INFEZIONI NOSOCOMIALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
L’epatite B è un’infezione del fegato ed è causata dal virus HBV. L’infezione da epatite B spesso può essere asintomatica ovvero può non causare alcun disturbo ma può essere comunque trasmessa ad altri individui. Per questo motivo è molto importante la diagnosi di epatite, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore dell’epatologo, dell’ematologo, del medico o dello specialista o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore sia per il malato che per altre persone da lui contagiate. L’assistenza di un avvocato specializzato in responsabilità medica può aiutare, quindi, ad ottenere un equo risarcimento per i danni subiti.
Come si trasmette l’epatite B
Il virus dell’epatite B si trova nel sangue e nei liquidi biologici come saliva e secrezioni quindi la sua trasmissione avviene in seguito al contatto diretto con questi fluidi. L’infezione dal virus HBV si può contrarre anche in ospedale; in questo caso la trasmissione è favorita dal mancato utilizzo da parte del personale sanitario dei dispositivi di protezione individuale e del rispetto dei protocolli per limitare il contagio e la trasmissione del virus tra i pazienti, tra personale sanitario e pazienti e viceversa.
Quando un paziente contrae l’epatite B a seguito di un’infezione ospedaliera/nosocomiale, che è di solito provocata da germi e batteri che si trovano nella struttura questa può essere responsabile dei danni causati per non aver adottato tutte le cautele previste dalle procedure standard per garantire le condizioni igieniche dei locali e la sterilizzazione della strumentazione chirurgica/medica usata durante gli interventi o le visite, parimenti la struttura può essere chiamata a rispondere delle conseguenze negative per il paziente in caso di scorretta terapia profilattica o ritardata terapia antibiotica.
La trasmissione dell’epatite B può avvenire, anche se ad oggi molto raramente, in seguito ad una trasfusione di sangue, quando non vengono eseguiti da parte del personale dedicato tutti i controlli per escludere la presenza di virus nel sangue dei donatori. In questo caso l’errore del personale nel non avere effettuato i debiti controlli sulle sacche di sangue o, eventualmente, nell’aver utilizzato un macchinario non funzionante che ha fatto sbagliare gli esiti costituiscono possibili fonti di responsabilità della struttura che comportano il risarcimento dei danni per il paziente e i suoi familiari (madre/padre/moglie/marito/convivente/partner/figlio/figlia/fratello/sorella o, in caso di morte per epatite B, eredi) con l’assistenza di un avvocato esperto in malasanità.
L’epatite B può avere delle gravi conseguenze e può portare ad un’insufficienza del fegato, cirrosi e tumore epatico, patologie che compromettono la qualità di vita del paziente e che, nei casi più gravi, possono anche essere letali.
I tipi di infezione di epatite B
L’infezione da epatite B può essere cronica e acuta:
- l’epatite B acuta: i sintomi dell’infezione acuta da epatite B si manifestano subito dopo l’ingresso del virus nell’organismo. L’infezione acuta può guarire spontaneamente senza alcun tipo di trattamento grazie al solo intervento del sistema immunitario che si attiva per eliminare il virus.
In casi più rari, l’epatite B acuta può però essere letale provocando il decesso in maniera fulminante, dopo non troppo tempo dal momento in cui è avvenuto il contagio. In questo ultimo caso, il sistema immunitario, nel tentativo di eliminare il virus, si attiva esageratamente tanto da riconoscere il fegato stesso come estraneo all’organismo e di conseguenza lo attacca compromettendone il funzionamento. Quando il fegato viene danneggiato, in assenza di un trattamento medico tempestivo, l’epatite B può essere responsabile del decesso del paziente. Potrebbe dunque essere riconosciuta la colpa medica o la responsabilità dell’Ospedale, qualora il medico/epatologo/specialista ometta di svolgere approfonditi esami o non prescriva la cura corretta o qualora abbia proceduto con negligenza, imperizia o imprudenza.
Dopo la guarigione dall’epatite B acuta, il paziente diventa immune al virus ciò significa che non contrarrà più l’epatite B in futuro.
Per immunità si intende la capacità dell’organismo di resistere all’azione dei virus. Quando l’organismo viene a contatto con un virus produce degli anticorpi contro l’antigene del virus estraneo così che se lo stesso virus dovesse riattaccare l’organismo quest’ultimo è già in grado di debellarlo grazie a quegli anticorpi che sono già presenti poiché sono stati prodotti in passato. L’organismo ha quindi sviluppato una memoria nei confronti del virus.
Sono responsabili della risposta immunitaria i globuli bianchi in particolare le cellule T e le cellule B;
- l’epatite B cronica: si parla di epatite cronica quando l’organismo non riesce a sconfiggere il virus definitivamente quindi l’infezione acuta non guarisce ma dura nel tempo e il virus continua a moltiplicarsi arrecando al fegato danni più o meno gravi come cirrosi e carcinoma.
Si parla di infezione da epatite B cronica quando il test per la ricerca del virus HBV risulta nuovamente positivo dopo 6 mesi dalla prima diagnosi.
Considerato che l’epatite B nella maggior parte dei casi non provoca dei sintomi, il paziente scopre di esserne affetto quando cominciano a comparire dei problemi al fegato che interferiscono sulla sua funzionalità.
È bene precisare che il semplice verificarsi del contagio o dell’Epatite B non genera un automatismo nel risarcimento del danno se il medico ha agito in modo diligente e adeguato, oltre che secondo tutte le prassi della scienza medica. È sempre opportuno, quindi, rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità che, con l’ausilio di un medico legale, possa esaminare la documentazione (esiti degli esami, accertamenti diagnostici, radiografici o l’eventuale consenso informato ecc.) e capire se ci sia stata o meno responsabilità dei sanitari o della struttura (ospedale/casa di cura/clinica privata/ASL/ASST ecc.) e, quindi, se sussista la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni patiti.
Le modalità di trasmissione dell’epatite B in ospedale
Sono più a rischio di contrarre un’infezione da epatite B quei soggetti che fanno uso di sostanze stupefacenti in particolare a causa dello scambio di siringhe e quelli che hanno rapporti sessuali non protetti e/o partner multipli considerando che il virus HBV si trasmette oltre che con il sangue anche attraverso i liquidi biologici.
L’epatite B può essere contratta o trasmessa anche in ambiente ospedaliero (reparti, sala operatoria, pronto soccorso) e assistenziale (case di cura, RSA) tra pazienti ma anche tra operatori sanitari e pazienti.
Al fine di evitare la trasmissione del virus HBV gli operatori sanitari devono:
- indossare i dispositivi di protezione individuale (camici, guanti, visiere, mascherine) soprattutto per quelle pratiche assistenziali che prevedono il contatto diretto con il sangue e i liquidi biologici;
- sottoporsi ad un controllo attraverso prelievo di sangue venoso per la ricerca nel sangue del virus dell’HBV. I professionisti vengono sottoposti a questo esame al momento dell’assunzione e a cadenza periodica come stabilito dal medico del lavoro;
- smaltire correttamente le siringhe infette;
- utilizzare siringhe sterili;
- vaccinarsi contro l’epatite B;
- dichiarare gli incidenti professionali quali l’accidentale esposizione con sangue di pazienti come ad esempio: nel caso di punture con aghi che sono stati utilizzati per i pazienti e sottoporsi all’esame per la ricerca dell’epatite B;
- verificare l’assenza di virus di HBV nei donatori di sangue.
Se queste regole e procedure non vengono rispettate i sanitari incorrono in rilevanti omissioni e potrebbero far sorgere complicanze gravi, e un aggravamento per il paziente e, di conseguenza, il diritto per lui o la famiglia a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato specializzato in malasanità. È bene ricordare che può essere citata la struttura ospedaliera che risponde non solo per problemi legati direttamente all’errore medico ma anche per questioni relative a disorganizzazione o carenze strutturali.
L’epatite B nel neonato
L’epatite B può essere trasmessa per via verticale durante il parto dalla mamma al neonato quando quest’ultimo si trova esposto alle secrezioni vaginali infette o durante la gravidanza attraverso la placenta.
Per identificare l’epatite B deve essere eseguito a tutte le future mamme uno screening nel terzo trimestre di gravidanza che consiste in un prelievo di sangue venoso per la ricerca dell’antigene HBSAg.
In caso di positività devono essere eseguiti altri ulteriori accertamenti quali la ricerca del HBeAg la cui presenza indica un più alto rischio di trasmissione del virus al feto poiché in grado di attraversare la placenta. Il più importante fattore predittivo di infezione del neonato è l’HBV-DNA: più alta è la carica virale, maggiore è il rischio di trasmissione.
Ai neonati di mamme con epatite B deve essere somministrata la prima dose di vaccino anti HBV entro le 12 ore di vita e le immunoglobuline entro le 48 ore di vita. Le successive dosi di vaccino verranno somministrata a un mese e a sei mesi di vita.
La vaccinazione deve essere eseguita anche ai figli di mamme che presentano dei fattori di rischio per l’epatite B ma non sono state sottoposte allo screening per la ricerca dell’antigene HBSAg.
Le mamme che non sono protette ovvero che non hanno gli anticorpi IgG per l’HBV possono essere vaccinate in qualsiasi trimestre di gravidanza.
In caso di positività per epatite B devono essere somministrati durante la gravidanza farmaci antivirali per ridurre la trasmissione dell’epatite B al bambino.
Il neonato con epatite B avrà un ritmo di crescita rallentato, ittero (colorazione giallastra della cute e delle mucose a causa del danneggiamento epatico), disturbo gastrici e intestinali, aumentati livelli di bilirubina nel sangue poiché il fegato danneggiato non riesce a smaltirla, fegato ingrossato ed aumento degli enzimi epatici.
Si può confermare la diagnosi di epatite B nel neonato solo dopo il sesto mese di vita perché prima di tale periodo l’infezione può essere soltanto transitoria.
In caso di gravi complicanze o more del bambino per epatite B non trattata o curata male o in ritardo, pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (madre/padre, genitori, nonno/nonna, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito negativo del trattamento medico o al decesso, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato malasanità o ad uno studio legale specializzato in risarcimento danni da responsabilità medica, insieme al medico legale, si potrebbe capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa medica. In caso di decesso, per capire la causa della morte per epatite B potrebbe essere importante l’autopsia (esame autoptico). Per l’autopsia il medico legale potrà seguire l’esame autoptico quando viene eseguito e, se già fatto, potrà valutare la relazione dell’autopsia.
L’epatite B e le trasfusioni
La trasfusione consiste nella somministrazione per via endovenosa di sangue e di suoi componenti.
Possono essere somministrati:
- globuli rossi: in seguito ad un’emorragia per ripristinare il volume sanguigno o in pazienti anemici (bassi livelli di emoglobina);
- piastrine: per trattare i pazienti piastrinopenici (bassi livelli di piastrine);
- plasma: per il ripristino dei disturbi della coagulazione.
L’epatite B può essere trasmessa attraverso la trasfusione di sangue infetto anche se, ad oggi, questa evenienza è piuttosto rara considerati tutti i controlli ai quali viene sottoposta ogni singola sacca di sangue. Tutti i donatori di sangue devono essere sottoposti ad un prelievo di sangue venoso per escludere la presenza di infezioni virali, quali l’epatite B, che potrebbero essere trasmesse attraverso la trasfusione al paziente che la riceve. È necessario inoltre raccogliere accuratamente l’anamnesi recente e remota dei donatori e selezionare soltanto quelli con comportamenti non a rischio e che non sono affetti da patologie trasmissibili per via ematica.
Il rischio di trasmissione dell’epatite B attraverso le trasfusioni di sangue non è però del tutto nullo poiché vi sono alcune infezioni che sono in periodo di incubazione e che al momento dell’esecuzione del prelievo possono non essere diagnosticate.
Il paziente prima di essere sottoposto alla trasfusione deve essere informato dei benefici e dei rischi della trasfusione stessa e dopo aver valutato deve firmare un consenso. Il paziente, o i suoi familiari, potrebbero – in certi casi – ottenere il risarcimento del danno anche se dimostrano che non è stato spiegato loro dai medici o dagli specialisti (o non sia stato spiegato in modo sufficientemente chiaro), il tipo di terapia a cui sarà sottoposto o il tipo di intervento, oppure le modalità con cui si svolge, le conseguenze, i rischi e le possibili complicanze ed effetti collaterali, i vantaggi e svantaggi, le eventuali alternative terapeutiche (consenso informato sulla trasfusione).
Uno dei rischi della trasfusione può essere infatti un’infezione virale quali l’epatite B o anche l’HIV.
La diagnosi di epatite B
La diagnosi di epatite B si fa con un semplice prelievo di sangue venoso che prevede la ricerca di antigeni del virus, di anticorpi prodotti dall’organismo in presenza del virus e di altri marcatori.
Gli antigeni sono:
- HBSAg: è generico ed il primo a comparire in presenza di infezione che se persiste per più di sei mesi si parla di infezione cronica;
- HBcAg: si riscontra quando l’epatite B è in fase acuta ed indica una moltiplicazione attiva del virus;
- HBeAg: indica anche un’attiva moltiplicazione.
Gli anticorpi sono:
- anticorpi anti HBSAg: indicano un’immunità all’epatite B ciò significa che il paziente è stato vaccinato o che in passato ha contratto il virus e quindi il sistema immunitario ha prodotto questi anticorpi per difendersi dal virus stesso;
- anticorpi anti HBcAg che si differenziano in IgG ed IgM. Se le IgG sono positive e le IgM negative significa che il paziente è immune, se sono entrambe positive significa invece che è presente un’infezione virale recente;
- anticorpi HBeAg indica la presenza di un’epatite B allo stato cronico.
Gli alti markers sono:
- HBV-DNA che indica la carica virale e permette di stimare la progressione della malattia;
- Transaminasi (AST e ALT): sono gli enzimi prodotti dal fegato e risultano essere aumentate in presenza di un danno del fegato;
- Bilirubina: un suo aumento nel sangue è indice di danno epatico.
In questa fase diagnostica molto delicata della verifica dell’infezione di epatite B potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, dell’epatologo o dello specialista o del personale dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione dell’epatite B – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Il trattamento dell’epatite B
Nel caso di infezione da epatite B acuta il trattamento consiste sulla gestione dei sintomi, facendo cura all’alimentazione e all’assunzione di liquidi. È sempre necessario un monitoraggio medico periodico per valutare l’andamento della malattia.
I pazienti con epatite cronica vengono invece trattati con farmaci antivirali che permettono di controllare la moltiplicazione del virus.
Tuttavia, i farmaci non eliminano del tutto il virus ma limitano i danni al fegato ed evitano che la malattia progredisca in insufficienza epatica, cirrosi e tumore. Nei casi più gravi di epatite B cronica si rende necessario il trattamento attraverso un trapianto di fegato.
L’azione di risarcimento dei danni può essere intrapresa sia contro l’ospedale (pubblico o privato) che contro il medico, lo specialista/epatologo, il primario dell’ospedale, il medico specialista, l’infermiere o l’ostetrica, il personale paramedico o la guardia medica. La differenza tra le due azioni sta nel tempo: sarà possibile agire entro 5 o 10 anni a far data dal momento in cui è accaduto l’errore medico (o ad esempio dal momento in cui il paziente si è accorto dell’esito negativo della trasfusione). Per questo motivo è importante rivolgersi all’avvocato esperto in malasanità al più presto: in questo modo sarà possibile decidere l’azione migliore e procedere in modo tempestivo.
Le complicanze dell’epatite B
L’epatite B può dare le seguenti complicazioni:
- irrosi: quando il fegato è danneggiato si forma tessuto cicatriziale non funzionante che sostituisce in modo permanente il tessuto sano del fegato.
Il paziente con cirrosi presenta inappetenza, senso di malessere, perdita di peso e affaticamento generale. Una complicanza della cirrosi è l’ascite ovvero l’accumulo di liquidi nella cavità addominale, sanguinamenti intestinali e compromissione delle funzioni cerebrali. Si ha infine un aumentato rischio di tumore epatico;
- insufficienza epatica: il fegato essendo danneggiato non è più in grado di svolgere correttamente le proprie funzioni metaboliche che comprendono:
- metabolizzazione ed eliminazione di tossine e prodotti di scarto dell’organismo;
- metabolizzazione della bile;
- produzione di albumina;
- produzione dei fattori della coagulazione.
Nei casi di grave insufficienza epatica è necessario un trapianto di fegato per salvare la vita al paziente, come:
- tumore del fegato: può insorgere dopo molti anni di infezione da epatite B cronica;
L’epatite B e la prevenzione
Al fine di evitare la trasmissione dell’epatite B è molto importante la prevenzione che prevede:
- la vaccinazione per l’epatite B che è raccomandata a tutti. Questa può essere eseguita durante qualsiasi trimestre di gravidanza e anche ai neonati entro le 12 ore di vita oltre che alla somministrazione delle immunoglobuline entro le 48 ore;
- una corretta educazione sessuale;
- lo screening a tutte le mamme nel terzo trimestre di gravidanza per limitare la trasmissione dell’epatite B al feto;
- l’esecuzione di esami del sangue a tutti i dipendenti sanitari per la ricerca dell’epatite B.
In linea teorica il medico potrebbe essere chiamato a risarcire i danni patiti dal paziente anche nel caso in cui non abbia proposto le azioni preventive adeguate ad una corretta prevenzione della malattia e dell’infezione oppure se non abbia consigliato di approfondire i controlli in caso di comportamenti a rischio evidenziati dal paziente (ad esempio rapporti sessuali non protetti, valori ematici sbagliati, tagli con strumenti non sterili ecc.). Laddove il malato abbia dubbi sull’operato dei sanitari è sempre opportuno decidere di far visionare la documentazione ad un medico legale che lavori affiancato da un avvocato esperto in responsabilità medica per capire se sussista la possibilità di ottenere un equo risarcimento e se ci siano stati errori.
L’epatite B ed errori medici
La trasmissione dell’epatite B può essere conseguente ad uno o più dei seguenti errori medici che potrebbero anche portare all’obbligo di risarcire i danni asseritamente patiti dal paziente:
- mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale soprattutto per quelle procedure che prevedono il contatto con sangue e liquidi biologici;
- selezione dei donatori di sangue con anamnesi sconosciuta o che conducono uno stile di vita a rischio;
- selezione di donatori di sangue con epatite B;
- omissione della dichiarazione di incidenti professionali quali le punture accidentali;
- utilizzo di siringhe non sterili;
- riutilizzo di siringhe infette;
- scorretto smaltimento delle siringhe infette.
L’epatite B può portare al decesso, insufficienza epatica, cirrosi e tumore se:
- non viene somministrata la terapia virale in caso di epatite B cronica per limitare la moltiplicazione del virus nell’organismo;
- non viene eseguito un trapianto di fegato nei casi di grave insufficienza epatica.
Risarcimento dei danni in caso di contagio da epatite B
In caso di contagio e della comparsa della malattia potrebbero insorgere per i pazienti anche gravi complicanze e relativi danni quali:
- Il danno non patrimoniale all’interno del quale troviamo il danno biologico/il danno biologico (ricompreso nella categoria del danno non patrimoniale) per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato che è stato infettato ed ha contratto l’epatite B (che si calcola nella perizia medico legale attraverso la quantificazione dell’invalidità permanente e temporanea) ma anche gli aspetti morali (ossia le sofferenze) o esistenziali (ad esempio i cambiamenti nello stile di vita o nelle abitudini);
- il danno patrimoniale, ossia danni economici da lucro cessante (ossia il c.d. mancato guadagno) o danno emergente (ossia la spesa economica effettuata direttamente) ma, anche, le spese future. Per il riconoscimento di questa voce di danno sarà opportuno conservare scontrini, fatture, dichiarazioni dei redditi ecc. così da poter effettuare analitiche analisi economiche;
- il danno da perdita parentale nel caso in cui l’azione per il risarcimento da epatite B è proposta da un parente (madre, padre, marito, moglie, convivente, partner, figlio/figlia, fratello o sorella) il cui familiare è morto per un caso di malasanità o di errore nella cura dell’epatite B o nel riconoscimento della malattia o nella tardiva diagnosi. In questo caso può essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere il parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita.
Il danno potrà anche subire una personalizzazione in relazione, per esempio, all’età, al lavoro del soggetto o all’attività sportiva praticata o i suoi hobbies ma anche in base alle sofferenze morali ed ai cambiamenti occorsi alla sua vita di tutti i giorni.
In caso di morte del paziente per epatite B, come detto, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari ma anche i danni subiti dal danneggiato prima di morire per epatite B dopo l’errore medico o per la carenza presente in struttura ospedaliera (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura).
I parenti (marito, moglie, convivente, partner, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del paziente e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale da lui patito prima di morire per causa dell’epatite B durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio (il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è di 5 anni dal decesso) perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis (possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale, come nella maggior parte dei casi di infezioni nosocomiali).