LA PIELONEFRITE TRA LE INFEZIONI DELLE VIE URINARIE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La pielonefrite è tra le più gravi infezioni delle vie urinarie e prevede un processo infettivo a carico di uno o di entrambi i reni fino a provocare insufficienza renale e, nei casi più gravi, la morte del paziente (decesso per pielonefrite). In caso di errore medico o colpa medica o responsabilità dell’ospedale/clinica privata il paziente o i suoi familiari/parenti/eredi (moglie, marito, convivente, partner, madre, padre, figlio/a, sorella, fratello ecc.), potrebbero avere diritto al risarcimento dei danni, potendo essere utile rivolgersi ad un avvocato in malasanità e a un medico legale.
Cosa sono le infezioni ospedalieri
Le infezioni ospedaliere sono quelle infezioni che vengono contratte durante il ricovero o la degenza o lo svolgimento di una visita in Ospedale (o in Clinica, Pronto Soccorso, sala operatoria e sala parto, Casa di cura e di riposo, RSA ecc.) in seguito alla contaminazione delle vie urinarie (vescica, reni, ureteri, uretra) da parte di microrganismi patogeni.
Si parla di pielonefrite e infezioni ospedaliere alle vie urinarie quando, al momento del ricovero, il paziente non presenta alcuna infezione, nemmeno in incubazione.
La pielonefrite e le infezioni ospedaliere delle vie urinarie possono anche manifestarsi dopo 48 ore dalla dimissione.
La frequenza delle infezioni ospedaliere rappresenta la qualità assistenziale di un ospedale o di una struttura sanitaria perché se non vengono seguite le buone pratiche cliniche e rispettate le norme igieniche il rischio di contrarre un’infezione in ospedale aumenta. Se, ad esempio non vengono seguite le procedure per mantenere un ambiente asettico o per la disinfezione degli strumenti necessari all’inserimento del catetere o se l’infezione non viene diagnosticata tempestivamente o se il medico/il nefrologo/l’urologo/l’infermiere sbaglia nella lettura degli esami del sangue e non scopre la presenza dell’infezione, il danneggiato potrebbe chiedere, se vi siano i presupposti, il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato specializzato in malasanità. In caso di infezioni nosocomiali e pielonefrite la richiesta di risarcimento dei danni potrebbe essere fatta direttamente nei confronti della struttura ospedaliera.
In base al tratto urinario coinvolto, le infezioni delle vie urinarie si distinguono in:
- infezioni delle basse vie urinarie: cistite (infezione della vescica) e uretrite (infezione dell’uretra);
- infezioni delle alte vie urinarie: pielonefrite (infezione dei reni) e ureterite (infezione dell’uretere).
Le infezioni più frequenti sono quelle delle basse vie urinarie che, se adeguatamente trattate, hanno un decorso benigno; in caso contrario possono aggravarsi e coinvolgere anche le vie urinarie superiori provocando un’infezione di quest’ultime. Le infezioni delle alte vie urinarie, quali la pielonefrite, sono più gravi di quelle delle basse vie urinarie e generalmente sono una complicanza di quest’ultime.
Le infezioni delle vie urinarie acquisite in ospedale sono differenti da quelle che vengono acquisite in comunità. Le infezioni delle vie urinarie contratte in ospedale, infatti, hanno generalmente una prognosi peggiore e sono più gravi poiché nella maggior parte dei casi sono sostenute da microrganismi patogeni resistenti a uno o più antibiotici e sono quindi più difficili da trattare. In questi casi la prescrizione di antibiotici resistenti al microrganismo che provoca l’infezione o controindicati in caso di pielonefrite costituisce una negligenza del medico/del nefrologo/dell’urologo/dello specialista che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico e, di riflesso, della struttura ospedaliera, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti. Essere seguiti da un avvocato specializzato in risarcimento malasanità potrebbe essere importante per tutelare al meglio i propri diritti, e quelli dei propri cari.
Quali sono i soggetti a rischio per pielonefrite e infezioni delle vie urinarie
I soggetti maggiormente a rischio per contrarre pielonefrite o un’infezione ospedaliera delle vie urinarie sono:
- i pazienti portatori di catetere vescicale;
- i pazienti con basse difese immunitarie o affetti da malattie debilitanti;
- i pazienti oncologici, soprattutto se stanno seguendo un ciclo di chemioterapia a causa di tumore, cancro o linfoma ecc.;
- i pazienti ricoverati in terapia intensiva;
- i pazienti che sono stati sottoposti ad interventi invasivi delle vie urinarie;
- i pazienti con anomalie anatomiche delle vie urinarie.
Quando si presentano fattori di rischio per pielonefrite, il medico/il nefrologo/l’urologo/lo specialista e, più in generale, il personale dell’Ospedale devono essere particolarmente scrupolosi nella profilassi preventiva e nella prescrizione di esami del sangue di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della pielonefrite o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, di perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte da pielonefrite del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore, valutando se questi potessero essere o meno previsti ed evitati.
Come si contrae la pielonefrite
I microrganismi patogeni che provocano la pielonefrite sono generalmente uguali a quelli che provocano le infezioni delle vie urinarie:
- escherichia coli;
- pseudomonas aeruginosa;
- klebsiella pneumoniae;
- proteus mirabilis;
- enterococch;
La pielonefrite può essere contratta con diverse modalità:
- per via discendente a partire da una setticemia (infezione della circolazione sanguigna) quando i batteri attraverso il sangue giungono al rene attraverso il circolo sanguigno;
- per via ascendente a partire da un’infezione della vescica, la più frequente. I batteri presenti a livello perineale risalgono attraverso l’uretra (condotto che collega la vescica con l’esterno e attraverso il quale viene emessa l’urina) fino alla vescica provocando una cistite. Anche la cistite, soprattutto se trascurata e non trattata, quindi, può evolvere in una pielonefrite se i batteri presenti in vescica, attraverso gli ureteri, per via ascendente, raggiungono i reni.
Una delle cause più frequenti di infezione delle vie urinarie e di pielonefrite è il posizionamento del catetere vescicale. Attraverso il catetere stesso, i batteri possono risalire per via ascendente in vescica; la contaminazione può avvenire attraverso il posizionamento del catetere stesso o con la sua manipolazione.
Per prevenire le infezioni delle vie urinarie è necessario che il catetere vescicale venga posizionato e manipolato con le dovute accortezze.
Il professionista sanitario che si occupa del posizionamento del catetere vescicale deve prima provvedere alla disinfezione dei genitali esterni per evitare che i batteri lì presenti, attraverso l’introduzione del catetere, vengano convogliati in vescica. Ci si deve inoltre accertare che il catetere vescicale utilizzato sia sterile. Per evitare che il catetere vescicale venga contaminato, il professionista deve utilizzare guanti sterili e deve posizionare il catetere nel rispetto dell’asepsi.
Il catetere vescicale deve essere collegato ad una sacca sterile a circuito chiuso nella quale avverrà il deflusso di urina; il circuito chiuso è fondamentale per evitare che avvenga il deflusso di urina dalla sacca alla vescica, condizione che aumenta il rischio di contaminazione e quindi di infezione.
Quando piena, la sacca deve essere svuotata dall’apposita valvola dopo aver praticato il lavaggio delle mani evitandone la contaminazione.
Per ridurre il rischio di contrarre delle infezioni delle vie urinarie, il catetere vescicale deve essere posizionato solo quando indicato (interventi chirurgici, necessità di monitoraggio delle diuresi, problemi urinari, ecc.) e deve essere rimosso il prima possibile, quando l’indicazione che ne ha previsto il posizionamento viene meno.
Il ristagno di urine in vescica è un’altra condizione che aumenta il rischio di pielonefrite. Se il paziente ha difficoltà ad urinare, l’urina che si accumula in vescica attraverso gli ureteri, può risalire fino ai reni provocandone l’infezione (pielonefrite). In presenza di ristagno vescicale si deve quindi provvedere allo svuotamento della vescica attraverso catetere vescicale.
Un errore del medico/dello specialista/del nefrologo/dell’urologo/dell’infermiere o dell’Ospedale per il mancato rispetto delle procedure predette o per la ritardata diagnosi della pielonefrite potrebbe portare, nei casi più gravi, anche al decesso del paziente e la morte costituisce la lesione maggiore del bene giuridico della vita. In questi casi anche i familiari e parenti del paziente vittima di malasanità potrebbero avere diritto al risarcimento del danno, in particolare il marito, la moglie (convivente more uxorio o partner convivente) i genitori, il figlio o la figlia, i fratelli o le sorelle o gli eredi, i quali devono rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità.
La diagnosi della pielonefrite
La sintomatologia che può portare alla diagnosi della pielonefrite prevede:
- febbre alta;
- minzione dolorosa;
- dolori a livello lombare;
- segni di infezione delle vie urinarie inferiori: sangue nelle urine, minzione dolorosa, presenza di stimolo urinario con difficoltà ad urinare;
- dolore renale che viene invocato in seguito alla manovra di giordano.
La manovra di Giordano permette di indagare la presenza di un dolore a carico dei reni.
Per eseguire la manovra di Giordano il paziente deve essere seduto con il tronco flesso in avanti. Il professionista sanitario con la mano a taglio percuote la regione lombare del paziente in corrispondenza della loggia renale. La manovra di Giordano risulta essere positiva se suscita un dolore violento nel paziente. La positività della manovra di Giordano indica la presenza di una sofferenza renale che può essere causata da una pielonefrite o da calcoli renali.
La manovra di Giordano non è altro che una manovra semeiologica che dà informazione sui segni riconducibili ad un problema renale e in caso di una sua positività si deve ricorrere ad un approfondimento diagnostico per ricercare la causa che ha provocato una sofferenza renale.
Se il medico/lo specialista/il nefrologo/l’urologo non provvede alla prescrizione degli approfondimenti diagnostici commette una negligenza che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti.
L’esame delle urine è il primo approfondimento diagnostico che deve essere prescritto al paziente sintomatico. In questo modo è possibile indagare se nel campione di urina raccolto ci sia presenza di batteri (batteriuria) che è indicativo di un’infezione a carico dei reni e delle vie urinarie. Nel caso di infezione delle vie urinarie si ha anche un aumento dei globuli bianchi nelle urine (leucocituria).
La conferma della diagnosi di pielonefrite è possibile attraverso le indagini strumentali quali ecografia, i raggi X e la TAC.
In presenza di pielonefrite, l’ecografia renale mostrerà un aumento delle dimensioni del rene e un suo ispessimento dovuto ad edema interstiziale. L’ecografia permette anche di rilevare eventuali anomalie dello sviluppo renale che possono contribuire allo sviluppo delle infezioni.
Anche con i raggi X è possibile evidenziare una deformazione o una dilatazione delle strutture renali, asimmetria e contorni irregolari dei reni.
La TAC viene utilizzata anche per differenziare un tumore da una pielonefrite e per avere notizie più dettagliate sul parenchima renale.
Quindi nel caso di un dubbio diagnostico rilevato con l’ecografia e con i raggi X si deve ricorrere alla TAC in modo da confermare o meno la diagnosi di pielonefrite.
Nel caso in cui venissero commessi errori nello svolgimento degli approfondimenti diagnostici (perdita o deterioramento della provetta del sangue, malfunzionamento del macchinario per la TAC o i raggi X, erronea lettura degli esiti ecc.) si può configurare una responsabilità del medico ma, in modo più evidente, della struttura sanitaria: le carenze strutturali o la mancanza di personale o i problemi di organizzazione della struttura ospedaliera o il mancato funzionamento del macchinari per deterioramento degli stessi o mancata manutenzione possono provocare casi di malasanità con conseguente obbligo di risarcimento dei danni per la vittima e i suoi familiari.
Il trattamento della pielonefrite
La pielonefrite, come le altre infezioni, può essere trattata attraverso la somministrazione di antibiotici rivolti contro l’agente patogeno che ha provocato l’infezione.
Il batterio responsabile dell’infezione può essere isolato a partire da un campione di urina messo in un terreno di coltura (urinocoltura). Una volta individuato il batterio questo verrà fatto reagire, attraverso tecniche di laboratorio, con degli antibiotici; in questo modo sarà possibile capire a quali antibiotici il batterio è sensibile e a quali è resistente. Tale tecnica, nota come antibiogramma, permetterà al medico di scegliere l’antibiotico più adatto a debellare il microrganismo patogeno responsabile dell’infezione.
Nei casi più gravi, la pielonefrite può essere causa di insufficienza renale che comporta la perdita progressiva delle funzioni del rene, la quale è irreversibile.
Nei casi di insufficienza renale cronica si ricorre alla dialisi che è un trattamento che ripulisce il sangue dai prodotti di rifiuto e che quindi riproduce artificialmente alcune funzioni del rene quali quello della filtrazione.
In alcuni casi, il trattamento della pielonefrite, prevede anche il ricorso alla chirurgia per asportare totalmente o parzialmente il rene non funzionante (nefrectomia). In altri casi è invece necessario il trapianto di rene.
Come facilmente comprensibile conseguenze così gravi possono essere invalidanti in modo permanente per il paziente, il quale per tutta la vita potrebbe subire le conseguenze della colpa medica o della responsabilità dell’ospedale per il trattamento errato della pielonefrite o per la diagnosi ritardata dell’infezione o per l’errore nello svolgimento dell’antibiogramma e la conseguente prescrizione di un farmaco resistente al batterio che provoca l’infezione. Tali conseguenze possono sfociare in seri danni per il paziente: tra questi il danno biologico per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato (con, nella perizia medico legale, la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea).
Per questo motivo rivolgersi ad un avvocato esperto in casi di malasanità e risarcimento danni da responsabilità medica può essere determinante per il paziente, il quale avrà la possibilità di essere seguito da un Professionista legale coadiuvato da un medico legale che svolga gli accertamenti diagnostici che portano alla redazione di una perizia medico legale con la relativa quantificazione dei danni subiti.
La pielonefrite e gli errori medici
Se le infezioni delle base vie urinarie quali la cistite non vengono trattate adeguatamente possono provocare delle complicanze quali la pielonefrite. La pielonefrite è l’infezione del rene che provoca la progressiva e irreversibile perdita delle funzioni renali. Il paziente con insufficienza renale presenta un elevato rischio di mortalità e deve essere sottoposto a dei trattamenti che riproducono artificialmente la funzione del rene e nei casi più severi può invece subire un trapianto di rene.
Al fine di evitare queste gravi evenienza i professionisti sanitari devono prevenire le infezioni delle vie urinarie ospedaliere, le quali, rispetto a quelle contratte in comunità sono più gravi e più difficili da trattare a causa della resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi patogeni che la provocano.
Di seguito gli errori che possono contribuire all’insorgenza della pielonefrite e delle sue complicanze
- errato posizionamento del catetere vescicale: il professionista che posiziona il catetere non esegue il lavaggio delle mani e non rispetta le norme dell’asepsi (mancata disinfezione dei genitali esterni, mancato utilizzo di guanti e di catetere vescicale sterile);
- posizionamento del catetere vescicale quando non indicato;
- scorretta manipolazione del catetere vescicale;
- permanenza del catetere vescicale in sede per un lungo periodo anche quando non vi è più indicazione;
- uso sproporzionato e inappropriato di antibiotici: condizione che aumenta la resistenza dei microrganismi patogeni agli antibiotici;
- mancata esecuzione di cateterismo vescicale per svuotare la vescica in presenza di ristagno vescicale e impossibilità del paziente di urinare;
- trattamento scorretto delle infezioni delle basse vie urinarie;
- trattamento intempestivo della pielonefrite poiché la pielonefrite evolve progressivamente e le sue conseguenze, quale l’insufficienza renale, sono irreversibili;
- inadeguato trattamento della pielonefrite;
- mancato ricorso ad indagini strumentali per confermare la diagnosi di pielonefrite.
Potrebbe, dunque, essere riconosciuta la colpa medica o la responsabilità dell’Ospedale, qualora il medico/l’urologo/il nefrologo/lo specialista non proceda alla prescrizione dell’urinocoltura, o qualora venga prescritto l’inserimento del catetere non necessario o prolungato o nel caso di manipolazione errata o non sterile, o qualora abbia proceduto con negligenza, imperizia o imprudenza.
Risarcimento dei danni per pielonefrite
Un errore medico nella gestione di un’infezione urinaria grave come la pielonefrite può provocare diverse conseguenze in base alla persona che lo subisce, per questi motivi sarà importante considerare la condizione clinica del paziente, l’età del danneggiato, l’attività lavorativa o le sue aspirazioni, l’attività sportiva praticata o i suoi hobbies. Queste sfaccettature permetteranno all’avvocato ed al medico legale di quantificare in modo corretto l’importo di danno non patrimoniale subito.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta, come detto, all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Il danno non patrimoniale potrà considerare anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze causate dalla pielonefrite o dalle sue conseguenze più gravi come la dialisi o il trapianto del rene) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini di un soggetto che deve attendere il trapianto o che deve affrontare la fase successiva al trapianto con tutti i rischi, anche vitali, che ciò comporta) che hanno colpito maggiormente il malato: esaminare le questioni più soggettive e personali capitate al danneggiato a seguito dell’evento si chiama personalizzazione del danno.
Per i danni patrimoniali, invece, potrà essere chiesto, ad esempio, il rimborso delle spese sostenute durante la cura: a tal fine potranno essere utili scontrini della farmacia, ricevute dei costi di alloggio, fatture per visite mediche o per acquisto attrezzature (danno emergente); oppure le spese future che dovranno essere effettuare a causa dell’errore nella terapia (fornendo la prova dei costi sostenuti); o, ancora, il risarcimento per i mancati guadagni subiti dal paziente a causa del peggioramento della salute o del protrarsi delle cure (lucro cessante).
È importante sapere che molte voci di danno potranno essere chieste sia dal paziente che dai familiari (moglie/marito/madre/padre/figlio/figlia/sorella/fratello ecc.) ed anche in caso di morte della persona malata. In caso di morte del paziente, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari (ad esempio per le sofferenze patite per la perdita prematura del parente), ma anche i danni subiti dalla defunta prima di morire dopo l’errore medico (ad esempio per le sofferenze patite durante la cura della pielonefrite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di guarigione in caso di trapianto necessario per vivere o andato male).
I parenti (marito, moglie, convivente, partner, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del defunto e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale da lei patito prima di morire, durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare della defunta, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis.