CAUSE ENCEFALOPATIA IPOSSICO ISCHEMICA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’encefalopatia ipossico ischemica avviene in seguito a tutte quelle situazioni che comportano una riduzione dell’ossigenazione fetale/neonatale. Se l’insulto ipossico è severo, la riduzione dell’apporto di ossigeno si estende anche a livello cerebrale.
Le situazioni che possono portare all’ encefalopatia ipossico ischemica
Le situazioni che più frequentemente possono causare l’encefalopatia ipossico ischemica sono:
- Distacco di placenta: separazione prematura della placenta (prima dell’espulsione del feto) dalla parete uterina. La placenta è l’organo di scambio materno fetale che permette per l’appunto lo scambio di nutrienti, sangue e ossigeno dalla madre al feto e di sangue poco ossigenato dal feto alla madre per rifornirlo di ossigeno.
Se la placenta si stacca prima che avviene la nascita, il feto sarà soggetto a una riduzione dell’apporto di sangue ossigenato in maniera più o meno grave in base all’entità del distacco. Il benessere fetale risulta essere compromesso in maniera marcata quando dalla parete dell’utero si stacca più della metà del letto placentare.
- Placenta previa: inserzione della placenta nella parte inferiore dell’utero in corrispondenza di un punto chiamato segmento uterino inferiore (SUI). Il segmento uterino inferiore verso la fine della gravidanza, quando inizia l’attività contrattile dell’utero, si modifica, si distende e diventa più sottile.
La placenta, essendo priva di fibre elastiche, non è in grado di seguire le modifiche del segmento uterino inferiore perciò si stacca dalla sua sede di impianto, provocando un sanguinamento.
Se la placenta si stacca dalla sua sede di impianto cessano, in maniera più o meno marcata in dipendenza dalla superficie placentare staccata, gli scambi materno e fetali e viene limitato l’apporto di ossigeno al feto.
- Rottura d’utero: emergenza ostetrica che prevede la separazione di tutti gli strati dell’utero e una comunicazione della cavità uterina con la cavità addominale tanto che il feto può ritrovarsi nell’addome materno.
Con la rottura d’utero cessa l’apporto di ossigeno al feto perciò quando si verifica questo evento deve essere eseguito il taglio cesareo in emergenza.
In caso di gravi complicanze o morte della madre o del bambino, pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (marito, partner, convivente, genitori, figlio/figlia, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito negativo del trattamento medico o al decesso, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato o ad uno studio legale specializzato in risarcimento danni da responsabilità medica, insieme al medico legale, si potrebbe capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa.
- Ritardo nell’esecuzione del taglio cesareo. Quando non viene eseguito il taglio cesareo nel momento in cui vi è indicazione o quando si è in presenza di una compromissione del benessere fetale e il feto non viene fatto nascere il più velocemente possibile tramite taglio cesareo, quest’ultimo può essere soggetto a una prolungata riduzione della sua ossigenazione.
- Prolasso del cordone ombelicale: discesa di un’ansa del cordone ombelicale, in seguito alla rottura delle membrane amniocoriali, davanti la testa del feto. Il cordone ombelicale è compresso dalla testa del feto e da ciò ne risulta una riduzione dell’apporto di ossigeno al feto poiché il cordone contiene la vena ombelicale che trasporta sangue ricco di ossigeno dalla madre al feto.
L’ipossia/asfissia feto–neonatale dipende quindi dalla compressione del cordone ombelicale che impedisce il ritorno venoso al feto. Quando è diagnosticato il prolasso del cordone ombelicale tramite esplorazione vaginale deve essere organizzato un taglio cesareo in emergenza.
- Distocia di spalla: mancata espulsione delle spalle del feto. Una o entrambe le spalle rimangono incastrate nel bacino materno dopo che la testa del feto è stata espulsa. Il cordone ombelicale può essere compresso fra il corpo del feto e il bacino materno e da ciò deriva una riduzione dell’ossigenazione fetale.
Tra la testa del feto, espulsa, e il corpo del feto, ritenuto, si forma un gradiente pressorio che è sufficiente ad ostacolare il ritorno venoso dal cervello del feto al cuore. Le manovre per la risoluzione della distocia di spalla devono essere eseguite entro sette minuti.
- Macrosomia fetale: peso del feto maggiore di 4000 grammi. Le dimensioni del feto sono maggiori rispetto a quelle del bacino materno per cui progredisce con difficoltà lungo il canale del parto e di conseguenza il travaglio di parto sarà più prolungato.
Se la gravida ha il diabete gestazionale, ha una elevata probabilità di avere un bambino macrosomico.
- Gestosi (o preeclampsia): aumento della pressione sanguigna materna in gravidanza (maggiore di 140/90), presenza di proteine nelle urine (proteinuria) e altre manifestazioni sistemiche che interessano l’interno organismo della madre come insufficienza renale, problemi gastrici, edema, problemi della coagulazione, disturbi visivi e cefalea.
La gestosi è una malattia di origine placentare la quale risulta essere mal equipaggiata per soddisfare le crescenti richieste della gravidanza. Problematiche a carico della placenta, organo di scambio materno fetale, possono interferire con l’apporto di sostanze nutritive e di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale e da ciò consegue una ridotta ossigenazione fetale.
La gestosi, quindi, si ripercuote anche sul versante fetale della placenta incidendo negativamente sugli esiti fetali e neonatali.
- Giri del cordone ombelicale attorno alle parti fetali. Quando il cordone ombelicale è lungo e/o quando il feto si muove tanto, si possono formare dei giri del cordone intorno al collo o al tronco del feto.
Se i giri del cordone sono serrati e la gelatina di Warthon, sostanza che evita il collasso dei vasi presenti all’interno del cordone ombelicale, è poca l’apporto di ossigeno al feto sarà ridotto a causa della pressione esercitata sui vasi del cordone, in particolare sulla vena ombelicale che trasporta sangue ossigenato, che ne ostacola il flusso.
Se i giri del cordone si formano attorno al collo del feto, inoltre, diminuisce l’apporto di ossigeno e il flusso di sangue a livello cerebrale.
- Nodi veri del cordone ombelicale. Se il nodo è serrato causa stasi vascolare e conseguente ipossia fetale a causa della pressione esercitati sui vasi del cordone.
- Corionamnionite (Infezione delle membrane amnio coriali) e villite (infezione della placenta).
Infezioni a carico delle membrane amnio coriali possono comportare una rottura delle stesse e a sua volta provocare un parto prematuro.
Un bambino nato prima del termine di gravidanza non ha ancora pienamente completato lo sviluppo dei polmoni e ciò provoca una mancanza di ossigeno.
Le infezioni della placenta, invece, possono compromettere la sua funzionalità, limitando il flusso di sangue ossigenato al feto.
- Eccessiva attività contrattile (ipercinesia uterina e tetania uterina). Le contrazioni più intense e prolungate al normale interferiscono con il benessere fetale.
La pressione esercitata dalle pareti dell’utero, le quali si irrigidiscono, durante la contrazione della muscolatura uterina, causa una compressione dei vasi placentari e di conseguenza viene ridotta la perfusione utero placentare e l’apporto di sangue ossigenato al feto.
Se la placenta funziona correttamente, il feto può utilizzare le riserve di ossigeno della placenta per far fronte alla riduzione della perfusione di sangue ossigenato che una contrazione molto intensa comporta.
- Presentazioni anomale del feto. Quando il feto non è posizionato correttamente ovvero con la testa in giù completamente flessa, il travaglio di parto è prolungato considerando che i diametri fetali, nel caso di una presentazione anomala, non si adattano bene con i diametri del bacino materno e il feto non riesce a progredire.
Se il travaglio è prolungato, il feto, per lo stress delle contrazioni uterine, può andare incontro a sofferenza dovuta alla carenza di ossigeno.
- Parto traumatico: l’utilizzo del forcipe o della ventosa ostetrica può causare dei traumi a carico del feto. Questi strumenti sono applicati sulla testa del feto in modo da esercitare su di essa una trazione per favorirne la fuoriuscita e ridurre i tempi del periodo espulsivo.
Se la pressione esercitata da parte di questi strumenti sulla testa del feto è eccessiva, quest’ultimo può subire delle lesioni a carico del cervello le quali possono ostacolare il normale afflusso di sangue ossigenato.
- Emorragia intracranica si sviluppa nel caso di un uso improprio del forcipe o della ventosa. L’emorragia cerebrale provoca una riduzione del flusso di sangue ricco di ossigeno al cervello.
- Uso improprio di ossitocina, ormone responsabile della promozione dell’attività contrattile della muscolatura uterina. Da un uso improprio dell’ossitocina e da una somministrazione con dosaggi elevati deriva un’eccessiva attività contrattile dell’utero e di conseguenza una limitazione, più o meno marcata, dell’apporto di ossigeno al feto.
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
- Sindrome da aspirazione di meconio (contenuto intestinale fetale). Quando il meconio viene secreto dal feto nel liquido amniotico, il feto può respirare questa sostanza la quale provoca un’ostruzione e un’infiammazione del polmone.
Il bambino che ha aspirato meconio presenta una difficoltà respiratoria che non garantisce un’adeguata ossigenazione.
- Gravidanza oltre il termine (dopo la 42esima settimana gestazionale). Verso il termine di gravidanza la placenta comincia a deteriorarsi e quindi il flusso utero placentare non sarà più efficace da garantire l’adeguato apporto di sangue ossigenato al feto.
- Bassa pressione materna (ipotensione). Nel caso di ipotensione materna il sangue ricco di ossigeno che scorre dal compartimento materno a quello fetale potrebbe non essere sufficiente.
Si parla di encefalopatia ipossico ischemica quando il neonato sviluppa danni cerebrali e deficit neurologici a breve e a lungo termine in seguito a una riduzione della sua ossigenazione durante il parto e nel periodo che immediatamente segue la nascita.
La sofferenza cerebrale nel neonato può essere conseguenza sia di un evento ipossico che si verifica in epoca perinatale ovvero la riduzione dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale, sia di un evento ischemico cioè di una ridotta perfusione di sangue a livello cerebrale.
L’encefalopatia ipossico ischemica, se non trattata entro sei ore dall’insulto ipossico/ ischemico con il trattamento ipotermico, può provocare altre lesioni permanenti come la paralisi cerebrale infantile, disturbi dell’apprendimento e del linguaggio, deficit motori e problemi dell’udito e della vista.
Anche in questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, del chirurgo, dell’anestesista o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.