SHOCK SETTICO NEL NEONATO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
Lo shock settico è la grave complicanza di un’infezione che interessa tutto l’organismo e se non vengono applicate tempestivamente adeguate manovre per la rianimazione il neonato nel 10 – 15% dei casi muore.
Lo shock settico è caratterizzato da un insufficiente apporto di sangue e ossigeno ai tessuti come risultato di una disfunzione della circolazione sanguigna che si verifica durante un’infezione sistemica.
Alla comparsa della sintomatologia lo shock settico deve essere sospettato soprattutto se vi è un’insufficienza cardiocircolatoria che rappresenta un campanello di allarme di danno a più organi.
Grazie ad una diagnosi precoce è possibile mettere in atto una terapia mirata che è fondamentale per salvaguardare la salute del neonato. Il trattamento deve essere rapido perché più passa il tempo più aumenta il rischio di morte del neonato. In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, del pediatra, del neonatologo o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Nel caso di peggioramento delle condizioni cliniche del neonato la messa in atto delle manovre per la rianimazione neonatale è fondamentale per salvare il neonato.
I fattori di rischio di shock settico nel neonato
I neonati che sono a rischio di contrarre un’infezione e di conseguenza uno shock settico sono quelli la cui mamma, durante la gravidanza, ha sviluppato una corionamionite (infezione delle membrane amniocoriali) o ha avuto una rottura prolungata delle membrane.
Anche l’aumento della temperatura corporea della mamma durante il travaglio di parto rappresenta un fattore di rischio di shock settico nel neonato. La febbre materna, infatti, nella maggior parte dei casi, è indicativa di infezione.
Altri fattori di rischi per shock settico nel neonato sono: basso peso alla nascita, terapia con steroidi, ospedalizzazione prolungata, alterazione dell’integrità della cute, prolungata ventilazione meccanica, nutrizione parenterale e presenza di accessi vascolari centrali.
Quando si presentano fattori di rischio, il medico, il ginecologo, l’ostetrica, il pediatra, il neonatologo e, più in generale, il personale dell’ospedale devono essere più attenti nella profilassi preventiva e nella prescrizione di esami di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni.
L’avvocato e il medico legale si occupano di determinare quali danni possono essere chiesti in concreto ad esempio il danno patrimoniale (per esempio rimborso delle spese sostenute o proiezione dei costi che dovranno essere affrontati in futuro) o il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza).
Lo shock settico nel neonato: clinica e diagnosi
I segni dello shock settico, la cui presenza deve fare sospettare, sono:
- problemi respiratori;
- tachicardia;
- ipotonia;
- pallore;
- tachipnea;
- ridotta perfusione di sangue e ossigeno;
Lo shock settico è accompagnato dalla presenza di un danno multiorgano, gravi problemi della coagulazione, danno metabolico da acidosi e alterazione degli elettroliti. Il quadro clinico dello shock settico è predominato da insufficienza cardiocircolatoria.
In base alla sintomatologia e alla gravità del quadro clinico lo shock si distingue in:
- compensato: i parametri vitali rimangono normali e il cuore continua a lavorare normalmente grazie a dei meccanismi di compenso (vasocostrizione periferica e aumento delle resistenze vascolari sistemiche). Si ha una vasocostrizione periferica come meccanismo di compenso che permette la perfusione degli organi nobili quali cuore e cervello a discapito degli organi periferici e la frequenza cardiaca in un primo momento aumenta per cui la cute rimane calda;
- scompensato: caratterizzato da ipossia (riduzione dell’ossigenazione) e ipoperfusione (riduzione dell’apporto di sangue ossigenato agli organi). L’organismo del neonato ad un certo punto non è più in grado di mettere in atto i meccanismi di compenso per cui si assiste ad una riduzione del lavoro cardiaco e dell’ossigenazione e si instaura un metabolismo di tipo anaerobico con l’accumulo di acido lattico.
Le estremità del corpo diventano fredde e marezzate a causa della ridotta ossigenazione, la pressione arteriosa diminuisce a causa della perdita del tono della parete dei vasi sanguigni e si ha un’alterazione del funzionamento degli organi come distress respiratorio, anuria (assenza di urine), disturbi della coagulazione con formazione diffusa di trombi, ridotta perfusione epatica e cerebrale;
- irreversibile: le condizioni del neonato sono critiche e se prima di questa fase non vengono effettuate le manovre di rianimazione lo shock diventa irreversibile ed esita con la morte del neonato.
La diagnosi dello shock settico del neonato consiste nella rilevazione dei suddetti segni e sintomi e dovrebbe essere riconosciuto prima che la pressione arteriosa si riduca.
Essenziale, in questa fase, risulterà l’esame della documentazione medica tra cui le analisi e gli esami prescritti, i medicinali assunti, la cartella clinica e il consenso informato. È consigliabile conservare questa documentazione per favorire la gestione di un’eventuale pratica di risarcimento dei danni. In caso contrario il paziente o i suoi eredi hanno sempre diritto a chiedere copia dei referti che devono essere rilasciati dalla struttura previo rimborso dei costi di copia.
Oltre alla diagnosi clinica, infatti, questa può essere fatta anche con gli esami di laboratorio che prevedono:
- il controllo dell’emogasanalisi;
- emocromo;
- dosaggio della glicemia ematica;
- presenza di elettroliti;
- albumina;
- creatinina;
- lattati;
- fattori della coagulazione;
- colture con antibiogramma al fine di rilevare l’agente responsabile dell’infezione e la sensibilità agli antibiotici così da stabilire una terapia antibiotica mirata;
- proteina c reattiva:
- la procalcitonina il cui aumento è indicativo di infezione.
Sono opportune anche delle indagini strumentali che oltre per la diagnosi sono anche utili per la gestione dello shock settico poiché danno informazioni sul benessere del neonato e permettono di monitorare dei parametri così da poter rilevare un eventuale deterioramento del quadro clinico.
Le indagini strumentali comprendono:
- elettrocardiogramma;
- ecografia del torace;
- ecografia cerebrale;
- ecografia cardiaca e renale;
- monitoraggio della pressione arteriosa attraverso un accesso venoso centrale.
Risulta essere importante, soprattutto nei neonati con basso peso alla nascita, il monitoraggio della pressione e del flusso in corrispondenza della vena cava superiore (il vaso sanguigno che porta al cuore il sangue proveniente dal cervello) per verificare l’efficacia del trattamento adottato e per la valutazione della prognosi.
Lo shock settico conseguente a sepsi
La sepsi è una grave disfunzione d’organo causata dalla risposta dell’organismo ad un’infezione. Per porre diagnosi di sepsi è condizione necessaria la contemporanea presenza di un’infezione e di un danno d’organo.
Il quadro clinico di infezione può verificarsi a carico di uno o più organi o apparati che di conseguenza possono essere danneggiati.
Se la sepsi è associata a gravi alterazioni cellulari e metaboliche si parla invece di shock settico, condizione patologica che aumenta notevolmente il rischio di mortalità.
La sepsi determina un’ipoperfusione tessutale ovvero un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti e agli organi. Come conseguenza della riduzione dell’ossigenazione, le cellule degli organi vengono danneggiate compromettendo il funzionamento dell’organo stesso.
L’ipovolemia assoluta e/o relativa svolge un ruolo importante nella genesi delle alterazioni di perfusione tessutale. Il tempestivo reintegro del volume aiuta a correggere l’ipovolemia e l’ipotensione e a migliorare l’ipoperfusione tessutale.
La diagnosi di shock settico può essere posta quando vi è sussistenza di un’infezione sospetta o accertata associata a ipotensione che dopo un’adeguata infusione di liquidi per mantenere una regolare pressione arteriosa e un buon livello di lattati nel sangue si rende necessaria la somministrazione di vasopressori.
L’aumento del valore del lattato, indice del metabolismo anaerobio, nei casi di sepsi spesso secondario ad ipoperfusione tissutale, si associa ad un rischio di deterioramento clinico ed ad una prognosi infausta.
In caso di gravi complicanze o morte del bambino, pur potendo generalmente avere diritto ad un risarcimento dei danni verso l’Ospedale, i medici o l’Assicurazione, la principale domanda che i parenti (genitori, nonno/nonna, fratello/sorella o gli eredi) si devono fare riguarda il motivo che ha portato all’esito negativo del trattamento medico o al decesso, e se c’erano effettive possibilità di guarigione, o di evitare l’evento. Prima di tutto, quindi, rivolgendosi ad un avvocato o ad uno studio legale specializzato in malasanità, insieme al medico legale, si potrebbe capire cosa sia successo e se ciò sia eventualmente dovuto a responsabilità o colpa.
È importante ricercare i segni e i sintomi di danno d’organo in tutti i pazienti con un’infezione accertata o sospetta, mentre nei pazienti con danno d’organo non altrimenti spiegabile ricercare segni/sintomi di infezione presunta o accertata per poter confermare o escludere la diagnosi di sepsi/shock settico.
La sepsi è una patologia tempo dipendente pertanto la diagnosi tempestiva e un approccio terapeutico ottimale hanno dimostrato un impatto significativo sul miglioramento della sopravvivenza.
Se la sepsi non viene riconosciuta precocemente e trattata tempestivamente esita in shock settico.
L’utilizzo di protocolli standardizzati gioca un ruolo chiave per la prognosi e la riduzione della mortalità.
La gestione della sepsi prevede la correzione delle sue complicanze, l’avvio precoce della terapia antibiotica e una rianimazione intensiva.
La tempestività della somministrazione della terapia antibiotica rappresenta un elemento chiave per la sopravvivenza. Nelle sei ore che seguono la diagnosi di sepsi e/o shock settico ogni ora di ritardo è associata a un aumento lineare della probabilità di morte. Risulta essenziale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva. Un eventuale errore del per mancata o ritardata diagnosi potrebbe portare anche a gravi complicanze ed essere causa di danni per il neonato.
L’antibiotico va scelto con il massimo rigore considerando l’alto tasso di antibiotico resistenza che vi è in Italia. Al fine di contenere l’antibiotico resistenza l’OMS definisce una strategia globale che sottolinea l’importanza dell’appropriato utilizzo degli antibiotici il quale viene definito come “l’utilizzo costo-efficace degli antibiotici che massimizza l’effetto clinico terapeutico e minimizza sia la tossicità legata al farmaco sia lo sviluppo di resistenza antimicrobica”.
Lo shock settico deve essere gestito da un anestesista-rianimatore che effettua anche un attento monitoraggio e registrazione del bilancio idrico, considerato il rischio di edema polmonare o cerebrale conseguente allo shock.
Il focolaio di infezione deve essere identificato ed eradicato entro 6 – 12 ore dal momento in cui è stata fatta diagnosi di sepsi o di shock settico.
Dopo aver identificato il focolaio è necessario eseguire un esame colturale in un campione di materiale biologico prelevato e valutare le procedure per eradicarlo.
Trattamento e gestione dello shock settico nel neonato
Dopo aver diagnosticato un quadro clinico di shock settico la gestione deve essere rapida perché ad ogni ora che passa dall’insorgenza dello shock settico il rischio di morte del neonato raddoppia.
Il trattamento prevede 3 step fondamentali:
- favorire e ottimizzare la perfusione attraverso la somministrazione di liquidi endovena così da aumentare anche la pressione arteriosa. ottimizzare la perfusione è fondamentale per ridurre il danno d’organo;
- somministrare ossigeno per contrastare l’ipossia, garantire la pervietà delle vie aeree e ventilare;
- somministrazione di antibiotici. Entro 15 minuti dal sospetto diagnostico devono essere somministrati antibiotici ad ampio spettro ovvero antibiotici la cui azione è rivolta verso più agenti patogeni. Deve essere eseguita una coltura del sangue e/o delle urine che consente di identificare l’agente responsabile dell’infezione e su tale coltura è anche possibile effettuare l’antibiogramma. L’antibiogramma indica la sensibilità dell’agente patogeno agli antibiotici e permette di identificare un antibiotico terapia mirata la cui azione è diretta contro l’agente responsabile dell’infezione.
Un altro step compreso nel trattamento dello shock del neonato è la somministrazione delle prostaglandine finché non viene esclusa la cardiopatia congenita. Al momento della nascita, infatti, l’acidosi e l’ipossia determinate dallo shock posso comportare un mantenimento della pervietà del dotto di Botallo (fondamentale per la circolazione fetale e che fisiologicamente si chiude al momento della nascita) e ne consegue un aumento delle resistenze in corrispondenza della parte destra del cuore.
Prevenzione dello shock settico
La prevenzione dello schock settico consiste nel riconoscimento precoce e nel trattamento tempestivo della sepsi (disfunzione d’organo causata dalla risposta dell’organismo ad un infezione).
La sepsi è una patologia tempo dipendente e più precocemente viene riconosciuta migliore sarà la prognosi.
L’avvio tempestivo della terapia antibiotica è fondamentale.
La prescrizione degli antibiotici deve essere appropriata per prevenire le infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici.
La prevenzione consiste anche nell’esecuzione della profilassi antibiotica in determinate situazioni come indicato dalle linee guida basate sulle evidenze scientifiche aggiornate.
Un esempio è l’esecuzione della profilassi antibiotica alle future mamme alle quali è stato riscontrato un tampone vagino rettale positivo per lo streptococco beta emolitico; in questi casi l’antibiotico va somministrato in seguito alla rottura delle membrane amniocoriali o nel momento in cui ha inizio il travaglio di parto.
Se questi passaggi preventivi non sono stati effettuati e si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
I compiti del personale sanitario per la prevenzione e la gestione dello shock settico nel neonato
La prevenzione deve iniziare in gravidanza da parte del ginecologo il quale deve individuare la presenza di un’eventuale infezione e trattarla per salvaguardare sia mamma che bambino.
- iniziare la terapia antibiotica al momento della rottura delle membrane seguendo i relativi protocolli;
- diagnosticare la corionamniosite (infezione delle membrane amniocoriali) ed espletare il parto il prima possibile per la salute del bambino;
- trattare la febbre della mamma durante il travaglio di parto;
- osservare e monitorare il neonato dopo la nascita nel caso in cui la rottura delle membrane amniocoriali si è prolungata nel tempo e se la mamma aveva un tampone vaginale rettale positivo per lo streptococco beta emolitico.
Nello shock settico il fattore tempo ha un ruolo fondamentale: più precocemente vengono somministrati antibiotici, migliore è la prognosi.
Entro 5 minuti il pediatra o il professionista sanitario che presta assistenza il neonato deve riconoscere i segni che possono fare sospettare un’infezione e l’esordio di shock settico quali riduzione della perfusione, cianosi (colorazione bluastra della cute e delle mucose) e la presenza di distress respiratorio. In presenza di questi segni è fondamentale che il professionista sanitario mantenga pervie le vie aeree e somministri soluzioni endovena per aumentare la perfusione.
Se dopo 15 minuti l’organismo del neonato non risponde a questi interventi deve essere somministrata dopamina per far fronte allo scompenso cardiaco. Se lo shock è refrattario anche alla dopamina entro 60 minuti si deve infondere adrenalina.
Il professionista sanitario deve monitorare i parametri vitali del neonato al fine da comprendere l’evoluzione del quadro clinico.
In presenza di shock settico il professionista commette un errore se:
- non garantisce la pervietà delle vie aeree, ventilare e somministrare ossigeno;
- non reperisce un accesso venoso per la somministrazione di liquidi endovena per aumentare la perfusione;
- non somministra antibiotici ad ampio spettro il prima possibile in attesa del risultato dell’antibiogramma;
- non esegue esami di laboratorio per comprendere la gravità del quadro clinico e individuare l’agente patogeno responsabile dell’infezione;
- non segue e rispetta le linee guida e i protocolli per la gestione del neonato con shock settico.
Davanti a queste omissioni possono esserci gli estremi per intraprendere un’azione legale contro il medico, il pediatra, il neonatologo, il personale infermieristico o l’ospedale per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti.
La tempestività della diagnosi e del trattamento è essenziale e nei casi gravi di shock settico la mancata esecuzione di adeguate manovre di rianimazione neonatale può esitare nella morte del neonato.