lesione o il danno è a carico del sistema piramidale.
Il sistema piramidale comprende un insieme di fibre nervose deputate all’attività motoria volontaria. Queste fibre nervose hanno origine nella corteccia motoria, attraversano il mesencefalo, il ponte, il bulbo fino a giungere al midollo spinale. In corrispondenza del bulbo le fibre nervose che trasportano l’impulso motorio si incrociano e passano nel lato opposto da quello in cui hanno avuto origine ciò significa che il movimento degli arti di una parte del corpo e della metà corrispondente del tronco è controllata dalla parte dell’emisfero contro laterale.
La corteccia motoria è quella parte dell’encefalo che è deputata alla pianificazione, al controllo e all’esecuzione volontaria dei movimenti dei muscoli.
Una lesione o un danno in corrispondenza della corteccia motoria va ad alterare tutto il sistema piramidale e quindi l’attività motoria volontaria.
In particolare, una lesione a carico della parte destra della corteccia motoria provoca un deficit motorio in corrispondenza della parte sinistra del corpo e viceversa.
Nella forma spastica della paralisi cerebrale infantile i muscoli scheletrici sono particolarmente contratti (ipertonia muscolare) per cui il bambino ha difficoltà nel compiere movimenti volontari e si ha pure una riduzione della forza muscolare.
L’ipertono della paralisi cerebrale spastica interessa prevalentemente i muscoli agonisti e antagonisti che sono quei muscoli responsabili dell’esecuzione corretta dei movimenti, del mantenimento dell’equilibrio e permettono di tenere la postura eretta.
I muscoli antagonisti ostacolano i movimenti dei muscoli agonisti. I muscoli agonisti sono quindi quei muscoli responsabili del movimento mentre i muscoli antagonisti lavorano in maniera opposta agli agonisti permettendo al muscolo di rilassarsi dopo l’esecuzione del movimento; infatti, durante l’esecuzione di un movimento i muscoli agonisti si contraggono mentre quelli antagonisti si rilassano.
Ad esempio, durante il movimento di estensione del ginocchio i quadricipiti si contraggono (muscoli agonisti) mentre i bicipiti femorali si rilassano (muscoli antagonisti). È necessario che per la corretta esecuzione dei movimenti i muscoli antagonisti e agonisti lavorino correttamente ma nel caso della forma spastica della paralisi cerebrale infantile ciò non avviene proprio perché si è verificato un evento che ha comportato un danno o una lesione a carico di quelle strutture cerebrali deputate all’attività motoria.
Nelle forme spastiche, inoltre, si hanno dei riflessi osteotendinei particolarmente esagerati.
I riflessi osteotendinei sono presenti in seguito ad uno stimolo e non sono altro che dei movimenti che si manifestano con una contrazione breve, brusca e involontaria dei muscoli.
Un esempio di riflesso osteotendino è quello rotuleo: dopo aver stimolato la rotula si verifica un movimento breve e involontario di estensione della gamba e contrazione del quadricipite. Questi riflessi nell’individuo con paralisi cerebrale spastica sono più accentuati rispetto alla norma.
Il soggetto con paralisi cerebrale spastica è quindi incapace di compiere semplici movimenti o di svolgere attività quotidiane. In mancanza al loro utilizzo i muscoli si irrigidiscono e si ha una diminuzione del loro tono (ipotonia muscolare).
Cause e fattori di rischio della paralisi cerebrale spastica
Infezioni materne e patologie materne concorrono allo sviluppo della paralisi cerebrale infantile come l’ipertensione, diabete, epatopatie, gestosi, cardiopatie, disturbi della coagulazione, agenti tossici in gravidanza, radiazioni e patologie genetiche.
Durante il travaglio di parto e il parto stesso possono verificarsi degli eventi a partire dei quali può svilupparsi la paralisi cerebrale infantile. Ovviamente, se si verifica uno di questi eventi non significa che il bambino svilupperà necessariamente la paralisi cerebrale infantile
Le cause della paralisi cerebrale infantile al momento del parto possono essere:
- età gestazionale minore di 37 settimane: i nati prematuramente presentano un rischio maggiore di paralisi cerebrale infantile considerando che lo sviluppo strutturale e funzionale del sistema nervoso non è ancora avvenuto per cui il neonato è più vulnerabile e può riportare danni cerebrali in misura maggiore rispetto a un nato a termine;
- emorragia cerebrale;
- sofferenza fetale dovuta a un ridotto apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale. La sofferenza fetale può verificarsi in seguito a complicanze ostetriche durante il parto come distacco intempestivo di placenta, giri di funicolo, presenza di nodi veri del cordone ombelicale, prolasso di funicolo, distocia di spalla e rottura d’utero;
- sepsi neonatale;
- meningite batterica e encefalite virale;
- ittero grave;
- presentazioni anomale (parto podalico);
- parto difficoltoso;
- applicazione di forcipe o di ventosa ostetrica;
- gravidanza oltre il termine (dopo la 42esima settimana);
- ritardo nell’esecuzione di un taglio cesareo in emergenza;
- corionamnionite (infezione delle membrane amnio coriali);
- altre infezioni che vengono contratte dal feto in seguito al contatto con le mucose del canale del parto.
I fattori di rischio di paralisi cerebrale infantile dopo la nascita sono:
- i traumi cranici;
- arresto cardiocircolatorio prolungato;
- convulsioni che si prolungano oltre i 30 minuti;
- meningoencefaliti;
- anomalie dello sviluppo dei polmoni;
- disturbi metabolici.
Non esiste un automatismo tra fattori di rischio, errore medico e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno alla salute al danno da perdita di chance a quello di doversi sottoporre a svariati trattamenti medico con i connessi rischi.
La paralisi cerebrale spastica può essere anche conseguenza di encefalopatia ipossico ischemica, leucomalacia periventricolare e di emorragia intracranica:
- per leucomalacia periventricolare si intende un rammollimento patologico della sostanza bianca dell’encefalo intorno ai ventricoli. La sostanza bianca è quella parte dell’encefalo responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi per cui la leucomalacia periventricolare aumenta il rischio di problemi neurologici in particolare di tipo motorio a carico degli arti inferiori; meno frequentemente è coinvolta anche la funzione motoria degli arti superiori;
- l’encefalopatia ipossico ischemica comprende dei deficit neurologici conseguenti a una riduzione dell’ossigenazione e del flusso sanguigno a livello cerebrale per un periodo prolungato;
- per emorragia intracranica si intende la presenza di un sanguinamento all’interno del cranio e si verifica quando un vaso sanguigno si rompe o vi sono delle perdite. L’emorragia intracranica può essere causata da un trauma cranico ma anche da cause non traumatiche come disturbi della coagulazione.
L’accumulo di sangue all’interno del cranio determina l’aumento della pressione intracranica che determina lo schiacciamento del tessuto cerebrale e ciò è causa di deficit neurologici.
Classificazione della paralisi cerebrale infantile spastica
La paralisi cerebrale spastica a sua volta può essere classificata in emiplegia spastica, diplegia spastica e tetraparesi spastica.
L’emiplegia spastica (o emiparesi) prevede un disturbo motorio che interessa soltanto gli arti superiori e inferiori di una parte del corpo; il disturbo motorio è caratterizzato da un’incompleta mobilità, da difficoltà nel compiere i movimenti e da debolezza muscolare.
Se il danno è a carico della corteccia cerebrale motoria destra, il deficit motorio interessa gli arti superiori e inferiori della parte sinistra del corpo e viceversa.
Il paziente con emiplegia spastica mostra difficoltà nel compiere il movimento di estensione dei muscoli degli arti superiori e a stento riesce a flettere i muscoli degli arti inferiori per cui assume un atteggiamento caratteristico con flessione e adduzione del braccio di un lato del corpo con la mano in pronazione e la gamba dello stesso lato in estensione.
Un altro atteggiamento caratteristico dell’emiplegia spastica è il piede equino o equinismo in cui si forma un angolo maggiore di 90 gradi fra l’asse del piede e della gamba: come risultato si ha una flessione verso il basso del piede.
Il paziente con piede equino durante la deambulazione poggia a terra prima la punta del piede e dopo il tallone, mostrando un’andatura a falce.
Con l’andatura a falce è assente la flessione del ginocchio e della caviglia la quale è ruotata esternamente cosi che il piede poggia al suolo con il margine laterale; durante la camminata il soggetto compie un movimento che vede coinvolto tutto il fianco al fine di fare avanzare la gamba affetta dal disturbo motorio.
L’emiplegia spastica può essere congenita o acquisita; la più frequente è quella congenita caratterizzata da un’anomalia unilaterale dello sviluppo dell’encefalo nota come microgiria ovvero una notevole sottigliezza delle strutture cerebrali che può essere conseguente a una malformazione congenita o a una degenerazione del tessuto cerebrale (atrofia).
Più spesso, l’emiplegia spastica congenita è dovuta a problemi di tipo circolatorio ed in particolare a una lesione a carico dell’arteria silviana o da un danno in corrispondenza del ventricolo unilaterale con una sua dilatazione che può avere avuto luogo durante la gravidanza o al momento del parto come conseguenza del ritardo di crescita intrauterino (IUGR), preeclampsia, processi patologici a carico della placenta ecc..
Le manifestazioni cliniche delle emiplegie spastiche congenite si possono osservare intorno ai 4 – 8 mesi di vita del bambino quando l’organizzazione del movimento dei muscoli volontari rivela progressivamente i segni tipici dei disturbi motori tipici della paralisi cerebrale infantile.
Generalmente il bambino non si serve dei muscoli del lato coinvolto dal disturbo motorio ed utilizza prevalentemente gli arti della parte contro laterale non affetta dal disturbo. L’emiplegia spastica è conclamata quando con la deambulazione tutta la parte destra o sinistra del corpo risulta affetta da deficit motorio.
L’emiplegia spastica acquisita, meno frequente di quella congenita, insorge in seguito a lesioni che interessano l’encefalo e che si verificano durante i primi anni di vita del bambino come ad esempio trauma cranico, infezioni dell’encefalo (encefaliti), infezione delle membrane che rivestono il sistema nervoso centrale (meningite) o da infarti cerebrali che si possono verificare durante il travaglio di parto.
L’emiplegia spastica acquisita si manifesta in maniera acuta ed è più frequente nei nati a termine di gravidanza ovvero dopo la 37esima settimana di gestazione.
La diplegia spastica o diaparesi spastica, nota anche come Sindrome di Little, a differenza della emiparesi spastica, è più frequente nei bambini nati prima del termine di gravidanza. La diplegia spastica è causata dalla leucomalacia periventricolare dovuta ad un evento ischemico che ha danneggiato le fibre del sistema piramidale deputate alla trasmissione degli impulsi responsabili del movimento dei muscoli degli arti inferiori. Gli individui con diplegia spastica, quindi, presenteranno deficit motori a carico degli arti inferiori.
Per leucomalacia periventricolare si intende un rammollimento della sostanza bianca dell’encefalo responsabile della trasmissione degli impulsi nervosi; il rammollimento della sostanza bianca si ha a livello dei ventricoli cerebrali ovvero degli spazi che si trovano nell’encefalo e nei quali scorre il liquido cefalorachidiano responsabile della protezione e del nutrimento del sistema nervoso centrale.
La diplegia spastica oltre che nel neonato prematuro si può presentare anche in un bambino nato a termine di gravidanza se si è verificato un danno corticale o sottocorticale parasagittale prima della nascita del bambino o se si è in presenza di idrocefalo (accumulo di liquido cefalorachidiano a livello dei ventricoli cerebrali i quali si dilatano determinando un aumento della pressione intracranica).
Nel caso di un neonato a termine di gravidanza la diplegia spastica viene diagnosticata dopo circa i 6 mesi di vita del bambino.
Considerando che nel caso di diplegia spastica il deficit motorio interessa gli arti inferiori i bambini presentano difficoltà nella deambulazione e hanno un atteggiamento tipico con un’andatura a forbice.
Nell’andatura a forbice le ginocchia vengono strisciate l’una contro l’altra e i piedi sono ruotati verso l’interno per cui il bambino avrà difficoltà a camminare e compie dei brevi passi.
Ai sintomi motori si associano anche altri disturbi clinici, disabilità intellettiva e disturbi del linguaggio; tipico dei bambini con diplegia spastica, oltre al deficit motorio che coinvolge gli arti inferiori, è lo strabismo e il nistagmo ovvero un movimento ripetitivo, rapido e involontario degli occhi.
La tetraparesi spastica è più frequente in un neonato a termine ed è la complicanza di un evento ipossico ischemico che ha avuto luogo durante il travaglio di parto.
L’ipossia si verifica in seguito alla riduzione dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale mentre l’ischemia è dovuta a una diminuzione del flusso sanguigno a livello cerebrale.
Come conseguenza di un evento ipossico e/o ischemico l’individuo può sviluppare un’encefalopatia ovvero dei deficit neurologici a lungo termine.
Per stabilire se la paralisi cerebrale infantile è stata una conseguenza di un evento di ipossia o di acidosi che si è verificato durante il travaglio di parto è necessario che sia confermata l’acidosi metabolica alla nascita con un pH minore di 7, che sia stato assegnato al neonato un basso punteggio di APGAR alla nascita (sistema a punteggio che permette di rilevare lo stato di vitalità del neonato nel momento immediatamente successivo al parto), che le immagini ecografiche mostrino un’anomalia a livello cerebrale e che vi sia la presenza di encefalopatia ipossico ischemica di secondo grado (presenza di convulsioni) o di terzo grado (stato di coma).
Nel caso della tetraplegia il deficit motorio coinvolge i due arti superiori e i due inferiori, in particolare gli arti superiori saranno flessi e gli arti inferiori saranno in estensione.
L’individuo con tetraplegia spastica non è capace di compiere movimenti volontari che interessano gli arti inferiori e superiori né è in grado di svolgere delle semplici attività quotidiane motivo per cui ha una visione pessimistica di sé, si sente un soggetto passivo nella società e diverso dai suoi coetanei perciò oltre ad un trattamento riabilitativo necessita anche di un trattamento rieducativo.
In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Diagnosi della paralisi celebrale infantile
Diagnosticare la paralisi cerebrale infantile non è semplice in quanto la sintomatologia non compare subito ed è diversa da soggetto a soggetto. Tuttavia, è possibile riconoscere dei segni tipici come deficit motori a carico degli arti superiori e/o inferiori o soltanto a carico di un lato del corpo, mancanza del coordinamento dei movimenti, incapacità di mantenere la postura eretta, problemi visivi e uditivi, problemi del linguaggio e problemi nella comunicazione, incapacità nel compiere azioni quotidiane e ritardo mentale.
La diagnosi di paralisi cerebrale infantile non è facile perciò sono necessarie le opinioni di più professionisti in modo che quest’ultimi si possano confrontare per giungere a una diagnosi dopo aver anche eseguito vari tipi di esami e accertamenti.
La diagnosi di paralisi cerebrale infantile può essere fatta attraverso un esame obiettivo del neonato al momento della nascita e durante i primi anni di vita. La diagnosi si basa quindi sulla ricerca della sintomatologia tipica come convulsioni, ipotonia muscolare, basso punteggio di APGAR, mancanza del respiro spontaneo subito dopo il parto e ritardo nel raggiungere alcuni stadi dello sviluppo durante i primi anni di vita come gattonare, non riuscire a mantenere la postura eretta, impossibilità nel compiere movimenti coordinati, problemi di equilibrio, camminata in punta di piedi o con i piedi intraruotati, andatura a falce e piede equino nel caso della emiplegia spastica o a forbice nel caso della diplegia spastica.
Il processo diagnostico prevedere la ricerca di informazioni sulla storia clinica del bambino e sull’andamento della gravidanza e del parto (anamnesi), l’esecuzione di esami strumentali e l’esame obiettivo che permette di rilevare la presenza di segni e sintomi tipici di una determinata patologia.
Il medico può richiedere ulteriori esami per avere una conferma sulla diagnosi come la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), la RM (Risonanza Magnetica), l’elettroencefalogramma (EEG), ecografia cerebrale, valutazione neurologica e dello sviluppo neuropsichico.
Le immagini ecografiche rivestono un ruolo molto importante per la diagnosi della paralisi cerebrale spastica sia perché l’ecografia cerebrale permette di identificare l’epoca in cui la lesione ha avuto origine sia perché consente di valutare la sua evoluzione; infatti se si è verificato un episodio di asfissia è possibile rilevarlo con l’ecografia quando si è alla presenza di edema.
L’edema cerebrale insorge dopo 6 – 12 ore dal danno di tipo ipossico o ischemico.
La Risonanza magnetica (RM) è quell’esame diagnostico che permette di ottenere delle immagini dettagliate di sezioni del corpo distinguendo le immagini dei vari distretti corporei in base alla composizione chimica dei loro tessuti. La risonanza magnetica è fondamentale per lo studio delle lesioni e della loro evoluzione.
La perdita della differenziazione tra la sostanza grigia e la sostanza bianca sono dei segni la cui presenza permette di diagnosticare l’esistenza di un insulto verificatosi in epoca perinatale.
La risonanza magnetica, in particolare, viene utilizzata per lo studio della vascolarizzazione dei tessuti e per la diagnosi di patologie neurologiche in quanto permette di differenziare la sostanza grigia dalla sostanza bianca del cervello grazie all’aumentata risoluzione di contrasto.
Come per la TAC il paziente deve sdraiarsi su un lettino e rimanere fermo per un tempo di circa 20 – 45 minuti durante l’esecuzione dell’esame; il paziente può indossare degli auricolari a causa dei rumori prodotti dall’emissione delle onde radio.
La Tomografia assiale computerizzata (TAC) è la tecnica diagnostica che permette di fornire immagini precise dei vari distretti corporei e di visualizzare in maniera diretta i parenchimi.
La TAC viene utilizzata per avere la certezza diagnostica circa la presenza di un danno cerebrale in quanto fornisce un’immagine dettagliata dell’encefalo e riesce ad individuare anche la presenza di eventuali emorragie intracraniche.
La tomografia assiale computerizzata sfrutta le proprietà delle radiazioni ionizzanti (raggi X) per produrre le immagini degli organi e dei parenchimi; le radiazioni ionizzanti attraversano i vari strati della pelle fino ai muscoli e alle ossa dove, parzialmente, vengono bloccate cosi da riprodurre un’immagine utile per la diagnosi di patologie.
Alte dosi di radiazioni ionizzanti possono però provocare degli effetti collaterali soprattutto ai bambini i quali sono più sensibili alle radiazioni rispetto agli adulti poiché deve ancora avvenire il loro completo sviluppo; pertanto deve essere posta particolare attenzione alle dosi di radiazioni ionizzanti somministrate.
La TAC deve essere eseguita soltanto quando necessaria ovvero quando dai risultati di altri esami diagnostici è emerso il sospetto di una patologia che deve essere confermata o esclusa per cominciare eventualmente una cura.
L’Elettroencefalogramma (EEG) è un esame diagnostico che permette di rilevate l’attività cerebrale e viene richiesto nel caso in cui si ha il sospetto di compromissione cerebrale.
Viene registrata l’attività elettrica cerebrale attraverso una serie di onde che vengono riportate su uno schermo dopo aver rilevato l’attività cerebrale con degli elettrodi.
L’elettroencefalogramma non comporta dei rischi, né presenta controindicazioni per cui può essere effettuato anche ai neonati e ai bambini di qualsiasi età.
L’elettroencefalogramma consente quindi di fare una diagnosi iniziale la quale verrà confermata da altri esami strumentali come la tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica (RM).
Trattamento medico sanitario paralisi cerebrale infantile spastica
Considerando che la paralisi cerebrale infantile è un disturbo persistente e non progressivo non esiste un trattamento atto a risolverla completamente e a favorirne la sua regressione, tuttavia il bambino può usufruire di un trattamento riabilitativo cosi che la sua qualità di vita possa essere migliorata.
Il trattamento della paralisi cerebrale deve essere individuale e deve tenere conto delle necessità di ogni bambino e della sua famiglia.
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano molte limitazioni che non gli permettono di condurre una vita normale, soprattutto se i disturbi motori sono accompagnati da deficit cognitivi, problemi del linguaggio, problemi visiti e uditivi.
Il trattamento consiste nel promuovere per quanto possibile il recupero della motilità del paziente tenendo anche conto della sua sfera psichica e affettiva, di rendere possibile l’inserimento dei bambini che presentano questi deficit motori nell’ambiente sociale, di controllare il dolore, di gestire i sintomi e i disturbi della malattia e di prevenire le condizioni che possono essere responsabili di un aggravamento a lungo termine del quadro clinico del bambino con paralisi cerebrale infantile.
Il trattamento di prima scelta è la fisioterapia la cui finalità è quella di riattivare la funzione dei muscoli scheletrici che presentano il disturbo motorio attraverso la loro diretta stimolazione e di corregge sin da subito i disturbi motori prevenendo che i muscoli scheletrici degli arti colpiti si indeboliscano o che rimangano eccessivamente contratti provocando dolore.
Un’altra finalità della terapia riabilitativa è il recupero delle competenze funzionali e la promozione di competenze che non sono state raggiunte dal bambino durante il suo sviluppo.
La funzione dei muscoli con deficit motorio può essere quindi riattivata esercitando ripetutamente questi muscoli attraverso dei movimenti o anche attraverso l’utilizzo di vari presidi.
Altri trattamenti riabilitativi e rieducativi che possono essere utilizzati per la paralisi cerebrale infantile sono l’ippoterapia, l’idroterapia, la rieducazione del linguaggio, la logoterapia e la terapia occupazionale (volta a migliorare le sequele della paralisi cerebrale infantile attraverso delle attività pratiche).
Il trattamento medico con la somministrazione di farmaci permette di ridurre i sintomi della paralisi cerebrale infantile quali il dolore, la rigidità muscolare (ipertonia muscolare) promuovendo il rilassamento di questi muscoli, le convulsioni che compromettono la qualità di vita del bambino.
Il farmaco di scelta per il rilassamento muscolare è una specifica benzodiazepina il cui effetto farmacologico è immediato.
Il blacofen ha lo stesso effetto della specifica benzodiazepina ma a differenza di quest’ultima il blacofen viene utilizzato per i trattamenti a lungo termine motivo per il quale la sua somministrazione può avvenire attraverso delle pompe di infusione attraverso le quali il farmaco viene direttamente somministrato nel liquido cefalorachidiano in corrispondenza della colonna vertebrale.
La tossina butulinica viene invece somministrata per trattare la rigidità muscolare.
Si rende necessario il trattamento chirurgico quando il paziente continua ad avvertire dolore nonostante il trattamento farmacologico. Ad ogni modo, i risultati in seguito al trattamento chirurgico non si hanno immediatamente ma dopo un periodo di riabilitazione e di fisioterapia.
L’intervento chirurgico utilizzato per il trattamento della paralisi cerebrale è la rizotomia selettiva dorsale attraverso al quale avviene la recisione dei nervi responsabili del disturbo muscolare e della spasticità muscolare.
Un altro intervento chirurgico per il trattamento della paralisi cerebrale spastica è l’allungamento dei muscoli ipertonici e la rimozione dell’area del muscolo che presenta spasticità; anche interventi chirurgici a carico delle ginocchia possono migliorare il quadro clinico della paralisi cerebrale spastica che vede coinvolti gli arti inferiori.
Errori medici nella gestione della sospetta paralisi celebrale infantile
Essendo la paralisi cerebrale infantile un disturbo persistente, non esiste un trattamento vero e proprio tale da permettere la regressione del quadro clinico, tuttavia è possibile intervenire con dei trattamenti riabilitativi e chirurgici al fine di migliorare la qualità di vita del bambino.
Più precocemente viene diagnosticata la paralisi cerebrale più tempestivamente possono essere attuati questi interventi al fine di consentire al bambino di condurre una vita normale e ridurre la sintomatologia.
Di seguito un elenco dei possibili errori medici che possono essere commessi dai professionisti sanitari:
- il medico non riesce a ricondurre la sintomatologia alla patologia che ne è responsabile;
- il medico riconduce i segni e sintomi tipici di una patologia ad un’altra patologia;
- omissione nell’esecuzione degli esami strumentali per confermare una diagnosi dubbia;
- somministrazione di farmaci ed esecuzione di interventi chirurgici senza aver ottenuto il consenso da parte dei genitori del bambino dopo averli informati sui rischi e benefici di un determinato trattamento e sui possibili effetti collaterali;
- omissione del trattamento;
- trattamento intempestivo;
- errori nella somministrazione dei farmaci: errata via di somministrazione, errato dosaggio del farmaco e somministrazione del farmaco sbagliato;
- mancata applicazione dei protocolli e delle linee guida;
- mancato monitoraggio del benessere fetale durante la gravidanza e il travaglio di parto;
- sottostima di condizioni cliniche che richiedono ulteriori accertamenti;
- esecuzione di un trattamento errato e non consono al caso in esame.
Qualora vi siano i presupposti, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potrebbe dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un caso di malasanità a causa di una diagnosi sbagliata, errata, tardiva oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al ginecologo e più in generale ai medici coinvolti.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere rimane dell’avvocato e del medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di sopravvivenza).
Conseguenze della paralisi cerebrale infantile spastica
Le conseguenze della paralisi celebrale infantile spastica comportano generalmente:
- deficit neurologici a lungo termine;
- piede equino;
- difficoltà nella deambulazione;
- dolore durante l’esecuzione dei movimenti;
- difficoltà nel mantenere la postura eretta;
- deficit cognitivi;
- andatura a forbice;
- disabilità intellettiva;
- disturbi del linguaggio;
- deficit motorio che coinvolge gli arti inferiori;
- strabismo e nistagmo ovvero un movimento ripetitivo, rapido e involontario degli occhi.