PREVENZIONE DELLE INFEZIONI NOSOCOMIALI O OSPEDALIERE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Le infezioni nosocomiali sono le infezioni che vengono contratte in ospedale durante il periodo di degenza o mentre il paziente è sottoposto ad una visita. Le infezioni nosocomiali rientrano nei casi malasanità perché sono il risultato di una carenza strutturale o di un errore del personale medico per i quali sono responsabili l’ospedale, il pronto soccorso o la clinica privata che hanno in cura la vittima, la quale può rivolgersi ad un avvocato specializzato per chiedere il risarcimento dei danni patiti.
Le infezioni nosocomiali o ospedaliere sono la complicanza più frequente che causa un aggravamento delle condizioni di salute del paziente e quindi il prolungamento del periodo di ricovero in ospedale: un avvocato specializzato in malasanità e responsabilità medica può aiutare la vittima ma anche i suoi familiari anche nel caso di decesso del paziente (morte per infezione nosocomiale) a chiedere il risarcimento dei danni patiti, tra cui la perdita di chance di guarigione o il decesso del paziente, o per l’accelerazione della morte, o una perdita di chance di conservare una vita migliore.
Le conseguenze dell’infezione per il paziente, infatti, possono comportare una disabilità temporanea o permanente e nei casi più gravi il decesso per cui le infezioni nosocomiali sono considerate un indicatore della qualità dell’assistenza che viene erogata in ospedale.
L’insorgenza delle infezioni nosocomiali dipende anche dalle condizioni cliniche del paziente (gravità dello stato di salute, età, patologie preesistenti…), dalle misure adottate dall’ospedale per la riduzione dell’incidenza delle infezioni, dal tipo e dalla qualità di assistenza erogata e dalla complessità e dall’invasività delle procedure alle quali viene sottoposto il paziente.
Le misure di prevenzione standard delle infezioni nosocomiali
Le infezioni ospedaliere sono prevedibili e la loro frequenza può essere ridotta grazie all’adozione di pratiche assistenziali in grado di controllarne e prevenirne la trasmissione.
Più le misure di controllo e di prevenzione sono insufficienti più elevata sarà l’incidenza delle infezioni nosocomiali.
Il diritto al risarcimento per il paziente e per i suoi familiari o eredi (madre, padre, marito, moglie, figlio, figlia, sorella, fratello ecc.) può sorgere in caso di infezione ma anche se questa viene curata in modo sbagliato o se i dottori intervengono tardivamente, o in caso di mancata o ritardata diagnosi.
Gli organismi responsabili della maggior parte di infezioni nosocomiali o ospedaliere sono, ad esempio, Stafilococco Aureus, Pseudomonas, Enterobacter, Acinetobacter, Escherichia Coli. Tali batteri si possono trovare con frequenza nelle mani del personale sanitario e nei presidi medici ossia gli strumenti e le apparecchiature mediche utilizzate per fare una visita o per trattare il paziente durante la degenza (ad esempio per fare una puntura, per fare una flebo, per mettere il catetere, per intubare ma anche i macchinari utili a fare un esame invasivo quale la colonscopia o la biopsia ecc.).
Per questo motivo la prima fase di prevenzione per le infezioni nosocomiali consiste nel seguire le regole base dell’igiene e della sterilizzazione sia del personale sanitario che della strumentazione presente in ospedale. Ovviamente una diagnosi corretta e tempestiva sulla possibilità di aver contratto l’infezione è importantissima per il paziente al fine di tentare di rendere meno invasivi gli interventi di cura. Un eventuale errore del medico, del personale o dell’Ospedale per mancata o ritardata diagnosi dell’infezione, infatti, potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni.
Le infezioni ospedaliere si possono prevenire con:
- il lavaggio delle mani o la frizione alcolica delle mani prima e dopo il contatto con il paziente abitudine che permette di ridurre le infezioni correlate alle pratiche assistenziali;
- sterilizzazione degli strumenti utilizzati per gli interventi chirurgici e per tutte le procedure invasive;
- coretto trattamento delle ferite chirurgiche;
- utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti ecc.);
- utilizzo di pratiche asettiche;
- isolamento del paziente infetto;
- riduzione delle procedure invasive (ad esempio introduzione cateteri, flebo o intubazioni) quando non indicato;
- sorveglianza delle infezioni;
- miglioramento delle pratiche assistenziali attraverso la formazione e l’aggiornamento continuo del personale sanitario;
- appropriato utilizzo degli antibiotici;
- disinfezione dei presidi;
- sanificazione degli ambienti;
Tutte le strutture ospedaliere devono applicare, al fine di ridurre il rischio di acquisire le infezioni nosocomiali, misure per la sorveglianza e il controllo, obbligo introdotto fin dalla circolare numero 52 del 1985 del Ministero della Salute e la numero 8 del 1988, emanata per la lotta contro le infezioni ospedaliere.
In caso di sospetta infezione o in presenza di fattori di rischio il medico o l’infermiere devono indirizzare il paziente verso accertamenti più specifici. Ad esempio, se la vittima è stata sottoposta ad un intervento chirurgico ed è stata intubata e presenta febbre, dolori al petto, tosse e spossatezza potrebbe avere in corso un’infezione. A questo punto il paziente deve essere sottoposto ad esami ematici immediati ed, eventualmente, ad una radiografia polmonare per capire se esiste un’infezione polmonare. Un’omissione in tal senso impedisce la diagnosi tempestiva dell’infezione e può far sorgere complicanze gravi per il malato fino anche alla sua morte e, di conseguenza, il diritto a chiedere il risarcimento dei danni con l’intervento di un avvocato esperto in malasanità.
Per contrastare le infezioni ogni presidio ospedaliero deve dotarsi di una commissione tecnica responsabile della lotta contro le infezioni ospedaliere il cui compito è quello di definire delle strategie per prevenirle e contrastarle, verificare l’applicazione e l’efficacia dei programmi di sorveglianza e formare il personale sanitario.
Gli ospedali devono seguire anche sistemi di sorveglianza che devono essere adottati sulla base degli obiettivi fissati e delle risorse disponibili.
Al fine di prevenire le infezioni nosocomiali ogni ospedale, pronto soccorso o clinica privata deve disporre di un comitato per le infezioni ospedaliere costituito da più professionisti che concorrono, per l’appunto, alla prevenzione delle infezioni promuovendo la qualità dell’assistenza erogata.
Il comitato per le infezioni ospedaliere si occupa dell’organizzazione delle misure di prevenzione, di informare tutto il personale sulle iniziative di controllo delle infezioni e di sorveglianza, di utilizzare in maniera adeguata gli antibiotici al fine di ridurre l’antibiotico resistenza.
Le misure di prevenzione specifiche: infezione delle vie urinarie
Le infezioni ospedaliere interessano principalmente le vie urinarie, la ferita chirurgica, le vie polmonari e il circolo sanguigno.
Esistono misure per la prevenzione e il controllo specifico di queste infezioni.
Nella maggior parte dei casi la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie si ottiene con l’asepsi del posizionamento del catetere vescicale e nella sua corretta gestione. Il catetere vescicale deve essere posizionato solo quando vi è indicazione poiché la sua permanenza in vescica aumenta il rischio di contrarre un’infezione nosocomiale.
Le infezioni delle vie urinarie possono essere prevenute con:
- il lavaggio delle mani del personale sanitario prima dell’inserimento del catetere;
- inserimento del catetere in asepsi dopo aver disinfettato il meato uretrale;
- posizionare la sacca per la raccolta di urina sotto il piano della vescica;
- utilizzare dispositivi a circuito chiuso;
- formare il personale sulle corrette tecniche di inserimento e gestione del catetere;
- evitare le irrigazioni del catetere.
L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione dell’infezione o per comportamenti non conformi alle procedure – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, valutando se questi potessero essere o meno evitati con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità.
Le misure di prevenzione specifiche: infezione della ferita chirurgica
La prevenzione delle infezioni della ferita chirurgica deve essere attuata sin dall’inizio dell’intervento e deve continuare fino alla completa guarigione della ferita:
- devono essere evitate le tricotomie e l’uso dei rasoi;
- disinfettare accuratamente il campo operatorio;
- utilizzare strumenti chirurgici sterili durante l’intervento;
- esecuzione di una profilassi antibiotica per gli interventi ad alto rischio di contaminazione;
- lavaggio chirurgico delle mani prima di una procedura invasiva;
- ricambio di aria e pressione positiva adeguati in sala operatoria;
- garantire l’asepsi durante il cambio della medicazione;
- rimozione della medicazione se sporca.
Purtroppo, già durante la gestione della ferita potrebbero essere commessi degli errori da parte del medico, del chirurgo, del personale sanitario. L’accertamento dell’infezione potrebbe essere omesso o tardivo, e quindi la cura non tempestiva, oppure potrebbe esserci la somministrazione di un antibiotico non idoneo al batterio specifico e, quindi, una cura sbagliata. Questi sbagli potrebbero portare ad un peggioramento dello stato di salute del paziente, con eventuale diffusione dell’infezione, fino alla sepsi e alla morte. Il paziente potrebbe pertanto essere costretto a doversi sottoporre a lunghe e dolorose cure che, invece, avrebbe (forse) potuto evitare e pertanto tutta la vicenda deve essere valutata attentamente ai fini del risarcimento dei danni per la vittima e, eventualmente, i suoi familiari.
Le misure di prevenzione specifiche: infezioni sistemiche o della circolazione sanguigna
La prevenzione delle infezioni sistemiche o della circolazione sanguigne avviene nei seguenti modi:
- rispetto delle norme igieniche;
- non posizionare cateteri vascoli se non necessario;
- posizionamento di cateteri vascolari periferici o centrali in condizioni di asepsi;
- cambiare i cateteri vascolari ogni 48 – 72 ore;
- evitare la permanenza prolungata dei cateteri vascolari in sede;
- somministrare per via endovenosa solo soluzioni sterili;
- gestione del catetere vascolare in condizioni di asepsi.
Se il paziente inizia a soffrire di infezione della circolazione sanguigna bisogna verificare tutto quanto fatto, o non fatto, dal personale ospedaliero, dal medico o dagli infermieri. Un passaggio fondamentale se ci si trova davanti ad un caso di malasanità. Un medico legale, anche coadiuvato da un medico specialista e da un avvocato, può capire se vi sia stato un errore nella diagnosi dell’infezione, nell’esecuzione della sua cura o del suo trattamento o nello svolgimento della terapia e, di conseguenza, se c’è responsabilità del medico, dell’équipe dei medici o dell’ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della clinica privata. Essenziale, in questa fase, risulterà anche l’esame della documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato, ossia che il paziente fosse stato informato in maniera consapevole delle sue condizioni e della terapia somministratagli con tutte le conseguenze e i benefici o i rischi del caso.
Le misure di prevenzione specifiche: infezioni polmonari
La prevenzione delle infezioni delle vie polmonari avviene attraverso:
- l’esecuzione di procedure che prevedono l’accesso alle vie polmonari (ad esempio l’intubazione) utilizzando strumenti sterilizzi e rispettando l’asepsi;
- l’esecuzione delle tracheostomie in sala operatoria;
- il controllo dell’igiene ambientale;
- l’utilizzo di sondini di aspirazione sterili;
- il sostituire i circuiti respiratori dei ventilatori meccanici ogni 48 ore;
- la corretta disinfezione di broncoscopi, tubi endotracheale e sondini.
I sanitari devono sempre effettuare una valutazione clinico-strumentale frequente delle condizioni di un paziente ricoverato, soprattutto se ha subito interventi ai polmoni o se presenta fattori di rischio (intubazione per incoscienza, respirazione assistita, aspirazione polmonare ecc.). Se si riscontrano sospetti infettivi va iniziata prima possibile una terapia antibiotica empirica, che ha lo scopo di coprire i patogeni più frequentemente in causa che possono causare in tempi rapidi gravi complicanze e morte.
Durante questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici o del personale dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità ed esaminare la documentazione medica consegnando tutto ad un avvocato esperto in casi di malasanità per verificare l’eventuale percorribilità di una richiesta di risarcimento danni.
Le responsabilità professionali nella prevenzione delle infezioni ospedaliere
L’insorgenza di un’infezione nosocomiale è responsabilità non sono del singolo professionista sanitario e della qualità dell’assistenza erogata ma anche dell’azienda sanitaria la quale deve garantire la diffusione e l’attuazione di protocolli per la lotta contro le infezioni ospedaliere che prevedono interventi sull’organizzazione, sull’ambiente, sulla pratica clinica e sui comportamenti.
La responsabilità dei sanitari o della struttura ospedaliera si potrebbe verificare se:
- il personale non effettua il corretto e frequente lavaggio delle mani;
- il personale non utilizza i dispositivi di protezione individuale come la mascherina o i guanti monouso;
- i medici non fanno un corretto utilizzo degli antibiotici;
- il personale medico e ospedaliero non si sottopone alle vaccinazioni;
- l’ospedale consente a periodi di degenza inutilmente prolungati;
- non esiste un sistema di sorveglianza;
- non viene istituito un comitato per la lotta alle infezioni ospedaliere;
- non viene effettuata una verifica periodica dei protocolli di disinfezione e sterilizzazione sia degli ambienti che dei materiali e degli strumenti;
- l’ospedale non controlla il corretto smaltimento dei rifiuti;
- la struttura ospedaliera non isola i pazienti infetti;
- la struttura ospedaliera non effettua il controllo della qualità dell’aria;
- il personale medico e infermieristico non pratica l’asepsi nelle procedure invasive;
- il personale medico e infermieristico non effettua una corretta gestione e posizionamento dei cateteri vascolari e vescicali;
- non vengono evitate le procedure invasive quando non necessarie;
Nel caso in cui si verificano uno o più situazioni tra quelle elencate il paziente è a rischio di contrarre un’infezione nosocomiale.
Se il paziente contrae un’infezione ospedaliera sarà la struttura sanitaria presso la quale è avvenuto il ricovero a rispondere del danno che il paziente ha riportato durante la degenza e quindi la richiesta di risarcimento sarà effettuata nei confronti dell’organizzazione sanitaria stessa.
Possibili danni in caso di mancata prevenzione dell’infezione nosocomiale o ospedaliera
Come detto se il medico o il personale ospedaliero non gestisce l’infezione nosocomiale di un paziente nel modo corretto o interviene somministrando una terapia sbagliata o procede in una diagnosi errata il danneggiato potrà chiedere il risarcimento dei danni con l’ausilio di un avvocato esperto in malasanità nei confronti del dottore, ma, anche, della struttura ospedaliera in cui è stato curato.
È bene precisare che il semplice verificarsi dell’infezione non genera un automatismo nel risarcimento del danno se il medico ha agito in modo diligente e adeguato, oltre che secondo tutte le prassi della scienza medica.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere spetta all’avvocato esperto in malasanità, coadiuvato dal medico legale, ad esempio il danno patrimoniale (ossia danni economici da lucro cessante o danno emergente) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Non esiste un automatismo tra errore dell’ospedale o del medico e risarcimento del danno. Bisogna poi individuare quali effettivi danni ha subito il paziente. Potrebbero infatti essere presenti più danni: ad esempio danno patrimoniale, non patrimoniale e biologico ecc. È comunque fondamentale che l’avvocato faccia un esame ad ampio spettro insieme al medico legale. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita della capacità lavorativa al danno da perdita di chance di guarigione o sopravvivenza, a quello di doversi sottoporre ad un nuovo trattamento medico con i connessi rischi.
È importante sapere che molte voci di danno potranno essere chieste sia dal paziente che dai familiari (moglie/marito/madre/padre/figlio/figlia/sorella/fratello ecc.) ed anche in caso di morte della persona infettata. Ad esempio potrebbe essere chiesto il ristoro per il danno da perdita parentale (importo determinabile in base a grado di parentela), potrebbe essere chiesto il rimborso delle spese sostenute per l’assistenza del malato prima del decesso, potrebbe essere risarcita la sofferenza (danno morale) patita nel vedere un parente stare male o, ancora, il danno derivante dal peggioramento delle condizioni di vita di chi è sopravvissuto ma deve far fronte alla perdita, ma, potrebbe anche essere chiesta la liquidazione del danno fisico e morale patito dal familiare prima di morire, durante una sfortunata agonia.
I danni che ciascun parente subisce in prima persona vengono definiti danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare che ha visto morire il proprio caro. I danni patiti dal defunto, invece, possono essere definiti “indiretti” e vengono chiamati danni iure hereditatis. La modalità di prova e liquidazione delle due tipologie di danno è molto simile ma è determinante sapere che il termine per chiedere il risarcimento dei danni iure proprio è sempre di 5 anni dal decesso, mentre quelli “ereditati” possono essere chiesti entro 5 o 10 anni dalla morte a seconda che l’azione venga esperita contro il medico o contro l’ospedale.