LA SEPSI TRE LE COMPLICANZE DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE/NOSOCOMIALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La sepsi è una complicanza delle infezioni ospedaliere che aumenta il rischio di morbilità e mortalità (morte per sepsi) del paziente soprattutto se non viene trattata tempestivamente. Le infezioni contratte in ospedale, infatti, hanno generalmente una prognosi peggiore e sono più gravi poiché nella maggior parte dei casi sono provocate da microrganismi patogeni resistenti a uno o più antibiotici e sono quindi più difficili da gestire. Se viene accertata la responsabilità del medico e, di riflesso, della struttura ospedaliera (terapia errata o in ritardo, mancato svolgimento di esami diagnostici, omesso monitoraggio di sintomatologia riconducibile ad infezione ecc.), il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti. Essere seguiti da un avvocato specializzato in risarcimento malasanità potrebbe essere importante per tutelare al meglio i propri diritti, e quelli dei propri familiari.
Le infezioni ospedaliere sono quelle infezioni che vengono contratte in ambiente ospedaliero (reparti di degenza, pronto soccorso, terapia intensiva, ospedali pubblici e cliniche private) o assistenziale (case di cura, case di riposo, RSA). Per parlare di infezione ospedaliera è necessario che il paziente acquisisca il microrganismo patogeno che andrà a provocare l’infezione in ospedale o in ambiente assistenziale, l’infezione non deve quindi essere presente, nemmeno in incubazione, al momento dell’ingresso.
I sintomi e le manifestazioni cliniche dell’infezione ospedaliera possono anche presentarsi dopo la dimissione, entro quarantotto ore.
Le infezioni che non vengono prontamente diagnosticate e/o che non vengono correttamente gestite esitano in sepsi e in ulteriori eventi avversi, aumentando progressivamente il rischio di mortalità. Occorre, quindi, enfatizzare la potenziale letalità della sepsi al fine di promuoverne il riconoscimento tempestivo. Il fattore tempo è fondamentale per l’evoluzione del quadro clinico poiché più precocemente viene avviato il trattamento, migliore è la prognosi.
Cos’è la sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera e quali sono le sue conseguenze
La sepsi è un’eccessiva risposta infiammatoria dell’organismo ad un’infezione che determina un danno ad uno o più organi compromettendo il loro funzionamento. La sepsi rappresenta una condizione clinica di difficile gestione, associata ad un alto tasso di mortalità. La risposta dell’organismo viene messa in atto quando i microrganismi patogeni passano nel sangue.
La sepsi può avere origine a partire da un’infezione collocata a livello di qualsiasi organo o tessuto. I microrganismi che hanno provocato tale infezione, attraverso la circolazione sanguigna, possono raggiungere altri organi e apparati, diffondendo a questi ultimi l’infezione; di conseguenza, l’organismo risponde a questa infezione con una risposta infiammatoria generalizzata ed eccessiva tanto da danneggiare gli organi e i tessuti e compromettere il loro funzionamento.
Il quadro clinico di infezione può verificarsi a carico di molti apparati, tra i quali quelli maggiormente coinvolti sono:
- l’apparato genitale;
- l’apparato urinario;
- l’apparato cardiocircolatorio;
- la mammella;
- l’apparato respiratorio;
- il sistema nervoso centrale;
- l’apparato digerente.
La sepsi può quindi insorgere in seguito a qualsiasi tipo di infezione, maggiormente se queste vengono contratte in ambito ospedaliero o assistenziale.
Sono maggiormente a rischio di sepsi i pazienti che hanno subito un intervento chirurgico o ai quali è stato posizionato un catetere venoso o un catetere vescicale soprattutto se non sono stati messi in atto le procedure che garantiscono il rispetto dell’asepsi e della sterilità.
Quando si presentano fattori di rischio da sepsi il medico, lo specialista e, più in generale, il personale dell’Ospedale devono essere più attenti e veloci nella prescrizione di esami di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione dell’infezione degenerata o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, valutando se questi potessero essere o meno previsti ed evitati e, quindi, se ci sia la possibilità di procedere con una richiesta di risarcimento con un avvocato esperto in malasanità.
La sepsi si differenzia dalla setticemia poiché mentre la setticemia comporta la sola invasione del sangue da parte dei batteri, la sepsi è la risposta infiammatoria alla setticemia o ad una semplice infezione che determina un danno progressivo agli organi.
Se la sepsi è associata a gravi alterazioni cellulari e metaboliche si parla invece di shock settico, condizione patologica che aumenta notevolmente il rischio di mortalità.
Lo shock settico determina una ridotta perfusione agli organi e ai tessuti, anche quelli di vitale importanza (cuore e polmoni), i quali riceveranno un ridotto apporto di sangue e di ossigeno. Gli organi, se non correttamente perfusi, vanno in contro a un’insufficienza che ne compromette il funzionamento.
In particolare, lo shock settico si manifesta con un’eccessiva diminuzione della pressione arteriosa che non si risolvere nemmeno con la somministrazione di vasopressori (adrenalina) che hanno l’obiettivo di aumentarla. La diminuzione della pressione arteriosa si traduce quindi in un’inadeguata perfusione di sangue e ossigeno agli organi.
Le complicanze della sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera
Se la sepsi non viene trattata in tempo può causare la morte del paziente che la contrae (decesso per sepsi).
La sepsi è infatti una patologia tempo dipendente: più passa il tempo più aumenta il rischio di decesso. Per questo motivo è agevole comprendere come la diagnosi tempestiva ed una cura efficace sia necessaria al fine di evitare gravi conseguenze ai danni del paziente o un grave danno da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza per morte del paziente, o per l’accelerazione del decesso, o una perdita di chance di conservare una vita migliore.
La sepsi determina un danno multiorgano, il paziente può quindi presentare problemi della coagulazione, problemi respiratori, problemi urinari, problemi cardiaci e alterazioni del funzionamento epatico:
- problemi della coagulazione: in presenza di sepsi vi è la tendenza del sangue di formare dei coaguli all’interno dei vasi sanguigni si attiva quindi il meccanismo della coagulazione e lo sviluppo di trombi all’interno dei vasi la cui presenza ostacola la circolazione del sangue;
- problemi respiratori: difficoltà respiratorie e riduzione della funzionalità dei polmoni a causa dell’edema ovvero l’accumulo di liquidi che fuoriescono in seguito al danneggiamento dei vasi sanguigni;
- problemi urinari: alterazione della funzionalità dei reni. viene prodotta poca urina (oliguria) o non ne viene prodotta affatto (anuria) e i prodotti di scarto che dovrebbero essere eliminati con l’urina si accumulano nel sangue;
- problemi cardiaci: il cuore rallenta il pompaggio del sangue a causa della sua ridotta perfusione che ne altera la funzione;
- alterazioni del funzionamento epatico: il fegato, a causa della ridotta perfusione di sangue e ossigeno, risulta compromesso e come risultato il paziente può sviluppare ittero in quanto il fegato non sarà più in grado di metabolizzare la bilirubina, la quale si accumula nel sangue e nella cute, rendendola giallastra.
Se non si interviene tempestivamente la sepsi può dare origine ad altre complicanze quali lo shock settico che determina una drastica riduzione della pressione sanguigna alla quale consegue un’alterazione del funzionamento di organi e apparati a causa dell’inadeguato apporto di sangue e ossigeno. Lo shock settico aumenta notevolmente il rischio di mortalità.
La responsabilità del medico/dello specialista/dell’infettivologo, e quindi dell’Ospedale o della Clinica, in caso di sepsi potrebbe derivare non solo dall’insorgenza dell’infezione, della sepsi o dello shock settico ma soprattutto dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento della gravità della condizione di salute del paziente o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive o inefficaci. In questi casi sarà opportuno rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità che, insieme al medico legale, esaminerà la documentazione medica, tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile, pertanto, conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia.
Come si giunge alla sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera
La sepsi è conseguenza di un’infezione presente in qualsiasi parte dell’organismo che non viene diagnosticata e trattata tempestivamente; le infezioni alle quali generalmente può conseguire la sepsi sono:
- endocardite: infezione della membrana che riveste il cuore e delle valvole cardiache;
- polmoniti: infezione dei polmoni;
- infezioni intra addominali;
- infezioni chirurgiche;
- meningiti: infezioni delle membrane (meningi) che rivestono e proteggono il sistema nervoso centrale;
- encefaliti: infezione dell’encefalo;
- infezioni delle vie urinarie: cistite (infezione della vescica), pielonefrite (infezione dei reni), uretrite (infezione dell’uretra), ureterite (infezione dell’uretere).
I microrganismi patogeni che hanno provocato un’infezione localizzata ad uno specifico organo/apparato passano nel sangue attraverso il quale migrano in altri organi/apparati diffondendo l’infezione a tutto l’organismo; di conseguenza compare un’esagerata risposta infiammatoria che si estende a tutto l’organismo e che è responsabile di un danno ad organi e tessuti, da qui si sviluppa la sepsi.
La presenza di un danno ad organi e tessuti ne altera il funzionamento.
Tra i pazienti ricoverati sono maggiormente a rischio di contrarre un’infezione e di conseguenza una sepsi coloro ai quali è stato posizionato un catetere vescicale o un accesso venoso centrale oppure periferico nel mancato rispetto dell’asepsi e della sterilità da parte del personale sanitario.
L’inadeguata disinfezione dei macchinari e degli strumenti medici può aumentare il rischio di contrarre l’infezione così anche il mancato lavaggio delle mani e della sanificazione ambientale.
Per prevenire la sepsi è quindi necessario innanzitutto prevenire le infezioni ospedaliere adottando le seguenti misure:
- lavaggio delle mani prima e dopo aver prestato assistenza al paziente;
- rispetto dei protocolli e delle linee guida;
- disinfezione dei presidi medici e dei macchinari;
- sanificazione degli ambienti;
- rispetto dell’asepsi e della sterilità soprattutto negli interventi chirurgici invasivi;
- utilizzo dei dispositivi di protezione individuale quando indicato;
- isolamento dei pazienti con infezioni ad alto rischio di trasmissibilità;
- utilizzo di cateteri vescicali e di catetere venosi sterili;
- corretto posizionamento e gestione dei cateteri vescicali e venosi;
- praticare la disinfezione della cute prima del posizionamento dei cateteri vascolari;
- praticare la disinfezione dei genitali esterni prima del posizionamento del catetere vescicale;
- somministrazione per via endovenosa di soluzioni e di farmaci sterili;
- evitare la contaminazione dei cateteri;
- utilizzo di presidi medici sterili per l’intubazione;
- somministrare antibiotici come profilassi durante l’esecuzione di interventi chirurgici invasivi;
- allestimento di un campo sterile per l’esecuzione di interventi chirurgici o di qualche altra pratica invasiva.
Nel caso in cui l’infezione è già stata diagnosticata, per evitare l’insorgenza del quadro clinico di sepsi bisogna trattare per tempo l’infezione prima che l’organismo metta in atto una risposta infiammatoria eccessiva e generalizzata. In presenza di un’infezione devono essere sempre ricercati i segni di danno d’organo al fine di escludere una sepsi. L’infezione può evolvere in sepsi se:
- non viene somministrata tempestivamente una terapia antibiotica;
- non vengono eseguiti gli esami del sangue per identificare la presenza di un eventuale danno d’organo;
- non viene monitorata la diuresi;
- non vengono eseguite le emocolture con il rispettivo antibiogramma grazie al quale è possibile scegliere l’antibiotico più adatto per il trattamento dell’infezione;
- non viene rimosso il focolaio di infezione.
Quando si verificano tali omissioni possono insorgere gravi complicanze o morte del paziente per sepsi. Pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che il danneggiato o i parenti (marito, moglie, partner, convivente, madre, padre, figlio/figlia, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito infausto della sepsi, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato malasanità o ad uno studio legale specializzato in risarcimento danni da responsabilità medica, insieme al medico legale, si potrebbe capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa medica. In caso di decesso, per capire la causa della morte da sepsi come conseguenza di infezione ospedaliera/nosocomiale potrebbe essere importante l’autopsia (esame autoptico). Per l’autopsia il medico legale potrà seguire l’esame autoptico quando viene eseguito e, se già fatto, potrà valutare la relazione dell’autopsia.
Come si manifesta la sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera
Per parlare di sepsi da infezione nosocomiale/ospedaliera è necessario che venga diagnosticata un’infezione la quale deve essere associata ad una disfunzione multiorgano.
Per fare diagnosi di infezione deve essere presente almeno uno di questi segni/sintomi:
- febbre > 38°c (iperpiressia);
- riduzione della temperatura corporea (ipotermia);
- problemi respiratori;
- diarrea e vomito;
- dolore e tensione addominale e/o pelvica;
- problemi urinari: ridotta produzione di urina (oliguria) o urina assente (anuria);
- segni di infezione della ferita chirurgia;
- segni di infezione in sede di catetere intravascolare;
- stato confusionale;
- incremento degli indici di flogosi (pcr e procalcitonina);
- aumento dei globuli bianchi (leucocitosi);
- mal di testa;
- brividi;
- aumento della frequenza cardiaca (tachicardia);
- riduzione della saturazione di ossigeno < 95%;
- aumento della frequenza respiratoria.
Per porre diagnosi di sepsi oltre che i segni e sintomi di infezione è necessario che siano presenti segni di danno d’organo.
La diagnosi di danno d’organo si basa sulla presenza di almeno uno dei seguenti parametri che sono riscontrabili attraverso l’esecuzione di esami del sangue:
- aumento della bilirubina del sangue conseguenza della disfunzionalità del fegato;
- aumento della creatinina nel sangue conseguenza della disfunzionalità renale;
- riduzione della pressione arteriosa che comporta un’inadeguata perfusione di sangue, di ossigeno e di nutrienti a organi e tessuti;
- riduzione delle piastrine che si traduce in un’alterazione della coagulazione del sangue;
- alterazione dello stato di coscienza che indicano una compromissione a livello cerebrale.
Dinanzi ad un simile quadro clinico, se il medico/lo specialista/il personale sanitario non provvede alla prescrizione degli approfondimenti diagnostici commette una negligenza che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico o della struttura, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti.
La diagnosi della sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera
Considerato che per parlare di sepsi è necessaria la sussistenza di un’infezione e di un danno d’organo, è importante ricercare i segni e i sintomi di danno d’organo in tutti i pazienti con un’infezione accertata o sospetta, mentre nei pazienti con danno d’organo non altrimenti spiegabile ricercare segni e sintomi di infezione presunta o accertata per poter confermare o escludere la diagnosi di sepsi o shock settico.
Per fare diagnosi di sepsi è prima necessario che sia confermata la presenza di un processo infettivo e ciò è possibile attraverso le emocolture. Le emocolture sono degli esami di laboratorio che consistono in un prelievo di sangue venoso che viene raccolto in due apposite provette nelle quali sono presenti dei terreni di coltura per microrganismi anaerobi in una provetta e per microrganismi aerobi nell’altra. Affinché i risultati siano attendibili è necessario eseguire il prelievo con entrambe le provette in due siti diversi e a distanza di 15/20 minuti per un totale di due coppie di provette, ogni coppia deve comprendere una provetta con terreno di coltura per microrganismi aerobi e l’altra un terreno di coltura per anaerobi.
Grazie alle emocolture è possibile isolare ed individuare i microrganismi patogeni che hanno provocato l’infezione.
Anche un aumento degli indici di flogosi è sinonimo di infezione. Gli indici di flogosi sono i globuli bianchi, la PCR e la procalcitonina e vengono esaminati attraverso un semplice prelievo di sangue venoso.
Affinché sia diagnosticata la sepsi oltre che l’infezione è necessaria la sussistenza di un danno d’organo. Il danno d’organo può essere individuato attraverso degli esami del sangue che permettono di valutare la presenza di un danno ad uno o più organi e il loro funzionamento:
- AST e ALT (transaminasi). Le transaminasi sono degli enzimi prodotti dal fegato e un loro aumento indica un danno a livello epatico.
- Bilirubina: un suo aumento nel sangue indica malfunzionamento del fegato e delle vie biliari
- Fattori della coagulazione (PT, PTT, fibrinogeno): per la diagnosi di tromboembolismo
- Emocromo: il numero di piastrine si riduce e di emoglobina in presenza di sepsi
- Creatinina: un suo aumento nel sangue indica un malfunzionamento renale
- Lattati: il suo aumento è indice di metabolismo anaerobio e si associa ad un rischio di deterioramento clinico e prognosi infausta
Per la diagnosi di sepsi possono essere eseguiti anche degli esami strumentali (ecografia, TAC, risonanza magnetica) che permettono di individuare il focolaio di infezione.
Nel caso in cui si sospetta una sepsi è necessario cominciare il monitoraggio della diuresi considerando che vi può essere un danno a carico dell’apparato urinario.
Nel caso in cui venissero omesse le prescrizioni degli approfondimenti diagnostici oppure venissero commessi errori nello svolgimento degli approfondimenti diagnostici (perdita o deterioramento della provetta del sangue, errore nella coltura, malfunzionamento del macchinario per la TAC o i raggi X, erronea lettura degli esiti ecc.) si può configurare una responsabilità del medico ma, in modo più evidente, della struttura sanitaria: le carenze strutturali o la mancanza di personale o i problemi di organizzazione della struttura ospedaliera o il mancato funzionamento del macchinari per deterioramento degli stessi o mancata manutenzione possono provocare casi di malasanità con conseguente obbligo di risarcimento dei danni per la vittima e i suoi familiari.
Il trattamento della sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera
L’utilizzo di protocolli standardizzati gioca un ruolo chiave per la prognosi e la riduzione della mortalità, la quale rappresenta un indicatore di esito dell’assistenza erogata. Attraverso dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali è infatti possibile delineare il miglior percorso attuabile che prevede una presa in carico complessiva del paziente e un approccio multiprofessionale e multidisciplinare.
Il trattamento della sepsi prevede la somministrazione di una terapia antibiotica, la quale deve essere iniziata entro un’ora dalla diagnosi. Entro le prime sei ore dalla diagnosi, ogni ora di ritardo è associata ad un aumento della probabilità di morte.
Si inizia con la somministrazione di antibiotici empirici che vanno ad attaccare un buon numero di microrganismi patogeni. Nella maggioranza dei casi la terapia deve essere modificata dopo aver avuto i risultati dell’antibiogramma che dà indicazione sull’antibiotico più adatto da somministrare per debellare il microrganismo patogeno che ha provocato l’infezione.
L’antibiogramma è sempre associato alle emocolture: dopo aver identificato i microrganismi patogeni sul campione di sangue raccolto con le emocolture, questi vengono fatti reagire con diversi antibiotici in modo tale da scoprirne la loro resistenza o sensibilità.
La resistenza di un microrganismo patogeno ad un antibiotico significa che quell’antibiotico non è efficace per il trattamento dell’infezione da esso provocata; al contrario un antibiotico è efficace per il trattamento dell’infezione se il microrganismo patogeno è sensibile. Considerato l’alto tasso di antibiotico resistenza, l’antibiotico va scelto con criterio.
Il trattamento della sepsi consiste anche nell’eradicazione del focolaio di infezione, identificato attraverso esami strumentali, entro 6 – 12 ore. L’eradicazione del focolaio di infezione necessita del ricorso alla chirurgia.
La prescrizione di farmaci controindicati in caso sospetta sepsi costituisce una negligenza del medico/infettivologo/specialista che potrebbe determinare una colpa medica. Quando viene accertata la responsabilità del medico, il paziente può chiedere il risarcimento per i danni subiti.
Per questo motivo rivolgersi ad un avvocato esperto in casi di malasanità e risarcimento danni da responsabilità medica può essere determinante per il paziente, il quale avrà la possibilità di essere seguito da un Professionista legale coadiuvato da un medico legale che svolga gli accertamenti diagnostici che portano alla redazione di una perizia medico legale con la relativa quantificazione dei danni subiti.
Ulteriore passo per il trattamento della sepsi da infezione nosocomiale/ospedaliera è la somministrazione di liquidi utile a ripristinare il volume del sangue ed evitare i danni agli organi e dei tessuti conseguenti alla loro ipoperfusione di sangue e ossigeno, conseguenza della ridotta pressione arteriosa. Deve essere iniziata anche l’ossigeno terapia per garantire l’apporto di ossigeno ai tessuti e agli organi. Nel caso in cui l’ossigeno terapia non risulta essere efficace poiché non si ha un miglioramento della frequenza respiratoria e della saturazione si deve valutare la necessità di un supporto respiratorio o di intubazione e ventilazione meccanica.
È raccomandata infine la profilassi del tromboembolismo venoso con la somministrazione di eparina.
Potrebbe, dunque, essere riconosciuta la colpa medica o la responsabilità dell’Ospedale, anche qualora il medico/specialista/personale infermieristico non proceda alla somministrazione di ossigeno o di liquidi laddove sia in atto un trattamento di sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera o nel caso di manipolazione con strumenti medici errati o non sterili, o qualora abbia proceduto con negligenza, imperizia o imprudenza
Le sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera ed errori medici
La gestione della sepsi prevede la correzione delle sue complicanze, l’avvio precoce della terapia antibiotica e una rianimazione intensiva. La tempestività e la correttezza della somministrazione della terapia antibiotica è fondamentale per la sopravvivenza del paziente. Ogni ora di ritardo nel trattamento è associata ad un aumento della possibilità di morte.
Essendo la sepsi una complicanza delle infezioni ospedaliere devono prima essere prevenute quest’ultime attraverso il rispetto dei protocolli, delle linee guida e delle buone pratiche cliniche da parte del personale sanitario.
Allo scopo di evitare o minimizzare gli esiti avversi è infatti fondamentale adottare misure assistenziali e organizzative appropriate basate su evidenze scientifiche aggiornate. È necessaria, pertanto, la formazione e un continuo aggiornamento per i professionisti sanitari.
Di seguito gli errori dei professionisti che possono portare all’insorgenza della sepsi e delle sue complicanze e, quindi, essere causa di responsabilità a carico della struttura ospedaliera o del medico/specialista/infermiere per i danni patiti dal paziente, sono :
- mancata applicazione di protocolli e linee guida;
- mancata prevenzione delle infezioni ospedaliere;
- inadeguata applicazione delle tecniche di asepsi da parte del personale sanitario nell’esecuzione di procedure invasive;
- utilizzo di dispositivi medici (cateteri vascolari, cateteri vescicali o presidi per l’intubazione) non sterili;
- errata interpretazione degli esami ematici e/o degli esami strumentali;
- diagnosi errata o mancata;
- trattamento errato;
- trattamento intempestivo;
- errata esecuzione delle emocolture;
- mancata esecuzione degli esami strumentali per l’identificazione del focolaio di infezione;
- ritardo nella somministrazione della terapia antibiotica empirica;
- errata scelta dell’antibiotico per il trattamento dell’infezione;
- mancata somministrazione di liquidi per via endovenosa in presenza di una riduzione della pressione arteriosa;
- mancata eradicazione del focolaio di infezione entro 6 – 12 ore dalla sua identificazione;
- mancato monitoraggio della diuresi, dell’esecuzione degli esami ematici e delle emocolture in presenza di sospetto di sepsi;
- mancata somministrazione di ossigeno o di intubazione per la ventilazione meccanica quando necessario;
- omissione dell’esecuzione degli esami del sangue e delle emocolture in presenza di infezione per escludere una sepsi;
- mancato riconoscimento dei segni e dei sintomi di infezione;
- mancato riconoscimento dei segni e dei sintomi di danno d’organo;
- omissione della profilassi antibiotica quando raccomandata, ad esempio per l’esecuzione di interventi chirurgici.
Risarcimento dei danni in caso di sepsi per infezione nosocomiale/ospedaliera ed errori medici
Risulta essenziale una diagnosi esatta e veloce della sepsi in caso contrario potrebbero insorgere anche gravi complicanze e relativi danni per il paziente: tra questi il danno non patrimoniale che ricomprende il danno biologico per la lesione all’integrità psico-fisica del danneggiato, il danno morale per le sofferenze patite o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza); ma anche il danno patrimoniale che ricomprende il danno emergente (spese effettuate), il lucro cessante (guadagni persi o diminuiti), determinazione spese future ecc.
Il danno verrà determinato nella perizia medico legale (dove il medico legale quantificherà l’invalidità fisica del danneggiato e le ulteriori voci di danno) e potrà eventualmente essere anche personalizzato in relazione, per esempio, all’età, all’attività lavorativa del soggetto, alle sofferenze morali ed ai cambiamenti occorsi al suo stile di vita.
In caso di morte del paziente, potrebbe essere possibile chiedere il risarcimento dei danni patiti direttamente dai familiari (ad esempio per le sofferenze patite per la perdita prematura del parente), ma anche i danni subiti dalla defunta prima di morire dopo l’errore medico o a seguito dell’errata o tardiva terapia (ad esempio per le sofferenze patite o per la consapevolezza di essere in fin di vita senza possibilità di cura).
I parenti (marito, moglie, partner, convivente, madre, padre, sorella, fratello, figlio, figlia ecc.) potrebbero ottenere, da un lato, il risarcimento dei danni relativi al loro dolore per la perdita ingiusta del loro caro e, dall’altro, potrebbero chiedere la liquidazione del danno fisico e morale patito prima di morire dal malato durante la sfortunata agonia.
Mentre i primi vengono chiamati danni iure proprio, perché rientrano direttamente nella sfera giuridica del familiare del defunto, questi ultimi potrebbero essere definiti “indiretti” vengono chiamati danni iure hereditatis.