INDUZIONE AL TRAVAGLIO ATTIVO – ERRORE OSTETRICO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
L’induzione del travaglio attivo è ormai una delle procedure più frequentemente utilizzate in Ostetricia nei Paesi industrializzati. Seppur l’efficacia e la sicurezza dei farmaci nell’ultimo decennio abbiano raggiunto dei risultati importanti, non bisogna dimenticare che comunque si tratta di un intervento “artificiale” sulla donna che, quindi, necessita di prescrizione medica e di un continuo monitoraggio clinico da parte dell’ostetrica.
Cos’è l’induzione e quale comportamento clinico deve assumere l’ostetrica
Per induzione si intende l’uso di tutti i metodi capaci di portare alla nascita del feto per via vaginale prima dell’inizio spontaneo del travaglio di parto.
La scelta del tipo di induzione è a carico del medico ginecologo e dipende dalla valutazione delle condizioni del collo dell’utero e del livello di discesa della testa fetale.
In particolare, ci sono tre tipi di metodi induttivi:
- chimici, sostanze naturali con azione estrogeno-stimolante come l’olio di ricino utilizzate dall’inizio del ‘900 ed ora in disuso;
- meccanici come l’amnioressi, ovvero la rottura artificiale delle membrane praticata quando il collo della donna è già parzialmente trasformato o per accelerare il travaglio oppure il baloon intracervicale, utilizzato quando la trasformazione del collo uterino è ancora insufficiente per usare l’ossitocina o praticare l’amnioressi;
- farmacologici, come l’ossitocina, usata quando il collo della donna è già parzialmente trasformato o per accelerare il travaglio oppure le prostaglandine, utilizzate quando la trasformazione del collo uterino è ancora insufficiente per usare ossitocina o praticare l’amnioressi.
Qualunque sia il metodo di induzione scelto dal ginecologo, l’ostetrica è tenuta al monitoraggio clinico rigoroso prima, durante e dopo tale pratica.
Prima di tale procedura l’ostetrica è tenuta a controllare la cartella clinica per assicurarsi la reale indicazione clinica all’uso dell’induzione e l’assenza di controindicazioni personali od ostetriche, valutando anche i parametri vitali materni e il benessere fetale con la registrazione cardiotocografica per almeno 30’ minuti ed effettuando l’esame ostetrico, compreso di visita interna.
L’ostetrica può somministrare o introdurre localmente il farmaco solo su prescrizione medica e sempre rispettando i tempi e i dosaggi prescritti; nel caso di amnioressi l’ostetrica può agire in autonomia solo a dilatazione completa e con la testa fetale fissa nel canale del parto, ovvero non mobilizzabile dalle dita esploratrici durante la visita ostetrica, mentre in tutti gli altri casi è il medico a dover effettuare la procedura.
Al termine dell’induzione è necessario che la donna rimanga allettata e con la registrazione cardiotocografica in corso per almeno un’ora. In questo arco di tempo l’ostetrica deve continuare a valutare il benessere riferito dalla donna stessa e l’istaurarsi delle contrazioni, rimanendo in stanza per almeno 30 minuti.
Non è, invece, necessario fare visite interne ripetute, ma ogni 2 ore come da protocollo.
Errore ostetrico in relazione all’induzione di travaglio attivo
In primis, è importante sempre controllare la cartella clinica, l’indicazione alla procedura e la prescrizione medica, evitando di “fidarsi” dei passaparola, ma svolgendo l’intera pratica in maniera precisa, sicura e professionale.
Inoltre, è importante che l’ostetrica valuti il benessere fetale prima, durante e dopo la pratica, avvisando immediatamente il medico in caso di complicanze ed evitando di gestire in autonomia la donna.
Infine, è compito dell’ostetrica rimanere con la donna per almeno 30 minuti dopo la procedura per controllare sia il benessere materno sia la quantità e la qualità delle contrazioni indotte; anche in questo caso, è fondamentale la collaborazione del medico nell’eventualità che la situazione devii dalla fisiologia.