PREVENZIONE DELLE MORTI IN UTERO
ERRORE MEDICO E RISARCIMENTO DANNI – AVVOCATO MALASANITÀ
La morte in utero è un evento inaspettato poiché avviene in un’epoca avanzata della gravidanza, quando il feto è già formato, in particolare dopo la 25esima settimana più 5 giorni.
Principalmente la morte in utero si può verificare in seguito ad un evento asfittico ovvero quando si verifica una riduzione dell’ossigeno a livello degli organi centrali quali cuore, cervello e polmoni.
Il rischio di morte in utero aumenta quando la gravidanza è complicata da patologie materne e/o fetali.
I sintomi che potrebbero preavvisare una morte endouterina fetale sono la riduzione dei movimenti attivi fetali, alterazioni del tracciato cardiotocografico e della flussimetria ovvero della velocità del flusso di sangue in corrispondenza di importanti vasi quali l’arteria uterina, vena ombelicale, arteria cerebrale media e dotto venoso.
In particolare, nel caso della flussimetria, la quale può essere eseguita tramite ecografia, l’indicatore più importante di sofferenza fetale è la riduzione del flusso in corrispondenza della vena ombelicale perché identifica i feti a rischio ipossico (riduzione della concentrazione di ossigeno a livello degli organi periferici).
La vena ombelicale è responsabile del trasporto di sangue ossigenato dal compartimento materno a quello fetale per cui una riduzione del flusso a livello della vena ombelicale sta a indicare una riduzione più o meno grave dell’ossigenazione del feto che può essere responsabile di morte intrauterina.
In alcuni casi la morte endouterina è del tutto inaspettata poiché si verifica all’improvviso, in assenza di condizioni che la preannunciano quindi quado la gravidanza è fisiologica e non sono presenti patologie carico della madre o del feto e quando non si evidenziano segni di sofferenza fetale. L’asfissia può quindi essere improvvisa e può non aver dato alcun sintomo.
L’eliminazione dei fattori di rischio è una possibile causa di prevenzione perciò le gravidanze complicate da patologie materne e/o fetali devono essere seguite in maniera più intensiva.
Le possibili cause e prevenzione della morte in utero
- anomalie della placentazione;
- isoimmunizzazione materno fetale per incompatibilità del fattore RH;
- sindrome da trasfusione feto fetale della gravidanza differenziale;
- ritardo di crescita intrauterina;
- presenza di nodi veri del cordone ombelicale;
- alterazioni del tracciato cardiotocografico;
- distacco di placenta;
- corionamnionite;
- prolasso di funicolo.
L’ anomalie della placentazione
La placenta è l’organo di scambio materno fetale responsabile del trasporto di nutrienti e di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale. Nel caso in cui sussistono delle anomalie della placentazione come la preeclampsia, la placenta risulta essere mal equipaggiata per rispondere alle crescenti richieste della gravidanza, per cui l’apporto di nutrienti e sangue ossigenato al feto è ridotto tanto che può verificarsi un ritardo di crescita intrauterina, ovvero il feto non raggiunge il suo potenziale di crescita, la sua crescita si blocca e il suo sviluppo non va avanti. Si ha un’elevata resistenza delle arterie uterine e un ridotto flusso utero placentare.
La preeclampsia oltre ad interferire con il benessere del feto compromette anche lo stato di salute materna. La preeclampsia infatti è una malattia sistemica di origine placentare che si presenta con ipertensione (pressione arteriosa maggiore di 140/90 mmHg, presenza di proteine nelle urine, disturbi della coagulazione, disturbi visivi, cefalea, sintomi urinari e disturbi gastrici).
Al fine di prevenire esiti sfavorevoli conseguenti a questa condizione patologica devono innanzitutto essere individuati i fattori di rischio: gravidanza gemellare, ipertensione pregravidica, diabete, indice di massa corporea maggiore di 30, età materna avanzata.
È necessario che, dopo aver fatto diagnosi, la malattia venga controllata attraverso la somministrazione di farmaci antipertensivi per ridurre la pressione, mantenere l’equilibrio idrico, prevenire e correggere i disturbi della coagulazione e somministrare solfato di magnesio quando si ha una resistenza agli antipertensivi al fine di prevenire l’insorgenza di un attacco eclamptico.
L’eclampsia è una complicanza della preeclampsia caratterizzata dallo sviluppo di convulsioni tonico cloniche come espressione del danno del sistema nervoso centrale che mette la donna a rischio di emorragia cerebrale. In questi casi l’espletamento del parto è successivo alla stabilizzazione delle condizioni della gravida che può avvenire attraverso il solfato di magnesio o con la somministrazione di diazepam durante la crisi per interromperla.
Se la gestione della gravida con preeclampsia non è corretta le condizioni materne possono aggravarsi tanto da provocare una morta intrauterina; perciò per prevenire deve essere diagnosticata e devono essere trattati i sintomi al fine di evitare un aggravamento del quadro clinico.
L’isoimmunizzazione materno fetale per incompatibilità del fattore RH
Se la donna ha un gruppo sanguigno RH negativo e il feto ha un gruppo RH positivo la madre può sviluppare degli anticorpi contro i globuli rossi del feto sui quali sono presenti degli antigeni che ha ereditato dal padre e che la madre non possiede; ciò provoca di conseguenza un’anemia nel nascituro nel momento in cui un buon quantitativo del sangue della madre entra in contatto con quello del feto come ad esempio in seguito al parto. Un contatto diretto tra sangue materno e sangue fetale si può verificare anche durante la gravidanza quando si presentano importanti sanguinamenti o in seguito all’esecuzione delle tecniche di diagnosi prenatale invasiva le quali prevedono un accesso diretto intrauterino che può provocare sanguinamenti. È necessario un certo lasso di tempo affinché questa reazione si realizzi per cui se nella gravidanza attuale il feto è Rh positivo, il rischio di alloimunizzazione sarà presente in una futura gravidanza sempre se il feto avrà un gruppo sanguigno RH positivo.
La madre con fattore RH negativo, una volta che il sangue entra in contatto con quello del feto Rh positivo, produce degli anticorpi che attaccano gli antigeni presenti sui globuli rossi del feto provocando la distruzione di queste cellule. La distruzione dei globuli rossi del feto comporta: anemia fetale ed eccessivo aumento della bilirubina. La bilirubina durante la gravidanza passa attraverso la placenta e viene smaltita dall’organismo materno; se i livelli di bilirubina sono aumentati questa non potendo essere smaltita dal feto si accumula a livello dei nuclei grigi della base provocando kernittero (noto anche come ittero nucleare) e gravi danni neurologici.
Si ha quindi un rischio di morte intrauterina fetale per anemia e kernittero.
La prevenzione della morte in utero conseguente ad isoimmunizzazione
Per prevenire la morte in utero conseguente ad isoimmunizzazione:
- determinare il gruppo sanguigno e il fattore Rh a tutte le gravide all’inizio della gravidanza;
- deve essere eseguito a tutte le gravide il test di coombs indiretto (determina la presenza di anticorpi nel sangue materno diretti contro gli antigeni sui globuli rossi) nel I trimestre e a 28 settimane;
- deve essere eseguita l’immunoprofilassi anti D a 28 settimane a tutte le donne con fattore RH negativo e in seguito alle tecniche di diagnosi prenatale invasivaDeve essere eseguita l’immunoprofilassi anti D entro 72 ore dopo il parto se la madre è Rh negativa e il gruppo del feto è RH positivo;
- se il test di coombs indiretto è positivo deve essere eseguita la titolazione degli anticorpi con una certa frequenza;
- se si hanno dei dubbi di isoimmunizzazione può essere eseguita la funicolocentesi ovvero il prelievo del sangue del cordone ombelicale al fin di determinare i livelli di emoglobina fetale;
- se i valori di emoglobina fetale sono ridotti deve essere effettuata una trasfusione fetale al fine di trattare il quadro clinico e prevenire le complicanze
La sindrome da trasfusione feto fetale della gravidanza gemellare
La sindrome da trasfusione feto fetale è una complicanza della gravidanza gemellare monocoriale, ovvero quando i feti condividono la stessa placenta. Nella placenta vi sono infatti delle anastomosi vascolari che connetto le circolazioni dei gemelli. Nel caso di trasfusione feto fetale possiamo distinguere un gemello donatore (presenza poco liquido amniotico ed è ipovolemico) e un gemello ricevente (presenta tanto liquido amniotico ed è ipervolemico). Il gemello ricevente è soggetto ad un sovraccarico cardiaco che può portare ad uno scompenso sino alla morte in utero.
Il trattamento consiste nella coagulazione laser di queste anastomosi placentari e può essere eseguito prima della 26esima settimana gestazionale.
Allo scopo di evitare la morte in utero è necessario che venga fatta diagnosi di corionicità tra la 11esima e la 13esima settimana gestazionale più sei giorni. Nel caso di gravidanza gemellare monocoriale è indicato l’espletamento del parto tramite taglio cesareo.
La prevenzione della morte in utero della gravidanza gemellare
La prevenzione della morte in utero in caso di gravidanza gemellare può essere fatta con la diagnosi precoce di gravidanza monocoriale. Il monitoraggio intensivo ne migliora l’esito così come la correzione delle anastomosi tramite la loro coagulazione.
Il ritardo di crescita intrauterina
Il mancato raggiungimento del potenziale di crescita del feto.
Il ritardo di crescita deve essere distino dal feto piccolo per epoca gestazionale. Nel feto piccolo per epoca gestazionale (anche noto come SGA: small for gestational age) non sono presenti dei segni di adattamento poiché questa condizione è dovuta alla costituzione e in questo caso gli esiti per il nascituro sono normali. Nel caso, invece, di ritardo di crescita intrauterina (IUGR) sussistono dei segni di adattamento ad una insufficienza placentare e gli esiti per il nascituro sono negativi. Il ritardo di crescita intrauterina è la causa più frequente di morte intrauterina fetale per cui se il quadro clinico peggiora il feto deve essere immediatamente estratto poiché l’ambiente intrauterino diventa sfavorevole a causa dell’aumento dei processi catabolici finalizzati alla produzione di energia. Molto spesso il ritardo di crescita intrauterino si associa ad una riduzione del liquido amniotico (oligoidramnios) che è il risultato di un meccanismo di compenso messo in atto dal feto in una condizione di sofferenza. Tale fenomeno, noto come “brain sparing”, permette al feto di fornire sangue ossigenato agli organi nobili quali cuore, cervello e polmoni a discapito degli organi periferici come ad esempio i reni. Il flusso di sangue ai reni diminuisce quindi si ha una riduzione della loro funzione e di conseguenza una diminuzione del quantitativo di liquido amniotico.
La diagnosi di IUGR
La diagnosi di IUGR viene fatta attraverso la biometria che permette di fare una stima del peso del feto, mentre i meccanismi di compenso possono essere individuati tramite la flussimetria. La gravidanza di un feto con ritardo di crescita è a rischio per cui una volta che viene fatta la diagnosi devono essere effettuati dei controlli frequenti e deve essere programmata l’induzione del travaglio di parto a termine di gravidanza (fra la 37esima e la 40 esima settimana gestazionale). Se si ha un grave peggioramento della funzione placentare il feto è a rischio di ipossia e il parto deve essere espletato il prima possibile.
La prevenzione per evitare la morte intrauterina
Al fine da prevenire le morti in utero conseguenti a IUGR devono essere eseguiti dei controlli ambulatoriali frequenti al fine di monitorare il benessere del feto, può rendersi necessario anche il ricovero al fine di effettuare dei controlli più intensivi. Se il feto non cresce e le sue condizioni cliniche non variano e vanno sempre più peggiorando deve essere indotto il travaglio di parto, mentre se compaiono dei gravi segni di sofferenza fetale non si deve esitare nell’esecuzione tempestiva del taglio cesareo.
La presenza di nodi veri del cordone ombelicale
I nodi veri del cordone ombelicale non possono essere diagnosticati durante la gravidanza ma soltanto al momento del parto. Il cordone ombelicale contiene una vena e due arterie. La vena ombelicale è responsabile del trasporto di sangue ossigenato dal distretto materno a quello fetale mentre le arterie sono responsabili del trasporto di sangue poco ossigenato dal feto alla madre in modo che venga rifornito di ossigeno. Il cordone ombelicale contiene una sostanza chiamata gelatina di wharton che impedisce ai vasi del cordone ombelicale di collassare e li protegge. Se i nodi che si vengono a formare sono serrati e vi è un ridotto quantitativo di gelatina di wharton vi sarà un ridotto apporto di ossigeno al feto il quale è a rischio di morte intrauterina per asfissia. Purtroppo i nodi veri non possono essere prevenuti e nemmeno diagnosticati se non dopo l’espulsione del feto.
Le alterazioni del tracciato cardiotocografico
Tramite il tracciato cardiotocograafico è possibile monitorare il benessere fetale registrando in continuo il suo battito cardiaco su carta così da rilevare la presenza di eventuali segni di sofferenza fetale conseguente ad un ridotto apporto di ossigeno al compartimento fetale.
La rilevazione delle alterazioni del battito cardiaco fetale è fondamentale per la prevenzione delle morti in utero. In presenza di segni di sofferenza fetale possono essere messe in atto delle misure per migliorare il benessere del feto come evitare la posizione litotomica della gravida, somministrare liquidi endovena per l’aumento della volemia, somministrare ossigeno ecc; se nonostante ciò lo stato di sofferenza fetale persiste si rende necessario l’espletamento tempestivo del parto tramite taglio cesareo al fine di evitare esiti avversi per il nascituro e la morte in utero.
Il distacco di placenta
Per distacco di placenta si intende la separazione precoce della placenta dalla parete uterina prima che avviene l’espulsione del feto. La placenta è l’organo di scambio materno fetale per cui se si verifica un distacco, in base all’entità di quest’ultimo, il feto non riceverà il necessario apporto di ossigeno per cui andrà in contro a sofferenza che può essere causa di morte in utero.
La prevenzione del distacco di placenta
Al fine di prevenire la morte endouterina conseguenza al distacco di placenta non devono essere trascurati quei segni indicativi di distacco quale sanguinamento proveniente dai genitali esterni (in alcuni casi il sanguinamento può non presentarsi se si stacca dalla parete uterina la parte centrale della placenta), attività contrattile uterina e alterazioni del tracciato cardiotocografico. In presenza di questi segni deve essere espletato il taglio cesareo il prima possibile al fine di prevenire la morte del feto per asfissia.
La corionamnionite (infezione delle membrane amniocoriali)
Nel caos in cui si verifica la presenza di un’infezione delle membrane amniocoriali il feto è a rischio di morte in utero. La prevenzione della morte in utero consiste nell’espletamento del parto tramite taglio cesareo il prima possibile nonostante non si è ancora raggiunto il termine poiché è l’ambiente uterino diventa ormai un ambiente sfavorevole per lo sviluppo del feto. La corionamnionite deve essere sospettare in presenza di tachicardia fetale, febbre materna, tachicardia materna e leucocitosi.
Il prolasso del funicolo
Si parla di prolasso di funicolo quando questo si trova interposto, a membrane rotte, fra la cervice uterina e la testa del feto. Queste due strutture provocano una compressione del cordone ombelicale; si avrà quindi una riduzione del flusso di sangue ossigenato al feto il quale andrà in contro a sofferenza ed è a rischio di morte in utero se non si interviene tempestivamente con l’esecuzione del taglio cesareo.
La prevenzione per evitare il prolasso del funicolo
Il prolasso di funicolo può essere prevenuto evitando di rompere le membrane quando la testa del feto si trova ancora al di fuori della pelvi perché è probabile che avvenga la discesa del cordone davanti alla testa.
I possibili errori medici:
Gli errori medici che potrebbero causare una morte intrauterina fetale sono:
- mancata prevenzione delle condizioni a rischio di morte intrauterina fetale;
- mancata diagnosi di IUGR;
- mancata esecuzione di controlli frequenti dopo aver fatto diagnosi di ritardo di crescita intrauterina;
- incapacità di interpretare il tracciato cardiotocografico e di riconoscere i segni di sofferenza fetale;
- mancata induzione del travaglio di parto se si è in presenza di restrizione di crescita;
- mancata esecuzione tempestiva del taglio cesareo se persistono segni di sofferenza fetale nonostante l’adozione di misure correttiva;
- mancata esecuzione del taglio cesareo dopo aver fatto diagnosi di corionamnionite e di prolasso di funicolo;
- rottura provocata delle membrane quando la testa del feto è ancora al di fuori dello scavo pelvico;
- mancato trattamento della preeclampsia con farmaci ipertensivi, anticoagulanti in presenza di disturbi della coagulazione e con solfato di magnesio se si presentano dei segni di imminente attacco eclamptico;
- mancato trattamento della sindrome di trasfusione feto fetale;
- omissione della diagnosi di corionicità nelle gravidanze gemellari tra la 11esima e la 13esima settimana gestazionale;
- mancata diagnosi di anemia fetale e trattamento con trasfusione fetale;
- mancata esecuzione del test di coombs indiretto a tutte le gravide nel primo trimestre e alla 28esima settimana gestazionale;
- mancata esecuzione dell’immunoprofilassi entro 72 ore dopo il parto se il gruppo sanguigno della madre è RH negativo e quello del feto è RH positivo;
- mancata esecuzione dell’immunoprofilassi a tutte le gravide RH negative alla 28esima settimana e durante la gravidanza in presenza di sanguinamenti e dopo essersi sottoposte a tecniche di diagnosi prenatale invasiva;
- mancato riconoscimento dei segni di distacco di placenta e trattamento intempestivo.