INFEZIONE DA SIFILIDE IN GRAVIDANZA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Il Treponema Pallidum è un batterio che causa una delle più note malattie a trasmissione sessuale, la sifilide, anche della Lue.
Questa patologia si trasmette principalmente per visa sessuale, ma il contagio può avvenire in qualsiasi occasione di contatto tra le mucose, ferite cutanee o sangue infetto.
In questi casi si parla di sifilide acquisita, facendo riferimento ad una patologia contratta da un soggetto precedentemente sano, mentre nel caso di trasmissione verticale, ovvero quella che avviene tra la madre e il feto durante la gravidanza o il parto, si definisce sifilide congenita.
Dal momento che non esistono ancora vaccini per questa infezione, l’unico modo di evitare il contagio è la prevenzione.
La prevenzione è importante, perché se la sifilide non viene curata può determinare lesioni sistemiche di crescente gravità, fino addirittura a provocare il decesso del soggetto malato.
Come evolve l’infezione della sifilide
L’evoluzione dell’infezione da Treponema Pallidum prevede quattro stadi di sviluppo della patologia:
- sifilide primaria: stadio successivo al periodo di incubazione (che dura circa un mese).
La sifilide primaria è caratterizzata dalla comparsa del primo sintomo, una lesione detta sifiloma primario nella zona in cui è avvenuto il primo contatto con il batterio, molto spesso sui genitali; il sifiloma primario è una piccola ulcera non dolorosa e non pruriginosa che tende a regredire nel giro un mese;
- sifilide secondaria: a seguito della regressione del sifiloma primario, inizia la comparsa di eruzioni maculari sulle mucose e sulla cute; a questo si può associare gonfiore dei linfonodi, la comparsa di iperpiressia (febbre), alopecia, debolezza e perdita di peso;
- stadio latente: a seguito del secondo stadio, la patologia va in uno stato di latenza, ovvero avviene una scomparsa dei sintomi In questo stadio, che dura in genere qualche anno, può avvenire una guarigione spontanea dall’infezione, oppure la proliferazione batterica può proseguire conducendo l’organismo verso la sifilide terziaria;
- sifilide terziaria: a questo stadio, le lesioni colpiscono direttamente gli organi, in particolare danni neurologici e cardiovascolari, ma che possono coinvolgere anche l’apparato digerente e l’apparato scheletrico.
Questo terzo stadio può durare diversi anni, provocando sintomi di gravità sempre maggiore fino al decesso del soggetto affetto.
La sifilide congenita
Se una donna contrae la sifilide in gravidanza o ha l’infezione da Treponema Pallidum in corso al momento del concepimento, la possibilità di trasmettere la patologia al bambino è estremamente elevata, pari a circa il 70% dei casi.
Il rischio di infezione per via transplacentare è maggiore se la madre si trova in uno stadio di sifilide primaria o secondaria, mentre in una fase di sifilide latente primaria la possibilità di contagio diminuisce, per ridursi drasticamente in caso di sifilide latente secondaria.
Il più delle volte il contagio da Treponema Pallidum del feto/embrione provoca un aborto spontaneo o la nascita di un feto morto, mentre in caso di sopravvivenza all’infezione vi è un’elevata probabilità di danni congeniti.
Nel caso il neonato sopravviva, l’infezione da Treponema Pallidum porta ad un aggravamento delle sue condizioni cliniche nel tempo.
A volte la sifilide congenita può apparire silente e non mostrare manifestazioni cliniche per qualche mese o anno; nel caso non si manifesti fino ai due anni del bambino, si definisce sifilide congenita tardiva.
La gravità del danno fetale causato dalla sifilide è tanto maggiore quanto maggiore è il tempo che intercorre tra il contagio e la somministrazione della terapia.
Prevenzione e diagnosi della sifilide in gravidanza
Tutte le donne in gravidanza devono essere informate su come prevenire l’infezione da sifilide; bisogna ricordare che il Treponema Pallidum si trasmette principalmente tramite via sessuale, da un partner infetto ad un partner non infetto e che il profilattico è in genere un buon metodo per prevenire l’infezione.
Inoltre, il professionista sanitario deve informare la donna che l’infezione può essere trasmessa anche tramite il contatto non sessuale con la zona infetta. Un’adeguata informazione da parte dei professionisti ostetrici permette una riduzione dei casi di infezione durante la gestazione e fuori dalla gravidanza.
A tutte le donne in gravidanza deve essere offerto un test per valutare un’eventuale infezione da Treponema Pallidum nel primo trimestre di gravidanza.
Possono essere eseguiti due esami differenti per la diagnosi di sifilide, che sono il VDRL (Veneral Disease Research Laboratories) e il TPHA (Treponema Pallidum Hemagglutination Test). In entrambi i casi l’esame si effettua tramite un prelievo di sangue.
È importante che uno tra questi esami sia proposto dal professionista sanitario nelle prime fasi della gravidanza, perché una mancata diagnosi di sifilide durante la gestazione compromette in modo importante la vita del bambino.
Se l’esame evidenzia una positività per la sifilide, è importante definire a quale stadio si trova lo sviluppo dell’infezione, perché da questo dipende il trattamento proposto.
Inoltre, è importante che il medico o l’ostetrica che ha in carico la donna in gravidanza la informi del fatto che una positività per infezione da Treponema Pallidum la rende maggiormente suscettibile al virus dell’immunodeficienza umana, noto come HIV; per questo motivo a tutte le donne con diagnosi di sifilide deve essere offerto un test per l’HIV (esame che dovrebbe essere comunque proposto a tutte le donne in gravidanza).
Il test della sifilide deve essere anche offerto al partner della donna, che ha un elevato rischio di aver contratto l’infezione a sua volta.
A seguito della diagnosi di sifilide, il medico deve cercare di individuare eventuali danni al feto provocati da questa condizione. Il controllo si esegue per via ecografica, osservando le caratteristiche morfologiche del feto ed in particolare prestando attenzione agli organi interni.
La presenza di idrope fetale, epatosplenomegalia, inspessimento della placenta o segni di anemia fetale indicano solitamente un coinvolgimento patologico del feto.
In caso di negatività all’esame ecografico per anomalie causate dall’infezione, è importante che il medico informi i genitori che un’elevata percentuale di feti con infezione da Treponema Pallidum appare asintomatico durante la vita intrauterina, mostrando i sintomi della patologia solo successivamente alla nascita.
Qual è il trattamento medico da svolgere in caso di positività alla sifilide in gravidanza
Il trattamento più impiegato per l’infezione da sifilide in gravidanza è la terapia con penicillina. La penicillina è un antibiotico sicuro da somministrare in gravidanza per curare la donna e, dal momento che questo farmaco supera la barriera placentare, la terapia è in grado di curare anche l’infezione fetale.
La scelta del trattamento è strettamente correlata allo stadio di evoluzione che l’infezione ha raggiunto nella donna gravida, ovvero se si tratta di un’infezione in fase primaria/secondaria oppure in fase latente.
In genere, l’infezione da Treponema Pallidum non condiziona la modalità del parto, poiché la principale via di contagio è quella transplacentare durante il corso della gestazione, quindi non vi sono contrindicazioni al parto vaginale; solo nel caso siano presenti sui genitali della donna lesioni attive da sifilide, si raccomanda l’esecuzione del taglio cesareo.
Sifilide nel neonato
Anche nel caso sia stato effettuata alla madre la terapia antibiotica in gravidanza, è opportuno sottoporre il neonato ad adeguati test di screening dopo la nascita.
Dal momento che, come abbiamo precedentemente segnalato, l’infezione nel bambino è asintomatica in molti casi, l’assenza di segni clinici non va considerata motivo di sicurezza.
La diagnosi si effettua tramite l’osservazione clinica e la ricerca di eventuali sintomi, che possono anche essere lievi o del tutto assenti. L’indagine di laboratorio permette un migliore inquadramento diagnostico, ma va comunque ricordato che il passaggio per via placentare degli anticorpi materni può influenzare il risultato dell’esame.
I sintomi di un’infezione da Treponema Pallidum precoce del neonato comprendono anomalie scheletriche, eruzioni cutanee, epatomegalia (ingrossamento del fegato), splenomegalia (ingrossamento della milza), ascite, febbre, meningite, polmonite o patologia renale.
La mortalità associata a sifilide neonatale è maggiore in caso di nato pretermine.
Nel caso di diagnosi di infezione neonatale o forte sospetto è indicato somministrare una terapia a base di penicillina per i primi sette giorni di vita. Se il bambino viene curato in maniera adeguata, il rischio di mortalità e morbilità è notevolmente ridotto.
È possibile che la sifilide si manifesti solo dopo il secondo anno di età; in questo caso prende il nome di sifilide congenita tardiva e comprende in genere la presenza di anomalie scheletriche e disturbi sensoriali.
A seguito del trattamento del neonato e prima della dimissione, è indicato pianificare un follow-up, ovvero una serie di visite di controllo durante i primi anni di vita del bambino, per accertare la guarigione dalla patologia e valutare i possibili danni causati dal Treponema Pallidum.
Gli esami del sangue per la ricerca dell’infezione da sifilide rimangono positivi per un certo periodo; la ripetizione del test a 18 mesi di vita del bambino permette di escludere la persistenza dell’infezione.