LEUCOMALACIA PERIVENTRICOLARE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Per leucomalacia periventricolare si intende un patologico rammollimento della sostanza bianca in corrispondenza dei ventricoli cerebrali.
I ventricoli cerebrali sono un sistema costituito da canali collegati tra di loro tramite degli spazi localizzati uno dietro l’altro nell’encefalo. Questi canali sono piedi di un liquido chiamato liquido cefalorachidiano il quale protegge il tessuto cerebrale da eventuali traumi, distribuisce nutrienti al sistema nervoso e contribuisce alla regolazione della pressione intracranica.
La sostanza bianca è quella parte dell’encefalo responsabile alla trasmissione degli impulsi nervosi ed è costituita da fasci di fibre nervose i quali hanno la funzione di trasmettere le informazioni sensoriali e motorie a tutto l’organismo.
Cosa comporta la leucomalacia periventricolare
La leucomalacia periventricolare infantile causa un danneggiamento della sostanza bianca, responsabile del trasferimento le informazioni dal sistema nervoso centrale ai muscoli al fine di consentirne il movimento.
Il termine “leucomalacia” si riferisce al rammollimento della sostanza bianca, mentre il termine “periventricolare” indica il fatto che la sostanza bianca è danneggiata in prossimità dei ventricoli cerebrali.
Tale patologia si manifesta più frequentemente in un neonato prematuro che in un neonato a termine e avviene in seguito a una riduzione del flusso sanguigno e alla mancanza di ossigeno a livello dei ventricoli cerebrali, con conseguente distruzione della sostanza bianca e morte del tessuto cerebrale.
La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica, e quindi dell’Ospedale, della Clinica o della Casa di cura, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dal mancato riconoscimento precoce della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
Cause e fattori di rischio per leucomalacia periventricolare
La leucomalacia periventricolare (LPV) può verificarsi prevalentemente durante il travaglio di parto piuttosto che prima del travaglio poiché si verifica una limitazione dell’apporto di ossigeno al feto considerando anche il fatto che l’eccessiva pressione, esercitata dalla parete dell’utero che si irrigidiscono durante la contrazione, compromette il flusso dei vasi che portano sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale.
I fattori che determinano l’insorgenza della leucomalacia periventricolare sono correlati ad una riduzione dell’apporto di ossigeno al cervello.
L’ossigenazione del feto dipende da:
- l’ossigenazione materna: il feto la cui madre è cardiopatica, anemica, ipotesa o ha problemi respiratori può avere un’ossigenazione minore;
- un’adeguata distribuzione di sangue ossigenato ai tessuti;
- un adeguato flusso utero placentare: problemi della placenta come il distacco della placenta e anomalie del processo di placentazione possono ridurre l’ossigenazione fetale;
- un adeguato flusso placentare fetale: la compressione o lo schiacciamento del cordone ombelicale o la presenza di nodi veri o di giri serrati del cordone intorno alle parti fetali causa una riduzione dell’ossigenazione fetale poiché il cordone ombelicale contiene la vena che trasporta sangue ossigenato dalla placenta al feto;
- fattori uterini: la rottura d’utero e l’eccessiva contrazione della muscolatura uterina sono causa di sofferenza fetale per la ridotta ossigenazione del feto.
Nel caso in cui le valutazioni non venissero effettuate, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un Avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità e da responsabilità medica, che esaminerà insieme alla paziente ed alla famiglia la fattibilità di una richiesta di risarcimento.
Fra le condizioni che determinano un ridotto apporto di ossigeno al feto si hanno:
- sofferenza fetale: la compromissione del benessere fetale è rilevata dal tracciato cardiotocografico che registra il battito cardiaco fetale e la sua risposta all’attività contrattile uterina in modo da mostrare il suo andamento e tutte le sue eventuali alterazioni.
Quando il tracciato non è rassicurante ovvero quando sono presenti delle anomalie del battito cardiaco fetale come ad esempio una riduzione della frequenza di base significa che il feto è in sofferenza in quanto non sta ricevendo abbastanza ossigeno. In questi casi il feto deve essere fatto nascere il più velocemente possibile attraverso il taglio cesareo per evitare che quest’ultimo sviluppi deficit neurologici permanenti;
- distocia di spalla: fallimento del meccanismo di espulsione delle spalle fetali dopo che è stata espulsa la testa. Le spalle del feto, quindi, rimangono bloccate dietro la sinfisi pubica della madre per cui il travaglio di parto non progredisce e risulta essere prolungato tanto da provocare sofferenza fetale.
Il cordone ombelicale che trasporta sangue ossigenato dalla placenta al feto può essere compresso fra il corpo del feto e il bacino materno cosi da determinare una riduzione dell’ossigenazione fetale. Il gradiente pressorio che si forma tra la testa del feto che è espulsa e il corpo che è ritenuto nel bacino materno, ostacola il ritorno venoso dal cervello del feto al cuore. La distocia di spalla deve essere risolta entro sette minuti attraverso delle manovre che consentono alle spalle di scivolare sotto la sinfisi.
Se la distocia non si risolve entro sette minuti, periodo oltre il quale aumenta il rischio di esiti sfavorevoli per il nascituro, deve essere eseguito il taglio cesareo;
- giri del cordone intorno al collo o al corpo del feto: i giri del cordone intorno al collo del feto possono impedire il flusso di sangue dal cuore al cervello del feto (ischemia), in particolare se questi giri sono serrati. Se i giri del cordone sono stretti e il cordone è caratterizzato dalla presenza di una scarsa gelatina di Warthon, (sostanza presente all’interno del cordone che impedisce si suoi vasi di collassare) viene ostacolato il flusso di sangue ossigenato, il quale viene trasportato dalla placenta al feto tramite la vena presente all’interno del cordone ombelicale;
- sindrome da aspirazione di meconio: il meconio è il contenuto intestinale del feto che in condizioni di sofferenza, in particolare durante il travaglio di parto quando è presente l’attività contrattile, viene secreto dal feto nel liquido amniotico.
Se il feto aspira il meconio questa sostanza arriva ai polmoni provocando una loro infezione e ostacolando la respirazione. Di conseguenza si avrà una ridotta ossigenazione fetale;
- neonati che hanno avuto delle infezioni in utero trasmesse dalla madre come corionamniosite (infezione delle membrane amniocoriali): gli agenti patogeni attraversano la barriera placentare e infettano anche il feto provocando danni anche a livello cerebrale;
- ipercinesia uterina (eccessiva attività contrattile dell’utero): la pressione esercitata dalle pareti dell’utero, le quali si irrigidiscono durante la contrazione della muscolatura uterina, causa una compressione dei vasi placentari.
Con la compressione dei vasi si riduce la perfusione utero placentare e viene limitato l’apporto di sangue ricco di ossigeno al feto. Le contrazioni più intense e prolungate del normale, quindi, interferiscono con il benessere fetale. L’uso improprio di ossitocina o la somministrazione di dosi eccessive può essere causa di ipercinesia uterina;
- errori nell’applicazione della ventosa ostetrica la ventosa ostetrica è uno strumento utilizzato per favorire la progressione del feto nell’ultimo tratto del canale del parto quando si presentano alcune condizioni. La ventosa è posta sulla testa del feto sulla quale vengono esercitate delle trazioni. Se la ventosa viene posizionata scorrettamente e se le trazioni vengono eseguite in maniera impropria il bambino può riportare delle lesioni a carico del cervello e dei deficit neurologici.
Se la pressione esercitata da parte della ventosa ostetrica sulla testa del feto è eccessiva, quest’ultimo può subire delle lesioni cerebrali, le quali possono ostacolare il normale afflusso di sangue ossigenato. Nel caso in cui il feto non progredisce o se si presenta una grave compromissione del benessere fetale deve essere eseguito il taglio cesareo;
- distacco di placenta: fisiologicamente la placenta si stacca dalla parete dell’utero dopo l’espulsione del feto ma può succedere che si stacchi dalla sua sede di impianto prima che avvenga la nascita del feto.
Se la placenta si stacca dalla parete dell’utero prima che avviene la nascita, il feto è soggetto a una riduzione dell’apporto di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale in maniera più o meno grave in base all’entità del distacco;
- rottura precoce delle membrane amniocoriali (rottura delle acque). La rottura fisiologica delle membrane amniocoriali avviene quando la dilatazione della cervice uterina è completa. Può succedere, però, che queste si rompano durante il travaglio, prima della dilatazione completa, a causa della presenza delle contrazioni uterine. La rottura delle membrane può essere causa di sofferenza fetale ma anche del prolasso del cordone ombelicale, emergenza ostetrica che prevede la discesa del cordone ombelicale davanti alla testa del feto.
Il prolasso del cordone ombelicale comporta una compromissione dei suoi vasi tanto da ostacolare il flusso di sangue ossigenato al feto. Nel caso in cui è diagnosticato il prolasso del cordone ombelicale si deve ricorrere al taglio cesareo in emergenza;
- posizione anomala del feto: il travaglio di parto risulta essere prolungato quando il feto non è posizionato a testa in giù con la testa flessa poiché i diametri fetali non si adattano bene con i diametri del bacino materno e il feto non riesce a progredire. Se il travaglio è prolungato, il feto, per lo stress delle contrazioni uterine, può andare in contro a sofferenza dovuta alla carenza di ossigeno;
- basso peso alla nascita (minore di 1500 grammi);
- prematurità: un neonato nato prima del termine di gravidanza ovvero prima della 37esima settimana gestazionale è più vulnerabile a riportare danni cerebrali conseguenti ad una ridotta ossigenazione a livello dell’encefalo poiché il sistema nervoso centrale non è ancora completamente sviluppato strutturalmente e funzionalmente;
Inoltre, i neonati prematuri presentano un numero ridotto di vasi cerebrali ed un’incapacità di mantenere costante la quantità di sangue. Si ha infine un rischio maggiore per le cellule cerebrali di riportare dei danni in seguito alla riduzione dell’ossigenazione;
- emorragia cerebrale: la presenza di sanguinamenti a livello cerebrale può essere responsabile della necrosi (morte cellulare) della sostanza bianca a causa del ridotto apporto di ossigeno;
- disturbi cardiaci: il cuore non riesce a pompare bene il sangue verso il cervello il quale risulta essere poco vascolarizzato e poco ossigenato;
- problemi respiratori: a causa di problemi nella respirazione si assiste ad una riduzione dell’apporto di ossigeno ai diversi organi tra cui il cervello, le cui cellule, di conseguenza vanno incontro a necrosi;
- rottura d’utero: con la rottura d’utero, che prevede la separazione di tutti gli strati dell’utero, cessa l’apporto di ossigeno al feto e quest’ultimo può ritrovarsi espulso in cavità addominale. Quando si verifica questo evento deve essere eseguito il taglio cesareo in emergenza.
Conseguenze per il nascituro in caso di leucomalacia periventricolare
La leucomalacia periventricolare causa quindi un danneggiamento della sostanza bianca, responsabile del trasferimento le informazioni dal sistema nervoso centrale ai muscoli al fine di consentirne il movimento per cui il bambino che ne è affetto presenterà deficit di tipo motorio di diversa entità in base alla gravità del danno.
Il deficit motorio si ha soprattutto a carico degli arti inferiori (diplegia spastica) ma, più raramente, possono anche essere coinvolti gli arti superiori (tetraparesi spastica).
Un’altra complicanza della leucomalacia periventricolare è il deficit della sfera cognitiva, meno frequente rispetto al deficit motorio.
Un’altra conseguenza della leucomalacia periventricolare può essere la paralisi cerebrale infantile. La paralisi cerebrale infantile è una malattia neuromotoria persistente dovuta a un danno irreversibile del sistema nervoso centrale che non tende a guarire né a peggiorare e non va incontro a fenomeni degenerativi.
La paralisi cerebrale infantile ha ripercussioni soprattutto sul sistema muscolare e sul sistema scheletrico e può essere o meno associato a problemi intellettivi.
Altre conseguenze possono essere delle difficoltà visive e uditive, ritardo nello sviluppo psicomotorio e ritardo mentale.
Più è esteso il danno a carico della sostanza bianca con più probabilità il bambino presenterà problemi nell’esecuzione di movimenti o deficit neurologici a lungo termine.
Questi bambini avranno una muscolatura rigida, difficoltà nel mantenere la postura eretta e a sedersi, camminata difficoltosa, postura anomala e un lento sviluppo mentale.
Comportamento medico ed errori nel trattamento della leucomalacia periventricolare
Non esiste un automatismo tra errore e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della salute al danno da perdita di chance a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Il feto deve essere monitorato costantemente con la rilevazione del suo battito cardiaco a intermittenza in condizioni di fisiologia, mentre nel momento in cui insorge qualche complicanza il battito cardiaco fetale deve essere auscultato in continuo tramite il tracciato cardiotocografico.
Se viene rilevata una compromissione del benessere fetale devono essere messe in atto delle misure che permettono di aumentare la perfusione placentare come la posizione materna sul decubito laterale sinistro, evitando la posizione supina perché l’utero gravido comprime i grandi vasi, la somministrazione di ossigeno alla madre e l’infusione di liquidi endovena.
Se, dopo aver messo in atto questi accorgimenti, il feto continua a presentare segni di sofferenza, la quale indica che quest’ultimo è soggetto a una riduzione dell’ossigenazione (asfissia), deve essere eseguito il taglio cesareo in emergenza prima che il nascituro possa riportare dei danni irreversibili.
È importante gestire bene il travaglio di parto, conoscere i fattori di rischio per la leucomalacia periventricolare (parto pretermine, neonati con disturbi cardiaci o respiratori, neonati con infezioni) e diagnosticarla tempestivamente per limitarne il danno cerebrale.
Quando il feto è in sofferenza, significa che si ha una riduzione dell’apporto di ossigeno che è il fattore scatenante della leucomalacia periventricolare.