INFEZIONE DA ROSOLIA CONGENITA: DANNI NEONATALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Le infezioni che si manifestano nel neonato posso essere contratte durante la gravidanza, il parto o dopo la nascita.
Come si trasmettono le infezioni congenite
Le infezioni congenite (o prenatali) possono verificarsi:
- per via ematogena transplacentare;
- per via ascendente, attraverso la vagina e la cervice uterina;
- per via discendente, a seguito di un’infezione delle tube di falloppio;
- per contiguità, in presenza di peritonite;
- per cause iatrogene, in conseguenza di inoculo di microrganismi durante tecniche diagnostiche invasive come l’amniocentesi, il prelievo dei villi corili (villocentesi) o la funicolocentesi.
Come si trasmettono le infezioni perinatali
Le infezioni perinatali, la cui trasmissioni avviene poco prima o durante il parto, attraverso la trasmissione verticale del virus dalla mamma al bambino, e ciò può avvenire in seguito a:
- liquido amniotico infetto con o senza rottura delle membrane amniocorali;
- contatto con le secrezioni vaginali infette;
- trasfusioni materno- fetali che si verificano spontaneamente durante il parto.
Come si trasmettono le infezioni neonatali
Le infezioni neonatali (o post- natali), che sono acquisite nel primo mese di vita, attraverso:
- fonti umane: madre, altri familiari o ambiente ospedaliero;
- fonti inanimate come presidi contaminati.
La rosolia in gravidanza
La rosolia è una delle infezioni virali che può essere contratta in epoca prenatale.
È definita come una malattia infettiva provocata da un virus appartenente alla famiglia dei “rubivirus”. In età pediatrica, la rosolia è una delle infezioni virali che si manifesta con più frequenza, assieme al morbillo e la varicella, senza provocare danni di grossa entità. In gravidanza però, se contratta, la rosolia, può arrecare gravi danni al bambino, danni permanenti.
L’incidenza della rosolia aumenta maggiormente nel periodo invernale e in primavera nei paesi di tutto il mondo, in particolare nei paesi a clima temperato.
Purtroppo, in gravidanza circa l’85% dei neonati contrae la sindrome congenita provocata dalla rosolia, se contratta nel primo trimestre.
Aspetti epidemiologici della rosolia
Secondo i dati dell’OMS, l’incidenza della rosolia è difficile da valutare ma si stima che si aggiri intorno ai 100 mila casi, ogni anno, nei Paesi in via di sviluppo. La vaccinazione rappresenta un enorme vantaggio per la protezione della popolazione.
È normalmente associata al morbillo e parotite da eseguire la prima dose tra i 12 ed i 15 mesi di vita e poi il richiamo a 5 – 6 anni. Purtroppo, in aree come l’Asia e l’Africa non sono ancora coperte. Eseguendo il vaccino ed il suo richiamo, il numero dei casi di rosolia congenita sono diminuiti e sono scomparsi del tutto anche i casi di rosolia naturale nei pazienti suscettibili.
L’infezione è tanto più grave quanto più precocemente avviene il contagio in gravidanza. Quando si verifica nelle prime otto settimane di gestazione, il 50% dei bambini presenta danni rilevanti ad organi e apparati. Questa percentuale si riduce al 36% quando l’infezione materna è contratta tra la 9° e 12° settimana, ed al 10% tra la 13° e 20° settimana.
Nessun danno fetale avviene, se l’infezione è contratta dopo la 20° settimana di gestazione.
L’infezione da rosolia può causare al feto:
- aborto spontaneo;
- microcefalia;
- meningo-encefalite;
- radiotrasparenze ossee;
- epatosplenomegalia;
- ritardo di crescita intrauterino;
- morte intra-uterina;
- gravi malformazioni fetali date dalla “triade di gregg” ovvero cecità, sordità e cardiopatia congenita.
La rosolia congenita ha delle manifestazioni cliniche evidenziabili alla nascita e altre che insorgono negli anni:
a) segni clinici alla nascita:
- transitorie: anemia emolitica e macchie cutanee;
- permanenti: malformazioni cardiache, lesioni oculari, sordità, microcefalia e calcificazioni.
b) segni clinici tardivi che sono espressione della persistenza o della riattivazione del virus e sono rappresentati dal ritardo mentale grave, dall’autismo, da disturbi del linguaggio o dal diabete mellito insulino- dipendente.
Diagnosi materna e neonatale della rosolia
Le donne in gravidanza eseguono di routine un dosaggio sierico del titolo delle IgG per la rosolia precocemente nella gravidanza. Lo screening consiste nel dosaggio delle immunoglobuline di prima produzione (Ig- M) e della memoria (Ig-G) da offrire a tutte le gestanti alla prima visita.
Se le Ig-G dovessero risultare positive vuol dire che l’infezione è già stata contratta in precedenza; mentre se le Ig-M sono positive significa che l’infezione è in atto, quindi è necessario eseguire un ulteriore dosaggio (test dell’avidità) per valutare l’entità dell’infezione.
Se invece le Ig-G e le Ig-M dovessero risultare negative, è necessario ripetere ogni 30 giorni, fino alla 20° settimana, il dosaggio per monitorare la situazione.
Attraverso il tampone naso- faringeo il virus può essere isolato ma è difficile da coltivare.
Per confermare i risultati delle colture o rilevare l’RNA virale direttamente dai campioni isolati dei pazienti si esegue la reazione a catena della polimerasi con trascrittasi inversa real time, in più si consente di eseguire la genotipizzazione ed il monitoraggio epidemiologico delle infezioni di rosolia wild-type.
Se nei neonati si sospetta di CRS si devono eseguire i titoli Ac ed ottenere i campioni per il rilevamento del virus. Se dopo i 6 – 12 mesi del neonato vi è una persistenza delle IgG specifiche antirosolia nel neonato, vuol dire che è confermata la diagnosi di rosolia congenita.
Invece le IgM specifiche per la rosolia indicano in genere anch’esse un’infezione da rosolia, ma si possono spesso verificare dei falsi positivi. I campioni nasofaringei, di urine, di liquido cerebrospinale, dal sovranatante (“buffy coat”), e della congiuntiva prelevati dai bambini con CRS contengono il virus. Per avere una maggiore certezza, si può eseguire in primis il tampone nasofaringeo che risulta essere quello più specifico del caso.
Se vi è un sospetto di infezione in gravidanza, è possibile eseguire la villocentesi per poter avere la certezza dell’infezione. In questo caso si individuano nel sangue fetale o su campioni bioptici di villi coriali, le IgM specifiche per la rosolia.
Altri esami da eseguire sono: emocromo con formula, analisi del liquido cerebrospinale radiografie dello scheletro per la ricerca della caratteristica radiotrasparenza. Sono anche utili un’attenta valutazione oftalmologica e cardiologica
Nel caso in cui si presenti il rush cutaneo, è necessario avviare delle indagini per la diagnosi differenziale, in quanto questa manifestazione è comune anche ad altri virus.
In gravidanza, la rosolia è indistinguibile dal parvovirus B19 (la quinta malattia). A causa dei molteplici e potenziali rischi fetali, è importante seguire le buone pratiche mediche per risalire all’infezione corretta.
Il dosaggio delle immunoglobuline della Rosolia fa parte del complesso TORCH che valuta le seguenti infezioni: toxoplasmosi, citomegalovirus, herpes simplex virus, e appunto la rosolia.
Questi virus presentane queste caratteristiche comuni:
- basso peso alla nascita;
- parto prematuro;
- microcefalia, handicap mentale, convulsioni e ritardo di crescita;
- epatite con ittero e epatosplenomegalia;
- trombocitopenia;
Sintomi della rosolia
I sintomi della rosolia si evidenziano in un periodo che va dai 5 ai 10 giorni dal primo contatto con il virus. Purtroppo, in una percentuale di casi dal 20% al 50 % i sintomi possono anche non presentarsi.
Da evidenziare come sintomi, nell’adulto:
- febbre e lieve mal di testa;
- eruzione cutanea che si presenta con piccole macchie rosa che compaiono prima dietro le orecchie, poi sulla fronte e poi su tutto il corpo, per persistere 2 – 3 giorni;
- dolori articolari;
- leggeri gonfiori linfonodali alla base della nuca, del retro del collo e dietro le orecchie;
- occhi arrossati e lacrimosi;
- diminuzione del numero di globuli rossi nel sangue (luecopenia).
Terapia della rosolia
Oltre il paracetamolo per ridurre la temperatura elevata e alleviare i sintomi, non esiste attualmente alcuna terapia specifica per la rosolia. L’arma vincente è rappresentata dalla vaccinazione eseguita con il vaccino vivo ed attenuato con un’efficacia maggiore del 95 %, e che garantisce immunità a vita.
Quindi eseguire la prima dose di vaccino ai 12 – 15 mesi d’età e poi il richiamo ai 5 – 6 anni, risulta essere la strategia migliore.
Se la donna viene esposta al rischio di infezione in gravidanza, deve essere informata circa i rischi per il feto.
Alcuni esperti suggeriscono l’esecuzione di immunoglobuline non specifiche (0,55 mL/kg IM) per la possibile esposizione in gravidanza, ma tale trattamento non previene l’infezione, quindi viene eseguito solo alle donne che decidono di non interrompere la gravidanza.
Prevenzione della rosolia
Prevenire, come sempre è meglio che curare, quindi in epoca preconcezionale è compito degli operatori informare le donne circa i vaccini che possono essere eseguiti per la rosolia, in quanto questa è l’unica arma di difesa.
La vaccinazione è controindicata durante la gravidanza, ma se la donna non è protetta dagli anticorpi è necessario eseguirla subito dopo il parto per proteggere sé stessa e i futuri figli.
La mancata valutazione degli anticorpi della rosolia da parte degli operatori significa mettere a rischio la vita di un bambino, quindi creare un potenziale danno da malasanità.