SEPSI NEL FETO E NEL NEONATO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La sepsi è una malattia che interessa tutto l’organismo ed è la risposta dell’organismo stesso all’invasione di microrganismi patogeni a livello del sangue, dei tessuti, degli organi e dei fluidi corporei.
La sepsi neonatale è un’infezione del sangue che si manifesta durante il periodo neonatale ovvero dal primo giorno di vita fino ai ventotto giorni.
La sepsi neonatale può essere a insorgenza precoce e a insorgenza tardiva.
La sepsi a insorgenza precoce si manifesta entro la prima settimana di vita mentre la sepsi ad esordio tardivo si manifesta dopo tre giorni o dopo una settimana dalla nascita del bambino.
La sepsi neonatale è una causa di mortalità e di morbilità per il neonato, soprattutto per il neonato prematuro (nato prima della 37esima settimana gestazionale) con un peso molto basso alla nascita ovvero minore di 1500 grammi. Pur se i casi di decesso del neonato sono molto rari, è comunque necessario che i medici dell’Ospedale monitorino attentamente tutte le fasi.
L’incidenza di sepsi nel neonato è di circa lo 0.3% ma risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un errore del ginecologo o dell’ostetrica per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze e, in certi casi, anche alla morte del figlio.
Come si sviluppa l’infezione nel neonato
La sepsi neonatale si sviluppa principalmente per via verticale da un’infezione materna la quale può essere trasmessa al feto durante la gravidanza e anche al momento del parto.
La trasmissione dell’infezione durante la gravidanza avviene per via transplacentare ovvero quando i microrganismi attraversano la barriera placentare e giungono al compartimento fetale provocando, a sua volta, un’infezione fetale.
L’infezione può essere anche trasmessa in seguito alla rottura delle membrane amnio coriali.
Le membrane amniocoriali (in gergo “le acque”) possono essere considerate una sorta di protezione per il feto, per questo motivo nel momento in cui viene a mancare la loro integrità il feto è più esposto ad una trasmissione dell’infezione materna il cui microrganismo responsabile giunge al compartimento fetale per via ascendente attraverso l’apparato genitale materno.
La trasmissione dell’infezione materna può avvenire anche al momento del parto quando il feto, attraversando il canale del parto, viene a contatto con le mucose materne e quindi con il microrganismo patogeno.
Un’altra via di trasmissione delle infezioni è quella orizzontale. La trasmissione orizzontale avviene attraverso il contatto diretto o attraverso le procedure invasive, soprattutto quando quest’ultime sono eseguite senza ricorre alle misure di asepsi.
L’entità della gravità dei danni provocati al feto/neonato dipende dall’età gestazionale in cui avviene il contagio per cui il rischio di infezione fetale è direttamente proporzionale all’epoca gestazionale.
Se l’infezione è contratta nella fase iniziale della gravidanza, in particolare entro il primo trimestre, il rischio per il feto è più elevato poiché in questo periodo il feto risulta essere particolarmente vulnerabile poiché sta compiendo l’organo genesi ovvero una fase dello sviluppo in cui avviene la formazione dei tessuti e degli organi.
Se, invece, l’infezione è contratta nella fase finale della gravidanza e quindi nel terzo trimestre i rischi per il feto sono di minore entità e si verificano spesso forme neonatali sub cliniche ovvero quando il neonato non mostra i segni clinici dell’infezione.
I microrganismi attraversano più facilmente la placenta durante la fine della gravidanza in quando la placenta è più sottile considerando il fatto che i villi (vasi sanguigni della placenta) diventano più superficiali e il cito trofoblasto (uno strato della placenta) scompare, mentre la placenta è attraversata con più difficoltà nel primo trimestre in quanto risulta essere più compatta; nonostante ciò il rischio per il feto di contrarre l’infezione è più elevato.
Il principale microrganismo responsabile di infezioni neonatali è lo streptococco beta emolitico, un batterio innocuo che si trova a livello vaginale ma che al momento del parto può diventare potenzialmente patogeno.
La sepsi può essere causa di shock settico, convulsioni, lesioni cerebrali, meningite e paralisi cerebrale infantile e nei casi più severi può causare anche la morte del neonato, per tale motivo è importare diagnosticarla facendo attenzione ai segni e ai sintomi e trattarla in maniera tempestiva prima che si aggravi il quadro clinico del paziente.
I principali fattori di rischio materni sono:
- rottura prematura delle membrane amnio coriali (prima del travaglio) avvenuta da più di 18 ore;
- corionamnionite (infezione delle membrane amniocoriali);
- precedente figlio nato con infezione;
- colonizzazione del tratto genitale e urinario da parte di microrganismi;
- temperatura corporea materna maggiore di 38 gradi;
- basso livello socioeconomico;
- galattosemia (malattia genetica con difficoltà a scindere gli zuccheri semplici come il glucosio);
- parto traumatico;
- procedure ostetriche invasive.
I principali fattori di rischio fetali e neonatali sono:
- prematurità (epoca gestazione inferiore a 37 settimane);
- basso peso alla nascita (minore di 1500 grammi);
- sesso maschile;
- problemi respiratori al momento della nascita;
- deficit del sistema immunitario;
- malattie metaboliche;
- ipossia (riduzione dei livelli di ossigeno alla nascita o al momento del parto);
- asfissia (assenza di ossigeno che impedisce a normale respirazione).
Segni, sintomi e manifestazioni cliniche della sepsi neonatale
Le manifestazioni cliniche della sepsi neonatale possono essere evidenziate già al momento del parto quando il feto/neonato mostra dei segni di sofferenza.
La sepsi, generalmente, si manifesta con ipotermia (riduzione della temperatura corporea al di sotto ai 37 gradi), febbre, irritabilità, letargia, difficoltà di alimentazione, riduzione dell’attività spontanea, apnea, suzione meno vigorosa, ridotta tollerabilità al latte materno, temperatura corporea instabile e bradicardia (riduzione della frequenza respiratoria).
Considerando che la sepsi è una malattia sistemica e che quindi l’infezione risulta essere estesa a tutto l’organismo (SIRS: Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica), i segni e sintomi di questa patologia possono essere riscontrati anche a livello dei vari apparati:
- manifestazioni gastrointestinali: vomito, diarrea e distensione addominale;
- manifestazioni a livello dell’apparato respiratorio: apnea (riduzione degli atti respiratori per più di 10 secondi), difficoltà respiratorie, ipertensione polmonare, colorazione bluastra della cute e delle mucose a causa del ridotto apporto di ossigeno risultato del distress respiratorio e tachipnea (aumento della frequenza degli atti respiratori);
- manifestazioni a livello dell’apparato cardiovascolare: aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), riduzione della frequenza cardiaca (bradicardia), riduzione della pressione arteriosa (ipotensione) e pallore;
- manifestazioni cliniche a livello del sistema nervoso centrale: tremori, convulsioni, ipotonia (riduzione del tono muscolare), letargia, assenza di reattività in seguito agli stimoli e irritabilità;
- manifestazioni a livello sanguigno: piastrinopenia (riduzione del numero delle piastrine: responsabili della coagulazione del sangue) con conseguenze sanguinamento ed emorragie, splenomegalia (aumento delle dimensioni della milza), pallore, ittero (colorazione giallastra della cute dovuta ad un innalzamento dei livelli di bilirubina), petecchie (punti rossi che compaiono sulla pelle a causa della rottura di piccoli vasi sanguigni superficiali) e porpora (macchie di dimensioni variabili che si formano dall’accumulo anomalo di sangue in seguito ad emorragie interne);
- manifestazioni a livello dell’apparato urinario: scarsa produzione di urina.
Per quanto riguarda il neonato prematuro, le manifestazioni cliniche sono: letargia, episodi di apnea e bradicardia ed un peggioramento del quadro clinico generale e / o respiratorio.
Se la sepsi è severa, può evolvere in uno shock settico, o setticemia. Lo shock settico si manifesta con una notevole riduzione della pressione sanguigna (ipotensione severa) e una scarsa perfusione di sangue e ossigeno.
Questo quadro clinico può comportare un’insufficienza multiorgano determinando altri segni e sintomi specifici a carico dell’apparato interessato. La riduzione della perfusione di sangue e di ossigeno a livello degli organi nobili quali cuore e cervello può essere causa, rispettivamente, di lesioni cerebrali e di arresto cardiaco.
Valutazione del neonato e test diagnostici in caso di sepsi neonatale
Un neonato con sepsi, nella maggior parte dei casi, presenta un’insufficienza respiratoria, una temperatura corporea aumentata e un aumento della frequenza cardiaca (tachicardia).
Per dare una corretta diagnosi di sepsi è di fondamentale importanza sapere riconoscere i segni, i sintomi e le manifestazioni cliniche con le quali quest’ultima si presenta. Al fine di riconoscere i segni tipici della sepsi è importante una costante osservazione e un attento monitoraggio del neonato.
La conoscenza della storia clinica del neonato e dell’andamento della gravidanza è un altro elemento importante ai fini della diagnosi. Se ad esempio la madre ha contratto un’infezione durante la gravidanza o se la rottura delle membrane amnio coriali è avvenuta precocemente, il neonato ha un rischio maggiore di presentare una sepsi.
Da un esame fisico del neonato può risultare un sospetto di sepsi e tale sospetto potrà essere confermato da ulteriori test diagnostici, considerando il fatto che alcuni segni e sintomi della sepsi sono tipici di altre patologie.
Sulla base di ciò, per non confondere la sepsi da un’altra patologia che presenta alcuni medesimi segni e sintomi, è importante anche eseguire una diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale è un procedimento che si propone di mettere a confronto le patologie che possono presentare segni e sintomi simili ed escludere quelle che non sono state riscontrate dagli esami.
La diagnosi precoce richiede quindi la conoscenza dei fattori di rischio, l’acquisizione di informazioni inerenti alla storia clinica del paziente, l’identificazione dei segni e dei sintomi propri di una determinata malattia e, inoltre, la diagnosi consiste anche nel porsi il sospetto nel caso in cui il neonato, durante le prime settimane di vita, si discosti dalla norma.
Per la diagnosi della sepsi si eseguono le analisi del sangue (emocromo), gli esami delle urine, la puntura lombare, l’emocultura (metodo che prevede di isolare e di riconoscere i microrganismi patogeni presenti nel sangue) e ulteriori test per infezioni.
Per eseguire l’emocromo e l’emocultura è prelevato un campione di sangue il quale viene inserito in apposite provette e, successivamente, esaminato in laboratorio.
Il campione di sangue è prelevato da una vena periferica come ad esempio a livello del braccio in quanto i vasi ombelicali possono essere contaminati da germi presenti sul moncone ombelicale.
In caso di sepsi i globuli bianchi, per la risposta al processo infiammatorio, sono aumentati cosi come anche le piastrine (elementi del sangue importanti nel processo della coagulazione del sangue).
Le piastrine rimangono elevate soltanto il giorno dopo che il bambino si ammala e successivamente tendono a ridursi a causa degli eventi emorragici che si possono manifestare in seguito a sepsi; ad ogni modo, a causa di questi cambiamenti, la conta delle piastrine non è considerata attendibile al 100 % ai fini della diagnosi della sepsi.
I microrganismi responsabili della sepsi possono essere identificati attraverso l’emocultura la quale permette di isolare i batteri presenti nel sangue responsabili della malattia. L’emocoltura è il metodo più attendibile per la diagnosi della sepsi ma non bisogna trascurare il fatto che alcuni risultati possono essere dei falsi negativi (il risultato risulta essere negativo per sepsi quando in realtà il neonato presenta l’infezione).
La puntura lombare, o rachicentesi, è una procedura che permette di diagnosticare la presenza di infezioni attraverso il prelievo di un certo quantitativo di liquido cerebrospinale, fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale la cui funzione più importante è quella di proteggerlo.
Dal liquido cerebrospinale è poi isolato ed identificato il microrganismo responsabile della sepsi.
Il procedimento che permette la realizzazione della puntura lombare può determinare alcune complicanze soprattutto se il neonato è ipossiemico (presenta un ridotto apporto di ossigeno) in quanto questa procedura può comportare un aggravamento dell’ipossia e per questo motivo deve essere eseguita quando si ha un miglioramento del quadro clinico cosi che il neonato riesca a tollerare questa procedura.
Prima, dopo e durante la puntura lombare, al fine di evitare il rischio di ipossia, viene somministrato ossigeno supplementare.
Per identificare la causa dell’infezione viene anche eseguito l’esame delle urine. In particolare, l’esame delle urine è eseguito per la diagnosi delle infezioni ad esordio tardivo ovvero per quelle infezioni che si manifestano dopo tre giorni o dopo una settimana dalla nascita.
Anche in questo caso, l’esame delle urine prevede l’isolamento del microrganismo responsabile dell’infezione.
Anche la valutazione dei livelli della proteina C reattiva può essere un metodo per la diagnosi della sepsi.
La proteina C reattiva è rilevabile nel sangue ed è prodotta dal fegato. I livelli della proteina C reattiva risultano essere aumentati in maniera significativa in seguito ad uno stato infiammatorio tipico della sepsi.
Se il neonato presenta anche delle difficoltà respiratorie, può essere eseguito un esame radiografico del torace per andare a ricercare la causa.
Nonostante i risultati dei test diagnostici risultano essere negativi ma si ha comunque un sospetto di sepsi, in base ad esempio alla presenza di più fattori di rischio, le valutazioni cliniche e i test diagnostici devono continuare ad essere eseguiti, anche a distanza di qualche giorno.
L’importanza del trattamento per la prevenzione di ulteriori complicanze della sepsi neonatale
L’obiettivo del trattamento della sepsi è eliminare il microrganismo che l’ha causata attraverso la somministrazione di antibiotici.
La terapia antibiotica si basa sui risultati delle emoculture che permettono di identificare l’agente patogeno responsabile dell’infezione. Il trattamento deve comunque essere iniziato quando si ha il sospetto di sepsi e quindi prima di venire a conoscenza del risultato dei test diagnostici.
Al trattamento antibiotico devono anche essere associate la gestione respiratoria ed emodinamica.
Complicanze della sepsi neonatale e comportamento medico
La sepsi progredisce rapidamente verso complicanze più severe per cui la diagnosi e il trattamento in ritardo può essere causa di un danno permanente per la crescita e per lo sviluppo del neonato.
Il tasso di mortalità è di 2-4 volte più elevato per i neonati prematuri e con basso peso alla nascita, inoltre il rischio di mortalità neonatale in seguito a sepsi è più elevato per le infezioni ad insorgenza precoce (si manifestano entro la prima settimana di vita) che per le infezioni ad insorgenza tardiva (si manifestano dopo la prima settimana di vita).
La sepsi può essere causa di un’insufficienza multiorgano in quanto il microrganismo responsabile, attraverso il sangue, può giungere a più organi compromettendo la loro funzionalità e provocando un loro progressivo deterioramento.
A livello cerebrale possono causare la meningite ovvero un’infiammazione delle meningi, le membrane che rivestono e proteggono il sistema nervoso.
La meningite, a sua volta, può determinare complicanze neurologiche come la perdita dell’udito, disabilità intellettiva, convulsioni, idrocefalo e la paralisi cerebrale infantile.
Al fine di evitare l’insorgenza di queste complicanze è quindi necessario che il professionista sanitario, ai fini della diagnosi, riconosca i fattori di rischio e le manifestazioni cliniche tipiche della sepsi e che faccia ricorso a un trattamento in tempo debito, anche nel caso in cui vi sia solamente il dubbio di sepsi del neonato.