VIRUS RESPIRATORIO SINCIZIALE
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO PER MALASANITÀ
Il virus respiratorio sinciziale è il più importante agente responsabile della bronchiolite nel neonato che si associa ad un alto tasso di mortalità e un aumento del periodo di ospedalizzazione.
La bronchiolite è un’infiammazione dei bronchi (piccoli dotti che permettono il passaggio di aria ai polmoni) che provoca tosse, febbre e difficoltà respiratorie di diversa gravità. Può causare anche complicanze cardiache e sequele respiratorie a lungo termine. Il virus respiratorio sinciziale può anche causare polmonite.
Il virus respiratorio sinciziale si diffonde principalmente per via orizzontale attraverso l’inalazione di goccioline infette disperse nell’aria, con il contatto diretto di mucose infette o indirettamente tramite oggetti e presidi contaminati. Al fine di ridurre la diffusione di questa infezione è quindi fondamentale e indispensabile la profilassi ambientale in ambiente ospedaliero e la messa in atto delle norme di buona pratica clinica da parte dei professionisti.
Se ciò non avviene, la trasmissione di infezioni nosocomiali (cioè durante la degenza ospedaliera o durante lo svolgimento di una visita) fa sorgere il diritto a chiedere il risarcimento dei danni all’ospedale che è responsabile della carenza organizzativa e degli ipotetici sbagli del personale. È consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto in malasanità che operi una valutazione relativa all’incidenza dell’evento infettivo ed al nesso causale tra questo e i danni eventualmente patiti dal neonato e dalla sua famiglia.
Il virus respiratorio sinciziale nel neonato
Vi sono due sottotipi di virus respiratorio sinciziale di cui uno (il sottotipo A) è associato ad un più alto tasso di infezione rispetto all’altro (sottotipo B).
Il picco di questa infezione si ha nel periodo invernale soprattutto nei neonati con età inferiore ai 18 mesi. In Italia è stato rilevato che il periodo epidemico va da novembre a dicembre e l’incidenza è maggiore a gennaio e febbraio.
Il virus coinvolge inizialmente le alte vie respiratorie provocando bronchiolite e meno frequentemente polmonite. I sintomi del virus respiratorio sinciziale sono: tosse, difficoltà respiratorie, febbre, rantoli, cianosi (colorazione bluastra della cute e delle mucose conseguente al ridotto apporto di ossigeno), aumento della frequenza respiratoria e wheezing (respiro sibilante), apnea, letargia, irritabilità e difficoltà ad alimentarsi con conseguente disidratazione.
Minore è l’età del neonato, maggiore è la frequenza respiratoria: ad esempio il neonato con età inferiore ai due mesi ha una frequenza respiratorio minore di 60 atti al minuto, mentre per un bambino di età compresa fra i 6 e i 9 anni la frequenza è inferiore ai 30 atti al minuto.
Nel caso di infezione severa la frequenza respiratoria è rilevante rispetto ai valori di riferimento per età.
Un bambino con bronchiolite può sviluppare altre complicanze cardiache mentre nei neonati con cardiopatie congenite l’infezione può determinare scompenso cardiaco, ipertensione polmonare ed edema polmonare, gravi condizioni che possono aumentare il rischio di mortalità.
I bambini con bronchiolite acuta possono presentare dei quadri clinici di gravità differente: dal distress respiratorio sino all’insufficienza respiratoria.
I neonati più a rischio di contrarre il virus respiratorio sinciziale sono i neonati prematuri in quanto hanno un basso sistema immunitario e inadeguata protezione anticorpale e anche i neonati con problemi respiratori; questi neonati che contraggono il virus presentano dei sintomi più gravi e complicanze potenzialmente mortali.
Sono inoltre più a rischio di contrarre la bronchiolite severa da virus respiratorio sinciziale i bambini di età inferiore ai 2 anni soprattutto se affetti da cardiopatie e/o hanno immunodeficienze congenite o acquisite.
Le infezioni da virus respiratorio sinciziale possono anche essere gravi e mortali per i neonati con malattie neuromuscolari, malattie dell’apparato respiratorio, sindrome di Down e fibrosi cistica.
Quando si presentano fattori di rischio, il medico, il pediatra, il neonatologo e, più in generale, il personale dell’ospedale devono essere più attenti nella profilassi preventiva e nella prescrizione di esami di controllo e potrebbero purtroppo verificarsi errori medici. L’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia o per l’errato trattamento della stessa – deve essere verificata in modo approfondito così come la possibile insorgenza di danni, valutando e questi potessero essere o meno evitati.
Il contagio e trasmissione dell’infezione da virus respiratorio sinciziale
Il virus respiratorio sinciziale è un virus a RNA il cui involucro è costituito da quattro proteine, due delle quali hanno un ruolo fondamentale: una determina l’adesione del virus alle cellule dell’apparato respiratorio e l’altra permette l’ingresso del virus nelle cellule.
Il contagio avviene attraverso l’inalazione diretta di goccioline disperse nell’aria in seguito ad uno starnuto o a un colpo di tosse di un soggetto infetto. La trasmissione del virus si verifica anche in seguito al contatto diretto con le mucose di bocca, occhi, naso di pazienti positivi per l’infezione.
Il contagio inoltre può avvenire indirettamente attraverso presidi o superfici contaminate in cui il virus può sopravvivere per diverse ore. Rappresenta infine un importante vettore dell’infezione le mani infette degli operatori sanitari motivo per cui è fondamentale una frequente igiene delle mani prima e dopo il contatto con il paziente. Se il paziente è positivo per l’infezione da virus respiratorio sinciziale deve essere isolato e i professionisti devono utilizzare guanti, camici e mascherina monouso quando prestano assistenza.
Per quanto riguarda la trasmissione verticale durante la gravidanza non sono stati descritti casi di trasmissione da mamma a bambino in utero, né al momento del parto. Il virus attacca principalmente le vie respiratorie.
Una futura mamma che ha contratto il virus e che ha avuto frequenti reinfezioni può trasmettere al proprio bambino, durante la gravidanza, una quota di anticorpi che ha sviluppato contro il virus in modo tale da proteggerlo da quest’infezione. L’allattamento al seno risulta anche essere protettivo per il bambino perché nel latte sono presenti degli anticorpi che lo proteggeranno dall’infezione.
La diagnosi e trattamento del virus respiratorio sinciziale: comportamento medico
Il pediatra deve sospettare l’infezione da virus respiratorio sinciziale in un bambino di età inferiore ad un anno quando manifesta un’infezione respiratoria a carico delle basse vie respiratorie con difficoltà respiratorie, riduzione della frequenza respiratoria, incapacità di mantenere una buona saturazione dell’ossigeno, rantoli, e wheeznig.
Quindi, nel fare diagnosi di virus respiratorio sinciziale, devono essere considerati l’età del paziente, la presenza di fattori di rischio come patologie autoimmuni, patologie cardiache e respiratorie e la progressione dei sintomi.
Il medico deve interpretare i segni e i sintomi che il paziente presenta per poter diagnosticare l’infezione e la sua severità.
Oltre all’identificazione dei sintomi e dei segni clinici di infezione da virus respiratorio sinciziale, per confermare la diagnosi, devono essere prescritti dei seguenti esami che consentono di riconoscere il virus responsabile.
In questa fase diagnostica molto delicata potrebbero purtroppo verificarsi errori medici, del pediatra, del neonatologo o dei medici dell’Ospedale (o del Pronto Soccorso, Asl, Asst, Ats) o della Clinica privata. Bisognerà valutare l’eventuale colpa e responsabilità – per la mancata o ritardata individuazione della malattia/patologia – ed inoltre comprendere se il danno era o meno evitabile.
È possibile individuare il virus e fare diagnosi di infezione da virus respiratorio sinciziale attraverso una tecnica di biologia molecolare nota come PCR (reazione a catena della polimerasi). Dopo aver prelevato un campione attraverso l’esecuzione di un tampone nasale, orale o faringeo questo viene analizzato attraverso un macchinario in cui viene avviata una reazione a catena della polimerasi che permette di ottenere un numero maggiore di segmenti di DNA o RNA a partire da minime quantità.
Il trattamento della bronchiolite consiste in una terapia di supporto per i sintomi che quest’ultima provoca, quali l’insufficienza respiratoria.
Questa terapia consiste nella somministrazione di ossigeno dopo aver posizionato delle cannule nasali o una maschera per ossigeno. Per tutto il tempo in cui viene somministrato ossigeno deve essere monitorata la saturazione dell’ossigeno la quale non deve essere inferiore al 90%.
La somministrazione di ossigeno deve essere sospesa una volta che si è stabilizzata la saturazione, indice di buona funzionalità respiratoria. Il monitoraggio della funzione respiratoria attraverso la saturazione dell’ossigeno deve essere continuato fino alla stabilizzazione del quadro clinico. Viene utilizzato un saturimetro, strumento che rileva la saturazione di ossigeno espressa in percentuale dopo aver posizionato una sonda al dito del paziente, se adulto o alla mano o al piede del neonato.
Se alla bronchiolite si associa anche febbre, aumento della frequenza respiratoria, difficoltà ad assumere liquidi può essere compromesso lo stato di idratazione e in questo caso si rende necessaria la reidratazione con la somministrazione di liquidi e sostanze attraverso sondino naso gastrico o per via endovenosa.
Per ridurre la difficoltà di alimentazione e garantire la pervietà delle prime vie aeree è raccomandata la loro superficiale aspirazione.
Il ricovero è indicato se il bambino manifesta difficoltà respiratorie la quale necessita di ossigeno terapia e/o difficoltà ad alimentarsi normalmente.
Nel caso in cui insorge un deterioramento dello stato generale di salute e un’insufficienza respiratoria che richiede una ventilazione meccanica è indicato il trasferimento in terapia intensiva.
La prevenzione e gli errori riguardanti il virus respiratorio sinciziale
È stato dimostrato che è molto efficace nel ridurre la diffusione dell’infezione da virus respiratorio sinciziale l’igiene delle mani e delle superfici contaminate attraverso una profilassi ambientale che prevede:
- evitare la condivisione dei presidi;
- isolare il paziente infetto in una camera singola così da limitarne la trasmissione dell’infezione;
- lavaggio frequente delle mani o frizione con soluzione alcolica;
- pulizie delle superfici con disinfettanti antibatterici;
- decontaminazione delle attrezzature mediche che vengono utilizzate per più pazienti.
Negli ambienti ospedalieri sussiste il rischio di contrarre un’infezione nosocomiale; questo rischio non può essere azzerato nel contesto assistenziale ospedaliero ma può essere limitata la trasmissione e il contagio delle infezioni individuando i pazienti positivi per l’infezione da virus respiratorio sinciziale attraverso l’esecuzione di test rapidi.
I test rapidi consistono nel prelevare materiale dalle mucose respiratorie e analizzarle con delle tecniche di biologia molecolare le quali permettono di identificare l’agente patogeno.
Considerando che il virus viene trasmesso attraverso l’inalazione di goccioline emesse dal paziente infetto che si disperdono nell’aria, il paziente che risulta positivo al test deve essere isolato in una stanza in modo da limitare la trasmissione dell’infezione e contagiare altri pazienti e il personale sanitario stesso.
Gli operatori sanitari che vengono a contatto con il paziente infetto devono utilizzare i dispositivi di protezione individuale appropriati quali i guanti e camici monouso a maggior ragione se l’assistenza prevede delle manovre con le quali si ha un contatto diretto con le secrezioni respiratorie del paziente.
Le superfici e i presidi sanitari devono essere decontaminate abitudinariamente poiché indirettamente la trasmissione del virus può anche avvenire attraverso il loro contatto. Rispettando queste raccomandazioni la frequenza delle infezioni da virus respiratorio sinciziale diminuisce.
Il rischio di infezione deve quindi essere fronteggiato seguendo le linee guida più aggiornate e le buone pratiche cliniche desunte dalla letteratura scientifica per la prevenzione e il trattamento.
Se si ritiene di essere stati vittima di un errore medico, di colpa medica dell’Ospedale o di un caso di malasanità potrebbe essere utile rivolgersi ad un avvocato o a uno studio legale che si occupi preferibilmente di risarcimento danni per responsabilità e colpa medica.