GRAVIDANZA A RISCHIO: ETÀ MATERNA AVANZATA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La gravidanza oltre i 40 anni è un evento sempre più frequente, ma caratterizzato da rischi aumentati, per cui è necessario che la donna riceva un’assistenza specifica durante la gestazione.
In Europa, nel corso degli anni, l’età materna al momento della nascita del primo figlio è aumentata sempre di più; in Italia in particolare, se per decenni la media dell’età al primo figlio è stata intorno ai 25 anni, si trova ad essere attualmente sempre più prossima ai 30, risultando tra i primi posti dei Paesi europei con la più avanzata età materna.
Anche il numero di gravidanze oltre i 40 anni è aumentato notevolmente rispetto agli anni passati, rappresentando attualmente circa il 5-10% del totale delle gravidanze; questo è dovuto in parte ad un fenomeno socioeconomico, in parte alla possibilità che le tecniche di procreazione medicalmente assistita offrono alle donne di contrastare la minore fertilità legata all’età avanzata.
È noto che con l’avanzare dell’età la fertilità della donna è minore, raggiungendo il suo apice intorno ai 20 anni e riducendosi gradualmente. Allo stesso modo, i fattori di rischio della gravidanza, che risultano inferiori per le donne più giovani, si trovano ad aumentare con l’avanzare dell’età, raggiugendo un’importanza significativa per le gravidanze oltre i 40 anni.
Per questi motivi i professionisti che assistono una donna in gravidanza con un’età avanzata devono tenere conto dei maggiori rischi e personalizzare il percorso assistenziale sulla base delle esigenze specifiche del caso.
Rischi della gravidanza in età avanzata
Mentre un tempo si considerava “gravidanza a rischio” la gravidanza di una dona con un’età superiore a 35 anni, con l’avanzamento in campo medico si è spostata questa soglia ai 40 anni.
Tuttavia, è bene per i professionisti sanitari ricordare che un’età materna di 35 anni è comunque soggetta a fattori di rischio maggiori rispetto che una donna di età inferiore, pertanto va comunque prestata una maggiore attenzione a riconoscere eventuali patologie della gravidanza che possono presentarsi più facilmente in questi casi.
Per quanto riguarda l’età materna oltre la quarta decade di vita, tra i principali fattori di rischio troviamo:
- aborto spontaneo;
- diabete gestazionale;
- ipertensione cronica o gestazionale;
- preeclampsia;
- parto prematuro;
- restrizione di crescita intrauterina (IUGR);
- gravidanza gemellare;
- placenta previa e placenta accreta;
- distacco intempestivo di placenta;
- anomalia congenita;
- taglio cesareo (legato ai fattori di rischio precedentemente citati).
Il rischio che coinvolge la maggior parte delle gravidanze oltre i 40 anni è quello di aborto spontaneo, principalmente legato alla più frequente presenza di anomalie cromosomiche che portano la gravidanza ad un’interruzione spontanea.
Il diabete gestazionale si può manifestare più frequentemente a causa delle alterazioni metaboliche a cui la donna può andare incontro con l’avanzare dell’età.
Il maggiore rischio di presentare patologie di origine ipertensiva, come nel caso dell’ipertensione cronica o gestazionale, oppure la preeclampsia, sono legate alla maggiore incidenza di disturbi ipertensivi oltre i 40 anni; inoltre l’ipertensione gestazionale, come nel caso del diabete gestazionale, tende ad anticipare di qualche anno l’insorgenza dell’ipertensione cronica, quindi una maggiore prossimità all’età in cui si andrà a manifestare questo disturbo aumenta il rischio della sua insorgenza in gravidanza.
Come per le gravidanze senza fattori di rischio, è opportuno che la pressione arteriosa venga rilevata ad ogni incontro in gravidanza con il professionista sanitario.
Se si evidenzia una situazione di ipertensione la donna deve essere indirizzata a cure specifiche e monitoraggi più frequenti; se il valore pressorio rilevato risulta essere ai limiti della norma, è opportuno che alla donna venga suggerito di effettuare dei controlli più frequenti.
Le anomalie placentari come la placenta previa o la placenta accreta sono più comuni nelle donne di età avanzata, ma questo dato potrebbe essere influenzato anche dal fatto che donne con un’età superiore a 40 anni hanno spesso già avuto altre gravidanze in passato e più frequentemente hanno subìto interventi all’utero (come nel caso di un pregresso taglio cesareo o una miomectomia), fattori che aumentano il rischio di questo tipo di anomalie placentari. Per quanto riguarda il rischio di distacco intempestivo di placenta, è strettamente correlato con i disturbi ipertensivi.
La possibilità che si instauri una gravidanza gemellare è maggiore nelle donne di età avanzata, in parte a causa delle modificazioni della fisiologia riproduttiva legate all’età, in parte a causa del maggiore ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
La maggior possibilità di incorrere in un taglio cesareo per le donne con età superiore a 40 anni è dovuta agli altri fattori di rischio legati all’età, che aumentano la possibilità di dover eseguire l’intervento chirurgico.
Anomalie cromosomiche e test diagnostici prenatali
Le anomalie cromosomiche sono di maggior frequenza nelle donne di età superiore ai 40 anni.
Con una maggiore età materna si possono verificare più frequentemente errori nella divisione dei cromosomi, dando origine ad un individuo con un cromosoma in più (trisomia) o uno in meno (monosomia); queste alterazioni sono spesso incompatibili con la vita e nella maggior parte dei casi provocano un aborto spontaneo.
Alcune anomalie cromosomiche invece possono consentire la vita extrauterina all’individuo che ne è affetto, come nel caso della nota trisomia 21 (sindrome di Down).
Altre alterazioni cromosomiche possono non riguardare il numero di cromosomi, ma la loro struttura, come quando avviene una traslocazione di un pezzo di cromosoma da un segmento ad un altro.
Queste sono più difficili da identificare e il loro esito patologico dipende completamente da come è avvenuto la traslocazione. I mosaicismi invece si presentano quando lo stesso individuo possiede alcune cellule sane e altre con un corredo cromosomico anomalo; le possibili varianti di un mosaicismo sono pressoché infinite e non è possibile stabilire se questa alterazione causerà difetti o meno all’individuo.
Considerato il maggiore rischio di anomalie cromosomiche per le donne con una gravidanza oltre i 40 anni, va offerta la possibilità di effettuare una diagnosi prenatale, che permette di identificare le più frequenti patologie genetiche del feto.
La diagnosi prenatale si differenzia dai normali test di screening che vengono offerti invece alle donne senza fattori di rischio, poiché tramite questi esami non si ottiene solo la possibilità di sapere a quanto ammonta il rischio di avere un bambino affetto da una patologia, ma ottiene già una diagnosi finale.
Va comunque ricordato che gli esami di diagnosi penatale sono soggetti ad un certo numero di falsi positivi (individui sani che vengono identificati come affetti) o falsi negativi (individui malati che vengono riconosciuti come sani); tutte le donne prima di sottoporsi a questi esami devono essere a conoscenza della possibilità di una errata diagnosi, devono essere informate sulla capacità diagnostiche di ogni esame e dei rischi legati alle differenti procedure, in modo da poter fornire un consenso consapevole.
La diagnosi prenatale viene eseguita con due metodiche: il prelievo dei villi coriali e l’amniocentesi.
La scelta della procedura deve essere riservata alla donna dopo una precisa spiegazione dei rischi e delle indicazioni di ciascun esame.
Il prelievo dei villi coriali si esegue inserendo un ago nell’addome della donna e, con l’aiuto di un’indicazione ecografica, prelevando un campione di villi. Il prelievo dei villi coriali si esegue a partire dalle 10 settimane di età gestazionale; eseguire la procedura prima di quest’epoca gestazionale è correlata a un maggiore rischio di aborto.
Anche l’esecuzione della procedura per via transcervicale (attraverso il collo dell’utero) è generalmente correlata a una maggiore probabilità di perdita fetale e complicanze infettive e va riservata ai casi in cui non è possibile l’esecuzione per via transaddominale.
L’amniocentesi si esegue anch’essa per via transaddominale, inserendo un ago che preleva un piccolo campione di liquido amniotico; viene effettuato generalmente a partire dalle 15 settimane di gestazione, le esecuzioni precoci sono maggiormente correlate a maggiori complicanze e vanno, se possibile, evitate.
Anche questo esame va effettuato sotto costante controllo ecografico.
Prima dell’esecuzione di ciascun prelievo il medico esegue un’ecografia per osservare la vitalità del feto e valutarne la biometria. È importante che l’esecuzione della villocentesi o dell’amniocentesi venga effettuata nel rispetto delle regole della sterilità, per ridurre il rischio infettivo.