SOFFERENZA FETALE: MONITORAGGIO E MALASANITÀ ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Il feto è in sofferenza quando durante la gravidanza e il travaglio di parto non riceve abbastanza ossigeno.
Segni clinici della sofferenza fetale
La sofferenza fetale viene riconosciuta dalla presenza di segni clinici rilevabili attraverso l’auscultazione del battito cardiaco del feto con la cardiotocografia, tecnica che permette di rilevare e registrare su carta il battito cardiaco fetale.
In presenza di sofferenza fetale il tracciato cardiotocografico registra delle alterazioni della frequenza cardiaca del feto come tachicardia o bradicardia.
Le alterazioni del battito cardiaco del feto si riscontrano più comunemente durante il travaglio di parto a causa dell’attività contrattile dell’utero; quando le fibre muscolari dell’utero si contraggono si verifica una compressione dei vasi della placenta e di conseguenza viene ridotto l’apporto di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale.
Un altro segno che permette di identificare uno stato di sofferenza fetale è la presenza di meconio (sostanza bruno verdastra che si trova nell’intestino del feto) nel liquido amniotico.
Il liquido amniotico fisiologicamente è trasparente ma nel caso in cui vi è meconio quest’ultimo assume una colorazione verdastra e una consistenza melmosa. Nel caso di sofferenza fetale e quindi di una riduzione dell’apporto di ossigeno aumentano i movimenti intestinali del feto (peristalsi) e, di conseguenza, il meconio viene riversato nel liquido amniotico.
La riduzione dei movimenti del feto ma anche la riduzione del pH del sangue del feto, individuabile tramite analisi di laboratorio dopo aver prelevato una goccia di sangue dallo scalpo fetale, indicano una sofferenza fetale.
Se l’apporto di ossigeno al feto è ridotto, il pH si riduce (< 7) e al di sotto di un certo grado di ossigenazione il feto non si muove più (acidosi metabolica).
Quando la riduzione dell’ossigenazione del feto è prolungata quest’ultimo può subire delle lesioni cerebrali permanenti, deficit neurologici a lungo termine ed encefalopatia ipossico ischemica (lesioni cerebrali conseguenti ad ipossia) a causa della morte delle cellule del cervello del nascituro.
Cause di sofferenza fetale
La sofferenza fetale si ha in seguito a tutte quelle condizioni che implicano una riduzione dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale.
- Distacco intempestivo di placenta: separazione prematura della placenta, organo di scambio materno fetale, dalla parete dell’utero. Se la placenta si stacca prima dell’espulsione del feto, l’apporto di nutrienti e di sangue ossigenato verso il feto verrà limitato, soprattutto se si stacca più della metà della superficie placentare
- placenta previa: inserzione bassa della placenta a livello di un punto chiamato segmento uterino inferiore (SUI). Verso il termine di gravidanza il segmento uterino inferiore si distende e si assottiglia e la placenta, essendo anelastica, si stacca dalla sua sede di inserzione; da ciò ne consegue una riduzione dell’ossigenazione fetale, secondo lo stesso principio del distacco di placenta
- prolasso del cordone ombelicale: discesa di un’ansa del cordone ombelicate che si posiziona tra il feto e la pelvi materna; ne consegue che il cordone ombelicale si trova schiacciato fra queste strutture. Il cordone ombelicale contiene la vena ombelicale che trasporta sangue ossigenato al feto per cui, quando si verifica il prolasso del cordone, l’ossigenazione fetale è altamente limitata
- rottura d’utero: in seguito alla rottura d’utero il feto può essere espulso in cavità addominale
- ipercinesia uterina (contrazioni uterine intense e frequenti): le contrazioni intense e frequenti della muscolatura dell’utero determinano la compressione dei vasi placentari, responsabili del trasporto di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale.
- insufficienza utero placentare: la placenta risulta mal equipaggiata per rispondere alle crescenti richieste della gravidanza e perciò non garantisce il giusto apporto di nutrienti e ossigeno al feto
- preeclampsia (gestosi): malattia sistemica di origine placentare
- giri del cordone ombelicale attorno alle parti fetali
- presenza di nodi veri del cordone ombelicale
- distocia di spalla: fallimento del meccanismo di espulsione delle spalle del feto le quali rimangono incastrate nel canale del parto dopo che è stata espulsa la testa
- gravidanza gemellare soprattutto se è monocoriale (presenza di una sola placenta) perché vi è il rischio di trasfusione feto fetale che comporta sofferenza fetale
- posizione anomala del feto
- chiusura prematura del dotto arterioso di Botallo (condotto che permette la comunicazione tra l’arteria polmonare e l’aorta durante la vita fetale).
Sofferenza fetale e monitoraggio del feto
La cardiotocografia è la tecnica ideale per il monitoraggio del benessere del feto durante la gravidanza, il travaglio e il parto.
La cardiotocografia rileva in maniera continua, per un tempo minimo di 30 minuti, il battito cardiaco fetale in concomitanza, durante il travaglio di parto, con le contrazioni uterine al fine di stabilire come il feto risponde a quest’ultime.
Le contrazioni della muscolatura dell’utero, infatti, soprattutto se più intense e prolungate del normale, possono causare sofferenza fetale a causa della compressione dei vasi placentari da parte delle pareti dell’utero che si irrigidiscono.
Nella maggior parte dei casi, durante la contrazione uterina, la frequenza cardiaca del feto tende a calare per poi tornare alla linea di base con la fine della contrazione.
La frequenza cardiaca del feto è nella norma quando è compresa fra i 110 e 160 battiti al minuto. Oltre alla frequenza cardiaca di base deve anche essere valutata la variabilità di quest’ultima ovvero le fisiologiche fluttuazioni della frequenza cardiaca.
Il tracciato cardiotocografico è rassicurante quando la frequenza cardiaca di base e la variabilità sono normali, quando sono presenti delle accelerazioni della frequenza cardiaca, alternanza dei cicli sonno veglia e presenza di movimenti fetali.
Se il tracciato cardiotocografico è rassicurante significa che il feto sta bene, riceve la quantità di ossigeno necessario e tollera bene le contrazioni uterine.
Nel caso in cui non sono presenti questi segni o si hanno delle anomalie del battito cardiaco significa che il feto è in sofferenza.
Il battito cardiaco del feto viene rilevato grazie ad uno strumento chiamato cardiotocografo il quale è dotato di due sonde che vengono poste sull’addome materno.
Una sonda viene posizionata sull’addome materno in corrispondenza del dorso fetale, dopo averlo individuato con delle apposite manovre (seconda manovra di Leopold), dove è possibile rilevare più facilmente il suo battito cardiaco.
La seconda sonda del cardiotocografo viene posta in corrispondenza del fondo dell’utero (punto più alto dell’utero) per la rilevazione dell’attività contrattile.
Monitoraggio elettrocardiografico
Il monitoraggio attraverso la cardiotocografia può essere combinato con il monitoraggio elettrocardiografico grazie al quale si può studiare la morfologia del segmento ST dell’elettrocardiogramma.
Questo tipo di monitoraggio è indicato nel caso in cui il tracciato cardiotocografico è sospetto.
Prelievo del sangue per diagnosticare la sofferenza fetale
Il campionamento del sangue fetale è un’altra tecnica utilizzata per avere informazioni sul benessere fetale.
Questa tecnica prevede il prelievo di una goccia di sangue dallo scalpo fetale per la misura del pH e dei lattati ed è indicata se vi sono delle anormalità del tracciato cardiotocografico.
La stimolazione dello scalpo fetale è utile per distinguere le fasi di sonno profondo del feto dall’ipossia (riduzione dell’ossigenazione).
Se dopo aver stimolato lo scalpo il feto risponde con un’accelerazione della frequenza cardiaca significa che sta bene.
Sofferenza fetale e comportamento medico
Se sono presenti segni di grave compromissione del benessere del feto e non viene eseguito il taglio cesareo il prima possibile, il feto può andare incontro a morte o a deficit neurologici a causa dell’inadeguato apporto di ossigeno.
I ginecologi e gli ostetrici devono attentamente monitorare il benessere del feto, soprattutto se sono presenti delle condizioni per le quali il rischio di mortalità e morbilità del nascituro è aumentato.
È importante anche sapere interpretare il tracciato cardiotocografico allo scopo di agire tempestivamente in presenza di sofferenza fetale.
Nel caso di sofferenza fetale, prima di eseguire il taglio cesareo, è possibile mettere in atto delle manovre conservative al fine di migliorare lo stato di ossigenazione fetale:
- far cambiare posizione della gravida in decubito laterale sinistro. La posizione litotomica deve essere evitata poiché l’utero gravido comprime i grandi vasi compromettendo il normale flusso di sangue ossigenato al feto,
- somministrare ossigeno alla madre,
- infondere liquidi per aumentare la perfusione placentare,
- somministrare farmaci tocolitici che riducono l’attività contrattile uterina.
Se queste manovre conservative non migliorano il quadro clinico deve essere eseguito il taglio cesareo in emergenza per evitare che il feto subisca danni permanenti.