ENTEROCOLITE NECROTIZZANTE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
L’enterocolite necrotizzante è una patologia che colpisce l’intestino dei neonati prematuri. L’intestino risulta essere completamente danneggiato come conseguenza della morte delle cellule intestinali.
La mortalità del neonato conseguente all’enterocolite necrotizzante è molto alta e raggiunge il 50 % dei casi.
L’enterocolite necrotizzante è complicata dalla perforazione dell’intestino o peritonite, sepsi, meningite, shock e insufficienza respiratoria; la prognosi per il neonato è grave per cui è fondamentale che la diagnosi, oltre ad essere corretta sia tempestiva altrimenti potrebbero sorgere anche gravi complicanze e danni per il bambino.
Anche i neonati che sopravvivono all’enterocolite necrotizzante, infatti, possono sviluppare deficit neurologici a lungo termine.
Le manifestazioni dell’enterocolite necrotizzante
L’enterocolite necrotizzante è una grave patologia che colpisce l’intestino dei neonati, soprattutto se questi sono nati prematuramente in quanto il loro intestino è più vulnerabile poiché ancora immaturo ed è più a rischio di essere danneggiato.
L’enterocolite necrotizzante che invece si presenta nel neonato a termine è diversa rispetto a quella del neonato prematuro. Nel neonato a termine si verifica quando vi è la sussistenza di condizioni predisponenti quali problemi intestinali, cardiopatie congenite, sepsi, abuso di sostanze stupefacenti da parte della mamma e asfissia.
Questa patologia è caratterizzata dalla presenza dei batteri patogeni all’interno della mucosa intestinale che la invadono quando quest’ultima perde la sua integrità ovvero quando la barriera del tessuto epiteliale è persa.
Le condizioni che possono determinare una perdita dell’integrità del tessuto intestinale possono essere l’alterazione della flora intestinale o l’immaturità dell’intestino, come succede nei neonati prematuri; queste condizioni permettono ai microrganismi patogeni presenti nel lume dell’intestino di passare nella mucosa intestinale e aggredirla.
Di conseguenza, per fronteggiare questa situazione, il sistema immunitario attiva una risposta infiammatoria che attacca i microrganismi patogeni che hanno invaso la mucosa intestinale, di conseguenza, la parete intestinale dell’intestino viene distrutta e si assiste alla perforazione di quest’ultimo.
I fattori di rischio che scaturiscono enterocolite necrotizzante
I fattori di rischio per l’enterocolite necrotizzante sono:
- rottura prematura delle membrane amniocoriali;
- infezione delle membrane amniocoriali (corionamnionite);
- ritardo di crescita intrauterina (IUGR);
- rottura prolungata delle membrane;
- ipertensione;
- distacco di placenta;
- preeclampsia;
- abuso di sostanze stupefacenti;
- emorragia materno fetale;
- basso peso alla nascita;
- parto avvenuto prima del termine di gravidanza (prima della 37esima settimana gestazionale);
- uso prolungato di antibiotici nel neonato;
- trasfusione di sangue nel neonato;
- cateterismo dell’ombelico del neonato;
- esposizione del neonato a ibuprofene o corticosteroidi.
La responsabilità del neonatologo o del pediatra, e quindi dell’Ospedale o della Clinica, potrebbe derivare non solo dall’insorgenza della complicanza ma anche dalla non tempestiva o errata diagnosi, o dal mancato riconoscimento dell’infiammazione o, comunque, dall’incapacità di gestire correttamente la situazione, eseguendo terapie sbagliate, tardive, inefficaci o, comunque, non veloci.
In questi casi la madre, il padre, i nonni, il fratello o la sorella o gli eventuali eredi – in caso di morte del feto o del neonato – potranno affidarsi ad uno Studio legale o ad un avvocato, preferibilmente specializzato in risarcimento danni da malasanità che esaminerà insieme alla famiglia e al medico legale, l’eventuale fattibilità di una richiesta di risarcimento danni.
La valutazione di quali danni nel caso concreto si possano chiedere deve essere fatta dall’avvocato e dal medico legale, ad esempio il danno non patrimoniale (come il danno biologico per inabilità temporanea o invalidità permanente, il danno morale o, nei casi, più gravi il danno da morte o da perdita di chance di guarigione o di sopravvivenza) o il danno patrimoniale (ossia danni economici per i soldi spesi, ad esempio, per le cure o per la degenza ma anche per i guadagni persi per l’eventuale perdita del lavoro dovuta al periodo di assistenza prestato al figlio).
L’enterite necrotizzante nel neonato
Minore è l’epoca gestazionale del neonato maggiore è il rischio di sviluppare l’enterocolite necrotizzante. Il rischio è maggiore in quei neonati che hanno avuto un ritardo di crescita intrauterina ovvero che non hanno raggiunto il proprio potenziale di crescita.
L’enterocolite necrotizzante esordisce nel neonato intorno alla seconda – quarta settimana dalla nascita. Può esordire in maniera subdola con la veloce progressione verso la perforazione intestinale o la peritonite (infiammazione del peritoneo). Nelle fasi iniziali della malattia il bambino presenterà dei sintomi localizzati a livello intestinale ma può anche presentare dei sintomi sistemici come:
- letargia;
- apnea;
- insufficienza respiratoria;
- instabilità termica ed emodinamica.
Con la progressione della malattia, i sintomi vanno diventando via via sempre più specifici con particolare interessamento a livello intestinale:
- sanguinamento gastrointestinale;
- dolore addominale;
- occlusione intestinale;
I sintomi devono essere colti e riconosciuti con prontezza, altrimenti il pediatra o il neonatologo rischiano di commettere un errore medico.
Le complicanze dell’enterocolite necrotizzante nel neonato
Le complicanze dell’enterocolite necrotizzante oltre ad interessare l’intestino possono interessare anche tutto l’organismo:
- sepsi;
- meningite (infezione delle membrane che proteggono il sistema nervoso centrale);
- coagulazione intravascolare disseminata (consumo dei fattori della coagulazione e conseguente emorragia massiva);
- insufficienza respiratoria;
- insufficienza renale;
- stenosi di uno o più tratti dell’intestino (restringimento di una o più parti dell’intestino);
- occlusione intestinale;
- sindrome dell’intestino corto;
- ascesso intraddominale;
- enterocele (ernia dell’intestino);
- fistola enterocolica;
- deficit cognitivi e comportamentali;
- deficit motori;
- paralisi cerebrale infantile;
- deficit visivi e sordità;
- morte/decesso.
La diagnosi e trattamento dell’enterocolite necrotizzante nel neonato
Considerando il fatto che l’enterocolite necrotizzante è una malattia evolutiva dopo aver posto diagnosi si deve seguire la progressione della malattia. Nel caso in cui vi sia il sospetto di enterocolite necrotizzante per confermare la diagnosi devono essere eseguiti esami radiologici ed esami di laboratorio.
- radiografia, è l’esame di prima scelta per la diagnosi che permette di evidenziare la presenza di aria nell’addome. In una fase iniziale della malattia è possibile rilevare una distensione delle anse dell’intestino che rappresenta un campanello di allarme per l’evoluzione verso la necrosi della parete intestinale. Man mano che la malattia progredisce si possono osservare dei segni più specifici. L’esame radiologico deve essere ripetuto ogni 6 ore nel caso di sospetto in modo da tenere sotto controllo l’evoluzione della malattia;
- ecografia dell’intestino, dà un contributo diagnostico importante perché fornisce dati aggiuntivi. L’esame ecografico può comunque risultare difficile per dolore addominale dovuto alla presenza di abbondanti gas all’interno della cavità addominale;
- esami di laboratorio, mostrano un aumento degli indici infiammatori.
La terapia deve essere iniziata nel minor tempo possibile anche solo alla presenza di un sospetto di enterocolite necrotizzante. Il trattamento richiede una collaborazione fra pediatra, chirurgo e radiologo e prevede:
- somministrazione di antibiotici;
- posizionamento di un sondino naso gastrico o oro-gastrico;
- sospensione della nutrizione enterale e somministrazione di nutrizione parenterale con apporti di fluidi, proteine e calorie adeguati all’età cronologica del neonato. Grazie alle molecole utilizzate viene rafforzata la barriera dell’epitelio intestinale, viene modulata la risposta immunitaria e si ha l’induzione di una flora intestinale protettiva, condizioni che riducono il rischio di andare in contro ad enterocolite necrotizzante e alle sue complicanze.
La nutrizione parenterale consiste nella somministrazione di nutrienti per via endovenosa mentre la nutrizione enterale consiste nel posizionamento di un sondino che collega la bocca del neonato o il naso con l’intestino così da convogliargli in maniera diretta le molecole nutritive.
Le indicazioni al trattamento chirurgico sono:
- occlusione intestinale;
- perforazione intestinale;
- pneumoperitoneo;
- peritonite;
- presenza di segni radiologici quali ascite, gas venoso portale, ansa “sentinella”.
La chirurgia comprende il posizionamento di un drenaggio a livello peritoneale per far fluire fuori dalla cavità addominale sangue, feci e materiale purulento o la resezione delle parti dell’intestino necrotiche attraverso un intervento di tipo laparotomico che permette di visualizzare in maniera diretta il contenuto della cavità addominale.
Se queste linee guida non sono state seguite o si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.
La gestione ed errori dell’enterocolite necrotizzante nel neonato
Nessuno dei sintomi gastrointestinali deve essere sottovalutato perché l’esito di questa patologia può essere fatale per il neonato. Deve essere intrapreso da parte del pediatra uno specifico percorso clinico quando si ha un sospetto di enterite necrotizzante.
L’approccio diagnostico terapeutico varia in base allo stadio della malattia. Nel caso di sospetto di enterocolite necrotizzante questa deve essere confermata con esami radiologici e di laboratorio. L’esame radiologico deve essere ripetuto ogni 6 – 12 ore per monitorare l’evoluzione della malattia. Dopo aver confermato la diagnosi è possibile orientarsi con il trattamento e tenere monitorata l’evoluzione della malattia in modo da orientare anche le scelte terapeutiche successive.
Il pediatra non deve sottovalutare la sintomatologia del neonato in presenza della quale deve prescrivere ulteriori esami al fine di confermare o di escludere la diagnosi di enterocolite necrotizzante. Il trattamento dell’enterocolite necrotizzante prevede la stretta collaborazione fra pediatra, radiologo e chirurgo.
Non appena si ha il sospetto di enterocolite necrotizzante la terapia deve essere iniziata tempestivamente, nel caso di ritardo del trattamento gli esiti per il neonato sono fatali in quanto la malattia progredisce verso forme più gravi le quali necessitano di interventi chirurgici demolitivi.
Considerando che il rischio di enterocolite necrotizzante aumenta per i neonati prematuri, il ginecologo e l’ostetrica devono prevenire e/o ritardare il parto prima del termine di gravidanza nel caso di minacce di parto pretermine. Se la futura mamma comincia ad avere contrazioni prima che la gravidanza sia giunta al termine, l’ostetrica deve somministrare dei farmaci tocolitici, secondo un protocollo, al fine di ridurre l’attività contrattile dell’utero.
In questa fase molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, del ginecologo, dell’ostetrica o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della patologia – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
Il rischio di sviluppare l’enterocolite necrotizzante può essere ridotto attraverso l’uso del latte materno, quindi il latte formulato deve essere evitato a meno che non vi sia stretta necessità. I neonatologi e le ostetriche devono sconsigliare il latte artificiale prediligendo invece il latte materno e informando la mamma della sua importanza.
Per i neonati a rischio, il pediatra deve scegliere la nutrizione enterale (nutrizione artificiale attraverso il posizionamento di una sonda diretta nell’apparato digerente) seguendo un protocollo standardizzato per la gestione e la riduzione dell’incidenza della malattia. La nutrizione enterale intrapresa sin dai primi giorni di nascita è molto efficace per ridurre il rischio. Il pediatra deve monitorare il neonato durante la nutrizione enterale poiché quest’ultimo può non tollerarla bene a causa dell’immaturità intestinale, condizione che deve spingere il pediatra a sospendere la nutrizione enterale per almeno 24 ore o a ridurla.
Nel caso di intolleranza alla nutrizione enterale si deve ricorre alla nutrizione parenterale (somministrazione dei nutrienti attraverso la vena); in questo caso il pediatra deve provvedere alla somministrazione di antibiotici al fine di prevenire le infezioni correlate all’uso prolungato di cateteri vascolari
La diagnosi e il trattamento intempestivo anche solo alla presenza di un sospetto di enterocolite necrotizzante rappresenta un errore. La maggior parte dei neonati con questa patologia muoiono mentre quelli che riescono a sopravvivere possono sviluppare dei disturbi neurologici a lungo termine.
La prevenzione dell’enterocolite necrotizzante nel neonato
Considerando che la prematurità è il principale fattore di rischio di enterocolite necrotizzante la prima cosa da fare per prevenirla è evitare il parto prima del termine di gravidanza.
Generalmente il travaglio insorge una volta giunti al termine di gravidanza ma in alcuni casi le contrazioni cominciano anticipatamente, in un’epoca gestazionale in cui il bambino non ha ancora completato il suo sviluppo, condizione che lo espone a delle complicanze, tra le quali l’enterocolite necrotizzante.
Bisogna quindi individuare le future mamme a rischio di avere un parto prematuro: una mamma che ha avuto un parto pretermine nella precedente gravidanza presenta un rischio maggiore che l’evento si ripeti in una successiva gravidanza.
Un altro fattore determinante l’enterocolite necrotizzante è la riduzione di ossigeno nel sangue a livello intestinale, condizione che facilita la colonizzazione batterica la quale causa infezione e danno all’intestino. La riduzione di ossigeno nel sangue del bambino si può verificare in seguito ad un parto difficile, distacco di placenta e a tutte quelle condizioni che prevedono una compressione importante del cordone ombelicale.
Per prevenire l’enterite necrotizzante si devono quindi evitare e trattare tempestivamente la sofferenza fetale che nella maggior parte dei casi è dovuta ad una riduzione dell’apporto di ossigeno.
Un altro modo per prevenire l’enterocolite necrotizzante è l’allattamento al seno esclusivo, il neonato deve quindi alimentarsi con solo latte materno. La malattia, infatti, è meno diffusa in quei neonati che hanno ricevuto latte materno. Anche il latte materno donato è efficace per la prevenzione.
Il latte materno contiene infatti dei fattori protettivi che favoriscono lo sviluppo dell’intestino e che riducono i batteri nocivi presenti a livello intestinale.
Il latte artificiale e le aggiunte devono essere evitati.
Grazie a delle strategie nutrizionali e la supplementazione di molecole specifiche possono ridurre il rischio di sviluppare enterocolite necrotizzante attraverso diversi meccanismi tra cui il rafforzamento della barriera epiteliale intestinale, la modulazione della risposta immunitaria e l’induzione di una flora microbica intestinale protettiva.
Per la prevenzione dell’enterocolite necrotizzante deve essere preferita la nutrizione parenterale mentre la nutrizione enterale dovrebbe essere ritardata; quando la si comincia quest’ultima deve essere leggera e graduale: si inizia con piccole quantità e si va sempre più aumentando.
In concomitanza con la nutrizione enterale vanno assunti i probiotici i quali sembrano prevenire l’enterocolite necrotizzante. Tra i probiotici quelli che hanno mostrato avere maggiore efficacia sono i lattobacilli acidofili e i bifidobatteri. I probiotici rappresentano degli antagonisti per i microrganismi patogeni presenti nell’intestino e influenzano la crescita di quelli benefici.
Quando non vengono rispettate le indicazioni di prevenzione predetti ed il neonato è esposto all’infezione può verificarsi un caso di malasanità.
Deve essere chiaro che anche in presenza di un errore del medico o dell’ospedale non esiste un automatismo per il riconoscimento del risarcimento del danno. Bisogna poi individuare quali effettivi danni ha subito il paziente.
Per questo è fondamentale che l’avvocato faccia un esame ad ampio spettro insieme al medico legale. Esistono molti aspetti da valutare dall’eventuale danno da perdita di chance di guarigione o sopravvivenza, a quello di doversi sottoporre ad ulteriori trattamenti medici con i connessi rischi fino ad arrivare a dover sopportare conseguente permanenti e invalidanti.
L’enterocolite necrotizzante acquisita in terapia intensiva neonatale
Sono a rischio di contrarre l’enterocolite necrotizzante anche quei neonati ricoverati in terapia intensiva neonatale soprattutto se il loro peso è inferiore a 1500 grammi; in questi casi l’insorgenza del quadro clinico è correlato all’assistenza.
L’enterocolite necrotizzante è infatti causata da microrganismi patogeni quali C.perfringens, C. butyricum, o C. difficile.
Per prevenire l’insorgenza e la diffusione dell’enterocolite necrotizzante presso le terapie intensive neonatali devono essere adottate le buone pratiche cliniche e tutte quelle azioni volte a controllare la diffusione di microrganismi patogeni:
- utilizzo dei dispositivi di protezione individuale;
- lavaggio delle mani prima e dopo il contatto con il paziente;
- disinfezione dei presidi;
- rispetto dell’asepsi;
- utilizzo di presidi sterili per gli interventi invasivi come quelli che prevedono un accesso a livello intestinale;
- sanificazione degli ambienti;
- isolamento del paziente infetto.