SINDROME DELLA ROSOLIA CONGENITA (SRC) IN GRAVIDANZA
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI
La rosolia è causata da un virus a RNA che fa parte del gruppo dei Togavirus. Questa malattia infettiva si può presentare con un esantema (eruzione cutanea) febbrile o anche con un decorso paucisintomatico soprattutto se contratto in età adulta.
Quali sono le conseguenze della rosolia in gravidanza
La conseguenza più pericolosa del virus della rosolia è il rischio di trasmissione materno – fetale quando questa viene contratta per la prima volta dalla madre nel corso della gravidanza.
Nel caso in cui la rosolia venga contratta nel primo trimestre di gravidanza vi è il pericolo di causare un’embriopatia malformativa; se invece il virus viene contratto dopo la fine del primo trimestre può causare una fetopatia evolutiva.
Tale fetopatia può aggravare la preesistente embriopatia o manifestarsi autonomamente se il virus infetta il feto dopo le 16 settimane di gestazione. Inoltre, la frequenza con la quale il feto si ammala è minore e decresce progressivamente quanto più è avanzata l’età gestazionale in cui ha avuto inizio l’infezione materna.
Al giorno d’oggi è molto grave che si verifichi una trasmissione materno – fetale del virus della rosolia, se si pensa che è possibile, ormai da anni, individuare tempestivamente le donne non immunizzate (tramite la determinazione degli anticorpi antirosolia) e attuare la loro protezione in fase pregravidica mediante la vaccinazione con ceppi di virus viventi attenuati.
È quindi fondamentale il counseling preconcezionale. Determinare gli anticorpi antirosolia è importante anche in gravidanza a scopo diagnostico e se una gestante non è immunizzata deve mettere in atto ogni cautela per non esporsi al contagio soprattutto nelle prime 16 settimane di gravidanza.
Inoltre, subito dopo il parto sarà consigliabile programmare la vaccinazione. È sconsigliata una gravidanza nei tre mesi successivi alla vaccinazione.
L’insieme di tutte le manifestazioni lesive del virus della rosolia sul prodotto del concepimento va sotto il nome di “sindrome della rosolia congenita (SRC)”.
Come già accennato il rischio maggiore per il feto vi è quando la rosolia viene contratta dalla madre prima della 16° settimana di gestazione; anomalie minori si riscontrano se l’infezione viene contratta tra la 16° e la 20° settimana; invece nel caso di infezione prima della data del concepimento o dopo la 20° settimana non ci sono rischi documentati.
La rosolia congenita si presenta con una serie di manifestazioni cliniche, poiché il danno fetale è multifattoriale. La triade di tale sindrome è definita triade di Gregg ed è costituita da problematiche uditive (sordità neurosensoriale), oftalmiche (anomalie oculari quali la cataratta, il glaucoma, la corioretinite) e cardiache (pervietà del dotto arterioso, difetti settali, ecc…).
Altre problematiche che si possono riscontrare sono di tipo neurologico (ritardo mentale, microcefalia), alterazioni ossee, trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue) e lesioni purpuree cutanee.
Quali sono i sintomi dell’insorgenza della sindrome della rosolia congenita
I neonati con sindrome della rosolia congenita in genere presentano una prematurità, un basso peso alla nascita e uno scarso accrescimento postnatale; possono inoltre presentare ittero come segno ad insorgenza precoce.
Tra i segni ad insorgenza tardiva si possono, invece, riscontrare un esantema cronico, diarrea cronica, anomalie dentali, polmonite interstiziale ricorrente (interstizio polmonare: tessuto connettivo) e alterazioni endocrine quali il diabete mellito, l’ipotiroidismo, deficit dell’ormone della crescita, ecc..).
Diagnosi della sindrome della rosolia congenita
Durante la gravidanza la diagnosi prenatale di avvenuta trasmissione del virus al feto può essere fatta mediante l’individuazione del virus nel liquido amniotico (con amniocentesi) o dosando gli anticorpi specifici IgM nel sangue fetale (con funicolocentesi eco-guidata).
Nel neonato la diagnosi di rosolia congenita va determinata mediante indagini sierologiche effettuate il più precocemente possibile in epoca postnatale. La presenza di IgM rappresenta un indice affidabile di infezione, tuttavia va tenuta presente la possibilità di falsi positivi e falsi negativi. Anche il monitoraggio dell’andamento delle IgG (controlli a 3.5 e 12 mesi) può risultare utile.