GRAVIDANZA A RISCHIO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANN
È importante che vengano rilevati i fattori di rischio a inizio gravidanza (ed anche in epoca preconcezionale se possibile).
È inoltre necessario che avvenga una continua rivalutazione del rischio per tutto il corso della gravidanza, poiché in ogni momento possono insorgere delle complicanze che richiedono di dedicare alla gestante una maggiore assistenza.
In caso vengano rilevati dei fattori di rischio va dedicata alla donna una sorveglianza specialistica, per ridurre al minimo la possibilità di incorrere in eventi sfavorevoli.
Per valutare i fattori di rischio deve essere analizzata l’anamnesi familiare della donna (patologie ricorrenti in famiglia), l’anamnesi patologica (patologie croniche presenti o malattie contratte in passato) e l’anamnesi ostetrica (precedenti gravidanze e problemi ginecologici).
Anche in questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici del ginecologo, dell’Ospedale o della Clinica o della Casa di cura, bisognerà valutare l’eventuale colpa ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Quali sono i fattori di rischio per una gravidanza
I fattori di rischio per la gravidanza, relativi all’anamnesi familiare sono:
- patologie genetiche nella famiglia della madre o del padre del bambino (ad esempio Sindrome di Down o fibrosi cistica);
- patologie croniche in famiglia (ad esempio diabete o ipertensione in parenti di primo o secondo grado);
- malformazioni congenite;
- patologie psichiatriche tra i familiari.
I fattori di rischio per la gravidanza, relativi all’anamnesi personale sono:
- età materna superiore a 40 anni;
- età materna inferiore a 16 anni;
- indice di massa corporeo inferiore a 18 kg/m2;
- indice di massa corporeo superiore a 35 kg/m2;
- abuso di alcolici o sostanze stupefacenti;
- patologie materne di altro tipo (ad esempio ipertensione, cardiopatie, diabete, disturbi tiroidei, emoglobinopatie, epatopatie, disturbi epilettici, malattie psichiatriche);
- assunzione cronica di farmaci.
I fattori di rischio per la gravidanza, relativi all’anamnesi ostetrica:
- gravidanza multipla (gemellare);
- aborti ricorrenti nelle precedenti gravidanze;
- morte endouterina o neonatale in una pregressa gravidanza;
- pregressa sindrome preeclamptica o eclamptica o HELLP;
- precedente diabete gestazionale;
- precedente neonato di peso inferiore a 2500 g alla nascita;
- precedente neonato di peso superiore a 4500 g alla nascita;
- precedente parto pretermine;
- malformazioni fetali/neonatali in una gravidanza precedente;
- patologie placentari in una gravidanza pregressa;
- pregressa chirurgia uterina;
- concepimento avvenuto con procreazione medicalmente assistita;
- infezioni dell’apparato genitale.
I rischi di una gravidanza multipla (gemellare)
La gravidanza multipla è quella in cui vi sono due o più gemelli; è una situazione che si presente nel 3-4% di tutte le gravidanze, una percentuale che negli ultimi trent’anni è aumentata drasticamente, probabilmente a causa dell’aumento dell’età materna media e per il maggiore riscorso alle tecniche di procreazione assistita.
I gemelli possono essere dizigoti, cioè derivati da due cellule uovo e due spermatozoi, o monozigoti, cioè derivati dalla scissione di una cellula uovo e uno spermatozoo.
Una definizione importante che il ginecologo deve stabilire all’inizio della gravidanza, è quella di corionicità e amnionicità, cioè se i gemelli condividono la stessa placenta, se condividono lo stesso sacco amniotico, o se dispongono ciascuno di una propria placenta e un proprio sacco amniotico.
È importante che questi fattori vengano analizzati con attenzioni poiché in base alla diagnosi di amnionicità e corionicità la donna deve essere indirizzata in percorsi assistenziali differenti.
La gravidanza gemellare necessita di una maggiore attenzione medica, poiché sia la madre che i feti sono maggiormente esposti a rischi nel corso della gestazione.
Anche il momento del parto deve essere pianificato in anticipo e discusso con la donna, valutando i rischi dello specifico caso e la condotta assistenziale da seguire, a seconda della situazione clinica e delle esigenze materne.
La donna con gravidanza gemellare è da tenere sotto più stretto monitoraggio rispetto alla gravidanza singola, perché presente maggiori rischi di:
- ipertensione e preeclampsia;
- diabete gestazionale;
- colestasi gravidica;
- infezioni genito-urinarie;
- disturbi tiroidei;
- anemia;
- eccessivo incremento ponderale.
Anche i feti sono maggiormente esposti al rischio di:
- malformazione;
- restrizione di crescita intrauterina (IUGR);
- parto pretermine;
- nelle gravidanze monocoriali può presentarsi la sindrome da trasfusione feto-fetale (TTTS).
Per evitare questi eventi avversi, è necessario che i professionisti sanitari sottopongano la donna con gravidanza gemellare a controlli più frequenti e specifici, come ad esempio alla cervicometria ecografica per predire il rischio di parto prematuro, a controlli ecografici seriati per valutare l’accrescimento dei feti e la presenza di malformazioni, o a frequenti rilevazioni della pressione arteriosa e del peso corporeo per evitare le complicanze materne.
La responsabilità del ginecologo o dell’ostetrica potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dal mancato riconoscimento precoce della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non tempestive.
Fattori di rischio in caso di aborti ricorrenti in precedenti gravidanze
L’aborto è la complicanza gestazionale più frequente ed avviene quando la gravidanza si interrompe spontaneamente prima delle 22-24 settimane di gestazione.
È difficile stabilire quante gravidanze esitino in un aborto spontaneo, poiché questo può avvenire anche in epoche gestazionali molto precoci, prima che la gravidanza venga identificata, ma si stima che questo evento si presenti in circa il 15% di tutte le gravidanze.
Solitamente l’aborto è un evento sporadico, ma se si presenta per più di due volte consecutive (aborto ricorrente) può indicare delle problematiche specifiche e che necessitano di un maggiore approfondimento, per offrire alla donna la possibilità di avere una gravidanza regolare e la nascita di un bambino sano.
È possibile suddividere le cause dell’aborto spontaneo in cause embrionali/fetali e cause materne.
Le cause embrionali/fetali sono le più comuni responsabili di un aborto spontaneo e sono principalmente correlate con anomalie genetiche; le anomalie genetiche (numeriche, strutturali o mosaicismi) portano nella maggior parte dei casi all’interruzione della gravidanza in epoche precoci.
Le cause materne sono variabili e spesso possono concorrere. Una patologia sistemica, come il diabete, un disordine tiroideo, altre patologie endocrine o un disordine coagulativo possono essere identificati ma è difficile attribuirvi con certezza la totale responsabilità dell’aborto.
Le anomalie del tratto genitale possono essere facilmente diagnosticabili e in molti casi corrette in vista di una gravidanza successiva; i fattori infettivi sono molte volte riconducibili all’aborto spontaneo, in particolare quello tardivo; i fattori autoimmuni e alloiummuni sono spesso responsabili di aborti spontanei ricorrenti ma più difficilmente identificabili.
L’incontinenza cervicale può essere causa di aborti dopo il primo trimestre, ma è possibile trattarla nella gravidanza successiva se viene diagnosticata.
Quando una donna in gravidanza riferisce una abortività ricorrente nelle gravidanze precedenti, il professionista sanitario deve indagare se è stata individuata una diagnosi, se la donna si è sottoposta a cure mediche e se è possibile intraprendere un percorso assistenziale specifico per impedire che questo evento nefasto si verifichi nuovamente nella presente gravidanza.
Fattori di rischio in caso di morte endouterina fetale in una precedente gravidanza
La morte endouterina fetale si verifica quando avviene il decesso di un feto ancora in utero e distingue dall’aborto perché avviene in epoche gestazionali superiore, con un feto che ha raggiunto un peso di 500 grammi.
La morte endouterina fetale in una precedente gravidanza deve essere considerata un fattore di rischio nella gravidanza successiva, perché l’evento sfavorevole che ne è stato causa potrebbe ripresentarsi.
Inoltre, l’operatore sanitario di riferimento per la donna deve considerare anche l’enorme impatto emotivo che un’esperienza precedente di morte endouterina può avere sulla gravidanza successiva e valutare la necessità di un supporto psicologico specifico.
Alcune cause di morte endouterina fetale possono essere:
- anomalie placentari;
- insufficienza utero–placentare;
- infezioni fetali;
- incontinenza cervicale;
- anomalie del funicolo ombelicale;
- malformazioni congenite;
- sindromi genetiche;
- malattia emolitica.
La causa della morte endouterina fetale può essere legata ad una condizione clinica materna, come:
- infezione;
- ipertensione o preeclampsia;
- diabete;
- disturbi coagulativi;
- patologie sistemiche.
Se ricercando i fattori di rischio in gravidanza, il professionista sanitario riscontra una precedente esperienza di morte endouterina fetale, deve indagare se fosse stata identificata la causa dello sfortunato evento e valutare se è possibile che ciò si ripeta.
Il professionista è tenuto a indirizzare la donna verso un percorso assistenziale di maggiore intensità di cure se necessario e a proporre, se disponibili, tutti gli strumenti di diagnosi e terapeutici che possono impedire che l’evento si ripeta e che la gravidanza corrente venga messa a rischio.
In caso di morte del feto, pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (genitori, fratello/sorella, nonni, eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato al decesso e se c’erano effettive possibilità di guarigione. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato o ad uno studio legale specializzati in responsabilità medica, bisogna capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità della struttura ospedaliera o del ginecologo o dell’ostetrica.
Fattori di rischio in caso di ipertensione
L’ipertensione è una complicanza comune in gravidanza ma che può dare esiti severi sul percorso della gestazione.
Questa condizione può essere presente già prima della gravidanza o può presentarsi prima della ventesima settimana di gestazione, prendendo il nome di ipertensione cronica.
Se invece si manifesta solo dopo la ventesima settimana di età gestazionale viene chiamata ipertensione gestazionale e in genere si risolve autonomamente dopo il parto.
Si pone diagnosi di ipertensione gestazionale quando in due occasioni differenti, a distanza di almeno 6 ore, si rileva una pressione arteriosa con valore diastolico (minima) superiore a 90 mmhg e valore sistolico (massima) superiore a 140 mmhg.
L’ipertensione in gravidanza può provocare un parto prematuro oppure scatenare gravi complicanze placentari, come il distacco intempestivo di placenta, o una diminuzione della perfusione placentare, con una conseguente riduzione della crescita fetale.
L’ipertensione gestazionale, in concomitanza con la proteinuria (presenza di proteine nelle urine superiore a 290 mg/l), indica la preeclampsia, una complicanza della gestazione che se non trattata può scatenare l’eclampsia (anche detta gestosi); legata alla presenza di ipertensione è anche la sindrome HELLP con gravissimi rischi per la madre e il bambino.
Per evitare i rischi correlati all’ipertensione gestazionale, è necessario che la pressione arteriosa della donna in gravidanza venga monitorata regolarmente, in genere ad ogni incontro con il medico o bilancio di salute.
Se viene rilevata un valore pressorio patologico o al limite, è appropriato aumentare la frequenza delle rilevazioni, anche quotidianamente o più volte al giorno; inoltre va valutata la necessità di una terapia antipertensiva o di cure specifiche.
Un’attenzione particolare va rivolta alle donne che presentano fattori di rischio per l’ipertensione, quali:
- ipertensione gestazionale o preeclampsia in una precedente gravidanza;
- diabete mellito o diabete gestazionale;
- obesità;
- età superiore a 40 anni;
- gravidanza gemellare;
- distacco intempestivo di placenta o ritardo di crescita fetale in una gravidanza precedente.
Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del ginecologo o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze.
Fattori di rischio in caso di diabete
Il diabete è una patologia che ricorre spesso in gravidanza e che determina degli elevati livelli di glucosio nel sangue.
Questo avviene perché l’insulina, l’ormone deputato al consumo dello zucchero a favore dei processi energetici, non viene prodotta in quantità adeguata dall’organismo o non viene utilizzata correttamente.
Questa condizione coinvolge una piccola parte della popolazione e può essere nota già prima della gravidanza, tuttavia in molti casi la patologia si presenta esclusivamente nel periodo della gestazione, per poi sparire al termine della gravidanza.
Quest’ultima forma patologica è nota con il nome di diabete gestazionale e, come il diabete pregravidico, può influenzare gravemente l’esito della gravidanza. È quindi essenziale che il diabete venga diagnosticato tempestivamente e trattato in maniera appropriata.