INFEZIONI NEONATALI
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Il feto, durante la gestazione, ha un sistema immunitario immaturo e non efficace per proteggere dalle infezioni il suo sistema in via di sviluppo.
Vi sono alcuni meccanismi che lo proteggono dalle malattie infettive che potrebbe contrarre in epoca intrauterina, come gli anticorpi della madre e la barriera fornita dalla placenta, che impedisce a buona parte delle infezioni contratte dalla madre di raggiungere il feto.
Anche il sacco amniotico ha una funzione protettiva, poiché impedisce ai microrganismi che si trovano nella vagina di risalire e causare una malattia al bambino. Questi meccanismi di difesa aiutano a salvaguardare il feto da un certo numero di infezioni, ma non sono infallibili e molto spesso il bambino può contrarre comunque la patologia.
Infezioni contratte durante il parto
Il parto è un momento particolare da considerare per il rischio infettivo: infatti il feto va a perdere la protezione delle membrane amniocoriali e può entrare in contatto con i microrganismi patogeni presenti nel canale da parto.
È essenziale che prima e durante il parto vengano messe in atto strategie preventive per impedire un contagio che potrebbe causare seri danni al bambino, come la somministrazione della profilassi antibiotica in caso di positività per Streptococco di gruppo B o programmando un taglio cesareo in caso di infezione ad alto rischio, come per l’HIV o le lesioni da Herpes Simplex Virus.
Infezioni contratte dopo la nascita
Le infezioni contratte dal bambino dopo la nascita sono principalmente correlate al contatto con agenti patogeni comuni per gli adulti, ma potenzialmente pericolosi per un neonato.
In particolare, i nati prematuri e i neonati con altre patologie concomitanti sono a maggiore rischio per questo tipo di infezione, perché il loro sistema immunitario è compromesso. I bambini che si trovano nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale hanno una maggiore incidenza di infezioni a causa dell’azione limitata del sistema immunitario e delle terapie a cui sono sottoposti (tra cui ad esempio la somministrazione di antibiotici, la presenza di cateteri venosi, i sondini naso-gastrici), che li espongono maggiormente al rischio di contrarre un’infezione.
La prevenzione è l’unico modo per impedire le infezioni dopo la nascita: gli operatori sanitari sono tenuti a prestare attenzione nel prestare assistenza a non essere veicolo di patogeni e i genitori devono essere informati su come avere cura del proprio bambino senza esporlo a rischi.
Il latte materno svolge un ruolo estremamente protettivo verso il sistema immunitario del bambino e va quindi incoraggiato il più possibile; gli operatori sanitari devono informare la madre dei vantaggi dell’allattamento al seno e offrirle il supporto e l’aiuta necessario per instaurare una valida alimentazione con latte materno prima della dimissione.
In base al momento in cui l’infezione è stata contratta, può essere distinta in:
- infezione prenatale: contratta durante la gestazione;
- infezione perinatale: contratta durante il parto;
- infezione postnatale: contratta dopo la nascita;
Le infezioni postnatali possono a loro volta essere distinte in:
- early onset;
- late onset.
Il termine early onset indica un’infezione che si è verificata nei primi tre giorni dalla nascita, mentre il termine late onset indica un’infezione che si è verificata nei giorni successivi.
Le infezioni early onset sono in genere correlate a microrganismi contratti durante il parto, mentre le infezioni late onset sono in genere legate a microrganismi proveniente dall’ambiente in cui il neonato si trova.
Fattori di rischio per infezioni fetali e neonatali
L’identificazione dei neonati con fattori di rischio per un’infezione è importante, perché in questo modo può essere prestata maggiore attenzione alla comparsa di sintomi di infezione nei bambini a rischio e nei casi in cui è necessario può essere intrapresa già una terapia preventiva.
Fattori di rischio per infezione prenatale:
- infezione materna in gravidanza;
- infezione delle membrane amniocoriali (corionamniotite);
- esecuzione di test di diagnosi prenatale invasivi (villocentesi o amniocentesi).
Fattori di rischio per infezione intrapartale:
- rottura prematura delle membrane (PROM);
- travaglio prolungato;
- parto distocico;
- positività per Streptococco di gruppo B (SGB) in gravidanza.
Fattori di rischio per infezione postnatale:
- prematurità;
- basso peso alla nascita;
- esecuzione di manovre rianimatorie invasive;
- necessità di trattamenti invasivi;
- ricovero in Terapia Intensiva Neonatale (TIN).
I sintomi clinici di un’infezione neonatale sono principalmente aspecifici, ovvero non tipici per quella patologia; per questo motivo il medico non deve dimenticarsi di considerare l’ipotesi di infezione nel quesito diagnostico.
Tra i segni e sintomi più comuni per infezione neonatale si trova:
- ipertermia (febbre superiore a 38° C);
- instabilità termica (ampie variazioni della temperatura corporea);
- colorito alterato (pallido o grigiastro, presenza di ittero neonatale, comparsa di rush cutaneo o petecchie);
- ipotonia;
- letargia;
- difficoltà alla suzione;
- anomalie della respirazione;
- tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
- tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
- ipotensione;
- oliguria (riduzione nel volume delle urine prodotto);
- vomito;
Cos’è la sepsi neonatale
La sepsi è una delle infezioni più temute e una delle principali cause di morte neonatale in tutto il mondo. Si manifesta prevalentemente nei nati di basso peso o neonati con altre condizioni patologiche concomitanti.
Questa patologia è di tipo sistemico, cioè coinvolge l’intero organismo, e genere una risposta da parte di tutto il corpo. La mortalità per sepsi è purtroppo estremamente elevata, per la prevenzione di questo tipo di infezione è fondamentale.
La sepsi precoce, ovvero quella che rientra nelle infezioni early onset, è molto spesso legata allo Streptococco di gruppo B, un microrganismo patogeno la cui presenza nel corpo materno viene ricercata tramite l’esecuzione di un tampone vagino-rettale verso il termine della gravidanza.
Se il tampone risulta positivo è opportuno effettuare alla donna in travaglio o a seguito della rottura delle membrane amniocoriali una somministrazione di antibiotico, proprio per ridurre la possibilità che il neonato durante il parto entri in contatto con questo microrganismo e che possa contrarre la sepsi.
Altri microrganismi patogeni frequentemente coinvolti nei casi di sepsi ad esordio precoce sono l’Escherichia Coli, la Klebsiella, gli enterococchi, stafilococchi o streptococchi. In caso di sepsi ad esordio tardivo (late onset), la patologia è maggiormente correlata a stafilococchi o Escherichia Coli.
Diagnosi e terapia della sepsi neonatale
La diagnosi della sepsi neonatale si effettua tramite le colture di un campione di sangue prelevato. Questo esame consente di identificare l’agente patogeno che ha causato l’esordio della sepsi, in modo da identificare la terapia più efficace. Ulteriori esami possono essere effettuati per identificare la fonte dell’infezione.
Se la sepsi non viene trattata prontamente, gli organi interni iniziano a subire danni che possono condurre fino al decesso. È fondamentale la scelta della giusta terapia antibiotica da somministrare al neonato.
Il farmaco deve essere specifico contro l’agente patogeno che ha provocato la malattia, ma in attesa di ottenere i risultati delle analisi si può iniziare la somministrazione di un antibiotico ad ampio spettro, ovvero un antibiotico più generico volto a dare un iniziale attacco all’infezione, in attesa di somministrare l’antibiotico specifico.
L’esigenza di altri trattamenti va valutata a seconda del caso, ma in genere può essere necessaria la somministrazione di liquidi endovena e la somministrazione di ossigeno tramite la ventilazione artificiale.
Meningite
La meningite è un’infiammazione delle meningi, ovvero la membrana che ricopre il cervello e il midollo spinale. È una patologia estremamente grave, che ha un elevato tasso di mortalità e spesso ha una progressione molto rapida.
La meningite può avere un’origine batterica o virale: in questo secondo caso la prognosi è in genere migliore.
I neonati sono particolarmente esposti al rischio di sviluppare una meningite, perché il loro sistema immunitario non ancora sviluppato offre una protezione minore da questa patologia. Dal momento che la meningite è un’infezione estremamente contagiosa, l’elevata possibilità di trasmissione della patologia da un neonato all’altro rende i reparti di Terapia Intensiva Neonatale estremamente a rischio in caso di un soggetto infetto.
È fondamentale che i professionisti che lavorano in questo reparto prendano tutte le precauzioni necessarie per impedire una trasmissione della patologia da un soggetto all’altro.
Molto spesso la meningite si accompagna alla sepsi. I principali agenti patogeni che causano questa infezione sono lo Streptococco di gruppo B, l’Escherichia coli e la Listeria, ma non possono essere escluse altre infezioni batteriche tipiche del neonato.
Diagnosi e terapia della meningite
L’identificazione dei sintomi della meningite può essere ostacolata dalla scarsa possibilità di comunicazione del neonato.
I sintomi più tipici della meningite nel neonato sono:
- ipertermia (febbre);
- irritabilità;
- sonnolenza;
- vomito;
Le convulsioni sono un sintomo nei casi di meningite conclamata. Un altro segno che può essere osservato nel lattante è il gonfiore e la tensione a livello delle fontanelle, dovuto ad un aumento della pressione del liquido cefalorachidiano.
La diagnosi principale si effettua con prelievo del liquido cefalorachidiano tramite puntura lombare, ovvero inserendo un ago sterile nella colonna vertebrale al fine di prelevare del liquor da analizzare.
Una diagnosi effettuata precocemente è importante perché permette di trattare la patologia tempestivamente. Malgrado i progressi in campo medico, la mortalità per meningite e il numero di neonato che riportano sequele permanenti è ancora molto importante e questa possibilità va ad aumentare considerevolmente nel caso non venga fatta una diagnosi tempestiva e non venga impostata una corretta terapia medica.
Alcuni dati riferiscono una mortalità per meningite nel neonato pari a circa il 15%, con un’incidenza nel 30% dei casi circa di gravi sequele neurologiche.
La terapia per la meningite è prevalentemente antibiotica; l’antibiotico somministrato deve essere specifico per l’agente patogeno responsabile dell’infezione.
La polmonite avviene quando si instaura un processo infettivo nei polmoni. Nel neonato la polmonite può essere una conseguenza della sepsi oppure svilupparsi come infezione a sé stante.
In genere le polmoniti derivate da una sepsi si manifestano nei primi giorni di vita, mentre le polmoniti con un esordio successivo alla prima settimana di vita non sono solitamente correlate ad un’altra infezione.
La polmonite si manifesta con un la comparsa di sintomi di affaticamento respiratorio, come tachipnea, cianosi, gemito espiratorio; a questo in genere si associa la presenza di secrezione respiratorie e un peggioramento della saturazione rilevata con pulsossimetro.
Diagnosi e terapia della polmonite
La diagnosi si effettua tramite una radiografia del torace, da cui si può rilevare la presenza di infiltrato infiammatorio; un’analisi dell’aspirato tracheale consente di identificare l’agente patogeno responsabile della polmonite e di impostare una terapia adeguata.
L’esecuzione di un prelievo di liquido cefalorachidiano tramite puntura lombare permette di escludere l’ipotesi di sepsi.
La terapia della polmonite si effettua tramite somministrazione di antibiotico, inizialmente con un farmaco ad ampio spettro e a seguito degli esiti di laboratorio con un farmaco specifico. Alla terapia principale va associato il trattamento dei sintomi, che in genere consiste in un supporto ventilatorio e nella somministrazione di ossigeno.