COMPLICANZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE/NOSOCOMIALI: LE ENDOCARDITI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
L’endocardite è un’infezione che coinvolge il rivestimento del cuore noto come endocardio. L’endocardite può essere una complicanza delle infezioni ospedaliere. Il tempestivo riconoscimento dell’endocardite è fondamentale per intraprendere un trattamento ottimale. In assenza di una diagnosi e di un trattamento adeguato e tempestivo il paziente con endocardite può andare in contro ad altre complicanze che aumentano il rischio di morbilità e mortalità.
Un errore dei medici, degli infermieri o dei dipendenti dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi dell’endocardite potrebbe portare, nei casi più gravi, anche al decesso del paziente (morte per endocardite) che costituisce la lesione maggiore del bene giuridico della vita. In questi casi anche i familiari e parenti del paziente vittima di malasanità potrebbero avere diritto al risarcimento del danno, in particolare la moglie/il marito (il convivente more uxorio o il partner convivente) i genitori, il figlio o la figlia, i fratelli o le sorelle o gli eredi con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
Cosa è l’endocardite e quali sono le sue complicanze
L’endocardite è un processo infettivo che può interessare le valvole del cuore, le pareti degli atri e dei ventricoli e può coinvolgere il tessuto che riveste i vasi arteriosi (endotelio).
Il cuore è formato da quattro camere (due atri e due ventricoli) e da quattro valvole. L’atrio e il ventricolo di destra comunicano attraverso una valvola tricuspide e la valvola polmonare controlla il flusso di sangue dal ventricolo di destra all’arteria polmonare, mentre l’atrio e il ventricolo di sinistra comunicano attraverso la valvola bicuspide (o mitralica) e la valvola aortica controlla il flusso sanguigno dal ventricolo di sinistra al resto del corpo.
Il sangue poco ossigenato dal resto del corpo viene immesso dalle vene cave superiori e inferiori all’atrio di destra. Dall’atrio destro, attraverso la valvola tricuspide, il sangue povero di ossigeno passa al ventricolo di destra attraverso la valvola tricuspide e dal ventricolo destro giunge alla circolazione polmonare, dove verrà rifornito di ossigeno, attraverso la valvola polmonare; dopodiché il sangue ossigenato, dai polmoni, giunge attraverso le vene polmonari all’atrio di sinistra, di conseguenza passa al ventricolo di sinistra attraverso la valvola mitralica e da qui il sangue ricco di ossigeno viene distribuito a tutto l’organismo dall’arteria aorta che comunica con il ventricolo di sinistra attraverso la valvola aortica.
Le valvole cardiache hanno lo scopo di evitare il reflusso di sangue: permettono il passaggio di sangue dagli atri ai ventricoli e dai ventricoli alle arterie ma impediscono che il sangue una volta giunto ai ventricoli torni negli atri o che dalle arterie refluisca ai ventricoli. La circolazione sanguigna è quindi unidirezionale.
Nel caso di infezione delle valvole cardiache queste subiscono delle alterazioni funzionali e morfologiche e di conseguenza si può assistere ad un sovraccarico delle cavità cardiache e ad un reflusso di sangue dai ventricoli agli atri e delle arterie ai ventricoli; si assiste quindi ad un’insufficienza cardiaca che comporta un altro rischio di decesso.
Nell’endocardio (la membrana che riveste le cavità cardiache) possono insediarsi i batteri che si annidano in delle escrescenze formate da materiale fibroso; da questi possono staccarsi dei frammenti che attraverso la circolazione sanguigna possono raggiungere altri organi e apparati ai quali viene diffusa l’infezione. Questo fenomeno è noto come embolia settica.
La responsabilità dei medici, del cardiologo o degli infermieri e quindi dell’Ospedale o della Clinica, della Casa di cura o del Pronto Soccorso potrebbe derivare non solo dall’insorgenza dell’endocardite ma anche dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento di una precedente infezione o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive o inefficaci o prescrivendo cure non adatte (ad esempio con antibiotici refrattari al batterio che ha colonizzato il cuore). In questo caso la colpa medica può far sorgere il diritto del paziente al risarcimento dei danni patiti.
Come si prende l’endocardite
L’endocardite insorge quando microrganismi patogeni responsabili di un’infezione in altre parti del corpo raggiungono il cuore dopo aver invaso il circolo ematico.
Anche un’infezione della circolazione sanguigna stessa, come ad esempio, quelle correlate ai cateteri vascolari possono provocare l’endocardite.
L’insorgenza di endocardite può essere provocata da:
- il posizionamento di cateteri vascolari contaminati;
- la somministrazione attraverso catetere vascolare di soluzioni o farmaci non sterili;
- l’inadeguata disinfezione della cute prima del posizionamento del catetere vascolare;
- la mancata sostituzione del catetere vascolare quando indicato;
- la mancata rimozione quando si sospetta un’infezione del catetere vascolare stesso;
- l’inadeguata gestione del catetere vascolare.
L’endocardite può essere conseguenza di un’infezione che si può contrarre in ambiente ospedaliero o assistenziale in seguito all’utilizzo di materiale infetto, dalla mancata osservanza di norme igieniche da parte del personale sanitario e di protocolli e inosservanza dell’asepsi.
Proprio perché l’endocardite può essere una complicanza delle infezioni ospedaliere è necessario che le strutture sanitarie agiscano per prevenire quest’ultime. In caso contrario potrebbero essere individuati dei profili di responsabilità in capo alla struttura ospedaliera che avrebbe dovuto seguire la formazione del personale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni occorsi al paziente. È importante sapere, infatti, che le carenze organizzative o di personale o la mancata organizzazione dei corsi di formazione per il personale sono problemi della struttura ospedaliera che possono provocare casi di malasanità con conseguente obbligo di risarcimento dei danni per la vittima e i suoi familiari.
Il rischio di contrarre un’infezione aumenta se:
- vengono utilizzati strumenti infetti per l’esecuzione di procedure invasive;
- non si rispetta l’asepsi e la sterilità;
- non viene praticata l’igiene delle mani da parte del personale sanitario prima e dopo aver prestato assistenza al paziente;
- vengono utilizzati cateteri vescicali o vascolari non sterili;
- non vengono sanificati frequentemente gli ambienti;
- non vengono isolati i pazienti che presentano un’infezione ad alto rischio di trasmissibilità;
- non viene eseguita la disinfezione dei presidi medici e dei macchinari.
I sintomi dell’endocardite
L’endocardite può avere un decorso aggressivo o lento con dei sintomi che possono essere specifici.
L’endocardite può manifestarsi con:
- febbre;
- brividi;
- astenia;
- scompenso cardiaco;
- difficoltà respiratorie;
- dolore toracico.
I sintomi possono anche non riguardare il cuore stesso e questi si manifestano in seguito alla localizzazione di emboli settici ovvero quando frammenti di materiale fibroso in cui sono presenti i batteri dal cuore migrano attraverso la circolazione sanguigna verso altri organi e tessuti con conseguente diffusione dell’infezione.
Questi sintomi possono ritardare la diagnosi perché possono essere confusi con la sintomatologia tipica di altre patologie. È bene precisare, quindi, che il semplice verificarsi dell’endocardite non genera un automatismo nel risarcimento del danno se il medico ha agito in modo diligente e adeguato, oltre che secondo tutte le prassi della scienza medica.
I sintomi extracardiaci dell’endocardite possono essere:
- disturbi visivi;
- ictus;
- dolori addominali;
- ischemie;
- infarto miocardico;
- dolori articolari;
- noduli cutanei rossi e dolenti;
- presenza di sangue nelle urine (ematuria).
Il medico legale, con l’assistenza dell’avvocato specializzato in malasanità, deve esaminare tutta la documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. Il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia. Per la perizia medico legale da endocardite potrebbe essere utile chiedere anche la cartella clinica, e in caso di decesso l’autopsia (relazione perizia medico legale per morte da endocardite). L’autopsia è un esame che viene fatto subito dopo la morte del paziente (esame autoptico). L’autopsia non viene però rilasciata subito, a volte dopo diversi mesi dalla morte per endocardite e si deve fare una specifica domanda all’Ospedale.
Le diagnosi dell’endocardite
L’endocardite può essere sospettata quando in presenza di febbre il paziente presenta un soffio cardiaco di nuova comparsa che è possibile auscultare attraverso fonendoscopio. Il soffio cardiaco rappresenta un malfunzionamento delle valvole cardiache e viene riconosciuto quando con l’auscultazione si sente una turbolenza del flusso sanguigno.
In presenza di sospetto di endocardite la diagnosi può essere approfondita con gli esami del sangue. Con gli esami del sangue è possibile analizzare gli indici di flogosi il cui loro aumento nel sangue è indice di infezione (globuli bianchi, proteina C reattiva, pro-calcitonina).
Attraverso le emocolture è invece possibile isolare eventuali microrganismi patogeni responsabili dell’infezione stessa. Le emocolture consistono nel prelievo di sangue venoso con delle provette in cui sono presenti dei terreni di coltura, uno per microrganismi anaerobi e l’altro per microrganismi anaerobi.
Un’altra tecnica che permette di confermare la diagnosi di endocardite è l’ecocardiogramma.
L’ecocardiogramma è una tecnica di imaging che consente di visualizzare la struttura del cuore e la funzione delle camere cardiache e delle valvole poggiando una sonda in corrispondenza del torace che si serve di ultrasuoni e proietta su uno schermo le immagini.
Anche attraverso l’elettrocardiogramma, tecnica che permette di registrare l’attività elettrica del cuore, è possibile rilevare eventuali anomalie del ritmo cardiaco.
L’RX torace può dare informazioni circa l’ingrandimento del cuore e la presenza di focolai di infezione polmonare.
La TAC infine è utile per la ricerca di eventuali localizzazioni dell’infezione extracardiache.
La mancata prescrizione di questi esami essenziali o il mancato trattamento dell’endocardite preventivo potrebbero costituire errori medici del cardiologo o dell’infettivologo o dai medici dell’ospedale: simili omissioni, infatti, potrebbero impedire la diagnosi efficace dell’endocardite o della sottostante infezione e potrebbero far sorgere complicanze gravi, e un aggravamento per il paziente e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato specializzato in malasanità.
Il trattamento dell’endocardite
L’endocardite, come tutte le altre infezioni, può essere trattata con la somministrazione di antibiotici. La terapia antibiotica deve essere mirata e deve basarsi sui risultati delle emocolture; si deve quindi scegliere l’antibiotico più efficace nel debellare il microrganismo patogeno responsabile del processo infettivo.
Nel caso in cui si è alla presenza di un danno cardiaco a livello delle valvole è necessario il ricorso alla chirurgia per sostituire la valvola o per riparare eventuali complicanze.
La prescrizione di farmaci controindicati in caso di endocardite o di antibiotici resistenti costituisce una negligenza del medico che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti. Essere seguiti da un avvocato specializzato in risarcimento malasanità potrebbe essere importante per tutelare al meglio i propri diritti, e quelli dei propri familiari o eredi in caso di morte da endocardite o infezione ospedaliera.
L’endocardite ed errori medici
Gli errori medici che causano l’endocardite possono essere:
- mancata osservanza di norme igieniche da parte del personale sanitario;
- utilizzo di materiale infetto per le procedure invasive;
- inosservanza dei protocolli e delle linee guida per la prevenzione delle infezioni ospedaliere;
- errata interpretazione degli esami del sangue, dell’elettrocardiogramma, dell’ecocardiogramma, dell’RX torace e della TAC;
- errata esecuzione degli esami del sangue e delle emocolture;
- mancato ricorso alle tecniche diagnostiche per confermare la diagnosi di endocardite;
- terapia errata;
- trattamento intempestivo dell’endocardite;
- trattamento intempestivo ed errato delle infezioni ospedaliere in quanto possono essere causa di endocardite;
- inadeguata disinfezione dei presidi medici e dei macchinari;
- inosservanza dell’asepsi per il posizionamento di cateteri vescicali e vascolari;
- mancata diagnosi o diagnosi tardiva di endocardite;
- mancato riconoscimento dei sintomi di endocardite;
- mancato ricorso alla chirurgia per il trattamento dell’endocardite quando necessario;
- errori durante l’esecuzione dell’intervento chirurgico nel sostituire la valvola mal funzionante o nella riparazione delle complicanze;
- mancato riconoscimento di soffio cardiaco attraverso l’auscultazione cardiaca;
- mancata ricerca di localizzazioni di infezioni extra cardiache con la TAC dopo aver fatto diagnosi di endocardite.
Nel caso in cui venissero commessi errori nello svolgimento degli approfondimenti diagnostici (perdita o deterioramento della provetta del sangue, malfunzionamento del macchinario per la TAC o i raggi X, erronea lettura degli esiti ecc.) si può configurare una responsabilità del medico ma, in modo più evidente, della struttura sanitaria: le carenze strutturali o la mancanza di personale o i problemi di organizzazione della struttura ospedaliera o il mancato funzionamento del macchinari per deterioramento degli stessi o mancata manutenzione possono provocare casi di malasanità con conseguente obbligo di risarcimento dei danni per la vittima e i suoi familiari.
Risarcimento dei danni in caso di endocardite da infezione nosocomiale/ospedaliera
In caso di contagio da infezioni nosocomiali che causano endocardite potrebbero insorgere per i pazienti anche gravi complicanze e relativi danni quali:
- il danno non patrimoniale all’interno del quale troviamo il danno biologico (ricompreso nella categoria del danno non patrimoniale) per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato che è stato infettato per cause nosocomiali (che si calcola nella perizia medico legale attraverso la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea) ma anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini);
- il danno patrimoniale, ossia danni economici da lucro cessante (ossia il c.d. mancato guadagno) o danno emergente (ossia la spesa economica effettuata direttamente) ma, anche, le spese future. Per il riconoscimento di questa voce di danno sarà opportuno conservare scontrini, fatture, dichiarazioni dei redditi ecc. così da poter effettuare analitiche analisi economiche;
- il danno da perdita parentale nel caso in cui l’azione per il risarcimento da endocardite per infezione nosocomiale è proposta da un parente (madre, padre, marito, moglie, convivente, partner, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. In questo caso può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita.
Il danno potrà anche subire una personalizzazione in relazione, per esempio, all’età, al lavoro del soggetto o all’attività sportiva praticata o i suoi hobbies ma anche in base alle sofferenze morali ed ai cambiamenti occorsi alla sua vita di tutti i giorni.
È importante sapere che molte voci di danno potranno essere chieste sia dalla paziente che dai familiari (moglie/marito/madre/padre/figlio/figlia/sorella/fratello ecc.) ed anche in caso di morte della persona malata.
L’azione può essere proposta anche da un parente (madre, padre, marito, moglie, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità per mancato o tardivo riconoscimento di endocardite da infezione nosocomiale. Ad esempio potrebbe essere chiesto il ristoro per il danno da perdita parentale (importo determinabile in base a grado di parentela), potrebbe essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il tuo parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita, ma, potrebbe anche essere chiesta la liquidazione del danno fisico e morale patito dal familiare prima di morire, durante la sfortunata agonia.
I danni che ciascun parente subisce in prima persona vengono definiti danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare che ha visto morire il proprio caro. I danni patiti dal defunto, invece, possono essere definiti “indiretti” e vengono chiamati danni iure hereditatis. La modalità di prova e liquidazione delle due tipologie di danno è molto simile ma è determinante sapere che il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è sempre di 5 anni dal decesso, mentre quelli “ereditati” possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale.