TRAVAGLIO DI PARTO PROLUNGATO E ARRESTO DEL TRAVAGLIO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Per travaglio di parto attivo si intende la presenza di un’attività contrattile regolare ovvero di 3 – 4 contrazioni in 10 minuti.
Le contrazioni della muscolatura uterina, se regolari, determinano delle modifiche della cervice uterina cosi da prepararla per il parto. Nella fase attiva del travaglio di parto il collo dell’utero è raccorciato di almeno l’80 % (il collo dell’utero scompare quando si prepara al parto) e si ha una sua progressiva dilatazione oltre i 4 – 5 cm (dilatazione completa a 10 cm).
Durante la fase attiva del travaglio di parto il la dilatazione del collo dell’utero dovrebbe procedere a un centimetro all’ora.
Il travaglio prolungato, quindi, si verifica in seguito a un rallentamento della dilatazione cervicale e della progressione del feto lungo il canale del parto.
Quali sono le fasi del travaglio di parto
Il primo stadio del travaglio di parto si divide in fase latente e fase attiva.
La fase latente, o anche più comunemente chiamata periodo prodromico, è il periodo caratterizzato dalla presenza di contrazioni uterine dolorose e cambiamenti variabili della cervice uterina tra cui una lenta progressione della sua dilatazione sino ai 5 cm e un certo grado di raccorciamento.
La fase attiva, chiamata anche periodo dilatante, è il periodo di tempo caratterizzato da contrazioni regolari e dolorose e delle modificazioni della cervice uterina tra cui una sua rapida dilatazione che parte dai 5 cm fino a raggiungere la dilatazione completa (10 cm).
Quando viene raggiunta la dilatazione completa termina il periodo dilatante e inizia il secondo stadio del travaglio di parto chiamato anche periodo espulsivo.
Durante il periodo espulsivo il feto deve compiere una serie di movimenti che gli consentono di adattarsi e oltrepassare il canale del parto, fino alla sua completa espulsione.
Quando il travaglio di parto si definisce prolungato
La fase attiva del travaglio di parto, in una donna che non ha mai partorito (nullipara), si dice prolungata quando la sua durata è maggiore di 12 ore, mentre il periodo espulsivo è prolungato quando dopo 2 ore il feto non è ancora stato espulso dall’organismo materno.
Nelle donne che hanno avuto dei precedenti parti (pluripare), invece, la durata del travaglio di parto è minore rispetto a una donna nullipara, per cui si dice che la fase attiva è prolungata quando dura più di 10 ore.
Cosa si intende per arresto del travaglio di parto
Si parla invece di arresto del travaglio di parto quando si ha una mancata progressione del feto lungo il canale del parto il quale non riesce ad oltrepassare i vari tratti del bacino materno (stretto superore, stretto medio e stretto inferiore).
Cause di travaglio di parto prolungato e di arresto del travaglio di parto
Le cause più frequenti del travaglio di parto prolungato o di arresto del travaglio sono:
a) Inefficiente attività contrattile della muscolatura uterina (ipocinesia uterina): le contrazioni uterine sono deboli e sono intervallate da pause prolungate. Tale condizione è più frequente nelle donne che non hanno mai partorito (nullipare).
- Questa attività contrattile inefficace può essere primitiva se si ha dall’inizio del travaglio di parto o secondaria quando si presenta dopo un’attività contrattile regolare. È secondaria se deriva da un esaurimento energetico del miometrio che si può presentare dopo un periodo di attività contrattile intensa conseguente, ad esempio, ad un uso improprio di ossitocina o di farmaci utilizzati per indurre il travaglio di parto (dinoprostone) o alla presenza di un ostacolo per la progressione del feto nel canale del parto.
- Quando le contrazioni sono poco intense, la pressione all’interno dell’utero è insufficiente a garantire la dilatazione la quale procede molto lentamente, non ha inizio o si arresta del tutto se era già iniziata.
- Questa inefficiente attività contrattile può essere dovuta alla somministrazione di analgesia peridurale per il contenimento del dolore durante il travaglio di parto e il parto o di sedativi o all’eccessiva produzione da parte dell’organismo materno di catecolamine. La produzione e il rilascio in circolo di catecolamine avviene se la madre si trova in un forte stato di stress e di ansia. Le catecolamine hanno un effetto rilassante sulla muscolatura uterina.
- In questi casi per ripristinare una corretta attività contrattile deve essere somministrata, per via endovenosa, l’ossitocina (nome commerciale Syntocinon)
b) Scoordinata attività contrattile dell’utero (discinesia uterina): una scoordinata attività contrattile è dovuta dalla presenza di un’interferenza degli impulsi che innescano l’attività contrattile, dalla presenza di contrazioni zonali che interessano soltanto una zona limitata della muscolatura uterina o da un’alterazione del gradiente di contrazione.
- La contrazione uterina per essere efficace deve progredire in senso cranio caudale con un gradiente decrescente e deve interessare tutta la muscolatura uterina.
- La scoordinata attività contrattile, quindi, determina una fase latente prolungata, una fase attiva del travaglio di parto rallentata, arresto secondario della dilatazione della cervice uterina e arresto della progressione del feto lungo il canale del parto. Le contrazioni uterine discinetiche, inoltre, comportano spesso sofferenza fetale a causa della compromissione della perfusione placentare.
- Anche in questo caso la somministrazione di ossitocina esogena è in grado di regolarizzare l’attività contrattile della muscolatura uterina
c) Presentazioni fetali anomale: la posizione idonea del feto per il parto è quella cefalica ovvero con la testa in giù e con la testa completamente flessa sul petto.
- La flessione della testa del feto permette a quest’ultima di impegnarsi nel canale del parto cioè di oltrepassare i vari tratti del bacino materno. Se il feto si presenta in una posizione anomala, la testa non è in grado di impegnarsi per cui il feto non riesce a progredire lungo il canale del parto; inoltre, se la posizione del feto non è cefalica e non è completamente flessa, si ha una riduzione della dismissione di ossitocina, ormone che promuove l’attività contrattile e, di conseguenza, si avrà un arresto della progressione del travaglio o un prolungamento dello stesso a causa di un’inefficace attività contrattile.
- Le presentazioni anomale de feto sono quella podalica quando il feto presenta le natiche rivolte verso il canale del parto, la presentazione di fronte e la presentazione di faccia quando il feto presenta la testa rivolta verso il canale del parto ma questa non è flessa per cui non riesce ad impegnarsi
d) Distocia del collo dell’utero o stenosi (il collo dell’utero non si dilata): questo fenomeno può verificarsi se sono presenti dei fibromi (tumori benigni dell’utero) o tessuto cicatriziale derivante da pregressi interventi che hanno interessato l’utero
- Anomalie anatomiche del canale del parto
- Bacino piatto. Il tipo di bacino favorevole per il parto spontaneo è quello chiamato ginecoide in cui il diametro trasverso e quello anteroposteriore sono per lo più uguali. Il bacino piatto, o chiamato anche platipelloide, è sfavorevole per il parto vaginale poiché tra il sacro e il pube vi è poco spazio per permettere il passaggio del feto. Il diametro anteroposteriore, quindi, è molto più piccolo rispetto al trasverso
e) Sproporzione feto pelvica: le dimensioni del feto sono maggiori rispetto a quelle del bacino materno per cui il feto difficilmente riesce a progredire lungo il canale del parto. Le cause della sproporzione feto pelvica possono essere: macrosomia fetale, pelvi della madre piccola, presentazione anomala del feto, bassa statura e anomalie del bacino osseo
- Macrosomia fetale (peso del feto maggiore di 4500 grammi): nel caso in cui il feto è macrosomico, le sue dimensioni sono tali che fatica ad attraversare il bacino materno provocando un prolungamento del travaglio di parto e, successivamente, il suo arresto
- Le donne con diabete gestazionale presentano un maggior rischio di avere un feto macrosomico.
Diagnosi di travaglio prolungato e di arresto del travaglio
La diagnosi del travaglio di parto prolungato è clinica.
Per fare diagnosi di arresto del travaglio o di travaglio di parto prolungato basta osservare e monitorare l’andamento del travaglio di parto sin dalla sua insorgenza.
All’inizio della fase attiva del travaglio di parto (o periodo dilatante) deve essere iniziata la compilazione, da parte dell’ostetrica che fa diagnosi di travaglio attivo, del partogramma.
Il partogramma è uno strumento che permette ai ginecologi e agli ostetrici di osservare in maniera schematica l’andamento del travaglio di parto e la sua evoluzione.
Il partogramma è caratterizzato da un grafico di assi cartesiani in cui sull’asse delle ascisse viene riportato il tempo, mente sull’asse delle ordinate vengono riportate le modifiche che avvengono a carico della cervice uterina (dilatazione e appianamento) e il grado di progressione del feto lungo il canale del parto.
Il partogramma deve essere compilato dopo aver valutato le caratteristiche della cervice uterina attraverso la visita ostetrica da parte dell’ostetrica che esegue la valutazione.
Per valutare il corretto andamento del travaglio di parto, il grafico che risulta dalla compilazione del partogramma deve essere confrontato con delle curve di riferimento chiamate curve cervicometriche di Friedman.
Se il partogramma presenta delle deviazioni rispetto alle curve di riferimento significa che il travaglio di parto è prolungato.
La diagnosi di travaglio di parto prolungato viene fatta quando la sua durata è maggiore di 12 ore nelle donne che non hanno mai partorito (nullipare) e maggiore di 10 ore nelle donne che hanno in precedenza partorito almeno una volta (pluripare).
Durante il monitoraggio del travaglio di parto, oltre al benessere materno e fetale, deve anche essere valutata la frequenza e l’intensità delle contrazioni uterina in quanto un’attività contrattile irregolare e non efficace può essere la causa di un travaglio di parto prolungato.
Trattamento del travaglio di parto prolungato e dell’arresto del travaglio
Se viene diagnosticata un’attività contrattile non efficace da promuovere la dilatazione della cervice uterina (ipocinesia uterina) o se si ha un’attività contrattile scoordinata (discinesia uterina) può essere somministrata l’ossitocina (Syntocinon) per via endovenosa, al fine di regolarizzare le contrazioni uterine.
L’ossitocina, infatti, è un ormone che gioca un ruolo importante nell’innesco e nel mantenimento dell’attività contrattile. Nel caso in cui l’ossitocina non corregga tale quadro clinico si deve ricorrere al taglio cesareo d’urgenza.
Il taglio cesareo deve essere eseguito quando il prolungamento del travaglio di parto o il suo arresto è dovuto a degli ostacoli meccanici che rendono difficoltoso il parto per la via vaginale, come la sproporzione feto pelvica alla presenza della quale il feto non riesce a progredire lungo il canale del parto perché le sue dimensioni sono maggiori rispetto a quelle del bacino materno, feto macrosomico (peso del feto maggiore di 4500 grammi), anomalie anatomiche del canale del parto, bacino piatto (o platipelloide) e presentazioni fetali anomale.
Per accelerare l’andamento del travaglio di parto si può eseguire l’amniorexi ovvero la rottura provocata delle membrane amniocoriali.
La rottura delle membrane amniocoriali, infatti, promuove la liberazione delle prostaglandine prodotte dalle stesse membrane.
Le prostaglandine sono degli ormoni che promuovono l’attività contrattile e le modifiche del collo dell’utero per prepararlo al parto.
L’amniorexi deve essere eseguita quando si è nella fase attiva del travaglio di parto, a termine di gravidanza e soprattutto quando la testa del feto è impegnata.
Se la testa del feto si trova ancora al di fuori del canale del parto e viene praticata l’amniorexi si ha il rischio di prolasso del cordone ombelicale, condizione che comporta sofferenza fetale acuta.
Nel caso in cui si ha un arresto della progressione del travaglio di parto quando il feto sta attraversando il bacino materno, può essere applicata la ventosa ostetrica o il forcipe.
Il forcipe e la ventosa ostetrica permettono di accompagnare il feto lungo l’ultimo tratto del canale del parto e di ridurre i tempi del periodo espulsivo quando il feto è in sofferenza o in presenza di un’inefficiente attività contrattile uterina. Se questi strumenti vengono utilizzati in maniera corretta possono accelerare il travaglio di parto.
Conseguenze del travaglio di parto prolungato e di arresto del travaglio e malasanità
Deve essere eseguito il taglio cesareo quando il parto spontaneo mette a rischio la salute della madre e del bambino e quando la via vaginale non è quella idonea per il parto a causa della presenza di ostacoli meccanici che rendono difficoltosa la progressione del feto.
Se il taglio cesareo non viene eseguito in maniera tempestiva aumenta il rischio di mortalità e morbilità del nascituro e di lesioni permanenti come l’encefalopatia ipossico ischemica cioè deficit neurologici conseguenti alla ridotta ossigenazione fetale.
L’ossitocina non deve essere somministrata in maniera sproporzionata perché può provocare un’attività contrattile molto intensa tanto da compromettere il benessere del feto a causa della compressione dei vasi placentari da parte delle pareti del’utero che si irrigidiscono durante la contrazione, per cui il feto non riceverà l’adeguato apporto di ossigeno.
Se la gravida è a rischio di un travaglio anomalo deve essere monitorata in maniera più intensiva cosi da prendere le dovute precauzioni prima che insorgano delle condizioni sfavorevoli.
Il forcipe e la ventosa ostetrica, invece, possono essere presi in considerazione durante il periodo espulsivo quando si è in presenza di sofferenza fetale cosi da togliere il prima possibile il feto da un ambiente intrauterino sfavorevole e quando si ha una mancata progressione del feto a causa di un’inadeguata attività contrattile della muscolatura uterina.
Il forcipe e la ventosa ostetrica però non devono essere utilizzati in maniera impropria poiché possono causare lesioni traumatiche sia a carico della madre che a carico del bambino.