MALASANITÀ E PARALISI CEREBRALE INFANTILE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’ostetrica professionista e il ginecologo devono monitorare la gravida e il feto durante la gravidanza e durante il parto, momento in cui il feto presenta un rischio maggiore di andare incontro a sofferenza la quale provoca un ridotto apporto di ossigeno a livello cerebrale. Tutte quelle condizioni che determinano un ridotto apporto di ossigeno al feto o che possono essere causa di paralisi cerebrale infantile devono essere riconosciute e trattate, in caso contrario si parla di negligenza medica.
Qualora vi siano i presupposti, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potrebbero dunque chiedere il risarcimento dei danni per essere stati vittime di un caso di malasanità a causa di una diagnosi sbagliata, errata, tardiva oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni all’Ospedale, all’Assicurazione, al ginecologo, al pediatra/neonatologo e più in generale ai medici coinvolti.
Interventi medici che possono causare paralisi celebrale infantile
Il danno può essere risarcito nel caso in cui la paralisi cerebrale infantile è stata provocata da una negligenza medica.
Può essere fatale per il feto anche l’utilizzo inappropriato di strumenti medici quali il forcipe e la ventosa i quali vengono applicati sulla testa del feto al fine di favorire la sua espulsione e accompagnarlo lungo l’ultimo tratto del canale del parto; se il forcipe e la ventosa ostetrica vengono applicati in maniera scorretta e prima della 34esima settimana gestazionale, quando lo sviluppo strutturale e funzionale dell’encefalo non è ancora avvenuto, il nascituro può riportare delle lesioni craniche che possono essere responsabili dell’insorgenza della paralisi cerebrale infantile ma anche di altre complicanze.
Il medico non deve trascurare quei segni che fanno sospettare la sussistenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale poiché questo comportamento contribuisce ad aggravare ulteriormente il quadro clinico e a ridurre l’aspettativa di vita del bambino.
Per aumentare l’aspettativa di vita del bambino con paralisi cerebrale infantile e ottimizzare la sua qualità di vita deve essere messo in atto un trattamento allo scopo di trattare i sintomi e le condizioni associate e promuovere la mobilità del paziente non appena viene fatta la diagnosi.
Per il trattamento si deve tener contro che la paralisi cerebrale infantile non solo è causa di implicazioni fisiche, ma coinvolge altresì la sfera emotiva ed affettiva del bambino e dei suoi genitori.
Trattamento e cause della paralisi celebrale infantile
Il trattamento della paralisi cerebrale infantile, quindi, non è uguale per tutti ma varia da individuo ad individuo in base all’entità, alla localizzazione topografica del disturbo motorio e alla presenza di eventuali deficit cognitivi che possono accompagnare i disturbi di tipo motorio motivo per cui ogni caso di paralisi cerebrale infantile deve essere analizzato e trattato singolarmente senza ostinarsi nel ricorrere ad un approccio terapeutico universale.
Se si presentano segni di sofferenza fetale, i quali possono essere rilevati attraverso l’auscultazione del suo battito cardiaco, con la presenza di meconio nel liquido amniotico o attraverso l’ecografia doppler (studio dei flussi sanguigni a livello dei vasi materni e fetali), deve essere messe in atto tutte le misure atte ad evitare che la riduzione dell’apporto di ossigeno al feto sia tale da provocare danni all’encefalo.
La principale causa della paralisi cerebrale infantile è l’asfissia per cui l’ostetrica e il ginecologo devono essere in grado di rilevare e di non trascurare i segni di sofferenza fetale per i quali si rende necessario un trattamento tempestivo per evitare che il nascituro riporti dei danni gravi e irreversibili.
È importante distinguere l’asfissia dall’ipossia e dall’ipossiemia poiché degli episodi di ipossia e di ipossiemia transitori e ripetitivi sono comuni e vengono quindi ben tollerati dal feto grazie a dei meccanismi di compenso di cui dispone: maggiore affinità per l’emoglobina e maggior numero di globuli rossi rispetto all’adulto e gittata cardiaca superiore.
Quando l’ipossia raggiunge livelli estremi e /o quando questi meccanismi di compenso vengono meno, il feto è a rischio di compromissione neurologica.
L’ipossiemia può durare giorni e settimane in quanto è ben tollerata dal feto; essa è caratterizzata da una riduzione della saturazione dell’ossigeno a livello del sangue arterioso, mentre l’ipossia è dovuta a una riduzione di ossigeno a livello degli organi periferici del feto e può essere tollerata per alcune ore.
Quando anche gli organi nobili (cuore e cervello) risento della riduzione dell’ossigeno si parla di asfissia la quale può causare deficit neurologici permanenti se il feto non viene fatto nascere nel minor tempo possibile espletando un taglio cesareo.
L’asfissia fetale, a sua volta, può essere conseguenza di problematiche che hanno luogo durante il parto, errori medici ed interventi impropri, ritardo nell’esecuzione del taglio cesareo quando indicato.
I neonati che hanno avuto un parto difficile devono essere monitorati dopo la nascita al fine di escludere o rilevare la presenza di una lesione a carico del sistema nervoso centrale.
Il trattamento e la terapia per la paralisi cerebrale infantile devono essere attuati il prima possibile al fine di poter migliorare le aspettative e la qualità di vita del bambino; inoltre, devono essere rilevati i fattori di rischio per la paralisi cerebrale infantile cosi da poter minimizzare l’insorgenza di eventi avversi.
Il riconoscimento dei segni e dei sintomi di una malattia è fondamentale al fine di fare la diagnosi. Se non si riesce a formulare una diagnosi definitiva e, quindi, non si interviene in tempo il paziente può riportare delle lesioni importanti.
È importante che la paralisi cerebrale infantile sia riconosciuta e accertata quanto prima perché, anche se è caratterizzata da un irreversibile danno cerebrale non progressivo e quindi non può essere risolta, possono essere trattati i sintomi cosi da migliorare la qualità di vita del bambino e devono essere attuate tutte quelle misure allo scopo di evitare un ulteriore peggioramento del quadro clinico.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del ginecologo o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze.
Cos’è la paralisi cerebrale infantile e quali disturbi comporta
La paralisi cerebrale infantile non è una malattia progressiva poiché non tende né a peggiorare né a guarire con l’aumentare degli anni del bambino ma i disturbi che comporta sono persistenti e possono essere alleviati grazie a dei trattamenti riabilitativi, ai trattamenti farmacologici e, se necessario, anche con un trattamento chirurgico.
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano molte limitazioni che non gli permettono di condurre una vita normale, soprattutto se i disturbi motori sono accompagnati da deficit cognitivi, problemi del linguaggio, problemi visiti e uditivi. I disturbi neuromotori e i deficit cognitivi che accompagnano la paralisi cerebrale infantile ostacolano non poco l’inserimento del bambino nell’ambito sociale e rendono difficoltosa la sua relazione con i coetanei.
Il termine “paralisi cerebrale infantile” è improprio poiché il termine “paralisi cerebrale” fa subito pensare che questa patologia sia solo ed esclusivamente caratterizzata da un danno cerebrale che comporta quindi disturbi motori, intellettivi e cognitivi. Il danno cerebrale, però, rappresenta soltanto una tipologia di paralisi cerebrale infantile poiché essa è responsabile per lo più di una disabilità neuromuscolare.
Anche il termine “infantile” è improprio poiché ciò implica il fatto che questo disturbo neuromotorio si presenti esclusivamente durante la prima infanzia, periodo di tempo che va dalla nascita fino ai due anni di vita o che si manifesti fino ai sei anni di vita del bambino (periodo della seconda infanzia).
L’evento che ha danneggiato il sistema nervoso centrale può avere avuto luogo durante la gravidanza a causa di malformazioni a carico del feto, a causa di infezioni materne che vengono trasmesse al feto e che sono responsabili di lesioni neurologiche soprattutto se il bersaglio dell’agente patogeno che causa l’infezione è il tessuto nervoso, cause metaboliche come il diabete gestazionale, assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti da parte della gravida e cause vascolari dovute a patologie a carico della placenta, organo di scambio materno fetale.
Il danno a carico del sistema nervoso del feto può verificarsi anche al momento del travaglio e del parto a causa di traumi dovuti dal passaggio del feto, soprattutto se macrosomico (peso stimato maggiore di 4500 grammi), lungo il canale del parto e in particolare in seguito ad un evento ipossico (responsabile della riduzione dell’apporto di ossigeno a livello cerebrale) o ischemico (riduzione del flusso sanguigno al cervello).
Gli eventi responsabili di paralisi cerebrale infantile che hanno luogo dopo il parto e in particolare entro i tre anni di vita del bambino, periodo entro il quale si completa lo sviluppo del sistema nervoso centrale e perciò quest’ultimo è più vulnerabile, possono essere causata anche da eventi traumatici ed infettivi.
Segni e sintomi della paralisi celebrale infantile
I segni e i sintomi della paralisi cerebrale infantile variano in base alla forma di quest’ultima, all’entità e alla localizzazione del disturbo motorio.
In base all’entità del disturbo motorio possiamo distinguere:
- forme spastiche: i muscoli scheletrici si presentano contratti (ipertonia muscolare) per cui l’individuo presenta difficoltà nel compiere movimenti volontari;
- forme atassiche: derivano da una lesione a carico del cervelletto e comportano disturbi della coordinazione dei movimenti volontari, flaccidità muscolare (ipotonia muscolare), disturbi dell’equilibrio e tremori;
- forme discinetiche: caratterizzate dalla presenza di movimenti non volontari a causa di un continuo cambiamento del tono dei muscoli scheletrici deputati al movimento. I movimenti dei muscoli scheletrici sono violenti e bruschi (forme distoniche), inoltre possono anche essere presenti dei movimenti involontari che non sono coordinati e difficili da controllare soprattutto se il soggetto colpito tenta di compiere un movimento volontario degli arti (forme coreo atetoniche). Le forme coreo atetoniche sono facilmente riconoscibili poiché l’individuo affetto da questa forma di paralisi cerebrale infantile presenta a carico degli arti superiori dei movimenti tentacolari;
- forme miste: derivano dall’unione delle manifestazioni cliniche di due o più forme sopra elencate.
Per quanto riguarda la localizzazione del disturbo motorio se questo interessa tutti e quattro gli arti si parla di tetraplegia, se il disturbo motorio è a carico soltanto del lato destro o del lato sinistro del corpo si parla di emiplegia, mentre se il deficit è prevalentemente a carico degli arti inferiori si parla di diplegia. Più raramente il disturbo motorio si presenta a carico di un solo arto e in questo caso si parla di monoplegia; un altro quadro clinico raro si ha quando il disturbo motorio interessare prevalentemente gli arti superiori e in questo caso si parla di doppia emiplegia.
Ai problemi di tipo motorio si sommano altri disturbi che contribuiscono a rendere più difficoltosa la qualità di vita del bambino con paralisi cerebrale infantile.
I sintomi della paralisi cerebrale infantile sono:
- convulsioni;
- problemi respiratori;
- problemi dell’alimentazione che si associano a vomito;
- disturbi del sonno;
- disturbi del comportamento;
- difficoltosa consolazione del neonato;
- problemi visivi come cecità;
- problemi uditivi;
- difficoltà di comprensione e difficoltà del linguaggio;
- disturbi dell’attenzione;
- problemi del movimento: il bambino non riesce a gattonare né a stare seduto;
- incapacità di parlare e di emettere suoni;
- incapacità di scrivere e di leggere;
- sordità;
- strabismo;
- difficoltà della deglutizione;
- difficoltà nell’afferrare gli oggetti;
- difficoltà nel mantenere la postura eretta.
I bambini con paralisi cerebrale infantile presentano quindi molte limitazioni che non gli permettono di condurre una vita normale, soprattutto se i disturbi motori sono accompagnati da deficit cognitivi, problemi del linguaggio, problemi visiti e uditivi. I disturbi neuromotori e i deficit cognitivi che accompagnano la paralisi cerebrale infantile ostacolano non poco l’inserimento del bambino nell’ambito sociale e rendono difficoltosa la sua relazionale con i coetanei.
Allo scopo di poter migliorare la qualità di vita dei bambini con paralisi cerebrale infantile, promuovere il loro inserimento nei diversi ambiti sociali e i rapporti con i coetanei, devono essere attuati degli interventi che possano permettere a questi bambini di condurre una vita qualitativamente normale, per quanto possibile, attraverso trattamenti riabilitativi ed educativi.
Nel caso le valutazioni cliniche non venissero effettuate, la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eredi potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un Avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità e da responsabilità medica, che esaminerà insieme alla paziente ed alla famiglia la fattibilità di una richiesta di risarcimento.
Cause di sofferenza fetale correlati alla paralisi celebrale infantile
La paralisi cerebrale infantile può insorgere in seguito a delle condizioni che non vengono riconosciute o trattate tempestivamente da parte dei professionisti. Il principale evento responsabile della paralisi cerebrale infantile è la riduzione prolungata dell’apporto di ossigeno al feto.
Di questa riduzione, soprattutto quando vengono raggiunti livelli estremi di ipossigenazione fetale, ne risente anche l’encefalo per cui il feto è a rischio di compromissione neurologica.
Di seguito alcune cause responsabili di sofferenza fetale che necessitano di un trattamento tempestivo al fine di evitare l’insorgenza di danni neurologici a lungo termine:
- distacco intempestivo di placenta: comporta una riduzione dell’apporto di nutrienti e di sangue ossigenato al compartimento fetale. Il feto, di conseguenza, andrà incontro a sofferenza proprio per la riduzione della sua ossigenazione;
- rottura d’utero: l’emorragia copiosa che ne consegue ostacola il normale flusso di sangue ossigenato al feto interrompendo gli scambi tra madre e feto dunque il feto si troverà ad essere poco ossigenato;
- placenta previa: localizzazione bassa della placenta in corrispondenza di un’area dell’utero nota come segmento uterino inferiore che può coprire totalmente o parzialmente l’orifizio uterino intero (parte che separa la cavità uterina dal canale cervicale);
- macrosomia fetale la quale determina un rischio maggiore di parto traumatico considerando che il feto, date le sue dimensioni, con difficoltà riesce a progredire lungo il canale del parto;
- ipercinesia uterina: le contrazioni sono più prolungate e intervallate da brevi pause rispetto alla norma ciò comporta il rischio di sofferenza fetale dovuta alla riduzione della sua ossigenazione;
- impropria somministrazione di ossitocina esogena che aumenta l’attività contrattile che può essere causa di sofferenza fetale dovuta a una riduzione della sua ossigenazione;
- travaglio prolungato: il feto è sottoposto a uno stress maggiore dovuto alle contrazioni uterine;
- problematiche a carico del cordone ombelicale: prolasso del cordone ombelicale, presenza di nodi veri e di giri del cordone intorno alle parti fetali;
- presenza di meconio nel liquido amniotico che può provocare una sua aspirazione da parte del feto e provocare dei problemi respiratori dovuti all’irritazione delle vie aeree e dall’infezione dei polmoni i quali non sono in grado di svolgere correttamente la loro funzione respiratoria;
- riduzione del liquido amniotico (oligoidramnios);
- encefalopatia ipossico ischemica: deficit neurologici conseguenti a un ridotto apporto di ossigeno a livello cerebrale;
- infezioni materne con particolare tropismo per il sistema nervoso che possono essere contratte dal feto anche al momento del parto vaginale quando quest’ultimo viene a diretto contatto con le mucose materne infette;
- parto pretermine (prima della 37esima settimana gestazionale). Un bambino nato prima del termine di gravidanza presenta un rischio maggiore rispetto ai nati a termine di riportare dei deficit neurologici considerando che non è ancora stato completato lo sviluppo neurologico.
Devono essere messe in atto delle misure per prevenire il parto pretermine in modo da raggiungere un’epoca di gravidanza più prossima al termine (dalla 37esima alla 42esima settimana) cosi che il feto possa avere la possibilità di vita autonoma subito dopo il parto.
Nel caso in cui si prevede un parto pretermine devono essere somministrati farmaci tocolitici il cui principio di azione è rilassare la muscolatura dell’utero e ridurre l’attività contrattile e cortisone (betametasone) per favorire lo sviluppo dei polmoni del feto cosi che possano svolgere la loro funzione respiratoria al momento della nascita grazie alla presenza del surfactante (sostanza che impedisce il collasso del polmone).
Quando si prevede un imminente parto prematuro prima della 32esima settimana deve anche essere somministrato il solfato di magnesio per la protezione neurologica del feto.
Nel caso di un parto pretermine è controindicata l’applicazione della ventosa ostetrica e anche del forcipe in quanto si ha un rischio aumentato che il feto riporti traumi cerebrali ed emorragie intracraniche che possono essere responsabili di paralisi cerebrale infantile;
- emorragia intracranica: presenza di sanguinamento all’interno del cranio conseguente a traumi cranici che possono verificarsi al momento del parto come nel caso dell’applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica;
- kern incterus (ittero nucleare): la bilirubina in eccesso, dopo il parto, si accumula a livello dell’encefalo provocando danni neurologici gravi.
La sofferenza fetale può essere rilevata attraverso il tracciato cardiotocografico, grafico che registra il battito cardiaco del feto e di rilevare delle alterazioni della frequenza cardiaca, decelerazioni e altre anomalie del battito cardiaco fetale. Con la cardiotocografia, in contemporanea al battito cardiaco fetale, vengono anche rilevate e registrate le contrazioni uterine, se presenti.
I professionisti sanitari devono sottoporre la gravida a cardiotocografia (ctg) in continuo:
- prima del travaglio se la gravidanza è complicata da diabete gestazionale e diabete preesistente, ipertensione, patologie cardiache materne, insufficienza renale, emorragia vaginale, ritardo di crescita intrauterina (IUGR), minacce di parto pretermine (prima della 37esima settimana gestazionale) e gravidanza post termine (dopo la 42esima settimana gestazionale), presenza di pregresse cicatrici uterine, gravidanza gemellare, colestasi gravidica e all’immunizzazione materna;
- durante il travaglio di parto se vi sono delle anomalie delle contrazioni (ipercinesia uterina), se il travaglio di parto è stato indotto attraverso la somministrazione di prostaglandine (dinoprostone) e ossitocina, se viene eseguita l’analgesia peridurale (nella prima ora successiva al primo bolo), in presenza di febbre materna (temperatura corporea > 38°C), nel caso in cui il liquido amniotico è tinto di meconio, in presenza di emorragia vaginale, nel caso di travaglio di parto prolungato (primo stadio > 12 ore e secondo stadio > 2 ore) e anomalie del battito cardiaco fetale.
La cardiotocografia è uno strumento indispensabile per la rilevazione di un’eventuale compromissione fetale. Il ginecologo e l’ostetrica devono saper interpretare il tracciato cardiotocografico e riconoscere i segni di sofferenza fetale per i quali si rende necessario un intervento tempestivo.
Il feto può subire gravi lesioni neurologiche nei casi in cui non viene rilevata la sofferenza fetale da parte dei professionisti e, di conseguenza, non vengono messe in atto quelle misure per migliorare lo stato di ossigenazione fetale.
Quando dal tracciato cardiotocografico vengono rilevate delle anomalie del battito cardiaco, prima di procedere con l’espletamento del parto tramite taglio cesareo, è opportuno mettere in atto delle manovre conservative come cambiare far cambiare la posizione della gravida privilegiando il decubito laterale sinistro (la posizione supina riduce il flusso di sangue verso il feto), somministrando soluzioni fisiologiche o eseguendo un’amnioinfusione e somministrare ossigeno in caso di ipovolemia materna; se il quadro clinico non cambia deve essere eseguito il taglio cesareo in emergenza.
Nei casi di grave compromissione del feto l’espletamento del parto tramite taglio cesareo è la soluzione migliore per rimuovere il feto il più velocemente possibile da un ambiente intrauterino che è ormai diventato sfavorevole per la sua sopravvivenza. Se non viene eseguito il taglio cesareo quando necessario o si tarda a prendere delle decisioni il bambino riporta gravi deficit neurologici irreversibili che possono causa della paralisi cerebrale infantile.
Principali errori medici nella gestione dei segni di sospetta paralisi celebrale infantile
Il mancato riconoscimento dei principali segni che possano far sospettare la paralisi cerebrale infantile, la trascuratezza di quest’ultimi, la mancata esecuzione di accertamenti clinici, in particolar modo quando viene riferito dai genitori che il proprio bambino presenta qualche disturbo che possa essere collegato alla paralisi cerebrale infantile sono dei motivi per i quali si tende a ritardare il trattamento il quale deve essere tempestivo al fine di poter migliore la qualità di vita del bambino con paralisi cerebrale infantile attraverso un processo riabilitativo ed educativo.
Non esiste un automatismo tra errore e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della salute al danno da perdita di chance a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Gli errori commessi che incidono sulla qualità di vita del bambino a cui viene diagnosticata la paralisi cerebrale infantile possono quindi essere dopo la nascita:
- mancato riconoscimento dei segni della paralisi cerebrale infantile;
- incapacità nel relazionare i segni e i sintomi alla specifica patologia;
- il medico non riesce a ricondurre la sintomatologia alla patologia che ne è responsabile;
- il medico riconduce i segni e sintomi tipici di una patologia ad un’altra patologia;
- il medico non formula una diagnosi differenziale;
- omissione dei dovuti controlli;
- incapacità nel comprendere che determinati segni siano dovuti dalla paralisi cerebrale infantile;
- mancata esecuzione di ulteriori accertamenti clinici ed esami strumentali, in particolar modo quando viene riferito dai genitori che il proprio bambino presenta qualche disturbo che, in questo caso, possa essere collegato alla paralisi cerebrale infantile;
- formulazione di una diagnosi errata;
- trascurare il monitoraggio di un neonato il cui benessere risulta essere alterato al momento della nascita o la cui ossigenazione era ridotta durante il parto;
- mancata esecuzione di esami strumentali quando indicato per confermare l’eventuale presenza di paralisi cerebrale infantile;
- ritardato o mancato trattamento riabilitativo ed educativo dopo aver confermato la diagnosi;
- trascurare la presenza dei segni e dei sintomi che possano essere ricollegabili alla paralisi cerebrale infantile.
Gli errori commessi che incidono sulla qualità di vita del bambino a cui viene diagnosticata la paralisi cerebrale infantile possono quindi essere durante il travaglio di parto:
- mancato monitoraggio fetale;
- mancata esecuzione della cardiotocografia in continuo quando indicata;
- mancato riconoscimento dei segni di sofferenza fetale;
- scorretta applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica;
- applicazione del forcipe e della ventosa ostetrica prima della 34esima settimana gestazionale;
- mancata capacità di interpretazione del tracciato cardiotocografico;
- mancata esecuzione di taglio cesareo in emergenza in presenza di sofferenza fetale la quale non si risolve con le misure conservative;
- taglio cesareo eseguito in ritardo;
Gli errori commessi che incidono sulla qualità di vita del bambino a cui viene diagnosticata la paralisi cerebrale infantile possono quindi essere durante la gravidanza:
- mancato riconoscimento dei fattori di rischio di paralisi cerebrale infantile;
- mancato trattamento tempestivo in presenza di segni di sofferenza fetale e di riduzione dell’apporto di ossigeno al feto.
Conseguenze degli errori medici nella gestione della paralisi celebrale infantile
Possibili conseguenze di errati trattamenti medici nella gestione della paralisi celebrale infantile, che acuiscono se non tempestivamente trattate sono:
- decesso del nascituro;
- deficit neurologici a lungo termine;
- disturbi muscolari;
- difficoltà nell’esecuzione dei movimenti e nel mantenere la postura eretta
- dolore durante l’esecuzione dei movimenti;
- deficit cognitivi;
- disturbi del comportamento e del linguaggio;
- paralisi degli arti superiori e/o inferiori;
- difficoltà nell’alimentazione;
- problemi relazionali.