INFEZIONI POST TRASFUSIONALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Le trasfusioni sono fondamentali per il trattamento di alcuni quadri patologici e molto spesso è una procedura che salva la vita del paziente quando le condizioni cliniche diventano critiche.
Tuttavia, la trasfusione è anche una procedura molto delicata che se non eseguita con le dovute accortezze può mettere a rischio la vita del paziente o provocare un grave danno da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore, circostanze che potrebbero far sorgere il diritto al risarcimento dei danni patiti con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
Lo Studio legale Marzorati ha oltre 40 anni di attività ed ha sede a Milano ma segui i propri clienti in tutta Italia permettendo alle vittime di malasanità di avere – senza impegno – una valutazione preliminare di fattibilità grazie alla disamina di una commissione di medici legali e medici specialisti, senza chiedere alcun compenso fino a quando non sarà stato liquidato un equo indennizzo, difendendo anche parenti e familiari.
Cosa sono le trasfusioni
Per trasfusione si intende il trasferimento di un certo quantitativo di sangue intero o plasma da un donatore ad un ricevente attraverso un via endovenosa. La trasfusione viene eseguita quando il ricevente presenta una condizione clinica che la rende necessaria, come ad esempio una grave anemia, disturbi della coagulazione del sangue o un’emorragia; in questo ultimo caso la trasfusione è fondamentale per il reintegro del sangue perduto.
È molto importante, prima di procedere con l’esecuzione di una trasfusione, verificare la compatibilità tra donatore e ricevente; l’omissione di questo passaggio rappresenta un grave errore poiché può determinare delle gravi conseguenze sul paziente: nella maggior parte dei casi verranno riferiti mal di testa, tachicardia, nausea, vomito o dolori lombari.
Nei casi più gravi potranno formarsi dei coaguli di sangue con conseguenti emorragie e insufficienza renale in grado di procurare il decesso del paziente.
Non deve passare in secondo piano il mantenimento dell’asepsi da parte degli operatori sanitari e l’esecuzione della procedura trasfusionale in modo sterile al fine di prevenire l’insorgenza di infezioni che possono anche essere causa di mortalità soprattutto se non diagnosticate e trattate per tempo.
Il sangue permette di distribuire a tutto l’organismo ossigeno e nutrienti ed elimina i prodotti di scarto dai tessuti trasportandoli agli organi deputati alla loro eliminazione.
Nel sangue sono inoltre presenti vitamine, ormoni ed enzimi fondamentali per mantenere l’equilibrio dell’organismo. Infine, i globuli bianchi, che rappresentano la parte corpuscolata del sangue, hanno una funzione di difesa contro le infezioni.
La responsabilità del medico e quindi dell’Ospedale o della Clinica errata trasfusione o per infezioni post trasfusionali potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento della problematica o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive o inefficaci.
I tipi di trasfusione
In base al donatore e al ricevete le trasfusioni possono essere classificate in omologhe ed autologhe.
Nelle trasfusioni autologhe il donatore è lo stesso del ricevente mentre il donatore e il ricevente sono diversi nelle trasfusioni omologhe. Essendo il donatore e il ricevente due persone diverse, per evitare complicanze gravi, è fondamentale come detto verificare la compatibilità tra il gruppo sanguigno del donatore e quello del ricevente prima di eseguire la trasfusione.
Il sangue è composto da una componente liquida (il plasma) e una componente corpuscolata (i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine).
La trasfusione permette quindi di poter somministrare il sangue intero o solo parte di esso cioè gli emocomponenti e gli emoderivati.
Come potrà desumersi anche la scelta della tipologia di trasfusione da operare diventa essenziale e può essere causa di sbaglio del sanitario. Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico da trasfusione o infezione post trasfusionale, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
Gli emocomponenti comprendono una sola componente del sangue:
- globuli rossi concentrati: vengono somministrati per ripristinare il sangue perso dopo un’emorragia o in caso di grave anemia ovvero quando i livelli di emoglobina sono molto bassi (emoglobina minore di 7 g/dl);
- plasma fresco: vengono trasfusi in presenza di emorragie dovute a coagulopatie (patologie caratterizzate da un’alterazione del meccanismo della coagulazione del sangue) o nella fase acuta della coagulazione intravascolare disseminata (CID). La coagulazione intravascolare disseminata è una coagulopatia da consumo dovuta alla presenza disseminata di trombi. Per la formazione dei trombi vengono consumati i fattori della coagulazione e di conseguenza ci si troverà di fronte ad un’emorragia difficile da arrestare in quanto il meccanismo della coagulazione del sangue viene meno. Il plasma fresco è quindi utilizzato per il ripristino dei fattori della coagulazione;
- concentrati piastrinici: vengono somministrati quando si è in presenza di una riduzione significativa del numero delle piastrine;
- plasma conservato: vengono trasfusi in caso di ustioni in cui si verifica una perdita di plasma o in presenza di un’emorragia che comporta una perdita dei fattori della coagulazione
Gli emoderivati si ottengono mediante il frazionamento del plasma e comprendono:
- albumina: viene somministrata quando il paziente presenta una carenza di proteine nel sangue, tra cui l’albumina. L’albumina ha l’obiettivo di trasportare le sostanze di scarto come bilirubina ed acidi grassi che vengono eliminate con l’urina, permette di mantenere la pressione oncotica che regola gli scambi idrici tra capillari e lo spazio che circonda i vasi sanguigni e costituisce anche una riserva di aminoacidi (unità primaria per la formazione delle proteine). La carenza di proteine si può manifestare nei pazienti ustionati o che sono in stato di shock;
- immunoglobuline: sono trasfuse per ricercare anticorpi o in presenza di una malattia infettiva;
- concentrati dei fattori della coagulazione: sono somministrati a quei pazienti che presentano una carenza dei fattori della coagulazione o a quelli che soffrono di emofilie. Le emofilie sono delle malattie congenite o ereditarie dovute ad un deficit delle proteine responsabili della coagulazione del sangue che mettono il paziente a rischio di emorragie.
Le indicazioni alla trasfusione
La trasfusione viene eseguita quando il ricevente presenta una condizione clinica che la rende necessaria:
- emorragia grave: in caso di un quadro emorragico può essere necessario il ripristino del sangue perso attraverso la somministrazione di globuli rossi concentrati. La quantità di globuli rossi concentrati da trasfondere dipende dalla quantità della perdita ematica;
- ustioni: i pazienti ustionati, in base al grado dell’ustione, possono necessitare di una trasfusione di emoderivati quali l’albumina;
- complicanze ostetriche che portano alle emorragie:
- placenta previa: inserzione della placenta a livello del segmento uterino inferiore che può ricoprire totalmente o parzialmente l’orifizio uterino interno. A termine di gravidanza, e con l’inizio dell’attività contrattile, il segmento uterino inferiore si assottiglia e la placenta, essendo anelastica, comincia a staccarsi provocando un sanguinamento;
- distacco di placenta: la placenta si stacca dall’utero e provoca un sanguinamento più o meno massivo a seconda della superficie placentare che si è staccata;
- rottura d’utero: sono più a rischio di rottura d’utero le gravide che hanno avuto un pregresso taglio cesareo. In questo caso può succedere che si verifichi una riapertura della cicatrice uterina, condizione che provoca un sanguinamento;
- trapianto di organo: i trapianti sono interventi molto delicati che possono provocare un’emorragia;
- avvelenamento;
- interventi chirurgici complicati possono comportare una perdita importante di sangue tale da richiedere una trasfusione che può essere eseguita anche durante l’intervento stesso;
- problemi della coagulazione e fase acuta della coagulazione intravascolare disseminata (CID): viene somministrato il plasma fresco per il ripristino dei fattori della coagulazione;
- talassemia: è una malattia genetica che attacca i globuli rossi, caratterizzata da bassi livelli di emoglobina, sostanza responsabile di trasporto di ossigeno;
- leucemie e linfomi: la trasfusione in questo caso è una terapia di supporto;
- stati di shock per il mantenimento della volemia;
- deficit del sistema immunitario: in questo caso vengono trasfuse le immunoglobuline per ricercare gli anticorpi;
- carenza di piastrine: vengono trasfusi i concentrati piastrinici quando i livelli di piastrine nel sangue sono bassi. La riduzione delle piastrine predispone all’insorgenza di emorragie.
Le casistiche in cui si rende necessaria una trasfusione, quindi, rappresentano piani clinici molto gravi e, comunque, delicati per il paziente. Se si verifica una diagnosi sbagliata, errata, tardiva della patologia che porta ad un’omessa prescrizione della trasfusione, oppure di una cura sbagliata o errata o di una terapia non tempestiva o inefficace è possibile chiedere il risarcimento dei danni. Il paziente o i suoi familiari (moglie, marito, partner, convivente, madre, padre, nonni, fratello, sorella – o gli eventuali eredi in caso di morte) potrebbero dunque chiedere il risarcimento dei danni errata trasfusione o infezione post trasfusionali per essere stati vittime di un caso di malasanità. Lo studio legale o l’avvocato, preferibilmente specializzati in danni da responsabilità medica, insieme al proprio medico legale, valuteranno se vi sia o meno la possibilità di chiedere i danni errata trasfusione o infezione post trasfusionali all’Ospedale, all’Assicurazione, al medico specialista (ematologo) e più in generale ai medici coinvolti. Sarà necessaria la disamina di tutta la documentazione, degli esami clinici, della cartella clinica e del consenso informato così da stilare una perizia medico legale e procedere con a richiesta giudiziaria.
Cosa fare prima, durante e dopo la trasfusione
La trasfusione è una procedura molto delicata che prevede degli accorgimenti al fine di prevenire delle reazioni che possono essere fatali per il paziente.
La trasfusione viene eseguita per via endovenosa quindi, prima di procedere, si deve posizionare un catetere venoso periferico. Il catetere venoso deve essere sterile e deve essere posizionato rispettando l’asepsi: il professionista sanitario deve disinfettare la cute per evitare che i microrganismi patogeni presenti sulla superficie cutanea penetrino nella vena, condizione che causa un’infezione del sangue.
Il medico che dispone per una trasfusione deve aver accertato la sussistenza di una condizione clinica che rende necessaria la procedura.
Il paziente deve essere informato da parte del medico circa i rischi e i benefici in modo da poter decidere se sottoporsi o meno alla trasfusione. Il paziente, o i suoi familiari, potrebbero – in certi casi – ottenere il risarcimento del danno anche se i dottori e i sanitari non hanno spiegato, o non hanno sufficientemente spiegato il tipo di trasfusione a cui sarà sottoposto, le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato per trasfusione). La trasfusione viene eseguita solo dopo aver ottenuto il consenso informato dal paziente o da chi ne fa le veci.
Soltanto nei casi di emergenza nei quali il paziente si trova in serio pericolo di vita e quindi in quel momento è incapace di intendere e di volere, il medico se necessario per salvare la vita al paziente procederà con la trasfusione anche senza aver ottenuto il consenso informato agendo con scienza e coscienza.
Per evitare gravi complicanze dovute all’emolisi dei globuli rossi, quando si richiede una trasfusione, è di fondamentale importanza stabilire la compatibilità tra donatore e ricevente definendo il gruppo sanguigno dopo aver eseguito un prelievo di sangue venoso.
Il gruppo sanguigno è determinato dagli antigeni presenti sui globuli rossi che sono definiti da A, B, 0.
I pazienti di gruppo sanguigno B presentano sui globuli rossi l’antigene B e anticorpi anti-A nel plasma, quindi, possono ricevere globuli rossi di gruppo B e 0.
I pazienti di gruppo sanguigno A hanno invece antigeni A e anticorpi anti-B possono quindi ricevere globuli rossi di gruppo A e 0 e non di gruppo B.
I pazienti con gruppo sanguigno 0 sono denominati donatori universali ma possono ricevere solo sangue con gruppo sanguigno 0 in quanto non hanno antigeni sui globuli rossi ma presentano anticorpi anti-A e anti-B.
Viceversa, i soggetti con gruppo sanguigno AB sono riceventi universali poiché sui globuli rossi presentano sia glia antigeni A che gli antigeni B.
Alla definizione della compatibilità tra donatore e ricevente si aggiunge anche la definizione del fattore RH. I pazienti RH positivi possono ricevere sangue sia dai gruppi sanguigni RH positivi sia da quelli negativi mentre quelli con gruppo sanguigno RH negativo possono ricevere solo da RH negativi.
Il medico che prescrive una trasfusione deve compilare una richiesta nella quale verranno riportati i dati del paziente (nome, cognome, data di nascita, numero nosologico), il reparto in cui il paziente è ricoverato, la motivazione della trasfusione, il quantitativo di emocomponenti richiesti e verrà anche specificata l’urgenza. La richiesta viene accompagnata da una provetta nella quale è stato raccolto sangue venoso del paziente per la prova crociata ovvero per la verifica della compatibilità tra il donatore e il ricevente e da un’altra provetta per la determinazione del gruppo sanguigno del paziente quando questo non è noto. La richiesta viene firmata sia dal medico che dal professionista sanitario che ha eseguito il prelievo e viene inviata al centro trasfusionale che provvederà a fornire le sacche di emocomponenti richiesti secondo i tempi indicati.
Nel caso in cui in uno di questi passaggi si verifichi un errore, una disattenzione o uno sbaglio che porti ad avere risultati viziati e/o sbagliati, la struttura ospedaliera potrà essere citata in causa per il risarcimento dei danni eventualmente patiti dal paziente anche se è bene precisare che il semplice verificarsi della negligenza o della colpa medica non genera un automatismo nel risarcimento del danno se il medico ha agito in modo diligente e adeguato, oltre che secondo tutte le prassi della scienza medica oppure se le conseguenze non erano evitabili.
Una volta che sono pervenute le sacche richieste il medico e il professionista sanitario ne controllano l’integrità, la corrispondenza con i dati e il gruppo sanguigno e si accertano dell’identità del paziente prima di iniziare la somministrazione.
Prima della trasfusione, dopo 15 minuti dal suo inizio e alla fine della procedura devono essere rilevati i parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, temperatura corporea e saturazione dell’ossigeno) per rilevare tempestivamente qualsiasi tipo di reazione alla trasfusione.
In cartella clinica va riportato l’orario di inizio e di fine della trasfusione, la rilevazione dei parametri vitali e il codice della sacca che è stata somministrata. Nel caso di reazioni avverse durante la trasfusione queste devono essere segnalate.
Le reazioni post trasfusionali
In seguito alle trasfusioni di sangue possono insorgere delle infezioni che vanno a complicare il quadro clinico che se gravi e se non trattate per tempo possono anche portare al decesso.
Le infezioni possono essere causate dalla trasfusione stessa cioè dalla qualità del sangue trasfuso o possono essere correlate all’assistenza:
- una delle reazioni avverse delle trasfusioni è l’acquisizione di infezioni virali (AIDS, epatite B, epatite C) le quali si trasmettono attraverso la commistione con sangue infetto. La fonte di sangue infetto in questo caso è il sangue che viene trasfuso.
Per evitare che il soggetto che riceve una trasfusione acquisisca un’infezione virale, su ogni unità di sangue che viene raccolta devono essere eseguite delle analisi di laboratorio per escludere la presenza di virus di HIV, HCV, HBV ecc. I donatori di sangue, inoltre, vengono selezionati in base alle loro condizioni di salute; viene valutata quindi la loro storia clinica recente e remota, sia con la raccolta dell’anamnesi che con l’esecuzione di esami di laboratorio, al fine di escludere la presenza di patologie che possono essere trasmesse al ricevente che viene trasfuso con quel sangue;
- la mancata osservanza dell’asepsi e della sterilità da parte dei professionisti sanitari possono essere un’altra causa dell’insorgenza di infezioni durante la trasfusione. Queste infezioni sono generalmente sostenute da batteri quali stafilococco aureus, streptococco, escherichia coli, klebsiella pneumoniae, pseudomonas, staphyloccocus epidermidis;
Al fine di prevenire l’insorgenza di queste infezioni il professionista sanitario che si occupa della trasfusione deve:
- posizionare un acceso venoso periferico che sia sterile ed evitare la sua contaminazione;
- eseguire il lavaggio delle mani prima del posizionamento del catetere venoso e indossare i guanti durante la procedura;
- eseguire la disinfezione del punto in cui si andrà ad eseguire il cateterismo venoso per evitare che i batteri presenti sulla superficie cutanea vengano convogliati attraverso il catetere venoso all’interno della vena;
- somministrare sacche di sangue sterili verificandone quindi prima l’integrità.
Altre reazioni che possono verificarsi in corso di trasfusione sono:
- reazioni allergiche avvengono quando il sangue del donatore non è compatibile con quello del ricevente e si manifestano con riduzione della pressione arteriosa, affaticamento respiratorio e nausea. La reazione allergica può essere causata da un errore medico dovuto all’omissione della verifica di compatibilità tra il sangue del donatore e quello del ricevente. In presenza di questi segni e sintomi deve essere avvisato il medico e la trasfusione deve essere immediatamente sospesa. Un intervento in ritardo in tal senso può aggravare le condizioni di salute del paziente, fino a provocarne il decesso e – pertanto – in questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, del chirurgo, dell’anestesista o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione dell’infezione o dell’insorgere della complicanza per mancata compatibilità ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile;
- febbre è una reazione alla trasfusione che si manifesta con più frequenza rispetto alle altre. La febbre va trattata con un antipiretico e la sua presenza deve sempre far sospettare la presenza di un’infezione o una reazione di incompatibilità fra donatore e ricevente.
La diagnosi delle infezioni post trasfusionali
Le infezioni post trasfusionali che sono correlate all’assistenza e sono quindi prevalentemente sostenute da batteri si manifestano con febbre che spesso si associa alla riduzione della pressione arteriosa (ipotensione), aumento della frequenza cardiaca (tachicardia) e riduzione della saturazione dell’ossigeno.
In presenza di febbre deve essere sospettata un’infezione e per confermarla devono essere eseguiti ulteriori esami che comprendo:
- un prelievo di sangue venoso per la determinazione degli indici di flogosi (globuli bianchi, PCR, pro calcitonina) che aumento in presenza di infezione;
- emocolture per ricercare la presenza di eventuali microrganismi patogeni responsabili dell’infezione. L’emocolture vengono eseguite con un prelievo di sangue venoso che viene raccolto in due provette, una contenente un terreno di coltura per i microrganismi aerobi e un’altra contenente un terreno di coltura per quelli anaerobi;
- esami strumentali (ecografie, radiografie, risonanza magnetica) per la ricerca del focolaio di infezione.
Le infezioni virali che si sviluppano post trasfusione generalmente non determinano la comparsa di segni e sintomi nel breve termine.
Le infezioni virali possono essere diagnosticate con un prelievo venoso per la ricerca di anticorpi IgG e IgM contro un determinato virus (HIV, HCV, HBV ecc).
La presenza di IgM indica un’infezione recente mentre le IgG sono presenti in un soggetto che ha già avuto in passato un’infezione per la quale ha sviluppato questi anticorpi.
Ricordiamo che anche in caso di errore in questa fase o di omissioni per mancata prescrizione di accertamenti ulteriori, l’ospedale risponde non solo per problemi legati direttamente all’errore medico ma anche per questioni relative a disorganizzazione o carenze strutturali (ad esempio un macchinario per la disamina delle colture ematiche che non funziona o che funziona male potrebbe provocare un’errata diagnosi ed un conseguente risarcimento dei danni). In questi casi dovrà essere demandata al medico legale l’accertamento della sussistenza di eventuali comportamenti colpevoli della struttura ospedaliera o comunque rilevanti ai fini del risarcimento dei danni.
Trattamento delle infezioni post trasfusionali
Le infezioni post trasfusionali correlate all’assistenza che sono sostenute da batteri possono essere trattate con una terapia antibiotica che deve essere tempestiva.
Si inizia con la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro per poi passare alla somministrazione di antibiotici specifici dopo aver individuato il microrganismo patogeno che l’ha provocata.
Le infezioni post trasfusionali virali (AIDS, epatite B, epatite C) invece possono essere trattate con la somministrazione di farmaci antivirali.
Ovviamente se la cura o il trattamento iniziassero in ritardo, le condizioni del paziente potrebbero compromettersi e peggiorare: per questi motivi è necessario che venga richiesta ed esaminata tutta la documentazione (cartella clinica, diario infermieristico, diario clinico ecc.) al fine di comprendere se ci sia stato o meno un comportamento attendista dei sanitari potenzialmente pericoloso. I documenti devono essere conservati per agevolare la pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia. Per la perizia medico legale infezioni post trasfusionali potrebbe essere utile, come detto, chiedere anche la cartella clinica, e in caso di decesso l’autopsia (relazione perizia medico legale infezioni post trasfusionali).
Infezioni post trasfusionali ed errori medici
La trasfusione è una procedura non priva di rischi dei quali il paziente deve essere informato prima di sottoporsi alla procedura.
Le complicanze della trasfusione possono verificarsi anche in seguito a degli errori, quali per esempio:
- mancata verifica della compatibilità fra donatore e ricevente attraverso l’esecuzione di prove crociate;
- omissione della verifica dell’integrità della sacca di sangue prima della somministrazione;
- somministrazione dell’unità di sangue al paziente sbagliato;
- posizionamento di un catetere venoso non sterile;
- contaminazione del catetere venoso;
- mancata disinfezione della cute prima del posizionamento del catetere;
- inosservanza dei protocolli per la prevenzione delle infezioni ospedaliere;
- mancato lavaggio delle mani e utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (guanti) durante a procedura;
- continuazione della trasfusione dopo aver rilevato dei segni e dei sintomi di reazione avversa;
- mancata rilevazione dei parametri vitali prima, durante e dopo la trasfusione;
- utilizzo di sangue di donatori che non sono in salute.
Risarcimento dei danni per infezioni post trasfusionali
Un errore medico nella gestione di un’infezione post trasfusionale che provochi conseguenze gravi può provocare diverse problematiche alla condizione clinica del paziente in base alla persona che le subisce, per questi motivi sarà importante considerare lo stato di salute generale del malato, l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
In caso di morte del paziente, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari (ad esempio per le sofferenze patite per la perdita prematura del parente), ma anche i danni subiti dal defunto prima di morire dopo l’errore medico (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura).
I parenti (marito, moglie, partner, convivente, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del loro caro e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale patito prima di morire dal malato durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis.