DIAGNOSI PRENATALE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Quando si scopre di essere in gravidanza una delle prime decisioni da prendere è se effettuare o meno il test di diagnosi prenatale.
Come e quando programmare i test di diagnosi prenatale
Per prima cosa è importante chiarire che eseguire un test di diagnosi prenatale non equivale alla garanzia di un figlio sano. Ci sono molteplici aspetti e problematiche che si evidenziano solo con la crescita del nascituro.
I test diagnostici o di screening possono darci risposte in merito alle anomalie dei cromosomi o, in caso di patologie genetiche note, è possibile con la diagnosi invasiva ricercare in modo specifico il gene associato alla patologia stessa.
Nelle coppie “comuni” la scelta di ricorrere o meno a metodiche di diagnosi prenatale è facoltativa, influenzata da fattori diversi quali ad esempio l’età materna.
L’operatore sanitario è tenuto a fornire le informazioni sulle opzioni possibili per permettere alla coppia di scegliere liberamente.
In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Non esiste un automatismo tra errore e risarcimento del danno e neppure che in un caso specifico sussistano tutte le voci di danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. è comunque fondamentale che l’avvocato faccia una disamina ad ampio spettro. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
Quali sono i test di screening ed i test diagnostici
I test di screening, come dice il nome stesso, non fanno diagnosi ma selezionano nella popolazione generale le persone più a rischio di avere le anomalie considerate. Tali test sono il bitest o dual test ed il free DNA su sangue materno.
Il bitest consta di un prelievo del sangue che dosa due sostanze nel sangue materno: la PAPP-A e la BhCG libera; e di un’ecografia transaddominale con cui si misura lo spessore del fluido che si accumula a livello della nuca del feto, e che va eseguita tra 11 e 13 settimane gestazionali.
Questi dati combinati con l’età materna calcolano la probabilità che il feto abbia una cromosomopatia, in particolare 13, 18 e 21.
La ricerca del DNA libero fetale su sangue materno è una metodica abbastanza recente che consta di un prelievo di sangue sul quale viene calcolata la percentuale di DNA fetale presente nel sangue materno, che in caso di alterazioni cromosomiche risulta alterato. In aggiunta rispetto al bitest può valutare alterazioni dei cromosomi sessuali.
La capacità di identificare un feto con cromosomopatie per questi test è di circa il 90-99% rispettivamente, non ci forniscono quindi una diagnosi certa sull’assenza ma non viene in alcun modo messa a rischio la gravidanza.
I testi diagnostici sono generalmente invasivi e sono la villocentesi e l’amniocentesi.
La villocentesi consiste nel prelievo di piccoli frammenti di placenta (i villi coriali, appunto), tramite un ago per via transaddominale sotto guida ecografica, i quali vengono poi messi in coltura e su queste cellule vengono analizzati i cromosomi del feto. Si esegue intorno a 12-13 settimane, comunque non prima di 11 settimane di gravidanza.
L’amniocentesi, invece, consiste nel prelievo di liquido amniotico, anche in questo caso sotto guida ecografica e per via addominale. Nel liquido amniotico sono presenti cellule di sfaldamento della cute fetale che vengono messe in coltura e da cui viene poi ricavato il DNA e si conta il numero dei cromosomi. Si esegue di solito tra 16-17 settimane, ma comunque non prima della 15° settimana.
Quali sono i rischi correlati ai testi di diagnosi prenatale
Il rischio dei test di screening è rappresentato dal fatto che non viene fatta diagnosi di certezza per cui anche un test rassicurante lascia comunque un rischio di mancata diagnosi, seppur minimo.
Le metodiche invasive, invece, comportano un rischio di perdita della gravidanza di circa l’1%.
In caso di villocentesi, inoltre, c’è la possibilità di avere un risultato non univoco: è possibile che vengano rilevate due popolazioni cellulari, una con delle alterazioni e l’altra no. Questa condizione, rara, si chiama mosaicismo ed è legata al fatto che con tale metodica si prelevano cellule placentari.
In caso di mosaicismo sarà necessario eseguire comunque l’amniocentesi per determinare se l’alterazione è a carico del feto o è limitato al tessuto placentare.
Quando si affronta un percorso di diagnosi prenatale bisogna verificare tutte le metodiche scelte dal ginecologo o dai sanitari. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da uno specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi, nell’esecuzione del trattamento sanitario o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’equipe o dell’Ospedale (siano anche una Casa di cura o una Clinica). Essenziale, in questa fase, risulterà la disamina della documentazione medica tra cui gli esami, la cartella clinica e il consenso informato.
Quali sono le complicanze più frequenti dei test diagnostici
In caso di diagnosi invasiva l’accesso in cavità uterina può comportare l’instaurarsi di un processo infettivo (comparsa di febbre, dolori addominali) o il verificarsi della rottura delle membrane amniocoriali (perdita di liquido chiaro dai genitali), da non confondere con la perdita involontaria di urina.
Quali sono gli errori medici più frequenti in caso di diagnosi prenatale
Gli errori più frequenti che il personale medico sanitario può commettere nell’ambito dei test di diagnosi prenatale sono:
- omessa/errata/incorretta informazione da parte dell’operatore sanitario riguardo ai test di diagnosi prenatale disponibili e alle modalità di accesso: in tal caso la coppia potrebbe non eseguire il test perché non a conoscenza delle possibilità a disposizione, programmare l’esecuzione del test ad un’epoca non adeguata oppure optare per un test con aspettative diverse rispetto a quelle che il test può offrire (ad esempio eseguire uno screening dando per certo che l’esito rassicurante equivalga ad un feto cromosomicamente normale oppure eseguire l’amniocentesi e considerare l’assenza di patologie cromosomiche equivalente all’assenza di patologie genetiche);
- errata datazione della gravidanza, cioè la data del parto viene modificata perché il prodotto del concepimento risulta essere più piccolo o più grande, in caso di cicli più brevi o più lunghi o del singolo ciclo diverso dal solito. In caso di gravidanza “più giovane” al momento dell’esecuzione dual test non verrà rispettato il criterio di lunghezza del feto e quindi verrà posticipato l’esame. In caso di feto più grande il rischio è di non essere più nella corretta finestra di esecuzione del test. Ciò pone la coppia nella situazione di eseguire o un test più costoso, il free-DNA, o eventuale diagnosi invasiva con i rischi spiegati precedentemente;
- incorrette informazioni fornite alla coppia riguardo l’esito, in particolar modo per il bitest;
- errore tecnico nell’esecuzione dell’esame invasivo: il rischio di perdita della gravidanza è insito nella procedura, anche se eseguito da operatori esperti.