INFEZIONI IN GRAVIDANZA: SCREENING COMPLESSO TORCH (CITOMEGALOVIRUS E HERPES SIMPLEX)
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Durante la gravidanza, la mamma potrebbe contrarre delle infezioni le quali, a loro volta, potrebbero essere trasmesse al feto tramite una trasmissione materno-fetale.
È dunque importante che i medici dell’Ospedale o della Clinica (ginecologo, ostetrica ecc.) informino la donna sui rischi e benefici di determinate azioni oltre che sulla necessità di effettuare esami al fine di riconoscere precocemente l’insorgenza di una data infezione.
Screening delle infezioni in gravidanza e complesso TORCH
Il test TORCH è un insieme di analisi in grado di rilevare gli agenti infettivi che possono caratterizzare l’epoca gestazionale.
Le lettere indicano:
- T come Toxoplasma (il virus) o Toxoplasmosi (l’infezione che provoca);
- O come Others, termine inglese che in italiano significa “altre”;
- R come Rosolia (l’infezione che provoca) o Rubeo Test (il nome dell’analisi);
- C come Cytomegalovirus (il nome del virus);
- H come Herpes simplex (il nome del virus che, a sua volta, può essere di tipo 1 se l’infezione è labiale o di tipo 2 se è sessualmente trasmessa).
Infezione da Cytomegalovirus in gravidanza
Il citomegalovirus (CMV) appartiene alla famiglia degli Herpes virus. La trasmissione può avvenire per via orizzontale, per contatto diretto o indiretto da persona a persona o, in gravidanza, per via verticale.
Il virus si ritrova nelle urine, nelle secrezioni oro-faringee, nelle secrezioni cervicali o vaginali, nello sperma, nel latte, nelle lacrime e nel sangue.
La diffusione dell’infezione richiede contatti stretti e prolungati con pazienti infetti.
Se contratta in gravidanza l’infezione può causare due quadri clinici:
- neonati asintomatici (85%-90%), circa 10% dei quali presenterà sequele tardive, nella maggior parte dei casi un difetto uditivo neurosensoriale, eccezionalmente un ritardo mentale;
- neonati sintomatici (10-15%), circa 90% dei quali svilupperà sequele neurosensoriali: ritardo mentale, ritardo psicomotorio, disturbi dell’apprendimento, autismo, ipotonia, paresi, epilessia, difetti di vista e udito.
Se contratta come infezione secondaria, il quadro clinico sembra essere meno severo.
Lo screening dell’infezione da Citomegalovirus, tuttavia, può non essere offerto alle donne in gravidanza poiché non ci sono prove di efficacia a supporto dell’intervento. La diagnosi di infezione fetale di per sé non è, inoltre, un indicatore di malattia.
Lo screening può essere considerato nelle donne in condizioni di rischio, quelle che sviluppano malattia simil-influenzale durante la gravidanza, le lavoratrici sieronegative che hanno in custodia dei bambini, le donne in gravidanza che hanno un bambino in asilo nido o dopo il rilevamento dei segni ecografici indicativi di infezione da Citomegalovirus.
Infezione da Herpes simplex virus in gravidanza
L’herpes simplex virus è un virus di cui sono noti due differenti sierotipi HSV 1, che provoca manifestazioni cutanee e HSV 2, che provoca manifestazioni genitali.
La trasmissione neontale avviene nella quasi totalità dei casi tramite contatto diretto con le secrezioni materne al momento del parto.
Il neonato può presentare un quadro infettivo localizzato a pelle, occhi, bocca, oppure al sistema nervoso centrale (encefalite), o ancora un quadro disseminato a più organi.
Lo screening per l’infezione da HSV-1 e HSV-2 nelle donne in gravidanza non è raccomandato.
Tuttavia, in caso di infezione primaria, quando le lesioni erpetiche genitali sono presenti al momento del parto o compaiono nelle ultime 6 settimane di gravidanza, di evitare durante il parto l’esposizione del neonato alle lesioni erpetiche genitali effettuando un taglio cesareo, indipendentemente dallo stato sierologico.
Errori medici connessi agli screening infettivologici
I possibili errori nella gestione degli screening infettivologici in gravidanza sono:
- errata informazione data dal professionista sanitario alla donna comprendente consenso informato, rischi e benefici degli screening;
- assenza di informazione data dal professionista sanitario alla donna su come evitare di contrarre le infezioni o comunque ridurre al minimo il rischio;
- errata prescrizione degli esami da effettuare (errata epoca concezionale – errate immunoglobuline);
- errata valutazione del rischio per l’esecuzione degli screening;
- errato management in caso di screening positivo;
- assenza di supporto in caso di screening positivo.