PARTO PRETERMINE: TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA CERVICALE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’incontinenza cervicale si verifica quando il collo dell’utero, detto appunto cervice, si appiana e dilata sotto al peso dell’utero gravido, fino a causare una nascita prematura del feto. Questa patologia non ha effetti sulla salute della madre, ma espone il bambino a gravi rischi correlati alla prematurità.
In particolare, un parto prima delle 24 settimane di età gestazione può comportare un altissimo rischio di morte del neonato o causare una disabilità permanente nel bambino. Per questo motivo è fondamentale identificare le donne in gravidanza con un rischio aumentato di parto prematuro e sottoporle a controlli mirati, come ad esempio la cervicometria, ovvero la misurazione per via ecografica della lunghezza della cervice uterina, o la visita ostetrica.
Quali sono i fattori di rischio dell’incontinenza cervicale
I fattori di rischio che espongono ad una maggiore possibilità di incontinenza cervicale sono:
- un precedente parto prematuro;
- traumi alla cervice subiti in un precedente parto;
- un pregresso intervento chirurgico al collo dell’utero;
- anomalie morfologiche della cervice.
Nel caso in cui il professionista sanitario che assiste la donna in gravidanza rilevi uno dei precedenti fattori di rischio dovrebbe consigliare alla paziente l’esecuzione di una cervicometria.
Con questo intervento viene inserita una sonda per via transvaginale e viene misurata ecograficamente la lunghezza del collo dell’utero. Dal momento che la cervice prima di dilatarsi solitamente si accorcia, questo esame riesce a predire abbastanza precisamente i casi a rischio di parto prematuro.
La cervicometria viene eseguita solitamente intorno alle 16 e 17 settimane di gestazione, poiché in questo periodo l’utero gravido inizia ad esercitare una maggiore pressione e può iniziare a manifestare i primi sintomi della minaccia di parto prematuro.
Quali sono i sintomi che possono indicare un parto prematuro
I sintomi che indicano la possibilità di un parto prematuro sono generalmente:
- presenza di contrazioni uterine
- rottura prematura delle membrane amniocoriali
- perdite ematiche o di liquido amniotico
- dolore alla schiena in zona lombare
Quali sono le terapie che possono evitare un parto prematuro
A fronte di una diagnosi di minaccia di parto prematuro per incontinenza cervicale possono essere proposte differenti opzioni, spesso combinabili tra loro. Le possibilità di terapia vanno discusse con la donna, informandola dei rischi e vantaggi di ciascuna proposta e cercando la strategia più adatta al singolo caso.
Tra le possibilità terapeutiche vi è:
- la somministrazione di tocolitici: i tocolitici vengono somministrati quando si innesca il meccanismo del travaglio prima del tempo e quindi all’incontinenza cervicale si associa anche la presenza di contrazioni uterine. La terapia con tocolitici è fondamentale per riportare la muscolatura uterina ad uno stato di rilassamento ed impedire il parto, che altrimenti sarebbe imminente. Spesso questa terapia non riesce ad evitare una nascita prematura, ma può tardare il parto di qualche giorno, permettendo l’esecuzione della profilassi corticosteroidea per la maturazione polmonare e il trasferimento della donna in un centro più adatto a fornire cure al neonato prematuro;
- la somministrazione di progesterone: il progesterone è un ormone essenziale nel corso della gravidanza, perché impedisce la maturazione cervicale (ostacola le modificazioni del collo dell’utero che si verificano in caso di incontinenza cervicale) e mantiene il rilassamento della muscolatura uterina, impedendo le contrazioni. Questo ormone viene prodotto dal corpo spontaneamente nel corso della gravidanza, ma in caso di diagnosi di incontinenza cervicale è consigliata una terapia a base di progesterone, solitamente assunto per via vaginale;
- il cerchiaggio: è una piccola operazione chirurgica in cui una fascia di tessuto viene fissata al collo dell’utero tramite una sutura con lo scopo è quello di mantenere chiusa la cervice uterina ed impedire un travaglio pretermine.
Il cerchiaggio deve essere rimosso prima del parto, solitamente a 38 settimane di età gestazione. L’intervento viene solitamente eseguito tramite in anestesia generale e può essere praticato per via vaginale (la tecnica scelta d’elezione) o per via transaddominale (in rari casi).
Dal momento che il cerchiaggio comporta dei rischi sia per la madre che per il feto, va riservato ai casi in cui se ne prevede l’assoluta necessità. Non può essere effettuato se la dilatazione del collo dell’utero è già pari a quella di un travaglio attivo o se è avvenuta una rottura delle membrane amniocoriali;
- l’utilizzo del pessario: il pessario è un dispositivo in materiale anallergico, solitamente in silicone o in gomma, a forma di anello che si applica sulla cervice uterina e la mantiene chiusa. Il pessario è stato introdotto nella pratica ostetrica in epoca più recente rispetto al cerchiaggio; è meno invasivo e non comprende i rischi chirurgici del cerchiaggio, per questo è spesso preferito all’altra tecnica. Anche il pessario deve essere rimosso a termine di gravidanza, prima del parto;
- il riposo a letto: viene solitamente consigliato in associazione ad un’altra strategia per la prevenzione del parto prematuro. Viene raccomandato il riposo in posizione orizzontale limitando la deambulazione a poche eccezioni. Alla strategia terapeutica scelta vanno associate cervicometrie seriate per valutare l’evoluzione della condizione clinica e l’eventuale necessità di modificare la terapia o di associare più strategie terapeutiche insieme. Nel caso si osservi un’inefficacia nella terapia per la prevenzione del parto pretermine e si preveda una nascita imminente, va eseguita al più presto la profilassi corticosteroidea per favorire la capacità respiratoria del neonato alla nascita.
A cosa serve la profilassi corticosteroidea in caso di possibile parto prematuro
L’emergenza primaria a cui far fronte in caso di parto pretermine è quella respiratoria. Il neonato prematuro spesso non è in grado di provvedere autonomamente alla ventilazione e necessita di un supporto artificiale parziale o totale per potersi ossigenare; questa condizione è di maggiore gravità tanto minore è l’epoca gestazionale del bambino.
Lo sviluppo completo del polmone fetale si ha solo intorno al termine di gravidanza; prima delle 24 settimane il sistema respiratorio del feto non è ancora anatomicamente formato e prima delle 34 non ha ancora prodotto sufficiente surfactante per sostenere una respirazione autonoma.
Il surfactante è una sostanza che si trova nell’alveolo polmonare e che riduce la tensione superficiale dell’alveolo, impedendone il collasso: una carenza di surfactante a causa di una nascita prematura può determinare la sindrome da distress respiratorio, detta RDS, che causa ipossia e acidosi respiratoria, con gravi rischi per il bambino e che viene trattata con il supporto ventilatorio e la somministrazione di surfactante artificiale.
La prevenzione della sindrome da distress respiratorio può essere effettuata già in gravidanza, somministrando alla madre dei corticosteroidi che aiutano il feto a sviluppare precocemente il surfactante, riducendo quindi le complicanze respiratorie.
La profilassi corticosteroidea dovrebbe essere proposta a tutte le donne con il rischio di partorire pretermine e in caso di travaglio già avviato dovrebbero essere somministrati tocolitici per ritardare il parto di qualche giorno in modo da proporre alla madre la profilassi.
È stata osservata una notevole efficacia della profilassi corticosteroidea nella prevenzione della sindrome da distress respiratorio per le gravidanze di età gestazionale compresa tra le 26 e 34 settimane, ma la profilassi può già essere proposta a 24 settimane di gestazione.
L’efficacia del trattamento si osserva quando il parto avviene tra le 24 ore e i 7 giorni dalla somministrazione. I farmaci utilizzati sono il betametasone in due dosi intramuscolari da 12 mg a distanza di 24 ore, o il desametasone in quattro dosi intramuscolari da 6 mg a distanza di 12 ore l’una dall’altra.
In caso di parto imminente che non consente la somministrazione della terapia standard, le tempistiche possono essere ridotte per consentire al feto di ricevere il migliore beneficio possibile dalla profilassi.