PREVENZIONE DELLE INFEZIONI DA STREPTOCOCCO DI GRUPPO B
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
Lo Streptococco beta-emolitico di gruppo B (noto come SGB) è un batterio che si trova frequentemente nel tratto genitourinario o gastrointestinale senza creare disturbi all’individuo, ma se presente al momento del parto può causare una sepsi neonatale.
È il microrganismo patogeno più frequentemente responsabile delle infezioni neonatali precoci, ovvero quelle che si manifestano entro tre giorni dalla nascita. Dal momento che la colonizzazione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B è una condizione piuttosto diffusa, riguardando circa il 35% delle gestanti, sono stati fatti numerosi studi su questo argomento e vi sono linee guida precise che raccomandano come affrontare questa situazione clinica.
L’infezione da Streptococco di gruppo B avviene per via verticale, cioè risalendo il canale da parto. Può avvenire una risalita del batterio dalla vagina alle membrane amniocoriali intatte a seguito dell’insorgenza del travaglio oppure, più facilmente, può raggiungere il feto dopo la rottura delle membrane ed essere aspirato dal bambino.
Diversamente il contagio può avvenire anche durante il periodo espulsivo, con il passaggio del feto nel canale da parto. Considerate le modalità di contagio, si è potuto osservare che l’esecuzione di un taglio cesareo prima dell’insorgenza del travaglio annulla quasi completamente il rischio di infezione fetale; tuttavia questa non può essere considerata un’indicazione sufficiente per l’esecuzione dell’intervento chirurgico, poiché se viene seguito il corretto management di prevenzione per le infezioni da Streptococco beta-emolitico di gruppo B il parto per via vaginale presenta maggiori vantaggi sia per la salute materna che per quella fetale, in assenza di altre indicazioni per taglio cesareo.
Negli ultimi anni la creazione delle linee guida appropriate ha permesso di ridurre drasticamente il rischio di sepsi neonatale dovuta alla colonizzazione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B, che attualmente riguarda soltanto lo 0,03% dei neonati.
Fattori di rischio per infezioni da Streptococco beta-emolitico di gruppo B
I fattori di rischio per infezione da Streptococco di gruppo B sono:
- tampone cervico-vaginale o un tampone rettale positivo per Streptococco beta-emolitico di gruppo B;
- urinocoltura positiva per Streptococco beta-emolitico di gruppo B;
- febbre superiore a 38° C;
- prematurità (età gestazionale inferiore a 37 settimane);
- rottura prematura e pretermine delle membrane (quando si rompono le acque prima del termine della gravidanza);
- un precedente figlio nato con una sepsi da Streptococco beta-emolitico di gruppo B.
L’iperpiressia materna (febbre superiore a 38° C) è da considerarsi un fattore di rischio in particolar modo se si presenta con altri sintomi tipici di corionamniotite, come ad esempio liquido amniotico maleodorante o tachicardia materna o fetale.
Sintomi dell’infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B
I sintomi neonatali di un’infezione da Streptococco di gruppo B sono abbastanza comuni per molte patologie neonatali, implicando quindi un evidente ostacolo alla diagnosi.
I sintomi più comuni da colonizzazione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B sono:
- ipertermia o ipotermia;
- alterazioni nella ventilazione spontanea (ad esempio la presenza di gemito all’espirazione o la comparsa di cianosi);
- apnea;
- irritabilità;
- ipomotilità (riduzione dei movimenti spontanei del bambino) e improvvisa difficoltà alla suzione;
- alterazioni della frequenza cardiaca.
Diagnosi dell’infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B
Lo Streptococco di gruppo B può avere un esordio precoce o tardivo. L’esordio precoce vede all’origine un’infezione contratta in utero o al momento del parto. Nel 90% dei casi la malattia si presenta nelle prime 24 ore di vita, o comunque nei primi tre giorni.
L’esordio tardivo indica un contagio avvenuto dopo la nascita e generalmente avviene tramite il contatto con le mani degli operatori sanitari o dei genitori, i presidi di supporto alla ventilazione, gli strumenti medici e l’ambiente circostante.
In questo caso l’esordio dei sintomi è tardivo e il fattore di rischio principale è quello della prematurità.
L’unico modo per prevenire questo tipo di contagio è quello di rispettare le norme igieniche ospedaliere, come lavarsi le mani prima di entrare in contatto con il neonato, pulire frequentemente i presidi ospedalieri e gli ambienti, ridurre il contatto con microrganismi proveniente dall’ambiente esterno in particolari nei reparti di terapia intensiva neonatale (ad esempio indossando copriscarpe e camici puliti prima di entrare nel reparto).
I principali disturbi legati all’infezione da Streptococco di gruppo B sono:
- distress respiratorio (in circa la metà dei casi)
- sepsi
- meningite (più raramente)
Mentre l’esordio precoce è frequentemente legato a ai disturbi respiratori, la meningite è più tipica in caso di infezione contratta dopo la nascita.
La diagnosi si effettua osservando la presenza dei sintomi dell’infezione; per confermare l’ipotesi diagnostica si effettua un prelievo ematologico che può evidenziare o meno la presenza di Streptococco beta-emolitico di gruppo B.
Talvolta i sintomi possono essere aspecifici, cioè non comuni con altre patologie, ostacolando il processo diagnostico; è quindi necessario che per ciascun neonato vengano tenuti in conto i fattori di rischio per la patologia, per consentire un rapido riconoscimento della condizione clinica.
È importante che i neonati prematuri, quelli nati dopo una prolungata PROM (rottura prematura delle membrane amniocoriali), quelli a cui non è stato completato il ciclo antibiotico e quelli con altri fattori di rischio vengano tenuti sotto stretto monitoraggio dopo la nascita, prestando attenzione in particolare alle anomalie cardio-respiratorie.
Screening per evitare infezioni da Streptococco beta-emolitico di gruppo B
A tutte le donne tra le 35 e le 37 settimane di età gestazionale deve essere proposta l’esecuzione di un tampone vagino-rettale per individuare la presenza di Streptococco di gruppo B.
Questo è un esame poco invasivo, che viene effettuato prelevando un piccolo campione delle secrezioni vaginali e rettali; è importante che il prelievo venga fatto in entrambi le sedi perché i microrganismi possono spostarsi frequentemente da un canale all’altro.
L’esito dell’esame si può ottenere in genere dopo qualche giorno e la positività dell’esito non indica un grosso disturbo per il parto, ma evidenzia la necessità di intervenire al momento del travaglio con una terapia adeguata a fronteggiare il rischio di un’infezione fetale.
La colonizzazione da streptococco di gruppo B è generalmente asintomatica per la donna. Va ricordato che la colonizzazione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B è spesso uno stato transitorio, quindi se il tampone viene effettuato precocemente in gravidanza non indica necessariamente il rischio di infezione al momento del parto, ma in tal caso sarà necessario ripetere l’esame.
Trattamento dell’infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B
La terapia antibiotica è il trattamento raccomandato per prevenire l’infezione da streptococco di gruppo B; il trattamento va proposto a tutte le donne che:
- presentano un tampone vagino-rettale positivo per Streptococco beta-emolitico di gruppo B;
- hanno avuto nel corso della gravidanza una batteriuria da Streptococco beta-emolitico di gruppo B;
- hanno avuto un precedente figlio con infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo B alla nascita.
Nel caso in cui il tampone vagino-rettale non sia stato eseguito alle 35-37 settimane di gestazione come è raccomandato, o se il risultato non fosse ancora disponile, la terapia antibiotica va comunque proposta alle donne che:
- hanno un travaglio e un parto pretermine (con un’età gestazionale inferiore a 37 settimane);
- presentano iperpiressia in travaglio (temperatura corporea superiore a 38° C);
- si trovano in una condizione di prolungata rottura delle membrane amniocoriali (hanno rotto le acque da più di 18 ore).
Generalmente si impiegano antibiotici come la penicillina e ampicillina in dose iniziale da 2 grammi e a seguire 1 grammo ogni quattro ore fino al parto. Questi antibiotici hanno un rapido effetto terapeutico raggiungendo in breve tempo la circolazione fetale e il liquido amniotico.
Nel caso la donna presenti una allergia alla penicillina deve essere proposta una terapia antibiotica alternativa, generalmente effettuata con cefazolina in dose iniziale da 2 grammi e a seguire in dosi da 1 grammi ogni otto ore fino al momento del parto.
Il professionista sanitario prima di somministrare la terapia antibiotica è tenuto a informarsi su eventuali allergie note alla donna, per ridurre il rischio di effetti indesiderati. Bisogna considerare che la terapia antibiotica può ritenersi efficace se è stata iniziata almeno quattro ore prima del parto; se il parto avviene più rapidamente del previsto, a distanza di meno di due ore dall’inizio del travaglio, la terapia può comunque offrire una copertura parziale dal rischio infettivo.