TRAVAGLIO DI PARTO: ERRORI E COMPLICANZE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO PER MALASANITÀ
Cosa è il travaglio di parto
Per travaglio di parto si intende l’insieme di quei fenomeni (meccanici, dinamici e plastici) che permettono l’espulsione del feto dall’organismo materno.
Questi fenomeni, infatti, fanno si che il feto possa adattarsi progressivamente al canale del parto e di progredire attraverso il bacino materno; inoltre, l’organismo materno si modifica per consentire il passaggio del feto.
La progressione del feto lungo il canale del parto è resa possibile dalle contrazioni dell’utero, coadiuvate dalle spinte materne.
Fasi e stadi del travaglio di parto
Il travaglio di parto comprende due stadi: il primo stadio che ha sua volta si differenzia in una fase latente (periodo prodromico) e in una fase attiva (periodo dilatante) e il secondo stadio, chiamato anche periodo espulsivo.
Durante il periodo prodromico (fase latente del primo stadio) si ha l’inizio dell’attività contrattile, non ancora regolare, accompagnata da cambiamenti variabili della cervice uterina e una lenta progressione della dilatazione fino a 5 centimetri.
Il periodo dilatante (fase attiva del primo stadio) è caratterizzato da contrazioni uterine regolari le quali promuovono le modifiche della cervice dell’utero e una rapida dilatazione da 5 cm fino alla dilatazione completa (10 cm).
Il periodo dilatante termina quando la dilatazione della cervice uterina è completa.
La durata del primo stadio è di 12 ore in una donna che non ha mai partorito (nullipara) e di 10 ore in una donna che ha già partorito una o più volte (pluripara).
Se il travaglio di parto si prolunga oltre le 12 ore in una nullipara e oltre le 10 in una nullipara si parla di travaglio prolungato.
Durante il periodo espulsivo (secondo stadio del travaglio di parto) il feto deve compiere una serie di movimenti in modo da progredire attraverso il canale del parto il quale tende a restringersi.
Il periodo espulsivo inizia quando la cervice uterina ha raggiunto la dilatazione completa e termina con l’espulsione del feto.
Durante il travaglio di parto deve essere monitorato il benessere materno e fetale.
Se la gravidanza è a basso rischio e se non insorgono delle complicanze durante il travaglio, il battito cardiaco del feto può essere auscultato ad intermittenza ogni 15 minuti durante il primo stadio e ogni 5 minuti durante il secondo stadio del travaglio di parto; in caso contrario il battito deve essere rilevato in continuo attraverso il tracciato cardiotocografico.
Errori nella gestione della gravidanza e del travaglio di parto
La gravidanza, cosi come anche il travaglio di parto e il parto stesso, sono degli eventi fisiologici perciò la donna possiede tutte le potenzialità per partorire in modo naturale, a meno che non insorgano delle complicanze che richiedono l’intervento da parte dell’equipe medica.
L’ostetrica che assiste il parto deve essere in grado di riconoscere delle situazioni patologiche che richiedono l’intervento medico e deve anche sapere agire in caso di emergenza.
Il rischio di insorgenza di complicanze durante il travaglio di parto non è nullo e, a volte, tali complicanze possono derivare da errori medici o da negligenza per cui, se da ciò ne deriva un danno a carico della madre o del nascituro, la famiglia ha il diritto al risarcimento dei danni.
Gli errori che può commettere un sanitario che assiste la gravidanza e il travaglio di parto sono:
- Mancato monitoraggio fetale: deve essere monitorato il battito cardiaco fetale al fine di rilevare eventuali segni di sofferenza fetale come alterazioni della frequenza cardiaca del feto, aumento della sua frequenza cardiaca (tachicardia), diminuzione della frequenza cardiaca (bradicardia), presenza di decelerazioni per le quali è necessario un trattamento tempestivo;
- Uso improprio di farmaci: i farmaci devono essere somministrato quando necessario e con le giuste dosi cosi da evitare gli effetti collaterali che il farmaco stesso può comportare. In gravidanza, inoltre, si deve far attenzione a non somministrare quei farmaci che sono controindicati durante la gravidanza in quanto possono comportare complicanze per la salute del nascituro e possono essere teratogeni;
- Mancata diagnosi e cura di infezioni materne in gravidanza (infezione da streptococco di gruppo B, escherichia coli, Herpes simplex, HIV, sifilide, toxoplasmosi, rosolia): le infezioni materne, infatti, sia durante la gravidanza che al momento del parto possono essere trasmesse al feto e causare delle complicanze a carico di quest’ultimo come ad esempio meningite e sepsi neonatale per questo motivo una volta diagnosticate devono essere adeguatamente trattate;
- Manovre ostetriche incongrue come ad esempio la manovra di Kristeller (pressione esercitata a livello del fondo dell’utero per agevolare la progressione del feto lungo il canale del parto) quando non è necessaria. La manovra di Kristeller, infatti, se eseguita in maniera impropria può essere causa di frattura delle costole;
- Omessa esecuzione di un taglio cesareo tempestivo nel caso in cui il feto è in sofferenza: se vengono rilevati segni di sofferenza fetale e il quadro clinico non migliora dopo aver messo in atto delle manovre conservative (somministrazione di ossigeno alla madre, somministrazione di farmaci e cambio di posizione privilegiando il decubito laterale sinistro) deve essere eseguito il più velocemente possibile il taglio cesareo al fine di togliere il feto da un ambiente intrauterino che è sfavorevole;
- Trazioni eccessive esercitate dall’ostetrica sulla testa del feto dopo la sua espulsione le quali possono essere causa di lesioni del plesso brachiale e di paralisi ostetrica;
- Mancato riconoscimento dei segni di sofferenza fetale per i quali si rende necessario in taglio cesareo tempestivo al fine di ridurre il rischio di deficit neurologici per il neonato;
- Omissione nella compilazione della cartella clinica (reato di omissione), alterazione della cartella clinica (reato di falso materiale) e compilazione non veritiera della cartella clinica (reato di falso ideologico). La cartella clinica, infatti, è la testimonianza dell’assistenza prestata alla gravida al momento del ricovero e rileva il percorso diagnostico terapeutico della gravida secondo un criterio cronologico;
- Esecuzione di interventi e di trattamenti senza aver ottenuto il consenso informato da parte della gravida a meno che la pazienta è incapace di intendere e di volere e insorgono delle complicanze per le quali è necessario un trattamento di emergenza per salvaguardare la salute della madre e del bambino;
- Mancata diagnosi di possibili complicanze per il parto come la sproporzione feto pelvica (le dimensioni del bacino della madre sono minori rispetto a quelle del feto per cui il feto avrà difficoltà ad attraversare il canale del parto), presentazione podalica e presentazione di fronte per la quale il parto vaginale è difficoltoso;
- Superficialità nel monitoraggio del benessere materno e fetale;
- Uso improprio del forcipe e della ventosa ostetrica: se il forcipe e la ventosa ostetrica non vengono utilizzati quando ve ne è l’indicazione o se vengono applicati in maniera scorretta, possono causare gravi lesioni neonatali come emorragie cerebrali e fratture del cranio;
- Mancata diagnosi di patologie per le quali si richiede un più attento monitoraggio della gravida e del bambino per tutto il corso della gravidanza sino al momento del parto;
- Mancato riconoscimento delle urgenze/emergenze e conseguente omissione del trattamento appropriato.
Complicanze materne e fetali in seguito a uno scorretto management della gravidanza e del travaglio di parto
Essendo un evento fisiologico, la gravidanza, nella maggior parte dei casi esita in modo favorevole per la madre e per il feto ma può succedere che durante il travaglio di parto insorgano delle complicanze che, senza un adeguata assistenza ostetrica e ginecologica, possono essere causa di esiti sfavorevoli sia per la madre che per il nascituro il quale può subire gravi danni e delle lesioni permanenti, soprattutto se non si fornisce un trattamento adeguato e tempestivo.
Le lesioni da parto, quindi, possono essere causate anche da errori commessi in sala parto dall’ostetrica e dal ginecologo come ad esempio quando si verificano delle complicazioni che richiedono un monitoraggio più intensivo e i professionisti che assistono il parto non prendono delle decisioni accurate per garantire la salute di madre e bambino.
Le lesioni neonatali derivano prevalentemente dalla riduzione dell’apporto di ossigeno dal distretto materno a quello fetale. Durante il travaglio di parto questa evenienza può verificarsi a causa di contrazioni uterine intense e prolungate.
Durante la contrazione uterina, infatti, le fibrocellule della muscolatura dell’utero si contraggono e si irrigidiscono provocando la compressione dei vasi sanguigni della placenta per cui l’apporto di sangue ossigenato al feto sarà ridotto.
Altre cause della riduzione dell’ossigenazione fetale sono tutte le emergenze ostetriche quali:
- distacco di placenta: separazione premature della placenta dalla parete uterina. La placenta, staccandosi dalla sua sede di inserzione non è più in grado di svolgere la sua funzione ovvero di fornire sangue ossigenato e nutrienti al feto, soprattutto se più della metà del letto placentare è staccato;
- placenta previa: inserzione bassa della placenta a livello di un punto chiamato segmento uterino inferiore (SUI). A termine di gravidanza il segmento uterino inferiore si distende e la placenta, essendo anelastica, si stacca provocando sofferenza fetale, più o meno grave, poiché cessa il passaggio di ossigeno dal distretto materno a quello fetale;
- rottura d’utero: in seguito alla rottura d’utero il feto viene espulso in cavità addominale e viene interrotto l’apporto di ossigeno;
- prolasso del cordone ombelicale: presenza di un’ansa di funicolo tra la testa del feto e la pelvi materna. Il cordone ombelicale viene compresso tra queste due strutture perciò verrà compromesso il flusso di sangue ossigenato trasportato dalla vena ombelicale al feto;
- presenza di nodi veri nel cordone ombelicale che, se serrati, impediscono l’apporto di sangue ossigenato da madre a feto;
- distocia di spalla: mancata espulsione delle spalle del feto dopo la fuoriuscita della testa. Le spalle del feto rimangono bloccate lungo il canale del parto;
- problemi della placentazione: la placenta è l’organo attraverso il quale avvengono gli scambi materni e fetali durante la gravidanza per cui problemi a carico della placenta ostacolano questi scambi e il feto andrà incontro a sofferenza;
- somministrazione impropria di ossitocina: l’ossitocina (nome commerciale Syntocinon) promuove l’attività contrattile della muscolatura uterina per cui se questo farmaco viene somministrato in maniera eccessiva le contrazioni dell’utero saranno tanto intense, prolungate e intervallate da brevi pause da compromettere il benessere del feto a causa della riduzione dell’apporto di ossigeno.
Se durante il travaglio di parto insorgono delle complicanze e queste non vengono trattate in maniera appropriata o se non viene eseguito il taglio cesareo quando necessario il feto può subire gravi lesioni:
- paralisi cerebrale infantile: danno irreversibile del sistema nervoso. La paralisi cerebrale infantile sopratutto ha ripercussioni sul sistema muscolare e su quello scheletrico che peggiorano durante la vita;
- paralisi ostetrica conseguente a traumi del plesso brachiale che causa paralisi motoria e paralisi sensitiva completa degli arti superiori;
- lesione del plesso brachiale;
- anemia fetale (MEN: Malattia Emolitica Neonatale);
- idrope fetale: accumulo di fluidi nei compartimenti fetali conseguente ad anemia fetale;
- ematoma cerebrale: raccolta di sangue a livello del cervello;
- ipoglicemia neonatale se il diabete gestazionale non viene correttamente trattato in gravidanza;
- cefaloematoma: raccolta di sangue tra il periostio e le ossa del cranio che nella maggior parte dei casi si risolve entro 24 ore dalla nascita;
- morte;
- sepsi neonatale;
- paralisi motoria;
- convulsioni;
- lesioni a livello della retina;
- encefalopatia ipossico ischemica: danni cerebrali conseguenti alla riduzione dell’ossigenazione;
- deficit neurologici a lungo termine;
- disturbi dell’apprendimento e del linguaggio;
- meningite o meningoencefalite conseguenti a infezioni materne che sono state trasmesse al feto;
- emorragie cerebrali conseguenti a un uso improprio del forcipe e della ventosa ostetrica;
- asfissia (la riduzione di ossigeno impedisce la normale respirazione);
- problemi respiratori.
Le conseguenze a carico della madre sono:
- rottura d’utero;
- lesioni e traumi a tessuti molli a carico del canale del parto;
- emorragia post partum;
- coagulazione intravascolare disseminata (CID);
- rottura delle costole;
- emorragia durante la gravidanza;
- isterectomia (rimozione chirurgica dell’utero);
- shock ipovolemico;
- morte materna;
- convulsioni;
- emorragia cerebrale conseguente a eclampsia.
Gravidanza e malasanità in caso di complicanze nel travaglio da parto
Se il professionista che assiste la gravidanza e il travaglio di parto non è diligente, non fa rifermento alle linee guida, se non vengono diagnosticate e trattate tempestivamente situazioni potenzialmente patologiche, se non viene monitorato il benessere materno e fetale o se il taglio cesareo viene eseguito in ritardo il neonato può riportare gravi lesioni.
Se la madre e/o il bambino subiscono delle lesioni e dei danni fisici hanno il diritto al risarcimento dei danni.
A volte, però, la struttura sanitaria tenta di nascondere l’errore o comunque sono gli stessi professionisti sanitari che non riferiscono gli errori commessi.
Al fine di nascondere l’errore commesso durante l’esercizio della professione alcuni professionisti non riportano in cartella clinica le rilevazioni effettuate alterando la cartella clinica e riportando informazioni non veritiere.