INFEZIONI OSPEDALIERE/NOSOCOMIALI DEL SANGUE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Le infezioni ospedaliere/nosocomiali del sangue sono associata all’uso sempre più frequente di cateteri intravascolari, posizionati durante il ricovero per la somministrazione di farmaci, liquidi, derivati del sangue e per la nutrizione parenterale (infusione di soluzioni contenenti nutrienti direttamente nel sangue) ma anche per il monitoraggio dello stato emodinamico del paziente. I batteri attraverso il catetere possono giungere nel circolo sanguigno, invadere uno o più organi o apparati. In questi casi l’infezione può diffondersi a diversi sedi dell’organismo e di conseguenza provocare un danno multiorgano e, di conseguenza, provocare al paziente gravi lesioni e danni anche, ad esempio, da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente (morte per infezione del sangue o della circolazione sanguigna), o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico per infezione del sangue o di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica che, con l’aiuto di un medico legale o di un medico specialista, possa valutare l’esistenza di profili di responsabilità per il medico o la struttura sanitaria e, conseguentemente, il diritto al risarcimento dei danni per il paziente e i suoi familiari.
Infezioni ospedaliere e nosocomiali: cosa sono e quali sono i soggetti a rischio
Le infezioni ospedaliere sono quelle infezioni che vengono contratte durante il ricovero in ospedale a causa della mancanza di igiene e dall’inappropriata esecuzione da parte del personale sanitario delle procedure assistenziali. Le infezioni ospedaliere se non trattate tempestivamente aumentano notevolmente il rischio di mortalità e morbilità del paziente che le ha contratte.
Per parlare di infezioni ospedaliere il paziente, al momento del ricovero in ospedale, non deve presentare alcuna infezione, nemmeno in periodo di incubazione. Le infezioni ospedaliere si possono manifestare anche dopo giorni dalla dimissione.
Oltre le infezioni del sangue, le infezioni ospedaliere comprendono anche le infezioni delle vie urinarie, delle vie polmonare e della ferita chirurgica.
Sono più a rischio di contrarre un’infezione ospedaliere del sangue:
- i pazienti con basse difese immunitarie;
- i pazienti ai quali è stato posizionato un catetere venoso periferico o centrale;
- i pazienti ricoverati in terapia intensiva;
- i neonati nati prima del termine di gravidanza;
- i neonati con basso peso alla nascita;
- i pazienti la cui degenza è prolungata;
- i pazienti anziani;
- i pazienti con malattie debilitanti
Le infezioni contratte in ospedale son più gravi rispetto alle infezioni comunitarie poiché sostenute da microrganismi patogeni di cui la maggior parte ha acquisiti una resistenza nei confronti di uno o più antibiotici. Per evitare il fenomeno dell’antibiotico resistenza si deve evitare la somministrazione di antibiotici quando non indicato.
La prescrizione di farmaci controindicati o generici, ossia non opportunamente scelti a valutati a seguito dell’antibiogramma, in caso di infezioni nosocomiali del sangue costituisce una negligenza del medico/dello specialista/del personale dell’ospedale che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti. Essere seguiti da un avvocato specializzato in risarcimento malasanità potrebbe essere importante per tutelare al meglio i propri diritti, e quelli dei propri cari.
Come si contraggono le infezioni ospedaliere/nosocomiali del sangue
I microrganismi responsabile delle infezioni ospedaliere del sangue sono:
- Stafilococchi coagulasi negativi;
- Staphylococcus epidermis (i più frequenti);
- Staphylococcus aureus;
- Enterococchi;
- Batteri gram negativi (meno frequenti, responsabili delle infezioni associate al monitoraggio della pressione e alla contaminazione delle sostanze che vengono infuse per via endovenosa attraverso i cateteri vascolari).
Le infezioni ospedaliere del sangue possono insorgere in seguito alla colonizzazione da parte di microrganismi patogeni del catetere vascolare. Questo si verifica generalmente se il catetere vascolare rimane in sede per un periodo di tempo prolungato ovvero più di un mese.
Per evitare che si verifichi la colonizzazione del catetere vascolare è fondamentale che il professionista sanitario che lo posiziona rispetti l’asepsi:
- il catetere vascolare utilizzato deve essere sterile: l’involucro che lo contiene deve essere integro e correttamente sigillato, quando si apre l’involucro la punta del catetere vascolare non deve venire a contatto con altre superfici o con le mani del personale che possono essere contaminate. Il catetere deve essere impugnato esclusivamente dall’estremità distale;
- prima di procedere al posizionamento del catetere il professionista sanitario deve praticare l’igiene delle mani e indossare i guanti;
- prima di inserire il catetere vascolare si deve provvedere alla disinfezione della cute del paziente poiché potrebbe essere contaminata e questi microrganismi, una volta inserito il catetere vascolare, possono colonizzare direttamente la circolazione sanguigna nella quale penetrano coadiuvati dalla punta del catetere vascolare stesso.
Le infezioni ospedaliere del sangue possono anche verificarsi per effetto della contaminazione dei liquidi e delle sostanze che vengono infuse attraverso il catetere vascolare.
Prima di infondere sostanza per via endovenosa si deve quindi verificare la sterilità delle sostanze infuse, la loro scadenza e che queste siano state conservate in degli ambienti idonei. Il rischio di contaminazione è elevato in corso di nutrizione parenterale ovvero quando attraverso il catetere venoso vengono somministrate sostanze contenenti nutrienti poiché quest’ultime possono essere facilmente contaminate da microrganismi patogeni considerata la suscettibilità dei lipidi in esse contenute.
La contaminazione dei liquidi e delle sostanze infuse è meno frequente rispetto alla colonizzazione del catetere vascolare che rappresenta invece la principale causa di infezione ospedaliera del sangue.
Anche il materiale con cui è fatto il catetere vascolare è un fattore che condiziona la sua contaminazione da parte dei microrganismi patogeni e quindi l’insorgenza dell’infezione: i microrganismi aderiscono con difficoltà ai cateteri in polietilene e in cloruro di polivinile e con più facilità ai cateteri con superfici irregolari.
I cateteri posizionati nelle vene degli arti superiori si associano ad un minore rischio di infezioni del sangue; il rischio è invece maggiore per i cateteri posizionati negli arti inferiori.
Rispetto ai cateteri vascolari periferici, i quali si posizionano generalmente delle vene degli arti superiori e inferiori, i cateteri venosi centrali (inseriti attraverso la vena succlavia o la vena giugulare, che si trovano in prossimità del collo) si associano ad un rischio maggiore di infezioni del sangue.
I cateteri vascolari, oltre per la somministrazione di sostanze, liquidi, sostituiti del sangue e farmaci, possono essere anche utilizzati per il monitoraggio della pressione arteriosa o per i prelievi di campioni di sangue; in questo ultimo caso il paziente è più a rischio di contrarre un’infezione del sangue.
È opportuno ricordare che in caso di trasmissione di infezioni nosocomiali del sangue (cioè durante la degenza ospedaliera o durante lo svolgimento di una visita) potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni all’Ospedale che è responsabile della carenza organizzativa per la colonizzazione del catetere vascolare o per la contaminazione dei liquidi infusi o se il personale medico dovesse commettere degli errori (potrebbe sbagliare, confondersi, essere negligente ecc.).
La diagnosi e il trattamento delle infezioni ospedaliere del sangue
L’infezione del sangue si manifesta principalmente con la febbre. In presenza di infezione gli esami del sangue mostrano un aumento degli indici di flogosi: globuli bianchi, proteina C reattiva (PCR) e procalcitonina.
Nel caso in cui il clinico sospetti un’infezione del sangue deve prescrivere immediatamente l’emocoltura. L’emocoltura consiste in un prelievo di sangue venoso attraverso due apposite provette contenenti terreni di coltura, una per microrganismi aerobi e l’altra per microrganismi anaerobi.
Per eseguire questo prelievo deve essere eseguita la disinfezione della cute e si deve evitare di toccare il punto dove si è deciso di eseguire il prelievo dopo averlo deterso e la parte prossimale della provetta. Deve essere deterso, a distanza di alcuni minuti, un altro prelievo venoso con altre due provette nuove.
I campioni di sangue raccolti attraverso le due provette vengono analizzati in laboratorio e da questi vengono isolati eventuali batteri presenti nel sangue.
I batteri, una volta isolati, vengono sottoposti all’antibiogramma, una tecnica che permette di rilevare a quali antibiotici è sensibile e quali è resistente il batterio in questione.
L’antibiogramma aiuta il medico nella scelta dell’antibiotico più idoneo a debellare il microrganismo patogeno che ha provocato l’infezione.
Il trattamento dell’infezione del sangue deve essere tempestivo e prevede la somministrazione di antibiotici. In presenza di un’infezione del sangue sarà opportuno anche rimuovere i cateteri vascolari, a maggior ragione se questi non sono più utilizzati o se sono dislocati e quindi non funzionanti.
Potrebbe anche essere riconosciuta la colpa medica o la responsabilità dell’Ospedale, qualora il medico proceda alla prescrizione di una determinata cura antibiotica per la cura dell’infezione del sangue senza aver prima fatto approfonditi esami, o qualora abbia proceduto con negligenza, imperizia o imprudenza: anche in questi casi potrebbe sorgere il diritto del paziente di chiedere il risarcimento dei danni patiti.
Le complicanze delle infezioni ospedaliere/nosocomiali del sangue e gli errori medici
La presenza di un’importante carica batterica nella circolazione sanguigna (batteriemia) per un periodo di tempo prolungato, soprattutto nei pazienti che hanno delle basse difese immunitarie, può dare origine ad altre infezioni e a delle gravi complicanze quali la sepsi, lo shock settico e la morte del paziente, soprattutto se il trattamento dell’infezione da parte dei professionisti sanitari non è tempestivo.
In questa fase risulterà fondamentale l’esame della documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia. Per la perizia medico legale a seguito di infezione nosocomiale al sangue potrebbe essere utile chiedere anche la cartella clinica, e in caso di decesso l’autopsia (relazione perizia medico legale a seguito di infezione nosocomiale al sangue). L’autopsia è un esame che viene fatto subito dopo la morte del paziente (esame autoptico). L’autopsia non viene però rilasciata subito, a volte dopo diversi mesi dalla morte da infezione nosocomiale al sangue. Per avere l’autopsia da infezione nosocomiale al sangue si deve fare una specifica domanda all’Ospedale.
Attraverso la circolazione sanguigna, i microrganismi patogeni che colonizzano il sangue, possono giungere a diversi organi o apparati provocando un’infezione di quest’ultimi come:
- meningite (infezione delle membrane che proteggono il sistema nervoso centrale);
- osteomielite (Infezione delle ossa);
- endocardite (infezione delle cellule del cuore);
- artrite (articolazioni).
La sepsi, complicanza di un’infezione del sangue, è la risposta dell’organismo all’infezione e si associa ad un danno multiorgano; si assiste quindi alla perdita delle funzioni degli organi e degli apparati, condizione che determina progressivamente un aggravamento delle condizioni cliniche del paziente sino al decesso.
Se il paziente presenta un grave abbassamento della pressione arteriosa nonostante la somministrazione di liquidi per via endovenosa per aumentarla, si parla di shock settico che è letale: se la pressione è troppo bassa gli organi riceveranno un basso quantitativo di sangue e ossigeno e non funzioneranno correttamente.
Per prevenire l’infezione ospedaliera del sangue e di conseguenza per evitare le sue complicanze il professionista sanitario deve:
- posizionare e gestire i cateteri venosi centrali e periferici rispettando l’asepsi;
- rimuovere il catetere vascolare quando dislocato, non funzionante o quando non è più necessario;
- trattare tempestivamente e adeguatamente le infezioni del sangue;
- eseguire l’emocoltura per identificare il microrganismo patogeno responsabile dell’infezione così da poter scegliere un trattamento mirato ed efficace.
Se i sanitari/il medico/lo specialista non segue le procedure e non esegue il trattamento nel modo corretto, se vi è un errore nel monitoraggio del paziente o nelle terapie svolte, una terapia sbagliata o una diagnosi errata il danneggiato potrebbe chiedere, se vi siano i presupposti, il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato specializzato in malasanità. Bisognerà individuare se la richiesta di risarcimento dei danni debba essere fatta nei confronti della struttura ospedaliera in cui è stato curato e/o del dottore, del chirurgo o del medico specialista.
Risarcimento dei danni in caso di infezioni nosocomiali/ospedaliere del sangue
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
È importante sapere che molte voci di danno potranno essere chieste sia dalla paziente che dai familiari (moglie/marito/madre/padre/figlio/figlia/sorella/fratello ecc.) ed anche in caso di morte della persona malata.
L’azione può essere proposta anche da un parente (madre, padre, marito, moglie, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità. Ad esempio potrebbe essere chiesto il ristoro per il danno da perdita parentale (importo determinabile in base a grado di parentela), potrebbe essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il tuo parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita, ma, potrebbe anche essere chiesta la liquidazione del danno fisico e morale patito dal familiare prima di morire, durante la sfortunata agonia.
I danni che ciascun parente subisce in prima persona vengono definiti danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare che ha visto morire il proprio caro. I danni patiti dal defunto, invece, possono essere definiti “indiretti” e vengono chiamati danni iure hereditatis. La modalità di prova e liquidazione delle due tipologie di danno è molto simile ma è determinante sapere che il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è sempre di 5 anni dal decesso, mentre quelli “ereditati” possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale.